L’omesso versamento di IVA relativa all’anno 2005 è reato ... ma resta uno spiraglio sull’elemento soggettivo

L’art. 10 ter, D.lgs. 74/2000, entrato in vigore il 4 luglio 2006, è applicabile anche alle omissioni di versamenti IVA relativi all’anno 2005, senza che ciò comporti violazione del principio di irretroattività della norma penale.

Con la sentenza n. 37424 del 12 settembre 2013, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno altresì affermato l’ulteriore, quanto prodromico rispetto a quello sopra enunciato, principio di diritto secondo cui fra l’art. 10 ter D.lgs. 74/2000 e il comma 1 dell’art. 13 D.lgs. 471/1997 intercorre un rapporto non di specialità, ma di progressione illecita, che comporta l’applicabilità congiunta delle due sanzioni. Una decisione attesa. Come aveva anticipato il Servizio Novità della Cassazione all’esito delle pubbliche udienze del 28 marzo 2013 , le Sezioni Unite hanno affrontato, nell'ambito di due distinti procedimenti, due questioni di notevole rilevanza pratica e complessità giuridica, ossia se la norma che incrimina l'omesso versamento delle ritenute certificate per un ammontare superiore a cinquantamila euro entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d'imposta art. 10 bis D.lgs. 74/2000 , norma entrata in vigore l'1 gennaio 2005 , debba trovare applicazione a fatti di omesso versamento, entro il 31 ottobre 2005, delle ritenute 'maturate' nel corso del 2004 , nonché quella concernenete l'applicabilità della norma che incrimina l'omesso versamento dell'IVA per un ammontare superiore a cinquantamila euro entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo art. 10 ter D.lgs. 74/2000 , norma entrata in vigore il 4 luglio 2006 , a fatti di omesso versamento, entro il 27 dicembre 2006, dell'IVA incassata nel corso del 2005 . In entrambi i casi le Sezioni Unite, risolvendo un contrasto interpretativo giurisprudenziale ed un ampio dibattito dottrinario, hanno concluso per la piena applicabilità delle norme suddette alle annualità in questione, ma giunge ora la quanto mai attesa motivazione delle decisione resa in materia di applicabilità dell’art. 10 ter D.lgs.74/2000 all’IVA dell’anno 2005. La questione sub iudice. La questione giuridica sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite è costituita da una nuova disposizione penale art. 10 ter D.lgs. 74/2000 che punisce un comportamento, l’omesso versamento dell’IVA, già punito come illecito amministrativo al momento dell’introduzione della fattispecie incriminatrice, dove la principale differenza fra i due tipi di illecito risiede nel fatto che quello penale si consuma con l’omesso versamento dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale entro il termine ultimo del 27 dicembre dell’anno successivo al periodo di imposta considerato, mentre l’illecito amministrativo si consuma ad ogni mancato versamento periodico previsto dalla legge tributaria art. 13 D.lgs. 471/1997 . Sulla base di tale premessa si è ritenuta per un primo orientamento inapplicabile la norma incriminatrice di cui all’art. 10 ter all’omesso versamento dell’IVA relativa al 2005 in quanto, al momento dell’entrata in vigore della nuova norma – luglio 2006 –, il fatto illecito consistente nei mancati versamenti periodici, sanzionati in via amministrativa si era in effetti già consumato. Non va peraltro dimenticato che sulla questione dell’applicabilità della norma all’omesso versamento dell’IVA per il 2005 è stata anche sollevata, in data 22 settembre 2010, con ordinanza dal Tribunale di Torino, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 ter in relazione all’art. 3 Cost., in quanto, se di regola il contribuente ha a disposizione un intero anno per adempiere all’obbligo di versare l’IVA dovuta ossia fino al 27 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è maturato l’obbligo di versare l’IVA , per non incappare nella sanzione penale, rispetto all’IVA del solo anno 2005, il contribuente ha avuto a disposizione solo sei mesi dal 5 luglio 2006, data di entrata in vigore della nuova norma incriminatrice, al 27 dicembre 2006, termine ultimo per adempiere , con conseguente illegittima disparità di trattamento e violazione dell’art. 3 Cost Come noto la questione è già stata giudicata manifestamente infondata dalla Corte con l’ordinanza n. 224/2011, in quanto non contrasta, di per sé, con il principio di eguaglianza un trattamento differenziato applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, poiché il fluire del tempo costituisce un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche e perché d’altro canto, il termine di oltre cinque mesi e mezzo dal 4 luglio 2006 