Non c’è concussione se manca la condotta di costrizione

Il dato caratterizzante l’induzione è l’assenza di elementi tali che possano far ritenere sussistente una condotta in costrizione.

Con la sentenza n. 28412 depositata il 1° luglio 2013, la Sesta sezione Penale della Cassazione interviene ancora una volta in tema di delitti contro la Pubblica Amministrazione, evidenziando i confini tra il delitto di concussione ed induzione delineati nel Capo I del Titolo II del Libro secondo del codice penale. Infatti, secondo gli Ermellini , la induzione, richiesta per la realizzazione del delitto previsto dall’art. 319 quater c.p., così come introdotto dall’art. 1, comma 75, legge n. 190/2012, non è diversa, sotto il profilo strutturale, da quella che già integrava una delle due possibili condotte del previgente delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p., consistendo nella condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, abusando delle funzioni o della qualità, attraverso le forme più varie di attività persuasive, di suggestione, anche tacita, o di atti ingannatori, determini taluno, consapevole dell’indebita pretesa, a dare o promettere, a lui o a terzi, denaro o altra utilità. Concessione di ricevitoria del Totocalcio. Nel caso di specie, il ricorrente aveva impugnato la sentenza della Corte di appello territoriale che aveva confermato la decisione del giudice di primo grado di condanna per il delitto di concussione. Infatti, l’imputato, componente della commissione di zona del CONI delegata al rilascio delle concessioni di ricevitoria Totocalcio, con l’intermediazione di un terzo, abusando della qualità e, in particolare del suo potere di voto nel rilascio delle concessioni e nell’influenza esercitata sugli altri componenti della commissione, induceva alcuni esercenti pubblici a consegnargli, tramite il predetto intermediario, diversi milioni non dovuti, rappresentando loro che la dazione sarebbe stato l’unico mezzo per ottenere la concessione, già più volte richiesta dagli interessati e mai ottenuta. Incaricato di pubblico servizio. Secondo la Corte di appello territoriale erano da condividere le conclusioni raggiunte dal Tribunale quanto alla configurazione del delitto di concussione per induzione, in quanto l’intermediario aveva fatto presente agli interessati, i quali avevano più volte ed inutilmente avanzato la relativa domanda, che quello era l’unico modo per ottenere la concessione. Inoltre, a parere del giudice d’appello, non era da porre in discussione la qualifica di incaricato di pubblico servizio, riconosciuta all’imputato, in quanto in qualità di componente della commissione partecipava con voto deliberativo e, rivestendo da anni l’incarico, disponeva di prestigio e autorevolezza su altri componenti al fine del rilascio della concessione. Le doglianze presentate dalla difesa in sede di cassazione si incentrano essenzialmente sull’errata attribuzione della qualifica di incaricato di pubblico servizio all’imputato. Al riguardo, si sostiene sulla base della normativa vigente che l’attività di gestore di una ricevitoria autorizzata dal CONI non è un pubblico servizio e ciò comporta che neanche i componenti delle Commissioni di zona che rilasciano le autorizzazione possono essere considerati incaricati di un pubblico servizio, poiché svolgono un’attività che è propedeutica all’espletamento di quella finale del ricevitore. Pubblico ufficiale. In realtà, Piazza Cavour ribadisce che la qualifica di pubblico ufficiale deve essere riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o semplici privati,quale che sia la loro posizione soggettiva, possono e debbono, nell’ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati. Ne consegue che – si legge nella sentenza – indipendentemente dalle norme di riferimento, la posizione soggettiva di colui che concorre la deliberazione per il rilascio di una concessione richiesta per un pubblico servizio non possa che essere un pubblico ufficiale. No alla concussione. Risolta, dunque, la questione sulla qualificazione soggettiva, la Cassazione, come detto, qualifica i fatti oggetti di giudizio come induzione indebita prevista dall’art. 319 quater cod. pen. Ciò in quanto non si ravvisa alcuna minaccia diretta o indiretta, bensì una esclusiva persuasione da parte dell’imputato, in alcuni casi anche attraverso un intermediario che si faceva rilasciare denaro da coloro che avevano da tempo richiesto la concessione. Da qui l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello territoriale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 marzo - 1° luglio 2013, numero 28412 