Attività editoriale o favoreggiamento della prostituzione? Qual è il discrimine?

Il reato de quo è integrato dalla condotta di chi pubblica annunci di donne che si offrono per incontri sessuali solo allorché sia accompagnata da ulteriori attività dirette ad agevolarne la prostituzione, al fine di rendere più allettante l’offerta e di facilitare l’approccio con un maggior numero di clienti.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 49461/2012, depositata il 20 dicembre. Il caso. Il Tribunale di Milano dichiarava 3 persone colpevoli del reato di favoreggiamento della prostituzione, nonché una quarta persona colpevole del reato di reclutamento, induzione e sfruttamento della prostituzione. In particolare, la vicenda processuale de qua risulta afferente l’attività della rivista e del sito internet denominati C.” che, secondo la prospettazione accusatoria, sarebbero stati utilizzati con la precipua finalità di favorire la prostituzione. In effetti, le risultanze dibattimentali hanno consentito di riscontrare come gli imputati, a vario titolo e con diversi ruoli, si sarebbero sostanzialmente prodigati nel favorire incontri ad esplicita finalità sessuale tra alcune prostitute da loro stessi reclutate, ed i diversi utenti della rivista e del sito internet sempre dagli stessi gestiti. La Corte di Appello di Milano confermava in toto la statuizione di prime cure. Avverso tale decisione tutti gli imputati ricorrevano per Cassazione deducendo, tra i vari motivi di gravame, violazione ed erronea applicazione della legge n. 75/1958, nonché carenza assoluta di motivazione con riferimento alla configurabilità, nel caso de quo , della fattispecie delittuosa erroneamente contestata violazione ed erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p., con riferimento all’insufficienza del compendio indiziario su cui è fondata la sentenza di condanna vizio di motivazione e travisamento della prova con riferimento all’affermazione di colpevolezza decisa in contrasto con il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio mancanza di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio. Il reato sarà integrato solo in presenza di un quid pluris illecito rispetto alla regolare attività editoriale. La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, dopo aver analiticamente sottoposto a disamina i singoli ricorsi di tutti gli imputati, univocamente concludendo per il rigetto degli stessi, ha affrontato la problematica in diritto specificamente afferente la configurabilità, in capo alla condotta dei ricorrenti, degli estremi del reato di favoreggiamento della prostituzione così come agli stessi contestato. In effetti, i Supremi Giudici, riprendendo ed esplicitando un consolidato e recente orientamento di legittimità, hanno chiarito come la mera pubblicazione di annunci a sfondo erotico-sessuale su riviste o siti internet non integra, sic et simpliciter , il reato di favoreggiamento della prostituzione, dovendo tale condotta valutarsi alla stregua di una normale attività editoriale. Tuttavia, nel caso in cui il titolare della rivista o del sito internet, direttamente o per il tramite dei suoi collaboratori, non si limiti alla mera pubblicazione, ma ponga in essere un’attività chiaramente finalizzata a rendere più allettante l’offerta della prestazione sessuale ed a facilitare l’approccio della prostituta con un maggior numero di clienti, allora in tal caso la sua condotta valicherà i confini della lecita attività di editore e, contestualmente, integrerà gli estremi della predetta fattispecie delittuosa. Altrimenti detto, la giurisprudenza richiede la sussistenza di un quid pluris penalmente rilevante rispetto alla prodromica e lecita pubblicazione editoriale. In quali casi l’esercizio della funzione editoriale integra gli estremi del favoreggiamento? Ora, volendo rapportare la statuizione in punto di diritto con la vicenda processuale degli imputati emerge, ictu oculi , come secondo la Corte Regolatrice l’elemento idoneo a connotare di illiceità la legittima funzione editoriale sia pacificamente da riscontrarsi in tutte quelle attività poste in essere dai ricorrenti ed inequivocabilmente finalizzate a favorire la prostituzione delle donne i cui annunci erano oggetto di pubblicazione. In effetti, secondo i Supremi Giudici, ricercare e contattare le prostitute, proporre loro la pubblicazione dell’annuncio sulla rivista e sul sito, effettuare direttamente le fotografie delle donne in posa erotica da inserire nell’annuncio medesimo, occuparsi di procurare gli alloggi necessari all’espletamento del meretricio, non possono che essere valutate – di per se stesse ed anche senza prendere in considerazione l’ulteriore azione illecita consistente nel farsi consegnare la metà dei loro guadagni – quali condotte chiaramente sintomatiche della volontà di favorire la prostituzione, rappresentanti il quid pluris richiesto dalla giurisprudenza in materia al fine di una corretta e legittima contestazione della fattispecie delittuosa de qua .