Il concorso nel reato è ben diverso dalla violenza sessuale di gruppo

È illogico, oltre che giuridicamente non corretto, ravvisare gli estremi del concorso nel reato di violenza sessuale, figura ben diversa dalla violenza sessuale di gruppo originariamente contestata, quando di tale reato nessuno dei concorrenti è mai stato chiamato a rispondere.

È quanto è stato affermato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 40976, depositata il 4 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello aveva confermato la colpevolezza di un imputato in ordine al reato continuato di concorso in sequestro di persona e di violenza sessuale di gruppo inoltre aveva confermato la colpevolezza di un secondo imputato in ordine al concorso in sequestro di persona continuato, derubricando invece nei suoi confronti, l’originaria imputazione di concorso in violenza di gruppo in quella di concorso in violenza sessuale continuata. Con separati ricorsi, gli imputati hanno chiesto in Cassazione l’annullamento della sentenza. Il primo imputato ha denunciato l’omessa motivazione sulla richiesta di prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti, osservando di avere offerto nell’apposito motivo ulteriori elementi per riconoscere il beneficio. Per la Suprema Corte questo motivo è fondato. La stessa sentenza di appello riporta tra i motivi di gravame quello relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza e pertanto, secondo gli Ermellini, la Corte di merito avrebbe dovuto dare alla censura una risposta, positiva o negativa che fosse, il che invece non è avvenuto sussiste, pertanto, il denunziato vizio di omessa motivazione che rende necessario l’annullamento della sentenza con rinvio. Invece, il secondo imputato si è lamentato per la condanna per concorso nel reato di violenza sessuale per effetto della derubricazione della contestata violenza sessuale di gruppo, addebitando alla Corte di merito di aver affermato apoditticamente che l’imputato fosse consapevole, al momento in cui fece salire la prostituta in auto, di quanto sarebbe accaduto successivamente nonostante la mancanza in atti del benché minimo indizio. Per il Collegio, anche questo motivo è fondato. La Corte d’Appello aveva ritenuto che il ricorrente, pur allontanandosi senza partecipare agli atti di violenza sessuale, aveva reso possibile la consumazione del reato contestato ai coimputati consegnando loro la vittima con la consapevolezza del fatto che gli stessi ne avrebbero abusato e, sulla base di tale rilievo, aveva ritenuto l’imputato colpevole del reato di concorso in violenza sessuale. Riqualificazione giuridica del fatto. A riguardo, i giudici di legittimità hanno dichiarato che l’affermazione di responsabilità a titolo di concorso nel reato ne presuppone innanzitutto l’esistenza e quindi l’avvenuta consumazione da parte dei concorrenti, il che nel caso di specie non risulta affatto. Inoltre, per il S.C., la decisione sarebbe ugualmente censurabile sotto altro profilo la riqualificazione giuridica del fatto effettuata ex officio dalla Corte d’Appello, senza aver dato all’imputato, in alcuna fase della procedura, la possibilità di esserne informato e di predisporre la più opportuna difesa. Alla luce di ciò, la sentenza è stata annullata senza rinvio perché il fatto dell’imputazione, così come qualificato concorso nel reato di violenza sessuale , non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 giugno - 4 ottobre 2013, n. 40976 Presidente Teresi – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 4.4.2012 la Corte d'Appello di Roma - per quanto ancora interessa - ha confermato la colpevolezza di L.E. in ordine al reato continuato di concorso in sequestro di persona e di violenza sessuale di gruppo capi a, b, c, d ha confermato altresì la colpevolezza di P.L. in ordine al concorso in sequestro di persona continuato, derubricando invece nei suoi confronti, in parziale riforma della sentenza di primo grado, l'originaria imputazione di concorso in violenza di gruppo in quella di concorso in violenza sessuale continuata e provvedendo alla determinazione della pena ei confronti del P. in anni tre e mesi otto di reclusione. Per giungere a tale conclusione, la Corte di merito, sempre ai fini di quanto interessa in questa sede, ha considerato che anche L. aveva