Niente violenza sessuale di gruppo per il complice che si allontana dal luogo del delitto con il bancomat della vittima

Il delitto di cui all’art. 609 octies c.p. è una fattispecie di reato plurisoggettivo proprio, consistente nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p., nella quale ciascuna di esse contribuisce materialmente o moralmente all’azione collettiva.

Nel caso in cui, però, il contributo sia stato prestato da un complice non presente nel corso dell’esecuzione del delitto, esso dovrà essere diversamente qualificato come concorso eventuale ex art. 110 c.p. nel reato di cui all’art. 609 octies c.p , sempre che, tuttavia, il suo apporto abbia una seppur minima influenza ai fini della perpetrazione del reato. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 32928 del 30 luglio 2013. Inquadramento della fattispecie delittuosa . Il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Roma condannava l’imputato per il reato di concorso, mediante agevolazione, alla perpetrazione di atti di violenza sessuale di gruppo aggravata artt. 110, 61, n. 4, e 5, 609 octies comma 1, 2, 3 e 609 ter, comma 1, n. 4, c.p. in danno della persona offesa, sebbene tali atti erano stati materialmente posti in essere da altri due soggetti, separatamente giudicati e condannati. Tale pronuncia veniva confermata dalla Corte di Appello della capitale, che rigettava altresì l’eccezione proposta dall’imputato di violazione della regola di cui all’art. 649 c.p. ne bis in idem , in quanto lo stesso era già stato giudicato e condannato, per gli stessi fatti, per rapina e lesioni personali. La Corte, invece, aveva ritenuto penalmente responsabile l’imputato, anche se l’imputato si era allontanato dal luogo in cui si compiva la violenza sessuale per andare a prelevare del denaro con il bancomat della persona offesa, ritornando solo a fatto compiuto, momento in cui aiutava i propri complici ad eliminare ogni traccia di violenza dalla autovettura. Eccezione di ne bis in idem e preventivo accordo tra i complici del reato. L’imputato proponeva ricorso per cassazione, riproponendo tale eccezione, già sollevata dinanzi la Corte di merito, osservando che lo stesso era già stato giudicato per lo stesso fatto, inteso come evento materiale realizzatosi con le stesse condizioni di tempo, luogo e persona e che, sebbene definito giuridicamente in maniera diversa era stato condannato per rapina aggravata, sequestro di persona e lesioni personali , comunque si trattava dello stesso fatto storico. Censurava la sentenza impugnata, inoltre, per illogicità della motivazione in relazione alla ricostruzione della condotta tenuta da lui e da altro coimputato, in quanto la stessa basava la sua responsabilità penale in base ad un presunto preventivo accordo tra gli stessi e gli altri complici, nonché sul ruolo determinante necessario ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 609 octies c.p Insussistenza del reato di violenza sessuale di gruppo. La Corte pur rigettando il primo motivo, stante che l’identità del fatto sussiste solo quando vi sia, in effetti, corrispondenza storico – naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi essenziali, ha accolto, tuttavia il secondo. Ed invero, i giudici hanno affermato che il reato di cui all’art. 609 octies c.p. secondo cui la violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis è un reato a partecipazione necessaria, in cui il concetto di partecipazione, non può essere limitato nel senso di richiedere il compimento, da parte del singolo, di un’attività tipica di violenza sessuale e cioè di porre in essere, in tutto o in parte, la condotta prevista dalla norma , dovendosi, invece, ritenere estesa la punibilità nei confronti di tutte quelle condotte partecipative tenute in una situazione di effettiva presenza non già da mero spettatore, sia pure compiacente, sul luogo e al momento del fatto, ma consistenti in un reale contributo materiale o morale all’azione collettiva. Al contrario, tuttavia, nel caso in cui il contributo venga prestato da un complice non presente sul luogo del delitto, la condotta andrà diversamente qualificata come concorso eventuale nel reato di violenza sessuale di gruppo artt. 110 e 609 octies c.p. . Nel caso di specie, l’imputato non era presente al momento della consumazione della violenza sessuale di gruppo, consumata materialmente da altri due soggetti. Ebbene, ai fini della responsabilità penale dell’imputato, ritiene la Corte che si deve individuare la fase preparatoria del reato di violenza sessuale di gruppo e l’apporto causale dell’imputato nello stesso. Ed invero, sebbene l’imputato aveva partecipato alla