Tirocinio e prova, ma senza assunzione: niente radici in Italia per lo straniero

Nessun dubbio sull’impegno dell’uomo in un panificio. Ma i due mesi di tirocinio e poi il periodo di prova, non coronato dall’avvio della procedura per l’assunzione, non possono essere valutati come attività lavorativa.

Tirocinio prima e periodo di prova poi contesto, un panificio. Ma questa fase non è stata seguita da regolare assunzione. Da ciò si deduce che lo straniero, ‘valutato’ professionalmente dal proprietario dell’attività commerciale, non ha, in realtà, mai svolto attività lavorativa in Italia. Praticamente impossibile, quindi, sostenere la tesi del radicamento nella Penisola per opporsi all’esecuzione del ‘mandato d’arresto europeo’. Cassazione, sentenza n. 37089, sezione Feriale Penale, depositata oggi Niente lavoro, niente radici . Tutto pronto per riportare il cittadino straniero – un polacco – nel Paese di origine lì, come da ‘mandato d’arresto europeo’, egli dovrà scontare due anni di reclusione per plurime cessioni di marijuana, anche a minorenni . A dettare tale linea sono i giudici della Corte d’Appello, che hanno ordinato la consegna alle competenti autorità polacche . Ad avviso dell’uomo, però, è stato trascurato il suo radicamento in Italia . Più precisamente, viene ricordato ora, dinanzi ai giudici di Cassazione, egli vive nel Belpaese dal 2007 ha lavorato e lavora come panettiere, come da dichiarazioni rilasciate dai suoi datori di lavoro vive con la madre, la compagna e il figlio di quest’ultima, in un immobile regolarmente condotto in locazione . Pur di fronte a questo quadro, però, anche i giudici di Cassazione confermano la decisione assunta in Appello dovrà essere applicato all’uomo il ‘mandato d’arresto europeo’ emesso in Polonia. Ciò per una semplice considerazione il tirocinio – di due mesi – in un panificio e il successivo periodo di prova – che non è stato coronato, però, dalla procedura per l’assunzione – non possono essere valutati come attività lavorativa . Mancano, quindi, secondo i giudici, elementi concreti per considerare reale la residenza in Italia dello straniero, e concreto il suo inserimento nel tessuto sociale .

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 5 - 10 settembre 2013, n. 37089 Presidente Siotto – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. S.N. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli, in data 30-7-13, con cui è stata ordinata la consegna alle competenti autorità polacche del ricorrente, nei confronti del quale è stato emesso mandato d'arresto europeo, a seguito di condanna definitiva alla pena di anni due di reclusione, in relazione a plurime cessioni di mariuana, effettuate nel periodo dal 20-8-06 al 2-12-06, anche a minorenni. 2. Il ricorrente, con tre motivi d’impugnazione, deduce violazione dell'art. 18 lett. r , nel testo risultante da C. cost. 24-6-10 n. 227, e vizio di motivazione perché erroneamente la Corde d'appello non ha tenuto conto del suo radicamento in Italia e precisamente a Pozzuoli, in quanto egli vive nel nostro paese dal 2007, ha lavorato e lavora come panettiere, come da dichiarazioni sostitutive rilasciate dai suoi datori di lavoro vive con la madre, la compagna e il figlio di quest'ultima in un immobile regolarmente condotto in locazione, come da documentazione presentata. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. L'art. 18 lett. r richiede un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia Corte giust. UE, 17-7-2008, causa C-66, /08 Kozlowski, Corr. Giur. 2008, 1447 . E' dunque necessario, nell'ottica delineata dalla disposizione in disamina, che egli abbia istituito in Italia, con continuità temporale e sufficiente stabilità territoriale, la sede principale, anche se non esclusiva, dei propri interessi affettivi, professionali, economici Sez. VI 19-1-10 n. 2950 , rv. n. 245791 Sez. VI 19-1-10, n. 2951, rv. n. 245792 . Al riguardo, la Corte d'appello ha evidenziato come gli elementi dedotti al fine di comprovare l'effettiva e stabile residenza in Italia e il consolidato inserimento del ricorrente nel tessuto sociale siano privi di reale consistenza. In particolare, non risulta che il S. abbia svolto attività lavorativa, ad eccezione di una sorta di tirocinio, nei mesi di giugno e luglio 2007, presso un panificio, come da dichiarazione del titolare e di un periodo di prova appena terminato, all'esito del quale non è stata però avviata la procedura per la regolare assunzione, come attestato dalla titolare dell'impresa . L'impianto argomentativo a sostegno del decisum si sostanzia dunque in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di questa Corte. Il ricorso va dunque rigettato, poiché basato su motivi infondati, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.