Presidente De Roberto – Relatore Carcano Ritenuto in fatto 1. G N. impugna la sentenza della Corte d'appello di Venezia che ha confermato la decisione del giudice di primo grado che lo condannò per il delitto di concussione. Il fatto enunciato nell'imputazione ascritta a N.G. - componente della commissione zonale del CONI delegata al rilascio delle concessioni di ricevitoria Totocalcio, con l'intermediazione di tale O B. - abusando della qualità e in particolare del suo potere di voto nel rilascio delle concessioni e nell'influenza esercitata sugli altri componenti della commissione, induceva alcuni esercenti pubblici a consegnargli, tramite il predetto B. diversi milioni non dovuti, rappresentando loro che la dazione sarebbe stato l'unico mezzo per ottenere la concessione, già più volte richiesta dagli interessati e mai ottenuta. Fatti commessi il omissis e omissis , il 2 tra la seconda metà . e omissis , il 3 nell' omissis , il 4 tra l' . e il omissis , il 5 nel . e il 6 il omissis . Ad avviso del giudice d'appello, non è da porre in discussione la qualifica di incaricato di pubblico servizio riconosciuta al N. , poiché quale componente della commissione egli partecipava con voto deliberativo e, poiché da anni rivestiva tale incarico, disponeva di prestigio e autorevolezza su altri componenti al fine de rilascio delle concessioni da parte della Commissione. Pertanto, il giudice d'appello condivide le conclusioni raggiunte dal Tribunale quanto alla configurazione del delitto di concussione per induzione, in quanto B. faceva presente agli interessati - i quali più volte e inutilmente avevano avanzato la relativa domanda - che quello era l'unico modo per ottenere la concessione. 2. Il Difensore del ricorrente deduce - violazione di legge in relazione all'articolo 358, in relazione agli artt. 45 e 55 del dpr 1 aprile 1951 numero 581 con conseguente violazione dell'articolo 317 c.p Per il ricorrente, la qualifica di incaricato di pubblico servizio comporta la preliminare verifica sulla natura dell'attività svolta dal ricevitore di scommesse del totocalcio, e cioè che la stessa sia da ricondurre ad un pubblico servizio ovvero sia di natura meramente privatistica. Ne discende che anche per poter definire la qualità e le funzioni del componente della Commissione del CONI per il rilascio delle relative concessioni è necessario definire normativamente l'attività svolta dal ricevitore. Il ricorrente rileva che, a differenza dei ricevitori del lotto per i quali l'articolo 87 r.d. 19 ottobre 1938 numero 1933 che li definisce incaricati di un pubblico servizi ad ogni effetto, l'attuale disciplina del Totocalcio, Totip e altre scommesse legate alle competizioni sportive è regolata dal d.p.r. 18 aprile 1951, numero 581 che nel primo comma dell'articolo 45 attribuisce al gestore il potere di scegliere le persone e gli enti autorizzati al ricevimento delle schede e alla riscossione delle poste, gestore che si identifica nel CONI cui è riservato il potere anzidetto. Il secondo comma stabilisce che gli incarichi di ricevitori sono assunti con autorizzazioni rilasciate dal ministero. Il terzo comma, a differenza di quanto stabilito in precedenza, esclude espressamente che i ricevitori del lotto siano da considerare incaricati di pubblico servizio. Disposizione ribadita anche nel successivo articolo 55 delle stesso dpr che attribuisce a dette ricevitorie, previa autorizzazione del ministero, l'incarico di ricevere le schede e riscuotere le poste. Ne discende che, in base a tali disposizioni, l'attività di gestore di una ricevitoria autorizzata dal CONI non è un pubblico servizio e ciò comporta che neanche i Componenti delle Commissioni di zona che rilasciano le autorizzazioni sono da considerarsi incaricati di un pubblico servizio, poiché svolgono un'attività che è propedeutica all'espletamento di quella finale del ricevitore. Con ulteriore memoria, depositata dopo la pronuncia dell'ordinanza di questa Corte all'udienza dell'11 gennaio 2013, il ricorrente chiarisce e ribadisce l'assunto relativo alla qualità soggettiva. Considerato in diritto Come noto, elemento imprescindibile è l'esercizio, anche di fatto, di pubbliche funzioni, poiché tale oggettiva situazione vale a riconoscere, in ogni caso, la relativa qualifica al soggetto agente nell'ambito delle figure funzionali previste dall'articolo 357 c.p Il principio di diritto in questione va ricondotto al consolidato indirizzo espresso dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui la qualifica di pubblico ufficiale - ai sensi dell'articolo 357 c.p., come novellato dalle leggi numero 86 del 1990 e numero 