fase iniziale della condotta criminosa, in cui erano stati sfondati i vetri dell’auto dei malcapitati, i quali erano stati altresì percossi e derubati del bancomat, lo stesso si era poi allontanato, prima della consumazione della violenza da parte di altri due soggetti. Pertanto, benché lo stesso abbia certamente concorso nel reato di rapina e lesioni, non può ritenersi, secondo la Corte, che il suo comportamento abbia potuto riguardare in maniera inequivocabile la fase preparatoria della violenza di gruppo, perpetrata, peraltro, mentre lui era lontano ed in totale assenza di un contributo causale, seppur minimo, del medesimo, elemento questo necessario ai fini della ascrivibilità del reato al complice.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 aprile - 30 luglio 2013, n. 32928 Presidente Squassoni – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 7.5.20J.2 la Corte d'Appello di Roma - per quanto in questa sede ancora interessa - ha confermato la pronuncia di colpevolezza emessa, a seguito di giudizio abbreviato, dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale nei confronti di V.C.M. in ordine reato di cui agli artt. 110, 61 n. 4 e 5, 609 octies, 1, 2 e 3, 609 ter 1 e n. 4 cp. concorso, mediante agevolazione, alla perpetrazione di atti di violenza sessuale di gruppo aggravata in danno di M.S. , posta materialmente in essere da C.R. e U.C. , separatamente giudicati e condannati . Nel confermare il giudizio di responsabilità la Corte romana ha rigettato l'eccezione di violazione della regola del ne bis in idem e ha ritenuto realizzata l'ipotesi di concorso ordinario nel comportamento dell'imputato anche se questi - essendosi temporaneamente allontanato per prelevare danaro col bancomat di una delle vittime - non aveva materialmente presenziato alla violenza sessuale di gruppo posta in essere successivamente alla rapina commessa ai danni di una coppia di giovani sorpresi di notte in auto ha infine ritenuto congrua la pena inflitta dal primo giudice. 2. Il V. ricorre per cassazione contro la sentenza deducendo tre motivi 2.1 inosservanza delle norme processuali stabilite ex art. 606 comma 1 lett. c cpp. riproponendo l'eccezione, già sollevata davanti alla Corte d'Appello, di violazione dell'art. 649 cpp, rilevando di essere stato già giudicato per lo stesso fatto, inteso come evento materiale realizzatosi nelle stesse condizioni di tempo, di luogo e di persona riferendosi alla precedente condanna a dieci anni e otto mesi di reclusione riportata per rapina ed altri reati nella medesima occasione ed osservando che si verte nell'ipotesi di medesimo fatto anche se questo viene definito giuridicamente in modo diverso. Rileva inoltre che nel precedente giudizio il concorso nella violenza sessuale di gruppo era stato preso in considerazione sia pure come parametro per giustificare l'applicazione di una pena edittale così elevata. 2.2 Mancanza contraddittorietà ed illogicità della motivazione art. 606 comma 1 lett. e cpp in relazione agli artt. 110. 61 n. 4 e 5, 609 octies, 1, 2 e 3, 609 ter 1 e n. 4 cp. Il ricorrente osserva che la motivazione appare illogica con riferimento alla ricostruzione della condotta tenuta da lui e dal coimputato U.M. essendo basata su una presunzione ed un pregiudizio in ordine all'accordo e al ruolo determinante necessario ai fini della sussistenza della fattispecie ex art. 609 octies cp 2.3 Illogicità e carenza della motivazione in relazione all'entità della pena inflitta rimprovera in sostanza al giudice di merito di avere applicato la pena in modo sproporzionato, avuto riguardo alla condotta da lui tenuta e a quella ben più grave di altro imputato U.C. , punito con una pena di sei anni e otto mesi, di poco superiore a quella di cinque anni di reclusione a lui inflitta. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è infondato. Ai fini della preclusione connessa al principio del ne bis in idem , l'identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi condotta, evento, nesso causale e con riguardo alle circostanza di tempo, di luogo e di persona cfr. tra le varie, cass. sez. 5, Sentenza n. 28548 del 01/07/2010 Cc. dep. 20/07/2010 Rv. 247895 Cass. sez. U, Sentenza n. 34655 del 28/06/2005 Cc. dep. 28/09/2005 Rv. 231799 . Nel caso di specie, è di tutta evidenza che la condotta e l'evento nel delitto di violenza sessuale di gruppo sono totalmente diversi dalla condotta e l'evento degli altri reati per i quali il ricorrente è stato precedentemente giudicato rapina aggravata, sequestro di persona, lesioni personali . 