Costrizione psichica e breve durata possono bastare per la configurazione del reato

Il sequestro di persona si configura anche se la limitazione della libertà personale deriva da costrizione psichica o dalla creazione di condizioni di sostanziale impossibilità alla locomozione.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40779/13, depositata lo scorso 2 ottobre. Il caso. Costringeva, con atti violenti e intimidatori, la sua ex a rimanere all’interno della propria autovettura per circa 2 ore. Un episodio, questo, che si inseriva in un contesto di reiterate molestie e minacce. Condannato, seppur con una diminuzione di pena, anche dai giudici di appello, l’imputato presenta ricorso per cassazione. Violenza privata o sequestro di persona? I Supremi Giudici hanno sottolineato che il sequestro di persona art. 605 c.p. non presuppone necessariamente l’interclusione della vittima, ma può consistere in limitazioni della libertà personale che derivino da costrizione psichica o dalla creazione di condizioni di sostanziale impossibilità alla locomozione, quali, ad esempio, l’esposizione ad un pericolo per l’incolumità personale Cass., n. 36823/2011 . La durata della privazione della libertà può anche essere breve. Inoltre – precisa la Cassazione – ai fini dell’integrazione del delitto in questione, è sufficiente l’impossibilità della vittima di recuperare la propria libertà di movimento anche relativa, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione della libertà , che può anche essere breve, ma deve essere giuridicamente apprezzabile. I giudici di merito, nella fattispecie, non hanno correttamente applicato tali principi, pertanto il ricorso viene rigettato in toto .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 aprile – 2 ottobre 2013, n. 40779 Presidente Grassi – Relatore Micheli Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Ancona, il 14/02/2012, riformava parzialmente la sentenza emessa dal Tribunale di Ascoli Piceno in data 01/02/2010, con la quale T.M C. era stato condannato per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 594, 605, 612 e 660 cod. pen., in ipotesi commessi in danno di R D.Q. , persona con la quale aveva intessuto una precedente relazione sentimentale. Secondo l'assunto accusatorio, l'imputato si era reso responsabile di una serie ripetuta di condotte intemperanti nei confronti della D.Q. , sfociate in particolare - il omissis - in un episodio di sequestro di persona, costringendola con atti violenti e intimidatori a rimanere all'interno della propria autovettura per circa due ore l'episodio anzidetto si inseriva in un contesto di reiterate molestie realizzate anche a mezzo di più pedinamenti e minacce rivolte alla persona offesa anche a mezzo del telefono, fra cui veniva sottolineato l'avere il C. prospettato alla donna di aggredirla fisicamente o di toglierle il figlio . La Corte territoriale dava atto di condividere le argomentazioni del primo giudice sull'attendibilità da riconoscere agli assunti della D.Q. , riscontrate anche da alcune dichiarazioni testimoniali, nonché in punto di ravvisabilità del delitto ex art. 605 cod. pen. in luogo della - inizialmente contestata - violenza privata riduceva comunque la pena inflitta dal Tribunale di Ascoli Piceno quanto all'addebito più grave, osservando che la sanzione di anni 2 di reclusione irrogata in primo grado risultava eccessivamente elevata rispetto alla entità della lesione arrecata al bene protetto, tenuto conto della durata del sequestro”. La Corte di appello dichiarava altresì l'intervenuta prescrizione del reato contravvenzionale, eliminando la relativa sanzione la pena complessiva veniva pertanto rideterminata in anni 1 e mesi 4 di reclusione. 2. Avverso la sentenza appena illustrata propone ricorso per cassazione il difensore del C. . La difesa, prima di formulare specifici motivi espone una premessa sulle peculiari vicende del processo in particolare, ricordando che vi era stata una prima sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., poi annullata su ricorso del P.g. territoriale, per essere stati dal giudicante ravvisati gli estremi del sequestro di persona in luogo della violenza privata contestata all'imputato in prima battuta, quindi un successivo giudizio celebratosi in assenza di una lista testimoniale della stessa difesa, nonché caratterizzato dal rigetto di istanze formulate ex art. 507 del codice di rito e sulla ricostruzione in fatto sempre prospettata dal C. secondo cui egli non intendeva riavvicinare la D.Q. per fini di molestia, volendo indurla a ricostituire il rapporto fra loro, bensì mirando a rientrare in possesso di suoi beni che ella ancora tratteneva . 2.1 Con il primo motivo, il ricorrente lamenta contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine alla ravvisata configurabilità del delitto previsto dall'art. 605 cod. pen., ritenendo incomprensibile - proprio sulla base delle argomentazioni adottate dalla Corte territoriale per ridurre la pena inflitta al C. - come la durata di un evento possa essere valutata a tal punto rilevante per addebitare il reato di sequestro in luogo di quello di violenza privata, e nello stesso tempo talmente poco rilevante da costituire il fondamento di una riduzione di pena”. 