Principio attivo praticamente nullo: niente spaccio

Principio attivo irrilevante, tale da non poter indurre la modificazione dell’assetto necroscopico dell’utilizzatore lo spaccio è escluso.

Questo è l’estrema sintesi del caso affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23319, depositata il 29 maggio 2013. La fattispecie. Dopo la condanna alla pena di un anno e 3 mesi di reclusione e 4mila euro di multa per aver detenuto, a fine di spaccio, 12,50 grammi di hashish, l’imputato, tramite il proprio avvocato, presentava ricorso per cassazione. In primis , perché non era stato accertato il grado di purezza della sostanza stupefacente sequestrata e, in secundis , perché mancavano le prove in ordine alla detenzione della droga per finalità di spaccio. Motivi, questi, che vengono accolti entrambi. Non è stata accertata la percentuale di purezza della sostanza. Tant’è vero che la Cassazione non ritiene corretta l’affermazione secondo cui – come affermato dai giudici di merito - l’accertamento della purezza della sostanza non è necessario in presenza di circostanze di fatto indicative della destinazione allo spaccio . Infatti – precisano gli Ermellini – l’accertamento del principio attivo può influire sulla stessa sussistenza dell’offensività della condotta di detenzione a fini di spaccio . Principio attivo irrilevante. È da escludere, dunque, la sussistenza del reato di cessione di sostanze stupefacenti qualora si tratti di quantitativi talmente tenui e con principio attivo irrilevante tale da non poter indurre, neppure in maniera trascurabile, la modificazione dell’assetto necroscopico dell’utilizzatore Cass., nn. 16154/2011 e 21814/2010 .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 marzo – 29 maggio 2013, n. 23319 Presidente De Roberto – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d'appello di Brescia ha confermato la sentenza del 19 novembre 2011 con cui il Tribunale di quella stessa città aveva condannato M.A. alla pena di un anno e mesi tre di reclusione ed Euro 4.000 di multa, previo riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 73 comma 5 d.P.R. 309/190, per avere detenuto, a fine di spaccio, gr. 12,50 di hashish. 2. L'avvocato Patrizia Ghizzoni, nell'interesse dell'imputato, ha proposto ricorso per cassazione. Con il primo motivo ha dedotto la violazione dell'art. 73 d.P.R. 309/1990, nonché il vizio di motivazione, in relazione al mancato accertamento del grado di purezza della sostanza stupefacente sequestrata, censurando la sentenza impugnata là dove ha ritenuto che per l’hashish un tale accertamento assume scarso significato al contrario, si assume il rilievo di una tale operazione, non potendo escludersi che una percentuale bassa di principio attivo avrebbe potuto condurre ad escludere il rilievo penale della condotta. In ogni caso, il giudice d'appello avrebbe dovuto disporre una perizia per accertare la composizione del quantitativo di hashish detenuto dall'imputato. Con il secondo motivo ha denunciato l'erronea applicazione della legge penale e la carenza di motivazione, evidenziando la mancanza di prove in ordine alla detenzione della droga per finalità di spaccio. Considerato in diritto 3. Il primo motivo del ricorso è fondato e assorbe l'altro. La sentenza ha ritenuto che l'accertamento della purezza della sostanza sequestrata non fosse necessario in presenza di circostanze di fatto indicative della destinazione allo spaccio . Si tratta di un'affermazione che non appare corretta, in quanto l'accertamento del principio attivo può influire sulla stessa sussistenza dell'offensività della condotta di detenzione a fini di spaccio. Ne deriva che se il reato di cessione di sostanze stupefacenti è configurabile anche in relazione a dosi inferiori a quella media singola consentita, tuttavia deve escludersi la sussistenza del reato qualora abbia ad oggetto condotte afferenti a quantitativi di stupefacente talmente tenui e con principio attivo irrilevante tale da non poter indurre, neppure in maniera trascurabile, la modificazione dell'assetto neuropsichico dell'utilizzatore Sez. IV, 12 maggio 2010, n. 21814, Renna Sez. VI, Sez. VI, 2 febbraio 2011, n. 16154, Montrone . 4. Il mancato esame relativo al valore del principio attivo, giustificato con una motivazione illogica, determina l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia per nuovo giudizio.