Ex BR chiede il reintegro totale in società: gravi fatti di terrorismo, ma eccessiva la richiesta di maggior impegno umanitario

La buona condotta richiesta ai fini della riabilitazione deve avere ad oggetto solo il comportamento tenuto dal condannato dopo la commissione dei reati astensione dal compimento di nuovi reati e rispetto delle norme di comune convivenza. L’impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili nascenti dal reato non costituisce ostacolo alla concessione della misura.

Così si è espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14351, depositata il 26 marzo 2013. 22 anni a un membro delle brigate rosse. Un ex BR viene condannato a 22 anni di reclusione per formazione di banda armata, associazione con finalità di terrorismo, omicidio, furto, falso e ricettazione, reati commessi fino al 1992. Aveva infatti fatto da prestanome per l’acquisto di un appartamento, utilizzato come base logistica dalle brigate rosse, ed aveva partecipato in maniera diretta all’omicidio di un commissario e di un agente di polizia. Nel 2001, dopo la semilibertà e l’affidamento in prova al servizio sociale, dall’esito positivo, viene dichiarata estinta la pena a tutti gli effetti penali. Riabilitazione respinta, le immani sofferenze non possono essere compensate con 2mila euro. Nel 2011 presenta quindi domanda di riabilitazione, ex art. 178 c.p Il Tribunale di Sorveglianza respinge la richiesta. L’ ex brigatista ha effettivamente inviato lettere di scusa ai familiari delle vittime. Ha anche cercato di versare 2.000 euro nel fondo di assistenza per il personale della Polizia di Stato, ma si è visto rifiutare tale versamento. Ha donato allora tale somma ad Emergency. Ma il Tribunale rileva che si è trattato di offerte economicamente inidonee a provare un suo serio impegno e sacrificio personale ed un suo reale interesse verso forme di solidarietà sociale tali da compensare le immani sofferenze provocate con le sue pregresse azioni criminali e da manifestare l’effettività del percorso di emenda e di risocializzazione compiuti . L’ex brigatista, ormai ravvedutosi, ricorre per la cassazione di tale decisione. Quello che conta è la buona condotta. La S.C. ricorda che la buona condotta richiesta dall’art. 179 c.p., necessaria per poter concedere la riabilitazione, deve fare riferimento solo all’astensione dalla commissione di nuovi reati e allo stile di vita improntato al rispetto delle norme di comportamento comunemente osservate dalla generalità dei consociati, comprese quelle non penalmente sanzionate . Il Tribunale non ha fatto alcun riferimento a questa valutazione, tenendo conto solo dell’insufficienza compensativa della somma versata. Mancato adempimento obbligazioni civili, non è di ostacolo. La Corte richiama la propria giurisprudenza, ricordando che l’impossibilità di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato non costituisce ostacolo alla concessione della riabilitazione non solo in ipotesi di accertata impossidenza economica, ma anche quando vengano messe in luce situazioni di fatto che impediscano al condannato di adempiere dette obbligazioni civilistiche . Il Tribunale non ha nemmeno fatto alcun riferimento dettagliato alle risorse economiche del riabilitando. Impegno umanitario valutabile, ma non necessario. Il maggior impegno umanitario richiesto, seppur positivamente valutabile ai fini della riabilitazione, non può essere imposto al richiedente ai sensi degli artt. 178 e seg. c.p. . La Corte, pertanto, annulla l’ordinanza e rinvia gli atti al Tribunale di Sorveglianza, perché, in piena autonomia di giudizio , riesamini la domanda.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 febbraio – 26 marzo 2013, n. 14351 Presidente Chieffi – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza del 27 settembre 2011, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto la domanda di riabilitazione proposta da G.C. , condannato con sentenza della Corte d'assise di Roma in data 6 marzo 1992, definitiva il 10 maggio 1993, alla pena di anni 22 di reclusione per i reati di formazione di banda armata, associazione con finalità di terrorismo, omicidio, furto, falso e ricettazione commessi fino al omissis . 2.Il Tribunale ha dato atto che l'istante era stato ammesso dapprima alla semilibertà e poi all'affidamento in prova al servizio sociale e che quest'ultima prova aveva avuto esito positivo, si da far dichiarare estinta la pena e tutti gli effetti penali con successiva ordinanza del 29 novembre 2001. Ha fatto presente che era stato accertato il suo ruolo di organizzatore della struttura terroristica nota come brigate rosse, essendo stato il prestanome per l'acquisto dell'appartamento sito in Roma, via Domenico Berti n. 36, rivelatasi una delle più importanti basi logistiche dell'organizzazione terroristica anzidetta che era stata accertata la sua diretta partecipazione all'omicidio del Commissario di p.s. Vi.Se. ed al tentato omicidio dell'agente di p.s. P V. , essendosi gli autori materiali di tali delitti, P. e C. , rifugiati presso la base logistica anzidetta subito dopo la commissione degli stessi per riferirgli l'esito della sanguinosa azione commessa. Ha fatto presente che l'istante aveva inviato lettere di scusa al difensore dei familiari della vittima VI. ed a V.P. , nonché all'avvocatura dello Stato, costituitasi parte civile per conto dei Ministeri dell'interno, della giustizia e della Presidenza del consiglio, senza ricevere alcuna risposta aveva poi effettuato una donazione di Euro 2.000,00 dapprima al fondo di assistenza per il personale della polizia di stato e, poi, a seguito del rifiuto di detto fondo di ricevere la somma, in favore dell'associazione umanitaria Emergency. Ha ritenuto che, comunque, si era trattato di offerte economiche inidonee a provare un suo serio impegno e sacrificio personale ed un suo reale interesse verso forme di solidarietà sociale tali da compensare le immani sofferenze provocate con le sue pregresse azioni criminali e da manifestare l'effettività del percorso di emenda e di risocializzazione compiuti. 