Non c’è reato senza la «base genetica»: la provenienza del denaro da un delitto

Per ipotizzare il delitto di riciclaggio è necessario che la condotta di trasferimento o sostituzione del denaro o di oscuramento” della relativa origine, riguardi somme in sé provenienti da delitto.

È quanto si evince dalla sentenza n. 41499, depositata l’8 ottobre 2013. Il caso. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna dell’imputato per il delitto di riciclaggio, per aver compiuto operazioni idonee a ostacolare l’identificazione della provenienza dal delitto di emissione di falsa fattura da parte di una ditta della somma di 100 milioni di lire , operazione che sarebbe consistita nel versamento tramite assegno bancario di lire 150 milioni sul proprio conto corrente e nel prelievo dell’importo di lire 100 milioni in denaro contante quale parziale ristorno. Contro tale condanna, ha presentato ricorso per cassazione l’imputato, per il quale non sussisterebbe il delitto in questione alla luce della autenticità della fattura in contestazione, la quale emergerebbe anche, a suo dire, dalle fatture di acquisto del materiale termo-idrico-sanitario per il cantiere da parte della ditta, dalle dichiarazioni di conformità per i lavori eseguiti, dal versamento dell’IVA relativo alla fattura in questione. Per il ricorrente, su questi elementi il giudice avrebbe fornito risposte incongrue, omettendo qualsiasi disamina circa la sussistenza dell’elemento psicologico. L’accertamento sulla delittuosa origine del bene è base indefettibile. Per la Suprema Corte, il fatto, come risulta contestato, non integra il delitto di riciclaggio. Gli Ermellini, infatti, considerando le operazioni ascritte all’imputato, hanno dichiarato che si confonde la illecita provenienza del denaro – utilizzato per la operazione di camuffamento della emissione di fattura per operazione inesistente – con la illiceità della operazione stessa, volta a far conseguire un profitto giustificato” dalla fittizia documentazione fiscale, priva di reale contropartita economica . Piazza Cavour, pertanto, ha precisato che doveva essere dimostrata la provenienza da delitto della somma di 150 milioni versata sul conto, e non la semplice circostanza” o causale eventualmente illecita in relazione alla quale il versamento era stato effettuato con la conseguenza che la relativa e parziale operazione di successivo prelievo della somma di 100 milioni mancava della indispensabile base genetica” di provenienza da un delitto presupposto per poter ipotizzare che la stessa fungesse da meccanismo di camuffamento” della origine delittuosa della relativa provvista . Dunque, la sentenza è stata annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 24 settembre - 8 ottobre 2013, n. 41499 Presidente Cammino – Relatore Macchia Osserva Con sentenza del 13 aprile 2012, la Corte di appello di Milano ha, per quel che qui interessa, parzialmente riformato la sentenza emessa in sede di giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano nei confronti di C.G.G. concedendo al medesimo il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione, confermando la condanna dello stesso alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione quale imputato del delitto di riciclaggio, per aver compiuto operazioni idonee ad ostacolare l'identificazione della provenienza dal delitto di emissione di falsa fattura, da parte della ditta individuale G.G. , della somma di lire 100.000.000, operazione consistita nel versamento tramite assegno bancario della somma di lire 150.000.000 sul proprio conto corrente, acceso presso la Banca Intesa - Rete Ambroveneto, filiale di , e nel prelievo dell'importo di lire 100.000.000 in denaro contante quale parziale ristorno. Propone ricorso per cassazione il difensore, il quale, rinnovando censure già devolute e disattese dai giudici del gravame, lamenta che la sentenza impugnata abbia sottovalutato la portata dimostrativa delle allegazioni difensive, tese a dimostrare che la fattura oggetto di contestazione si riferiva a lavori effettivamente eseguiti - e solo per errore materiale indicati nel documento come ancora da eseguire - e per l'importo indicato nel documento stesso. Si prospetta al riguardo vizio di motivazione, in quanto, pur nelle peculiarità che caratterizzano la motivazione della sentenza di appello, i punti attinti dal gravame e i rilievi difensivi devono trovare esauriente e logica risposta da parte