al 27 dicembre 2006 , riconosciuto al soggetto in questione in luogo dei quasi dodici mesi ‘ordinari’ , non può ritenersi intrinsecamente incongruo, ossia talmente breve da pregiudicare o da rappresentare, di per sé, un serio ostacolo all’adempimento . L’orientamento minoritario. Nonostante l’impostazione prevalente, avallata anche dalla appena menzionata pronuncia della Corte costituzionale, concludesse per la piena applicabilità dell’art. 10 ter all’annualità 2005, si registrava anche un orientamento contrario Cass. Sez. III, n. 18757/2012, Germani Cass. Sez. III, n. 15025/2012 che sosteneva invece l’opposta soluzione. A tal fine, la giurisprudenza di legittimità aveva evocato un importante ed autorevole precedente costituito da Cass. Sez. III, n. 14160/1999, Di Grisostomo, Rv. 274917 che, affrontando il problema del rapporto fra l'originario testo dell'art. 2 d.l. 10 luglio 1982, n. 429, e quello introdotto con l'art. 3 d.l. 16 marzo 1991, n. 83, convertito dalla l. 15 maggio 1991, n. 154, aveva affermato che lo spostamento del termine per il versamento della ritenute fiscali operate a titolo di acconto, introdotto con l'art. 3 del d.l. 16 marzo 1991, n. 83, non poteva incidere sul reato di cui all'art. 2 l. 7 agosto 1982, n. 516, allorché questo doveva ritenersi già perfetto all'atto dell'entrata in vigore del decreto legge stesso, e ciò in quanto la norma di nuova introduzione non poteva che essere rivolta al futuro, e cioè alle omissioni di versamento consumate successivamente alla modifica legislativa. La soluzione delle SS.UU È proprio sulla base di tale premessa che i giudici delle Sezioni Unite, dopo aver compiuto un puntuale excursus delle posizioni giurisprudenziali e dottrinarie, individuano il punto nodale della questione nella analisi del rapporto fra l'illecito amministrativo di cui al comma 1 dell'art. 13 D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, e l'illecito penale di cui all' art. 10 ter D.lgs. 74/2000, onde verificare se, anche in tale caso, fossero applicabili i principi della sentenza Di Grisostomo. Tale sentenza, osservano le Sezioni Unite, riguardava sicuramente una ipotesi di successione di norme sanzionatorie e, in particolare, una ipotesi di successione di norme penali. Era chiaro, quindi, sotto un profilo anche formale, che le due discipline non potevano coesistere e dunque la conclusione, in tale ipotesi, non potè che essere per la irretroattività e non duplicabilità della sanzione penale. Tuttavia, puntualizzano le Sezioni Unite, ben diverso è il caso sottoposto al loro esame, in quanto, come si argomenta dettagliatamente nella motivazione, non di successione di sanzioni punitive trattasi, ma di sanzioni diverse che vanno a colpire condotte che si pongono in un rapporto di progressione e non di specialità con conseguente applicazione sia della sanzione penale che della sanzione amministrativa. È sulla base di tale argomento, nonché sul consueto rilievo della natura di reato omissivo istantaneo della fattispecie di cui all’articolo 10 ter D.lgs. 74/2000, che la Suprema Corte non ha indugi ad accogliere l’orientamento prevalente superando anche i dubbi di compatibilità, pur sollevati dal ricorrente, di detta norma con il principio di colpevolezza. Un solo spiraglio . sull’elemento soggettivo. Pur ferme nell’aderire alla piena applicabilità della fattispecie in esame ai debiti IVA maturati nell’anno 2005 alla generalità dei casi, le Sezioni Unite aprono tuttavia una spiraglio derivante dal divario temporale tra la maturazione del debito IVA e l’introduzione della nuova norma penale. Potrebbe infatti verificarsi, proseguono gli Ermellini, che in talune fattispecie concrete l’omissione del versamento nella misura prevista al momento della scadenza del termine allungato rinvenga la sua ragione esclusiva e non più rimediabile in un comportamento colpevole posto in essere interamente prima della introduzione della norma penale, quando le conoscibili e prevedibili conseguenze di detto comportamento consistevano in una mera sanzione amministrativa. In tale caso, appare evidente che si dovrebbe pervenire ad una pronuncia di proscioglimento difettando l’elemento soggettivo del reato. Lo spiraglio lasciato dalla Suprema Corte, doveroso e conforme rispetto al principio costituzionale di colpevolezza, ci basta per poter affermare che le battaglie giudiziarie sull’omesso versamento dell’IVA per l’annualità 2005 sono lungi dall’esser terminate, o ciò almeno finchè sulle stesse non scenderà, l’invero ormai prossimo, oblio della prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 28 marzo - 12 settembre 2013, n. 37424 Presidente Lupo – Relatore Cortese