Porta presa in faccia: che dolore! Ma non si può parlare di percosse...

A certificare il fastidio subito anche un referto sanitario ad hoc . Nonostante ciò, però, le accuse nei confronti dell’uomo, autore della fatale chiusura di porta, vengono azzerate completamente. Il gesto è stato compiuto nella consapevolezza che non potesse provocare una sensazione dolorosa.

Già metaforicamente vedersi chiudere una porta in faccia è davvero poco gradevole, seppur, secondo alcuni ‘teorici’, assai formativo. Ma anche fisicamente, in concreto, non è esperienza piacevole. Ma trarne spunto addirittura per una battaglia legale è troppo Cassazione, sent. n. 38960/2013, Quinta Sezione Penale, depositata oggi Fallo Involontario. Scenario gli uffici del Giudice di pace. Casus belli la porta d’accesso a quegli uffici. Fatale è la chiusura ‘forzata’ messa in atto da un uomo, per impedire a un altro uomo di avere accesso alla struttura che ospita gli uffici. Atto repentino, e improvviso, che provoca, secondo l’uomo che ha dovuto ‘subire’ il ‘colpo di porta’, una sensazione dolorosa al petto, come documentato da un referto sanitario ad hoc . E tanto basta per arrivare alla condanna – in Tribunale –, dell’autore della chiusura ‘forzata’, per il reato di percosse . Con annesso adeguato risarcimento dei danni . Questa visione, però, viene completamente fatta a pezzi dai giudici della Cassazione. Questi ultimi, in premessa, riconoscono che, nell’identificazione del reato di percosse , il termine ‘percuotere’ è da intendere in un’ottica ampia, comprensiva di ogni violenta manomissione dell’altrui persona fisica , e, quindi, anche la spinta , che si concreta in un’energia fisica esercitata con violenza, e direttamente sulla persona , può risultare decisiva. Ma, viene aggiunto subito dopo, dai giudici, non si può collocare in tale quadro, di certo, la legittima scelta di chiudere la porta , anche perché tale gesto è compiuto con la convinzione della radicale inidoneità della condotta a provocare una sensazione dolorosa . Volendo utilizzare una metafora calcistica, il dolore provocato – e certificato dal referto sanitario – è valutabile come un fallo involontario . Consequenziale, per questo, ad avviso dei giudici, è l’azzeramento di ogni addebito nei confronti dell’uomo, autore della fatale chiusura di porta.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 giugno – 20 settembre 2013, n. 38960 Presidente Dubolino – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 02/02/2012 il Tribunale dl Lucca, riqualificato il fatto contestato all'imputato come percosse, ha condannato O.P. alla pena ritenuta di giustizia, nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile. In particolare, il P. è stato ritenuto responsabile di avere provocato, in danno di G.B., una sensazione dolorosa dolorabilità alla digitopressione mm pettorale dx”, così come documentato nel referto sanitario allegato , tentando di chiudere la porta che dava accesso agli uffici dei giudici di pace, nonostante la resistenza opposta dal B., il quale, tentando di superare la porta, ne aveva impugnato la maniglia. 2. Nell'interesse del P. è stato proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. 2.1. Con il primo motivo si lamenta inosservanza dell'art. 11 cod. proc. pen., applicabile anche ai procedimenti concernenti i magistrati onorari. 2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali nonché inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 192, 197 bis, 210 e 546 cod. proc. pen., per avere il Tribunale posto a fondamento della sua decisione le dichiarazioni della persona offesa, smentite su alcuni profili da altre dichiarazioni per es., con riguardo all'esistenza di un appuntamento nel corso della stessa mattinata con l'avv. C. e non confermate, per distinti profili, dalle affermazioni di altri testi ad es., C. e M., quanto al fatto che il B. avesse posato la mano sulla porta , che non avevano ricevuto alcuna considerazione, al pari della pur riconosciuta assenza di buoni rapporti tra l'imputato e la persona offesa. Si aggiunge che l'esame della persona offesa era avvenuto in violazione degli artt. 197 bis e 210 cod. proc. pen., in quanto la stessa era indagata in procedimento connesso a norma dell'art. 12 del codice di rito, in relazione al reato di cui all'art. 337 cod. pen. 2.3. Con il terzo motivo, si lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 581 cod. pen., sia in relazione al profilo oggettivo, non essendo ravvisabile alcuna attività percussiva nei confronti della persona offesa, che, dopo l'episodio si era recata in ospedale in pieno inverno in scooter, nonostante l'asserito dolore toracico e dopo essersi trattenuta per un'ora nel cortile antistante la sede dell'ufficio del giudice di pace, sia in relazione al profilo soggettivo. 2.4. Con il quarto motivo, si lamenta inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 51 e 52 cod. pen., in quanto il ricorrente aveva semplicemente inteso escludere, con la chiusura della porta, la persona offesa dall'area, ormai chiusa al pubblico, nella quale quest'ultima stava cercando indebitamente di accedere e comunque avevano maturato il giustificato convincimento di trovarsi esposto al pericolo attuale di un'offesa ingiusta, da parte del B. 2.5. Con il quinto motivo, si lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 133 cod. pen., per avere il Tribunale trascurato di esporre le ragioni per le quali, nonostante le circostanze in cui il fatto era maturato e la incensuratezza dell’imputato, si fosse discostato dai limiti edittali della pena. Considerato in diritto 1. Osserva la Corte che assume carattere assorbente il quarto motivo del ricorso, dal momento che, pur muovendo dalla ricostruzione dei fatti rinvenibile nell'atto di appello proposto nell'interesse del P. dall'Avv. M. pag. 6 il B. nell'ultimo tratto della chiusura della porta de qua cercò di Impedire la chiusura a scrocco ” , non ricorrono gli elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza. Al riguardo, va certo ribadito che il termine percuotere non è assunto nell'art. 581 ccd, pen. nel solo significato di battere, colpire, picchiare, ma anche in quello più lato, comprensivo di ogni violenta manomissione dell'altrui persona fisica, con la conseguenza che in tale ambito previsionale rientra anche la spinta, la quale si concreta in un'energia fisica esercitata con violenza e direttamente sulla persona Sez. 3, n. 38748 del 11/06/2004, Mainiero, Rv. 229614 . Tuttavia, la legittima scelta di chiudere la porta da parte dell'imputato, cui la persona offesa decise di opporsi, determina, nella prospettiva dell'agente, sul piano oggettivo, prima ancora che su quello soggettivo, la radicale inidoneità della condotta a provocare una sensazione dolorosa. Ne discende l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.