dei giudici della impugnazione di merito. Non sussisterebbe, poi, il delitto di riciclaggio, alla luce della autenticità della fattura in contestazione, la quale emergerebbe dalle dichiarazioni rese da Ca.Fe. , G.G. , G.M. , dalle fatture di acquisto del materiale termo-idrico-sanitario per il Cantiere Pertusella da parte della ditta individuale G.G. , dalle dichiarazioni di conformità per i lavori eseguiti, dalla continuazione e ultimazione dei lavori nel medesimo cantiere, dal versamento dell'IVA relativo alla fattura di che trattasi, dalla congruità e rispondenza dei prezzi praticati dalla ditta G. , e dalla stessa richiesta di assoluzione da parte del Procuratore generale nel giudizio di appello. Elementi, quelli passati in rassegna, sui quali il giudice dell'appello avrebbe fornito risposte incongrue o apodittiche, omettendo qualsiasi disamina circa la sussistenza dell'elemento psicologico, di cui si contesta comunque la sussistenza. Il dolo eventuale dell'imputato sarebbe stato infatti tratto dai giudici a quibus in forza soltanto di assunti congetturali. Si lamenta inoltre che i giudici di appello abbiano sbrigativamente disatteso la richiesta di rinnovazione della istruzione dibattimentale per procedere alla audizione di Ca.Fe. , legale rappresentante della F.A.R.G., committente dei lavori, e dei proprietari delle unità abitative acquisite. Infine, si lamenta che non sia stato prosciolto l'imputato per lo meno a norma dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen. Il fatto, per come risulta contestato, non integra il delitto di riciclaggio. L'ipotesi di cui all'art. 648-bis cod. pen. risulta infatti ascritta all'imputato per avere questi compiuto operazioni idonee ad ostacolare l'identificazione della provenienza dal delitto di emissione di falsa fattura da parte della ditta individuale G.G. della somma di lire 100.000.000”, operazione che sarebbe in particolare consistita nel versamento tramite assegno bancario della soma di lire 150.000.000 sul proprio conto corrente [ ] e nel prelievo dell'importo di lire 100.000.000 in denaro contante quale parziale ristorno”. Si confonde, dunque, la illecita provenienza del denaro - utilizzato per la operazione di camuffamento della emissione di fattura per operazione inesistente - con la illiceità della operazione stessa, volta a far conseguire un profitto giustificato dalla fittizia documentazione fiscale, priva di reale contropartita economica. Per ipotizzare, infatti, il delitto di riciclaggio, è necessario che la condotta di trasferimento o sostituzione del denaro o di oscuramento della relativa origine, riguardi somme in sé provenienti da delitto doveva dunque essere dimostrata la provenienza da delitto della somma di 150 milioni versata sul conto, e non la semplice circostanza o causale eventualmente illecita in relazione alla quale il versamento era stato effettuato con la conseguenza che la relativa e parziale operazione di successivo prelievo della somma di 100 milioni, mancava della indispensabile base genetica di provenienza da un delitto presupposto per poter ipotizzare che la stessa fungesse da meccanismo di camuffamento della origine delittuosa della relativa provvista. È ben vero che la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di affermare che perché sussista il delitto di riciclaggio non è necessario che il denaro, i beni o le altre utilità debbano provenire direttamente o immediatamente dai delitti presupposto, essendo sufficiente anche una loro provenienza mediata. Fattispecie relativa ad attività di monetizzazione di assegni ritenuti provenienti dall'attività di un'associazione mafiosa, senza che fosse identificata la provenienza da specifici delitti fine . Sez. 6, n. 36759 del 20/06/2012 - dep. 24/09/2012, Caforio e altri, Rv. 253468 . Ma ciò non toglie che è proprio l'accertamento sulla delittuosa origine del bene in sé e per sé considerato - o, nella specie, del denaro occorso per la operazione - a costituire la base indefettibile per inquadrare nella fattispecie di riciclaggio la successiva condotta di trasformazione . Che questa attività di trasformazione sia stata poi effettuata per scopi in sé illeciti occultamento di attività di impresa, reati fiscali o simili è circostanza che potrà eventualmente refluire nell'inquadramento dei fatti in altre ipotesi di reato, che spetterà al pubblico ministero investigare. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.