Residenza in Romania, vita quotidiana e attività lavorativa in Italia: radicamento possibile

Rimesso in discussione il forzato ritorno in patria per scontare i tre anni di gale a seguito di condanna per concorso in furto aggravato. Non discutibile, certo, l’elemento della residenza anagrafica nel Paese d’origine dello straniero, ma le ‘carte’ giocate dal cittadino straniero, ossia presenza stabile in Italia con moglie e figlia, e connessa attività lavorativa subordinata, sono di rilievo, e non possono essere trascurate a priori.

Condanna, definitiva, per il reato di concorso in furto aggravato, commesso in Romania. E pena fissata in tre anni di reclusione, da scontare, però, proprio in Romania, Paese d’origine della persona condanna, alla luce del mandato d’arresto europeo emesso ad hoc da una Pretura. Ma questa visione, assolutamente lineare, tracciata dalla giustizia italiana deve essere messa in discussione, perché, nonostante la residenza dello straniero sia ancora fissata in Romania, sono sicuramente ‘di peso’ gli elementi portati dall’uomo a favore del proprio radicamento in Italia. Cassazione, sentenza n. 41910, Sezione sesta Penale, depositata oggi Ritorno in patria . Come detto, per i giudici italiani l’applicazione del mandato d’arresto europeo, emesso nei confronti di un cittadino romeno che vive da diversi anni in Italia, è assolutamente scontata. Su questo punto concordano sia i giudici di primo che di secondo grado elemento rilevante, in questa ottica, il fatto che l’uomo abbia conservato la residenza anagrafica in Romania , cosa che porta ad escludere uno stabile radicamento nel territorio dell’Italia. Di conseguenza, la pena, frutto di una condanna per concorso in furto aggravato , dovrà essere scontata in Romania, Paese d’origine dell’uomo e, soprattutto, ‘scena del crimine’, avvenuto ben prima dell’arrivo in Italia. Radici reali. Ad avviso dell’uomo, però, questa visione è da rivedere completamente. Soprattutto perché egli, ribadisce, risiede dal 2005, con moglie e figlia minore in Italia, ove svolge attività lavorativa subordinata dal 2009 . Senza dimenticare, poi, che egli è in comunione di beni con la moglie, proprietaria di una autovettura acquistata proprio nella Penisola. Di fronte a questi elementi, valutati come rilevanti, i giudici della Cassazione ritengono giusto rimettere in discussione la pronunzia della Corte d’Appello, perché è difficile escludere, a priori, il radicamento dell’uomo in Italia, basandosi solo sul fatto che egli abbia conservato la residenza anagrafica in Romania . Per i giudici di Cassazione, in sostanza, la situazione tracciata dall’uomo, relativamente al radicamento in Italia , permette di non considerare pretestuosa la ricerca di scontare la pena in Italia e non in Romania. Pretestuosa, e frettolosa, è stata invece la valutazione negativa compiuta dai giudici di Appello, che dovranno riesaminare nuovamente la vicenda, alla luce delle indicazioni date dal ‘Palazzaccio’.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 7 – 10 ottobre 2013, n. 41910 Presidente Conti - Rotundo Fatto e diritto 1. B.I. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Roma, in data 4-9-2013 ha ordinato la sua consegna alla Autorità Giudiziaria Rumena, in quanto arrestato in data 10-7-2013 perché attinto da mandato di arresto europea, emesso in data 24-6-2008 dalla Pretura di Motru Romania per la esecuzione della pena di anni tre di reclusione, inflitta da tale Pretura con sentenza definitiva n. 786 del 4-4-2006 per il reato di concorso in furto aggravato di 33 parti meccaniche, commesso con altre persone la notte tra il 3 e il 4 aprile 2005 nella cava di J.N., reato previsto dagli artt. 208, comma 1, e 209, comma 2, lett. G , del codice penale rumeno. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, sostenendo che le sentenze rumene sarebbero poco comprensibili e contraddittorie, che la sua responsabilità non emergerebbe con chiarezza e che in ogni caso il ruolo da lui svolto sarebbe del tutto marginale, sicché egli avrebbe avuto diritto ad un trattamento sanzionatorio più lieve. Con il secondo motivo di ricorso denuncia gli stessi vizi in riferimento all’art. 18, lettera r , Legge 69/2005, ribadendo di vivere in Italia da molti anni, di esercitare nel nostro Paese attività lavorativa subordinata dal 2009 con regolare contratto, di essere sempre vissuto in Roma con il suo nucleo familiare composto dalla moglie e dalla figlia minore. Ne deriverebbe il suo reale e non estemporaneo radicamento sul territorio nazionale. 2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. La Corte di Appello di Roma ha, infatti, correttamente rilevato che nelle motivazioni delle due sentenze rumene irrevocabili riguardanti il B. erano esaurientemente indicati gli elementi di prova a carico del predetto. D’altra parte non è consentito in questa sede procedere ad una rivalutazione nel merito della affermazione della penale responsabilità del medesimo a fronte di decisione irrevocabile, oltre tutto adeguatamente argomentata. 