181 del 1992 deve essere riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o semplici privati , quale che sia la loro posizione soggettiva, possono e debbono, nell'ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati Sez. unumero , 27 marzo 1992, Delogu, rv. 191171 A differenza di quanto affermato dal giudice d'appello, la Commissione del Coni delegata al rilascio delle concessioni per svolgere l'attività di ricevitoria del totocalcio svolge in concreto una pubblica funzione. Ne discende che il componente della predetta commissione - il quale con il proprio voto concorre alla deliberazione per il rilascio della concessione - non può che essere qualificato pubblico ufficiale, perché titolare di poteri deliberativi . Indipendentemente dalle norme di riferimento, la posizione soggettiva di colui che concorre la deliberazione per il rilascio di una concessione richiesta per un pubblico servizio non può che essere un pubblico ufficiale. 2.La condotta descritta nell'imputazione e ritenuta in sentenza è da qualificare come induzione indebita a dare o promettere danaro al fine del rilascio delle concessioni dell'attività di totocalcio. Non vi è stata alcuna minaccia diretta o indiretta, bensì una esclusiva persuasione da parte delle stesso N. e in alcuni casi attraverso un intermediario il quale si faceva rilasciare denaro da coloro che avevano da tempo richiesto la concessione. Il giudice di merito, dunque, descrive le condotte come induzione , poiché non sono emersi elementi tali che potessero far ritenere sussistente una condotta di costrizione. La induzione, richiesta per la realizzazione del delitto previsto dall'articolo 319 quater c.p., così come introdotto dall'articolo 1, comma 75, della legge numero 190 del 2012, non è diversa, sotto il profilo strutturale, da quella che già integrava una delle due possibili condotte del previgente delitto di concussione di cui all'articolo 317 c.p. e consiste, quindi, nella condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che, abusando delle funzioni o della qualità, attraverso le forme più varie di attività persuasiva, di suggestione, anche tacita, o di atti ingannatori, determini taluno, consapevole dell'indebita pretesa, a dare o promettere, a lui o a terzi, denaro o altra utilità Sez. VI, 4 dicembre 2012, dep. 21 febbraio 2013, numero 8695 . 3.In conclusione, qualificati i fatti come induzione indebita prevista dall'articolo 319 quater c.p., il primo episodio, commesso nel febbraio 1996 è estinto per prescrizione. Il tempo necessario a prescrivere il reato è quello previsto dall'articolo 157 c.p.p., nel testo anteriore alla novella 2005 poiché la sentenza di primo grado è stata pronunciata il 18 novembre 2003 e ciò comporta che il reato è estinto per prescrizione qualora sia decorso il tempo di dieci anni , poiché il delitti di cui all'articolo 319 quater c.p. è punito con pena non superiore a dieci anni. Il delitto è stato consumato nel marzo 1996 e tale è il dies a quo di decorrenza dei dieci anni in tal modo, il tempo di prescrizione sarebbe dovuto scadere nel marzo 2006. Sennonché, vi è stata l'interruzione del corso della prescrizione e ciò ha comportato, a norma degli artt. 160 comma 1, e 161 c.p., nel testo previgente, l'aumento della metà. Per effetto di tale aumento, il tempo complessivo di prescrizione è pari a quindici anni e la nuova scadenza va così fissata nel marzo 2011. Dall'esame degli atti processuali trasmessi, non risultano sospensioni del processo dovute a esigenze difensive o altre cause che per legge possano determinare tali effetti. Nonostante l'interruzione del corso della prescrizione, il delitto ascritto si è, comunque, estinto per prescrizione nel marzo 2011 e, cioè, in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza d'appello. 4. Per gli altri quattro episodi, qualificati anch'essi come induzione ex articolo 319 quater c.p., non è ancora decorso il tempo di prescrizione al momento della pronuncia della presente sentenza. La sentenza va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Venezia per la rideterminazione della pena. Tale parziale annullamento, limitato soltanto alla pena esclude il decorso ulteriore della prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'episodio C. qualificata l'imputazione ai sensi dell'articolo 319 quater c.p. perché il reato è estinto per prescrizione. Qualificati, altresì, gli altri episodi, per cui è intervenuta condanna, sempre ai sensi dell'articolo 319 quater c.p., annulla la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena per detti reati e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Venezia.