2.2 Con il secondo motivo, la difesa prospetta identico vizio della sentenza impugnata, ancora in punto di configurabilità del sequestro di persona, censurando quanto evidenziato dalla Corte di appello di Ancona circa la possibilità di conferire rilievo a limitazioni della libertà di movimento della vittima che derivino da condotte comunque suscettibili, in relazione alle peculiarità della fattispecie concreta, di privarla dell'autonomia a determinarsi secondo la propria volontà. La Corte avrebbe infatti trascurato di considerare che, stando allo stesso narrato della persona offesa, il C. non si rese autore di costrizioni fisiche, bensì soltanto psichiche, a tutto voler concedere realizzate in un momento ben posteriore rispetto a quello in cui la D.Q. si determinò in piena libertà a rimanere in auto dopo che l'imputato vi si era introdotto. 2.3 Con il terzo motivo, si deduce violazione della legge processuale, con riguardo al disposto di cui all'art. 507 cod. proc. pen., nonché - in relazione all'art. 606, comma 1, lett. d , dello stesso codice - per mancata assunzione di prova decisiva. Secondo la prospettazione difensiva, l'escussione dei soggetti che il Tribunale ritenne invece di non citare a deporre avrebbe senz'altro consentito di far emergere la fondatezza delle tesi sostenute ab initio dal C. , vale a dire che egli intendeva reclamare la restituzione di beni trattenuti dalla ex compagna. Fra i testi di cui era stata sollecitata l'audizione vi era infatti un brigadiere dell'Arma dei Carabinieri R D.M. che aveva ricevuto entrambi i protagonisti della vicenda nel momento in cui la D.Q. si era presentata in caserma per sporgere denuncia, assumendo così anche la versione dell'imputato lo stesso militare aveva poi proceduto di persona a recapitare allo stesso imputato alcuni dei beni che il C. richiedeva indietro, dopo che la donna - non negando la circostanza - li aveva consegnati al D.M. . Ergo, dovrebbe considerarsi erronea - e indicativa di pregiudizio nei confronti dell'imputato - la decisione della Corte di appello di disattendere il motivo di impugnazione sviluppato in proposito, avendo i giudici di secondo grado apoditticamente affermato che i testi ulteriori avrebbero al più riferito su circostanze irrilevanti. 3. In data 20/04/2012 risulta depositata memoria sottoscritta dal difensore della parte civile, con la quale si sollecita la declaratoria di inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso dell'imputato in quanto vengono prospettati motivi che mirano soltanto ad una rilettura dei fatti congruamente motivate, peraltro, dovrebbero considerarsi le ragioni a sostegno della qualificazione giuridica del più grave addebito e la decisione di non dare corso alle ulteriori deposizioni testimoniali che la difesa aveva richiesto. 4. È stata altresì depositata memoria dal difensore del C. , in data 15/04/2013. Ritenendo intimamente connessi i due profili di censura sulla ravvisabilità del sequestro di persona e sulla mancata escussione di testimoni ex art. 507 del codice di rito , la difesa rappresenta che il reato di cui all'art. 605 cod. pen. sarebbe stato realizzato solamente con l'episodio del 30/04/2005, in assenza di terzi, ergo la relativa prova si fonderebbe soltanto sul narrato della D.Q. , che riferisce di un costante atteggiamento di molestia dell'imputato onde convincerla a ripristinare il rapporto sentimentale fra loro di qui la necessità di chiarire - attraverso quelle prove testimoniali - quale fosse realmente, all'epoca, l'intento del C. nell'approcciarsi alla ex compagna. Nella memoria si ribadisce il profilo di contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata nel ritenere sufficiente ai fini di un sequestro di persona uno stato di mera pressione psicologica, che le risultanze istruttorie avevano comunque smentito. Considerato in diritto 1. Il ricorso non può trovare accoglimento. 1.1 Il primo e il secondo motivo, che possono essere trattati congiuntamente, appaiono manifestamente infondati. Come si evince dal precedente giurisprudenziale richiamato nella sentenza impugnata, infatti, ai fini della configurabilità dell'elemento materiale del delitto di sequestro di persona, non è necessario che la costrizione si estrinsechi con mezzi fisici, dovendosi ritenere sufficiente qualsiasi condotta che, in relazione alle particolari circostanze del caso, sia suscettibile di privare la vittima della capacità di determinarsi ed agire secondo la propria autonoma ed indipendente volontà” Cass., Sez. II, n. 38994 del 01/10/2010, Cipro, Rv 248537 . Più di recente, è stato ribadito che il reato ex art. 605 cod. pen. non presuppone necessariamente l'interclusione della vittima, ma può consistere in limitazioni della libertà personale che derivino da costrizione psichica o dalla creazione di condizioni di sostanziale impossibilità alla locomozione, quali, ad esempio, l'esposizione ad un pericolo per l'incolumità personale” Cass., Sez. III, n. 36823 del 15/06/2011, T., Rv 251084 . La motivazione esposta