3. Il secondo motivo di ricorso è, invece, fondato. Va premesso che in tema di mandato d’arresto europeo, l’operatività della causa ostativa alla consegna prevista dall’art. 18, lett. r , della l. n. 69 del 2005, non è necessariamente subordinata alla richiesta della persona interessata a scontare la pena in Italia, ma può e deve essere verificata d’ufficio dalla Corte d’Appello ex plurimis Sez. 6, Sentenza n. 47664 del 06/12/2012, Rv. 254010, Caldarar, Sez. 6, n. 23733 del 18/05/2011, Gozdz . In ogni caso, il B., in sede di udienza di convalida del suo arresto, dopo avere dichiarato di avere residenza rumena, ha precisato di risiedere in Italia dal 2005 con moglie e figlia minore, indicando con precisione l’indirizzo ove stabilmente dimorava nel territorio nazionale, puntualizzando di lavorare stabilmente in Italia e di essere in comunione di beni con la moglie, che era proprietaria di una autovettura acquistata nel nostro Paese. Già in quella sede il B., pur non producendo documenti a sostegno del suo radicamento in Italia, aveva richiesto di poter scontare la pena in Italia, richiesta poi ribadita nella udienza di trattazione innanzi alla Corte di Appello. Come si è visto al punto che precede, la difesa del B. ha allegato all’odierno ricorso per cassazione documentazione al fine di dimostrare il radicamento del predetto sul territorio nazionale contratto di lavoro pagamento dei relativi contributi contratto di locazione frequentazione di scuola italiana da parte della figlia minore . Va poi ricordato che il citato art. 18, lett. r , della Legge n. 69 del 2005, nella lettura risultante dall’intervento della sentenza n. 227 del 2010 della Corte Costituzionale, è estensibile anche al cittadino di un altro Paese membro dell’Unione Europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano. In sostanza, come sottolineato dal Giudice delle leggi, il criterio per individuare il contesto sociale, familiare e lavorativo, nel quale è più agevole e naturale la risocializzazione del condannato, durante e dopo la detenzione, non è tanto e solo la cittadinanza, ma la residenza stabile, il luogo principale degli interessi, dei legami familiari, della formazione dei figli e di quant’altro sia idoneo a rivelare la sussistenza di quel radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia”. Infine deve ribadirsi che, in base alla giurisprudenza di questa Corte, la nozione di residenza, che viene in considerazione per l’applicazione del citato art. 18, lett. r , non si riferisce al mero dato formale anagrafico, ma deve tener conto dell’esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia, tra i cui indici concorrenti rilevano la non illegalità della presenza per il cittadino non comunitario, l’apprezzabile continuità temporale e stabilità territoriale della presenza, la sede quantomeno principale - se non esclusiva - e consolidata degli interessi lavorativi familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali, la distanza temporale tra commissione del reato, la condanna all’estero e l’inizio della presenza in Italia. Solo per il cittadino comunitario che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente in conseguenza di un soggiorno per un periodo ininterrotto di cinque anni è possibile prescindere dalla valutazione di tali specifici elementi sintomatici v. in particolare Sez. 6, Sentenza n. 10042 del 09/03/2010, Rv. 246507, Matei . 4. Ciò posto, anche in considerazione del tenore lessicale dell’art. 18, lett. r , della Legge n. 69 del 2005 che, dopo l’intervento additivo del Giudice delle Leggi, prevede oltre che per il cittadino italiano anche per quello di altro Paese membro dell’Unione Europea residente nel territorio italiano un vero e proprio divieto di consegna La Corte di Appello rifiuta la consegna ” , deve puntualizzarsi che, a fronte di una specifica richiesta [non pretestuosa ne apodittica, ma dotata degli indispensabili requisiti di serietà, anche se non ancora documentata della persona interessata a scontare la pena in Italia, era necessario verificare e valutare funditus tale specifico aspetto, per stabilire se ricorressero o meno i presupposti di operatività della richiamata norma. La Corte di Appello di Roma, invece, innanzi alla situazione di cui sopra, si è limitata a rilevare che non risultavano motivi ostativi alla consegna di cui all’art. 18 Legge 69/2005 diversi dalla richiesta di espiare in Italia la pena, avanzata genericamente in sede di convalida, osservando che il B. aveva residenza anagrafica in Romania e non aveva fornito la prova di stabili vincoli di lavoro in Italia, concludendo su queste sole basi che doveva escludersi uno stabile radicamento del predetto nel nostro territorio. Come si è visto, il B. aveva in realtà descritto una situazione in riferimento al suo radicamento in Italia che permetteva di considerare la sua richiesta non pretestuosa. Successivamente, in sede di ricorso per cassazione, la difesa del B. ha prodotto documentazione diretta a dimostrare tale radicamento. Ne discende che gli elementi addotti dalla difesa del B. non risultano in realtà presi in adeguata considerazione dalla Corte Distrettuale. Le predette deduzioni in ordine al radicamento stabile e non estemporaneo in Italia del B. e la documentazione poi prodotta impongono una specifica ed approfondita valutazione in ordine alla applicabilità o meno del citato art. 18, lett. r , che non può essere effettuata in questa sede, ma per la peculiarità del contesto fattuale richiede apprezzamenti di merito ed eventuali integrazioni istruttorie, che non competono a questa Corte di legittimità. In altri termini la previsione in questa materia del ricorso per Cassazione anche per il merito attribuisce a questa Corte la possibilità di verificare pure gli apprezzamenti di fatto operati dal Giudice della consegna, ma non le assegna alcun potere cognitivo sostitutivo o integrativo, tanto meno istruttorio Sez. 6, Sentenza n. 19597 dei 22/05/2012, Rv. 252511, Kuka Sez. 6, Sentenza n. 28236 del 15/07/2010, Rv. 247830, Mahmutovic . 5. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, che prenderà in esame gli elementi addotti e la documentazione prodotta dal B. ed effettuerà ogni utile accertamento al fine predetto. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui alla Legge n. 69 del 2005, art. 22, comma 5. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla Legge n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.