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 – 20 dicembre 2012, n. 49461 Presidente Squassoni – Relatore Lombardi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano in data 12/07/2004, con la quale C.P. , T.S. e S.F. erano stati dichiarati colpevoli del reato di favoreggiamento della prostituzione, aggravato per C. e T. dall'essere stato commesso in danno di più persone, nonché L.T.C. colpevole dei reati di reclutamento, induzione e sfruttamento della prostituzione in danno di più persone. La vicenda processuale, che vedeva coinvolti anche altri imputati, trae origine dalle indagini effettuate dagli organi di polizia giudiziaria sulle attività della rivista e del sito internet denominati , ritenute dagli inquirenti ben ulteriori rispetto alla passiva ricezione e pubblicazione di annunci, risultando esclusivamente finalizzate a consentire ad un numero indeterminato di utenti di contattare donne, per la maggior parte straniere, disponibili ad offrire prestazioni sessuali a pagamento. In particolare, risultavano direttamente coinvolti nell'attività della rivista il T. ed il C. , il primo quale amministratore di fatto ed il secondo con il compito di contattare le Inserzioniste e di effettuare fotografie in posa erotica delle prostitute da pubblicare unitamente all'annuncio nella rivista. Nel corso delle indagini veniva inoltre accertata l'attività di reclutamento, induzione e sfruttamento della prostituzione posta in essere dal L.T L'imputato provvedeva a reclutare ragazze straniere a e le induceva a recarsi a con il pretesto di fornire loro un'occupazione. Giunte a le ragazze venivano, però, condotte presso la sede del sito Internet ed indotte a sottoscrivere contratti per annunci con esplicito riferimento all'attività di meretricio. Il L.T. provvedeva successivamente, insieme ai coimputati R. , giudicato separatamente, e F. , deceduto, a procurare gli alloggi alle ragazze, fornendole di tutto quanto necessario per lo svolgimento dell'attività di meretricio e facendosi consegnare il 50% dei loro guadagni. Nei confronti dello S. si accertava che questi aveva preso in locazione un appartamento su richiesta di una delle prostitute identificate nel corso delle indagini per consentirle di esercitare la prostituzione. La Corte territoriale ha rigettato le varie eccezioni in rito ed i motivi di merito con i quali gli appellanti avevano contestato l'affermazione di colpevolezza o dedotto la eccessività delle pene loro inflitte. 2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi il L.T., il T. e lo S. tramite i difensori ed il C. personalmente. 2.1 Ricorso L.T 2.2 Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente, denunciando erronea applicazione ed interpretazione della legge penale, deduce che l'affermazione di colpevolezza è fondata su fumosi indizi e sui precedenti dell'imputato che la patologia neurologica del L.T. avrebbe dovuto indurre ad escludere totalmente la capacità di intendere e di volere dell'Imputato che la pena è eccesiva e doveva essere ulteriormente ridotta con la concessione delle attenuanti generiche. 3. Ricorso T. . Dopo aver riprodotto le argomentazioni avverso la sentenza di primo grado con due motivi di gravame la difesa del ricorrente denuncia 3.1 Violazione ed errata applicazione dell'art. 3 n. 8 della L. n. 75/1958 nonché vizi di motivazione della sentenza in ordine all'applicazione della norma e carenza assoluta di motivazione con riferimento alla configurabilità, nel caso in esame, dell'ipotesi di cui all'art. 3 n. 5 della predetta L. n. 75/58. Previi ampi riferimenti alla giurisprudenza di questa Corte in materia di vizio di motivazione, in estrema sintesi si deduce che la sentenza impugnata ha erroneamente operato una distinzione tra pubblicità effettuata sulle riviste specializzate, costituente reato, e quella sui quotidiani, che sarebbe consentita, nonché fondato il discrimine tra attività editoriale lecita ed il reato di favoreggiamento della prostituzione sulla consapevolezza da parte dell'editore della natura della prestazione