dai giudici di merito circa la sussistenza, nel caso di specie, di un siffatto stato di costrizione psichica è diffusa ed analitica, senza contraddizioni od illogicità di sorta viene anche congruamente spiegato che inizialmente la persona offesa non respinse l'imputato, né si allontanò, perché sino a quel momento non si erano mai verificati accadimenti come quello che ebbe poi a subire, fino a rilevare che la D.Q. spiegò efficacemente di essersi trovata - a seguito della prevaricante condotta del C. che la insultava, le toglieva le chiavi dal cruscotto e la minacciava di rovinarle la vita o di fare in modo che le togliessero il figlio - in una situazione dove un qualsiasi atteggiamento o una mezza parola di più scateni un'ira superiore . La vittima, pertanto, non fu impedita soltanto sul piano della capacità di autodeterminazione, ma anche su quello della libertà di movimento, venendosi così a realizzare il più grave delitto di sequestro di persona rispetto a quello di violenza privata che la difesa torna ad ipotizzare v. in proposito Cass., Sez. I, n. 36465 del 26/09/2011, Misseri, Rv 250812 . Né si registrano contraddittorietà laddove la sentenza impugnata tiene conto della breve durata della limitazione alla libertà di movimento sofferta dalla D.Q. in punto di rideterminazione del trattamento sanzionatorio infatti, ai fini dell'integrazione del delitto di sequestro di persona [ .] è sufficiente l'impossibilità della vittima di recuperare la propria libertà di movimento anche relativa, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione della libertà, che può anche essere breve, a condizione che sia giuridicamente apprezzabile” Cass., Sez. V, n. 28509 del 13/04/2010, D.S., Rv 247884 . Ergo, è di tutta evidenza che laddove i giudici di appello osservano che la parte civile subì una incapacità di muoversi per un lasso di tempo rilevante , essi non intendono riferirsi ad un valore misurabile, come a distinguere i casi di sequestro persona gravi da quelli minormente lesivi del bene giuridico tutelato dalla norma il senso è ovviamente quello della rilevanza penale, al fine di discernere quella pur minima ma apprezzabile limitazione della libertà di movimento che rende configurabile il delitto di cui all'art. 605 cod. pen 1.2 Quanto al terzo profilo di doglianza, è immune da censure il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale circa la ultroneità dei testi di cui si tornava a sollecitare l'escussione. Va precisato che nell'interpretazione giurisprudenziale si è talora ritenuto che il giudice ha il dovere di ricorrere al proprio potere di disporre l'acquisizione, anche d'ufficio, di nuovi mezzi di prova qualora ciò sia indispensabile per rendere la decisione, ed ha pertanto l'obbligo di motivare in ordine al mancato esercizio di tale potere-dovere” Cass., Sez. VI, n. 25157 dell'11/06/2010, Di Girolamo, Rv 247785 in altri casi si è invece sostenuto che il mancato esercizio del potere del giudice di disporre d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova a norma dell'art. 507 cod. proc. pen. non richiede un'espressa motivazione, quando dalla effettuata valutazione delle risultanze probatorie possa implicitamente evincersi la superfluità di un'eventuale integrazione istruttoria” Cass., Sez. VI, n. 24430 del 16/02/2010, Di Napoli, Rv 247366 . Ad ogni modo, nella fattispecie oggi in esame una motivazione vi è senz'altro, dal momento che la Corte di appello di Ancona ritiene che il giudizio di piena attendibilità della deposizione della parte lesa, peraltro suffragata da altre acquisizioni, non sia minimamente inficiato da una tesi difensiva che tenta di ricondurre i motivi di contrasto alla diatriba per restituzioni di alcuni oggetti, all'evidenza inidonea a giustificare le puntuali accuse elevate dalla D.Q. . Sono di conseguenza irrilevanti le richieste di integrazione istruttoria rivolte ad approfondire modalità e tempi delle restituzioni che, al massimo, possono essere state appendice della vicenda”. Poche righe prima, peraltro, la sentenza impugnata dava contezza del riscontro offerto agli assunti della denunciante da parte di un teste che aveva assistito ad una simulazione di investimento, inscenata dall'imputato con il buttarsi sul cofano dell'auto della D.Q. condotta, sul piano della logica e del senso comune, incompatibile con un presunto intento di vedersi restituire beni indebitamente trattenuti, e che si sposa invece con il quadro disegnato dalla persona offesa. La motivazione della pronuncia deve perciò intendersi immune dai vizi, in ipotesi censurabili in sede di legittimità, che la difesa del C. lamenta. 2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna dell'imputato al pagamento delle spese del presente giudizio di Cassazione. Considerata la peculiarità della fattispecie, riguardante reati commessi in danno di persona già legata da relazione di convivenza con l'imputato, la Corte ritiene doveroso - ai sensi dell'art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 - disporre l'omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, dell'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.