3.Avverso detto provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Roma G.C. propone ricorso per cassazione sia personalmente, sia per il tramite del suo difensore, deducendo violazione di legge e motivazione carente, illogica e contraddittoria, in quanto nessun accenno aveva fatto il provvedimento impugnato dell'effettiva e costante prova di buona condotta da lui tenuta nel periodo successivo all'espiazione della pena. Quanto poi al requisito dell'adempimento delle azioni civili derivanti dal reato, il provvedimento impugnato aveva dapprima rilevato la sua impossibilità oggettiva di risarcire il danno poi la presenza di elementi impeditivi ad effettuare i risarcimenti a lui non addebitabili, per avere le persone offese omesso di rispondergli e per avere l'ente benefico della polizia di stato rifiutato di ricevere la somma da lui offerta infine la donazione di Euro 2.000,00 da lui effettuata all'associazione Emergency. Contraddittoria mente poi l'offerta economica da lui elargita era stata ritenuta esigua ed inferiore alle sue concrete disponibilità economiche ed era stata lamentata la mancata attuazione di azioni od iniziative umanitarie e volontarie di carattere sociale, destinate a soggetti emarginati, in tal modo illegittimamente collegando il requisito dell'adempimento delle obbligazioni civili con comportamenti positivi di valore morale, quali l'attività di volontariato. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto da G.C. è fondato. 2. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha negato al ricorrente il beneficio della riabilitazione avendo ritenuto che l'offerta di Euro 2.000,00, da lui effettuata a titolo risa rei torio dapprima al fondo di assistenza al personale della polizia di stato e poi, a seguito del rifiuto di ricevere la somma frapposto da detto fondo, all'associazione Emergency, non fosse un'offerta risarcitoria adeguata in relazione alle sostanze di cui l'istante aveva la concreta disponibilità e tenuto conto dei gravi lutti e sofferenze arrecate con i reati di terrorismo a lui commessi, richiedendosi quindi da parte sua l'attuazione di ulteriori azioni od iniziative umanitarie e volontarie in favore di soggetti emarginati, esclusi o disadattati. 3. Non è condivisibile il riferimento fatto dal Tribunale ai pur gravi ed odiosi reati in materia di terrorismo dal ricorrente commessi, per i quali la riabilitazione è stata chiesta, atteso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la buona condotta richiesta dall'art. 179 cod. pen. per far luogo alla riabilitazione da condanna penale deve avere ad oggetto solo ed esclusivamente il comportamento tenuto dal condannato in epoca successiva alla commissione dei reati per i quali la riabilitazione è stata chiesta e che deve consistere non solo nella mera astensione dal compimento di fatti costituenti reato, ma altresì nell'avere il condannato mantenuto uno stile di vita improntato al rispetto delle norme di comportamento comunemente osservate dalla generalità dei consociati, comprese quelle non penalmente sanzionate ovvero imposte dalle esigenze di reciproco affidamento, che sono alla base di ogni civile ed ordinata convivenza cfr. Cass. 1A, 3.12.02 n. 196, rv. 223027 ed al riguardo il Tribunale ha omesso di fare concreto riferimento al tipo di vita vissuto dal ricorrente in epoca successiva alla commissione dei reati, per i quali la riabilitazione è stata chiesta. 4. Va poi rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'impossibilità di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato non costituisce ostacolo alla concessione della riabilitazione non solo in ipotesi di accettata impossidenza economica, ma anche quando vengano messe in luce situazioni di fatto che impediscano al condannato di adempiere dette obbligazioni civilistiche cfr. Cass. 1^, 20.9.07 n. 36232, Rv. 237503 . 5. Sul punto non è condivisibile la motivazione del provvedimento impugnato, avendo esso fatto riferimento a generiche e non meglio precisate risorse economiche, di cui il ricorrente avrebbe avuto la concreta disponibilità e che gli avrebbero consentito di offrire a titolo risarcitorio qualcosa in più dei 2.000,00 Euro, da lui donati all'associazione Emergency. Inoltre sembra che l'ordinanza impugnata abbia chiesto al ricorrente un maggior impegno in termini di iniziative umanitarie nei confronti di soggetti emarginati, esclusi o disadattati, col quale bilanciare le sofferenze da lui procurate con le pregresse azioni criminali ma trattasi di maggior impegno che, seppur positivamente valutabile ai fini della riabilitazione, non può essere imposto al richiedente ai sensi degli artt. 178 e seg. cod. pen 6. S'impone pertanto l'annullamento dell'impugnata ordinanza, con rinvio degli atti al Tribunale di Sorveglianza di Roma, affinché, in piena autonomia di giudizio, provveda a riesaminare la domanda proposta da G.C. , colmando le riscontrate carenze motivazionali. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.