Quando un falso cieco guida l’automobile...

Dal dibattimento risulta che fosse l’unico a bordo del veicolo, non che stesse guidando. Ma non è una questione rilevante per valutare l’illegittima ricezione della pensione di invalidità. Rilevante è che non potesse essere considerato cieco assoluto.

Con la sentenza n. 49402 depositata il 20 dicembre 2012 la sez. II Penale della Corte di Cassazione interviene decisamente su di un caso di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche escludendo qualsiasi fondamento alle doglianze difensive e ritenendo inammissibile il ricorso presentato. Il caso. La Corte di Appello di Napoli, in accoglimento dell’appello proposto dal PM, avverso la sentenza del giudice di prime cure, aveva dichiarato colpevole del reato ascritto l’imputato con riferimento agli episodi successivi al 2003, con la condanna alla pena di reclusione di anni due, dichiarando la prescrizione degli episodi commessi fino a quella data a partire dal 1991. Da qui la proposizione del ricorso da parte del difensore di fiducia con una serie di doglianze che tuttavia tendono ad incidere sulla decisione dei giudici con questioni di mero fatto. In particolare, si contestano circostanze accertate come quella di essere stato ritenuto il ricorrente alla guida di un veicolo, pur risultando dal dibattimento una cosa diversa e cioè che lo stesso era l’unico soggetto che si trovava a bordo del veicolo, per aver integrato il reato contestato sulla base che il ricorrente non fosse cieco assoluto ! . Altre doglianze della difesa si concentrano sulla contestazione della presunta omessa comunicazione di avvenuta guarigione o sulla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale richiesta dal PM al fine di verificare la malattia del ricorrente. Non era cieco assoluto. Gli Ermellini, tuttavia, respingono tutte le contestazione del ricorrente ritenendo adeguata e congrua l’attività valutativa dei giudici di appello. In particolare, sostengono i giudici di Piazza Cavour, le risultanze dibattimentali evidenziano che il ricorrente, pur affetto da gravi patologie oculari, non potesse essere considerato cieco assoluto, mentre solo quest’ultima patologia gli aveva consentito di beneficiare della pensione di invalidità ed accompagnamento fin dal 1991, integrandosi in tal modo il reato contestato. Inoltre, nella sentenza dei giudici di appello vengono compiutamente illustrate le ragioni in base alle quali non è stato ritenuto credibile quanto riferito dall’imputato in ordine al controllo a cui era stato sottoposto nel 2004 e – soprattutto – in ordine al rinnovo della patente di guida, benché cieco assoluto. La guarigione. Con riferimento, inoltre, alla omessa comunicazione dell’avvenuta guarigione, il Palazzaccio evidenzia che non vi è alcun riferimento nella sentenza stessa , risultando tale circostanza esclusivamente dal capo di imputazione. Infine, quanto alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, dalla lettura della sentenza impugnata gli Ermellini rilevano che la prova richiesta non era necessaria secondo i giudici di appello, risultando provata la situazione patologica dell’imputato che non consentiva di beneficiare totalmente o parzialmente dei trattamenti erogati dall’INPS. Da qui la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 11 – 20 dicembre 2012, n. 49402 Presidente Esposito – Relatore Carrelli Palombi di Montrone Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 19/10/2010, la Corte di appello di Napoli, in accoglimento dell'appello proposto dal P.M. avverso la sentenza emessa in data 6/7/2009 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sez. dist. di Aversa, dichiarava B.G. colpevole del reato ascrittogli con riferimento agli episodi successivi al omissis condannandolo alla pena di anni due di reclusione, dichiarando, altresì la prescrizione, per gli episodi commessi fino al omissis . 2. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame 2.1. violazione dell'art. 606 comma 1 lett. c ed e cod. proc. pen. in relazione agli artt. 192 cod. proc. pen. e 81 cpv. 640 cod. pen. per omessa vantazione di quanto affermato dal ricorrente nel giudizio di primo grado, per essere stato ritenuto che il ricorrente si trovasse alla guida di un veicolo, pur risultando dal dibattimento una cosa diversa e cioè che lo stesso era l'unico soggetto che si trovava a bordo del veicolo, per avere ritenuto integrato il reato solo sulla base della circostanza che il ricorrente non fosse cieco assoluto 2.2. violazione dell'art. 606 comma 1 lett. b e c cod. proc. pen. in relazione agli artt. 521 comma 2 cod. proc. pen. e 81 cpv. 640 bis cpv cod. pen. per avere desunto la responsabilità del ricorrente dalla circostanza che lo stesso avrebbe omesso di comunicare l'avvenuta guarigione 2.3. violazione dell'art. 606 comma 1 lett. b , c , d ed e