2. Il secondo motivo è invece fondato. Come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte cfr. per tutte Sez. 3, Sentenza n. 44408 del 18/10/2011 Ud. dep. 30/11/2011 Rv. 251610 , il delitto di cui all'art. 609 octies c.p. costituisce una fattispecie autonoma di reato necessariamente plurisoggettivo proprio, consistente nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p. , in cui la pluralità di agenti è richiesta come elemento costitutivo. La previsione di un trattamento sanzionatorio più grave si connette al riconoscimento di un peculiare disvalore alla partecipazione simultanea di più persone, in quanto una tale condotta partecipativa imprime al fatto un grado di lesività più intenso sia rispetto alla maggiore capacità di intimidazione del soggetto passivo ed al pericolo della reiterazione di atti sessuali violenti anche attraverso lo sviluppo e l'incremento di capacità criminali singole sia rispetto ad una più odiosa violazione della libertà sessuale della vittima nella sua ineliminabile essenza di autodeterminazione. La contemporanea presenza di più di un aggressore è idonea a produrre, infatti, effetti fisici e psicologici particolari nella parte lesa, eliminandone o riducendone la forza di reazione. L'azione collettiva presuppone la necessaria presenza di più di una persona al momento e sul luogo del delitto, ma l'esecuzione di questo non richiede necessariamente che ciascun compartecipe realizzi l'intera fattispecie nel concorso contestuale dell'altro o degli altri correi, ben potendo il singolo realizzare soltanto una frazione del fatto tipico di riferimento ed essendo sufficiente che la violenza o la minaccia provenga anche da uno solo degli agenti. Il concetto di partecipazione , inoltre, come già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, non può essere limitato nel senso di richiedere il compimento, da parte del singolo, di un'attività tipica di violenza sessuale ciascun compartecipe, cioè, dovrebbe porre in essere, in tutto o in parte, la condotta descritta nell'art. 609 bis c.p. , dovendo invece-secondo un'interpretazione più aderente alle finalità perseguite dal legislatore - ritenersi estesa la punibilità qualora sia comunque realizzato un fatto di violenza sessuale a qualsiasi condotta partecipativa, tenuta in una situazione di effettiva presenza non da mero spettatore , sia pure compiacente, sul luogo ed al momento del reato, che apporti un reale contributo materiale o morale all'azione collettiva. Nel caso in cui il contributo sia stato prestato da un complice non presente nel corso dell'esecuzione del delitto, esso dovrà essere qualificato come concorso eventuale ex art. 110 cp nel reato di cui all'art. 609 octies cp. Nel caso di specie, il punto nodale della questione era dunque individuare con esattezza quale fosse la fase preparatoria del reato di violenza sessuale di gruppo e quale il contributo prestato dall'imputato. La Corte d'Appello ha accertato che questi partecipò alla fase iniziale dell'aggressione alla coppia di giovani sfondamento dei vetri dell'auto ove essi si trovavano e percosse in danno dei medesimi ha altresì accertato che l'imputato vide il capo mentre si posizionava nell'auto insieme alla ragazza seminuda e che, dopo essersi fatto consegnare il bancomat, si allontanò dal luogo prima che venisse consumata la violenza sessuale sulla ragazza da parte degli altri componenti del gruppo malavitoso. Ancora, ha accertato che il V. , una volta ritornato col danaro, aiutò gli altri a pulire l'auto dalle tracce della violenza sessuale nel frattempo consumata in sua assenza dal capo, senza chiedere neppure spiegazioni. Orbene, il surricordato comportamento preventivo, accertato in fatto dalla Corte di merito, appariva senz'altro idoneo ai fini della sussistenza del concorso nel reato di rapina e lesioni commesse subito ed in sua presenza non può dirsi invece che esso riguardasse in maniera inequivocabile la fase preparatoria della violenza di gruppo che, lo si ripete, è stata posta in essere solo in un secondo momento, durante l'assenza dei V. , allontanatosi per andare a prelevare danaro contante con il bancomat sottratto ad una delle vittime e senza che sussistessero altri elementi di fatto per ritenere fornito ugualmente un contributo causale dal medesimo. L'attività di pulitura del veicolo, successiva alla commissione del reato, è ininfluente. Alla stregua di quanto sopra, non può ritenersi provato il contributo nella fase preparatoria della violenza sessuale di gruppo e pertanto la sentenza va annullata senza rinvio perché l'imputato non ha commesso il fatto, risultando logicamente assorbito l'esame del terzo motivo. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata senza rinvio per non avere commesso il fatto.