partecipato alla violenza di gruppo mentre il P. era consapevole delle violenze di gruppo consumate successivamente al suo intervento anche se non vi aveva preso parte direttamente, per cui, avendone agevolato il compimento attraverso l'adescamento e la condotta della prostituta C.L.J. sul luogo, andava ritenuto colpevole di concorso in violenza sessuale nei confronti della stessa. Ha infine negato al P. la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti. 2. Con separati ricorsi i difensori degli imputati chiedono a questa Corte l'annullamento della sentenza deducendo inosservanza di legge penale e vizi motivazionali. Considerato in diritto RICORSO DI L. . 1. Col primo motivo il L. deduce l'inosservanza dell'art. 606 octies con riferimento al capo D dell'imputazione violenza sessuale di gruppo commessa in danno di S.E.R. e la mancanza o mera apparenza della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato sia oggettivi che soggettivi. Rileva in particolare che la Corte d'Appello avrebbe dovuto indicare gli atti concretamente posti in essere ai fini della individuazione del reato di violenza sessuale di gruppo e per quali motivi non fosse possibile operare la derubricazione nell'ipotesi di concorso nel reato di cui all'art. 609 bis cp. pur invocata. Precisa che la parte offesa S. ha fatto riferimento alla partecipazione del prevenuto solo alla prima fase della violenza ai suoi danni perché successivamente si allontanò senza partecipare agli atti di violenza compiuti dagli altri coimputati. Il motivo è infondato. Essendo stato denunziato anche un vizio motivazionale, è il caso di ricordare che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l'oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti tra le varie, cfr. Cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110 Cass. 6.6.06 n. 23528 . L'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento Cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007 Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794 . Ebbene, nel caso in esame, la Corte di merito ha accertato, richiamando le dichiarazioni delle parti offese, le prostitute C.L.J. e S.E.R. , che L. prese parte alla violenza sessuale di gruppo, sia costringendo le stesse ad avere con lui rapporti sessuali sia permanendo sul luogo della violenza per tutto il tempo durante il quale la stessa veniva consumata dai compartecipi ha poi rilevato che le violenze vennero compiute non per una occasionale compresenza sul luogo degli imputati situazione che avrebbe legittimato la chiesta derubricazione , ma in seguito ad un preciso piano operativo concordato precedentemente fra tutti i correi ed attuato secondo un modus operandi ripetuto in più occasioni cfr. pagg. 8 e 9 . Trattasi, come si vede, di un percorso argomentativo coerente da un punto di vista logico che, come tale, si sottrae alla critica rivolta che invece appare finalizzata, attraverso la sostanziale riproposizione delle censure svolte con l'atto di appello, a sollecitare una nuova rivisitazione della vicenda fattuale, cioè una attività che nel giudizio di legittimità è preclusa. 2. Col secondo motivo il L. denunzia l'omessa motivazione in ordine sulla richiesta di prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti osservando di avere offerto nell'apposito motivo ulteriori elementi per riconoscere il beneficio e in proposito richiama l'ampio interrogatorio con dichiarazioni auto ed etero accusatorio. Questo motivo è invece fondato. La stessa sentenza di appello, a pag. 6, riporta tra i motivi di gravame quello relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza e pertanto la Corte di merito avrebbe dovuto dare alla censura una risposta, positiva o negativa che fosse, il che invece non è avvenuto sussiste, pertanto, il denunziato vizio di omessa motivazione che rende necessario l'annullamento della sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma perché proceda all'esame della doglianza. RICORSO DI P. . 