Necessario il giudizio di merito per l’individuazione delle pene accessorie

Quando la durata di una pena accessoria temporanea è determinata dalla legge nella misura minima ed in quella massima, non trova applicazione il principio dell’uniformità temporale tra la pena accessoria e pena principale previsto dall’art. 37 c.p., ma spetta al giudice determinarne in concreto la durata applicando i parametri di cui all’art. 133 c.p

E’ questo il principio di diritto condiviso e ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 17702 depositata il 18 aprile 2013 in tema di omessa applicazione delle pene accessorie. L’omessa applicazione delle pene accessorie. In particolare, il procuratore generale presso la Corte di appello territoriale aveva proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 569 c.p.p. contro la decisione assunta dal giudice di merito che aveva condannato ad otto mesi di reclusione l’imputato per il reato di cui all’art. 10, D.lgs. n. 74/2000, perché al fine di evasione fiscale nella qualità di legale rappresentante della ditta individuale, aveva occultato le scritture contabili e le fatture in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari. Il ricorso presentato dalla procura generale si concretizzava nella richiesta di annullamento della sentenza limitatamente alla omessa applicazione delle pene accessorie previste dall’art. 12, D.lgs. n. 74/2000. Sfavore per le previsioni sanzionatorie rigide. Sul punto gli Ermellini osservano la fondatezza del ricorso, ribadendo il principio di diritto sopra riportato. Infatti, come si legge nella sentenza, l’interpretazione offerta già in passato dalla Cassazione risulta costituzionalmente orientata alla luce dello sfavore che, da sempre, il giudice delle leggi ha mostrato in relazione alle previsioni sanzionatorie rigide, volte ad escludere la possibilità, da parte del giudice di merito, di valutare le circostanze concrete con riferimento alla condotta dell’imputato. In buona sostanza, per il Palazzaccio risulta indispensabile anche in materia di pene accessorie interpretare le disposizioni vigenti alla luce del principio di individualizzazione della sanzione e della funzione rieducativa della pena di cui all’art. 27, comma 3, Cost La tipologia delle pene omesse. In questo modo, è del tutto chiaro che l’individuazione delle sanzioni accessorie debba avvenire attraverso il giudizio di merito. Nel caso specifico, la fondatezza del ricorso risulta dalla mancata condanna anche alle pene accessorie previste per il caso di condanna per il reato ascritto all’imputato, stabilite dall’art. 12, D.lgs. n. 74/2000, quali l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni l’interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni l’interdizione perpetua dall’ufficio di componente di commissione tributaria infine, la pubblicazione della sentenza a norma dell’art. 36 c.p Da qui l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla omessa applicazione delle pene accessorie con rinvio alla Corte di appello territoriale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 dicembre 2012 - 18 aprile 2013, n. 17702 Presidente Lombardi – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Ancona con sentenza del 27 ottobre 2010 ha condannato P.G. alla pena di mesi otto di reclusione, per il reato di cui all'art. 10 D.lgs n. 74 del 2000, perché, al fine di evasione fiscale, nella qualità di legale rappresentante della ditta individuale, occultava le scritture contabili e le fatture indicate specificamente nel capo di imputazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari, fatti accertati in omissis . 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione ex art. 569 c.p.p., il Procuratore generale presso la Corte di appello di Ancona, chiedendo l'annullamento della stessa limitatamente alla omessa applicazione delle pene accessorie previste dall'art. 12 del D.lgs n. 74 del 2000. Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che il ricorso è fondato, in quanto il giudice di merito non hanno disposto la condanna del P. anche alle pene accessorie previste per in caso di condanna per il reato al medesimo ascritto, stabilite dall'art. 12 del D.lgs n. 74 del 2000 e cioè a l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni b l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni c l'interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni d l'interdizione perpetua dall'ufficio di componente di commissione tributaria e la pubblicazione della sentenza a norma dell'articolo 36 c.p. . 2. La giurisprudenza di legittimità ha precisato che quando la durata di una pena accessoria temporanea è determinata dalla legge nella misura minima ed in quella massima, non trova applicazione il principio dell'uniformità temporale tra pena accessoria e pena principale previsto dall'art. 37 c.p., ma spetta al giudice determinarne in concreto la durata applicando i parametri di cui all'art. 133 c.p. Sez. 3, n. 42889 del 15/10/2008, dep. 18/11/2008, P.G. in proc. Di Vincenzo, Rv. 241538, in riferimento alla pene accessorie dei reati tributari in senso difforme, quanto alla nozione di pena accessoria non determinata cfr Sez. 3, n. 41874 del 9/10/2008, dep. 10/11/2008, Azzani e altro, Rv. 241410 e, parzialmente, Sez. 5, n. 29780 del 30/6/2010, dep. 28/7/2010, Ramunno e altro, Rv. 248258, la quale ha peraltro disposto l'annullamento con rinvio della sentenza . Questo Collegio condivide, e ribadisce, il principio di diritto espresso dalla sentenza n. 42889 del 2008 la menzionata interpretazione risulta costituzionalmente orientata alla luce dello sfavore che, da sempre, il Giudice delle Leggi ha mostrato in relazione alle previsioni sanzionatorie rigide volte ad escludere la possibilità, da parte del giudice di merito, di valutare le circostanze concrete con riferimento alla condotta dell'imputato risulta pertanto indispensabile, anche in materia di pene accessorie, interpretare le disposizioni vigenti alla luce del principio di individualizzazione della sanzione e della funzione rieducativa della pena di cui all'art. 27, c.3, Cost., pertanto, non può questa Corte statuire direttamente ed individuare tali sanzioni accessorie, le quali necessitano comunque di un giudizio di merito che le è precluso. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata limitatamente alla omessa applicazione delle pene accessorie, con rinvio ex art. 569, e 4 c.p.p. alla Corte di appello di Ancona. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla omessa applicazione delle pene accessorie, con rinvio alla Corte di appello di Ancona.