che viene offerta. Anche nel caso della pubblicazione di annunci sui quotidiani risulta evidente dal loro contenuto che gli stessi sono chiaramente riferibili a prestazioni sessuali a pagamento né si palesa rilevante in proposito la distinzione tra quotidiani e riviste spedalizzate o siti internet. Per integrare la fattispecie del favoreggiamento della prostituzione occorre un quid pluris rispetto alla mera pubblicazione dell'annuncio quid pluris che nel caso in esame era stato individuato nel coinvolgimento dei soggetti che si occupavano della rivista e del sito nell'associazione per delinquere finalizzata al reclutamento, induzione e sfruttamento della prostituzione finalità nei confronti delle quali le attività della rivista e del sito sarebbero risultate in collegamento funzionale per il raggiungimento degli scopi dell'associazione. L'esistenza di detto reato, però, è stata esclusa dai giudici di merito e già nella fase delle indagini preliminari una analoga valutazione del G.I.P. aveva determinato la revoca della misura cautelare reale e di quella personale nei confronti del T La sentenza inoltre è totalmente priva di motivazione in ordine alla prospettata possibilità di sussumere il fatto nella previsione di cui all'art. 3 n. 5 della L. n. 75/1958. 3.2 Vizi di motivazione e travisamento della prova, nonché violazione dell'art. 192 c.p.p. in relazione al concorso del T. nella commissione del reato. Il concorso dell'imputato nel reato di favoreggiamento della prostituzione è stato fondato su elementi indiziari del tutto generici, rappresentati dalla saltuaria collaborazione che il T. prestava alla Bassora, titolare della rivista, e che trovava la sua giustificazione nel rapporto sentimentale intercorrente tra i due circostanza ignorata dai giudici di merito. In particolare, a sostegno dell'ipotesi accusatola sono state valorizzate dalla sentenza alcune telefonate, che si allegano al ricorso, il cui contenuto, però, non è in alcun modo riferibile al'attività della rivista. 4. Ricorso S. 4.1 Violazione ed errata interpretazione degli art. 192 e 533 c.p.p., nonché vizi di motivazione della sentenza e travisamento della prova con riferimento all'affermazione di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. La Corte territoriale ha recepito l'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla Sl. agli organi di polizia giudiziaria, ma ha egualmente confermato il giudizio di colpevolezza dell'imputato, fondandolo esclusivamente sulle dichiarazioni dell'ispettore capo Sa. . Questi aveva riferito che nell'appartamento condotto in locazione dal ricorrente, in cui la Sl. esercitava la prostituzione, era stato modificato il campanello del citofono e predisposto sulla porta un dispositivo con lampadina di colore rosso, che permetteva di escludere la suoneria. Dall'esistenza di tale dispositivo, di natura assolutamente artigianale, i giudici di merito hanno desunto che l'imputato era consapevole dell'attività svolta dalla Sl. sulla base di una deduzione assolutamente incongrua. Non si è tenuto conto, invece, del contratto di lavoro intercorrente tra lo S. e la Due Bi Ascensori, che giustificava la locazione dell'appartamento da parte dell'imputato, mentre non è emersa alcuna prova che lo S. si trovasse a allorché la sua amica Sl , alla quale aveva concesso in uso l'immobile, vi esercitava la prostituzione. Di fronte a plausibili ricostruzioni alternative del fatto i giudici di merito non potevano esimersi dal valutare quella più favorevole per l'imputato onde escludere l'affermazione di responsabilità, che deve essere provata al di là di ogni ragionevole dubbio. 4.2 Violazione ed errata applicazione degli art. 512 e 526 c.p.p Si ribadisce l'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria dalla Sl. , non avendo il pubblico ministero fornito alcuna prova di averla fatta ricercare o del legittimo impedimento della dichiarante. 5. Ricorso C 5.1 Mancanza di motivazione della sentenza ed errata applicazione dell'art. 3 n. 8 della L. n. 75/1958 con riferimento all'elemento psicologico del reato. La sentenza è carente di motivazione in ordine alla doglianza, con la quale l'appellante aveva dedotto esservi carenza di prove circa la consapevolezza che le inserzioniste fossero dedite al meretricio. Sul punto la sentenza si limita a citare una telefonata dell'imputato, da cui si evincerebbe che questi era consapevole del fatto che l'Inserzionista offriva prestazioni sessuali a pagamento. La sentenza, però, nulla aggiunge per chiarire se tale condizione psicologica avesse preceduto l'attività di Inserzione o fosse insorta solo al momento di quella telefonata. 