1. Col primo motivo il P. deduce l'erronea applicazione degli artt. 110 e 609 bis cp, dell'art. 192 cpp nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione il ricorrente in sostanza, dolendosi della condanna per concorso nel reato di violenza sessuale per effetto della derubricazione della contestata violenza sessuale di gruppo, addebita alla Corte di merito di avere affermato apoditticamente che l'imputato fosse consapevole, al momento in cui fece salire la prostituta in auto, di quanto sarebbe accaduto successivamente nonostante la mancanza in atti del benché minimo indizio. Richiama altresì la dichiarazione dello stesso imputato in cui afferma di avere adescato la prostituta in altre due occasioni che non gli erano mai state contestate per sostenere la tenuta logica della tesi difensiva della inconsapevolezza della gravità dei fatti in cui era coinvolto. 2. Col secondo motivo il P. deduce la violazione dell'art. 605 cp nonché il vizio di motivazione dolendosi del mancato esame della questione del concorso tra il reato di sequestro di persona e quello di violenza sessuale e dell'assorbimento del primo nel secondo. 3. Col terzo motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio. Il ricorrente si duole del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza e rimprovera alla Corte di non avere considerato la personalità dell'imputato, la condotta processuale e tutti i criteri di cui all'art. 133 cp. Il primo motivo è fondato. La Corte d'Appello ha escluso la partecipazione al reato di violenza sessuale di gruppo in base al rilievo che il prevenuto partecipò solo alla prima fase della esecuzione del piano teso alla perpetrazione della violenza ai danni della C. , ma, giunto sul luogo il casolare , si allontanò senza partecipare agli atti di violenza limitandosi a chiedere la restituzione della somma pattuita e pagata alla prostituta. Ha però ritenuto che il P. rese possibile la consumazione del reato contestato ai coimputati consegnando loro la prostituta con la consapevolezza del fatto che gli stessi ne avrebbero abusato e, sulla base di tale rilievo, ha ritenuto l'imputato colpevole del reato di concorso in violenza sessuale di cui all'art. 609 bis cp cfr. pag. 10 . Ebbene, rileva il Collegio che la mancanza di impugnazione da parte del Pubblico Ministero in ordine alla esclusione del reato di violenza sessuale di gruppo preclude in questa sede ogni indagine sulla correttezza della valutazione compiuta dalla Corte d'Appello nel ritenere insussistente il reato di cui all'art. 609 octies cp. Va invece rilevato che appare illogico, oltre che giuridicamente non corretto, ravvisare gli estremi del concorso nel reato di violenza sessuale, figura ben diversa dalla violenza sessuale di gruppo originariamente contestata, quando di tale diverso reato nessuno dei concorrenti è mai stato chiamato a rispondere l'affermazione di responsabilità a titolo di concorso nel reato ne presuppone infatti innanzitutto l'esistenza e quindi l'avvenuta consumazione da parte dei concorrenti, il che nel caso di specie non risulta affatto, come esattamente sottolineato dal difensore anche nel corso della discussione. Sotto altro profilo la decisione sarebbe ugualmente censurabile la riqualificazione giuridica del fatto effettuata ex officio dalla Corte d'Appello, senza aver dato all'imputato, in alcuna fase della procedura, la possibilità di esserne informato e di predisporre la più opportuna difesa si porrebbe in contrasto con l'art. 6 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali essendo il reato di violenza sessuale comunque più grave rispetto a quello originariamente contestato cfr. sentenza Drassich 11-12-2007 della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo . Pertanto, si impone l'annullamento senza rinvio della sentenza perché il fatto di cui al capo B dell'imputazione, così come qualificato cioè il concorso nel reato di violenza sessuale non sussiste. Va invece disposto l'annullamento con rinvio per la determinazione della pena per il residuo reato di sequestro di persona di cui l'imputato è stato ritenuto colpevole. Resta logicamente assorbito l'esame delle altre due censure. P.Q.M. annulla la sentenza nei confronti di L.E. limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma per nuovo giudizio sul punto. Rigetta il ricorso del predetto nel resto. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di P.L. perché il fatto di cui al capo b dell'imputazione, come qualificato in sentenza, non sussiste e con rinvio ad altra sezione della stessa Corte d'Appello per la determinazione della pena per il residuo reato di cui all'art. 605 cod. penale.