cod. proc. pen. in relazione agli artt. 603 cod. proc. pen. e 81 cpv. e 640 bis cod. pen. con riferimento alla mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale richiesta dal P.M. al fine di verificare la malattia del ricorrente 2.4. violazione dell'art. 606 comma 1 lett. b , c ed e cod. proc. pen. in relazione agli artt. 62 bis, 163, 81 cpv e 640 bis cod. pen. con riferimento al diniego delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena. Considerato in diritto 3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per essere manifestamente infondati tutti i motivi dedotti. Difatti, con congrua ed adeguata motivazione, la Corte territoriale ha ravvisato la sussistenza nei fatti ascritti all'imputato di tutti gli elementi del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui agli artt. 81 cpv. 640 bis cod. pen. con riferimento agli episodi successivi al 20/4/2003. In particolare, ricostruite analiticamente le risultanze dell'istruttoria dibattimentale, i giudici di appello hanno ritenuto integrato il reato contestato sulla base dell'accertamento che il B., pur affetto da gravi patologie oculari, non potesse essere considerato cieco assoluto e solo questa ultima patologia gli aveva consentito di beneficiare della pensione di invalidità ed accompagnamento fin dal 1991, da cui, secondo la sentenza impugnata, l'integrazione del reato contestato. Nel ricorso, con specifico riferimento ai motivi di cui ai precedenti punti 2.1 e 2.2., viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza impugnata. In sostanza si ripropongono questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici specificamente la Corte di appello di Napoli ha tenuto conti di tutti gli elementi emersi nel giudizio di primo grado ed anche di quelli che, si assume, fossero favorevoli al ricorrente emergenti dalle dichiarazioni rese dallo stesso nel corso dell'esame così vengono compiutamente illustrate le ragioni in virtù delle quali i giudici non hanno ritenuto credibile quanto riferito dall'imputato in ordine al controllo al quale lo stesso era stato sottoposto nel 2004 ed in ordine al rinnovo della patente di guida benché cieco assoluto. Invece dell'omessa comunicazione dell'avvenuta guarigione non vi è alcuna menzione nella sentenza impugnata, risultando questa circostanza esclusivamente dal capo di imputazione. Ciò non comporta certo una violazione dell'art. 521 cod. proc. pen., risultando il fatto compiutamente descritto nell'imputazione anche prescindendo dalla suddetta circostanza ed avendo i giudici ritenuto integrato il reato sulla base dell'accertata insussistenza della patologia di cecità assoluta che gli aveva consentito di beneficiare degli speciali trattamenti pensionistici. Ed al riguardo deve rappresentarsi che la violazione del principio di correlazione fra sentenza ed accusa contestata si configura solo quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito ciò si verifica quando l'imputato si trovi di fronte ad un fatto del tutto nuovo, rispetto al quale non ha avuto nessuna possibilità di difesa. Quanto poi alla mancanza di motivazione in ordine alla richiesta del P.M. di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale di cui al precedente punto 2.3, deve rilevarsi che dalla lettura della sentenza impugnata si evince che, implicitamente, i giudici hanno ritenuto che la prova richiesta non era assolutamente necessaria, essendo, invece, possibile decidere allo stato degli atti. Ed in particolare dalla lettura della sentenza si evince che la prova richiesta non appariva decisiva, risultando ampiamente provata la situazione patologica dell'imputato che non consentiva di beneficiare, totalmente o parzialmente, dei trattamenti erogati dall'INPS. Con riferimento, infine, all'ultimo motivo di ricorso attinente al trattamento sanzionatorio, la Corte d'appello ha reso esaustiva motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, riferendosi alle modalità della condotta perpetuatasi per un numero rilevante di anni è partito da una pena base prossima al minimo edittale, sulla quale ha applicato un aumento complessivo per la continuazione di mesi otto, tenuto conto dei criteri di cui agli artt. 133 e 133 bis cod. pen. ha ritenuto di non potere concedere la sospensione condizionale della pena sulla base di un giudizio prognostico negativo circa la reiterazione di futuri comportamenti delittuosi, in ciò, logicamente, argomentando sulla base della serialità delle condotte accertate. E tali vantazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando l'argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. 4. Tutto quanto sopra detto comporta l'inammissibilità dell'impugnazione per manifesta infondatezza dei motivi proposti. Ne consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000,00. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.