Sasso contro una vettura in corsa: conseguenza voluta le lesioni subite dall’automobilista

Confermata la condanna per l’uomo resosi responsabile del folle gesto. A suo carico il delitto di lesioni personali. Assolutamente inaccettabile l’ottica proposta dai difensori, secondo i quali le lesioni subite dall’automobilista sono state un effetto secondario non voluto rispetto all’obiettivo primario del danneggiamento della vettura.

Follia allo stato puro, solo così si può inquadrare la scelta di lanciare un sasso contro una vettura in corsa. Gesto assolutamente da sanzionare, a cui, però, va aggiunta, senza dubbio, anche la responsabilità per le ripercussioni subite dall’automobilista alla guida. Cassazione, sent. n. 40334/2013, Quinta Sezione Penale, depositata oggi Colpevole. Giudizio tranchant quello emesso in Tribunale prima e in Corte d’Appello poi chiara la responsabilità dell’autore del folle gesto, logica la condanna per lesioni personali , coll’aggravante di una malattia superiore ai 40 giorni . A corredo, poi, anche un adeguato risarcimento dei danni derivanti da reato in favore dell’automobilista danneggiato. Quadro, questo, che viene confermato anche dai giudici della Cassazione, i quali, nonostante le rimostranze della persona condannata in primo e in secondo grado, ritengono non ipotizzabile che le lesioni subite dall’automobilista siano state conseguenza non voluta rispetto all’obiettivo primario, cioè il danneggiamento della vettura . Tale granitica convinzione è fondata su elementi di fatto , ossia circostanze concrete, mezzo usato e modalità esecutive dell’azione criminosa . Detto ancor più chiaramente, la persona resasi responsabile del folle gesto – come detto, il lancio di un sasso contro un’automobile in corsa – si era rappresentata il rischio di potere anche ferire l’automobilista, rischio che egli sapeva di non poter ragionevolmente dominare o evitare . Per questo, non è configurabile , concludono i giudici, un’ipotesi di aberratio ictus plurilesiva , che ha come presupposto indefettibile che l’evento diverso da quello voluto – ossia le lesioni subite dall’automobilista, in questo caso – non sia imputabile al soggetto agente nemmeno a titolo di dolo eventuale .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 aprile – 30 settembre 2013, n. 40334 Presidente Bevere – Relatore Guardiano Fatto e diritto Con sentenza pronunciata il 10.4.2012 la corte di appello di Trieste confermava la sentenza con cui il tribunale di Tolmezzo, in data 16.6.2010, aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia F.B., imputato del reato di cui agli artt. 582 e 583, co. 1, n. 1 , c.p., per avere cagionato a T.T. lesioni personali da cui era derivata una malattia superiore ai quaranta giorni, oltre al risarcimento del danno derivanti da reato in favore della persona offesa costituita parte civile. Avverso tale sentenza, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando i vizi della mancanza, della manifesta illogicità e della contraddittorietà della motivazione, motivazione, in quanto la corte territoriale, pur dando atto della tesi difensiva, secondo cui il reato principale voluto dal F. era il danneggiamento dell'autovettura dove viaggiava la persona offesa, di cui l'imputato aveva rotto il vetro del parabrezza, colpendolo con un sasso che aveva raggiunta il T., disattendendo la richiesta di applicazione dell'art. 586, c.p., affermava contraddittoriamente che secondo la difesa il secondo evento quello non voluto sarebbe costituito dal danneggiamento dell'auto, da cui l'impossibilità di applicare l'istituto dell' aberratio delicti plirioffensiva, in quanto commesso, perlomeno, con dolo eventuale , in tal modo confondendo il primo con il secondo reato Tanto premesso il ricorso del F. va dichiarato inammissibile, per manifesta infondatezza dello stesso. Ed invero dalla lettura dell'impugnata sentenza si evince con assoluta chiarezza che la corte territoriale ha escluso la possibilità di applicare la disciplina prevista dall'art. 586, c.p., in caso di lesioni arrecate come conseguenza non voluta dal colpevole di altro delitto doloso nel caso in esame, secondo la prospettiva difensiva, il danneggiamento dell'autovettura del T. , ritenendo, sulla base di una motivazione approfondita ed immune da vizi, che, in considerazione degli elementi di fatto relativi alle circostanze concrete, al mezzo usato ed alle modalità esecutive dell'azione criminosa, il F., nel portare a compimento la propria condotta criminosa, si fosse rappresentato il rischio di potere anche ferire il T., rischio che l'imputato sapeva di non poter ragionevolmente dominare o evitare cfr. pp. 3 e 4 dell'impugnata sentenza . Per tale ragione correttamente la corte di appello riteneva che non fosse configurabile un'ipotesi di aberratio ictus plurilesiva, il cui indefettibile presupposto è che l'evento diverso da quello voluto non sia imputabile al soggetto agente nemmeno a titolo di dolo eventuale, in ciò conformandosi al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di lesioni, secondo cui sussiste il dolo eventuale e non la colpa cosciente qualora l'agente non solo si sia rappresentato il concreto rischio del verificarsi dell'evento ma lo abbia anche accettato, nel senso che si sia determinato ad agire anche a costo di cagionarlo cfr., ex plurimis , Cass., sez. V, 17/09/2008, n. 44712, D.C., rv. 242610 . Ciò posto, appare evidente che nell'affermare, a pag. 4 dell'impugnata sentenza, che, secondo la difesa, l'evento non intenzionalmente perseguito sarebbe stato costituito dal danneggiamento , rappresenta un evidente lapsus calami, la cui incidenza sul percorso argomentativo del giudice di secondo grado è del tutto inesistente. Peraltro occorre rilevare come nessuna contestazione sia stata mossa dal ricorrente in ordine alle ragioni di diritto che hanno fondato la decisione della corte territoriale, né il F. ha spiegato in che termini l'errore in cui sarebbe incorsa quest'ultima ne ha inficiato, sul piano logico-giuridico, le conclusioni, per cui il ricorso dell'imputato si appalesa inammissibile anche per l'assoluta genericità dei motivi che ne sono posti a fondamento cfr. Cass., sez. VI, 30.10.2008, n. 47414, Arruzzoli e altri, rv. 242129 . Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto nell'interesse del F. va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento, nonché in favore della cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in euro 1000,00, tenuto conto della evidente inammissibilità delle questioni prospettate, circostanza facilmente verificabile dal difensore del ricorrente, che, quindi, non può ritenersi immune da colpa nella determinazione delle evidenziata ragioni di inammissibilità cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000 . P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.