5.2 Mancanza di motivazione ed errata applicazione dell'art. 4 n. 7 della L. n. 75/1958 con riferimento alla sussistenza dell'aggravante del favoreggiamento ai danni di più persone. La sentenza è carente di motivazione in ordine alla doglianza, formulata nei motivi di appello, circa la carenza di prove della contestata aggravante. Sul punto la sentenza si limita a riferire che l'imputato si recò a casa di due inserzioniste, la Sl. e la Ca. , per concludere il contratto relativo alle inserzioni. Da tali circostanze avrebbe potuto solo inferirsi eventualmente l'esistenza della fattispecie di cui all'art. 3 della L. n. 75/1958, ma non anche la aggravante di cui all'art. 4. Alla esclusione dell'aggravante consegue la intervenuta prescrizione del reato. 5.3 Mancanza di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio. Nei motivi di gravame erano stati indicati vari elementi, quali la incensuratezza dell'imputato, la sua condotta processuale ed altri, che avrebbero dovuto indurre ad una diversa considerazione del trattamento sanzionatorio, mentre la sentenza è totalmente priva di motivazione sul punto. Considerato in diritto 1.1 ricorsi non sono fondati. Il ricorso del L.T. è al limite dell'ammissibilità e, comunque, infondato. Dalla sentenza impugnata emerge che l'imputato è reo confesso. Peraltro, l'affermazione di colpevolezza del L.T. è fondata su un apparato argomentativo assolutamente esaustivo che, richiama, oltre alla citata confessione, le risultanze delle indagini che hanno consentito di individuare i vari appartamenti in cui venivano alloggiate le prostitute reclutate dall'imputato unitamente al correo R. , nonché l'attività di osservazione svolta dagli organi di polizia giudiziaria relativamente ai contatti del L.T. con le prostitute, mentre le censure del ricorrente sul punto dell'affermazione di responsabilità sono del tutto generiche. La asserita incapacità di intendere e di volere dell'imputato non ha neppure formato oggetto di deduzione in appello. 2. Passando all'esame degli altri ricorsi è opportuno premettere, in relazione a quanto dedotto dallo S. , che i reati ascritti ai ricorrenti tuttora non sono estinti per prescrizione anche se si esclude l'aggravante di cui all'art. 4 n. 7 della L. n. 75/1958, di cui, peraltro, in ogni caso non può tenersi conto per la concessione delle attenuanti generiche prevalenti, in quanto deve trovare applicazione l'art. 157 c.p. nella formulazione previgente, essendo stata emessa la sentenza di primo grado prima della entrata in vigore della L. n. 251/2005, con la conseguenza che il termine di prescrizione è di quindici anni. 3.1 La doglianza principale del T. in punto di diritto, con la quale si deduce che l'attività posta in essere dalla rivista e dall'omonimo sito internet rientrerebbe in un'ipotesi di normale attività editoriale, non è fondata. È stato già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che il reato di favoreggiamento della prostituzione è integrato dalla condotta di chi pubblica su un sito web inserzioni pubblicitarie di donne che si offrono per incontri sessuali, allorché sia accompagnata da ulteriori attività dirette ad agevolarne la prostituzione, al fine di rendere più allettante l'offerta e di facilitare l'approccio con un maggior numero di clienti, sez. 3, Sentenza n. 26343 del 18/03/2009, Sacchetti, Rv. 244266 sez. 3, 12/01/2012 n. 4443, RV 251971 . Sicché, se la mera pubblicazione di annunci su giornali o riviste, non accompagnata da ulteriori interventi, risulta lecita, integra invece il reato di favoreggiamento della prostituzione la partecipazione attiva del titolare del sito internet o della rivista, direttamente o tramite suoi collaboratori, alla predisposizione del messaggio pubblicitario, al fine di rendere più allettante l'offerta della prestazione sessuale e di facilitare l'approccio con un maggior numero di clienti. Orbene, nel caso in esame, tale ulteriore attività è stata accertata dai giudici di merito, emergendo dalla sentenza che la rivista disponeva di un certo numero di procacciatori, che contattavano le prostitute, proponendo loro la pubblicazione dell'annuncio sulla rivista con foto e sui sito le consigliavano sul testo da pubblicare e provvedevano, come nel caso del C., direttamente ad effettuare le foto delle ragazze in pose che valorizzavano l'offerta della prestazione sessuale. Sicché la condotta dei titolari della rivista e del sito e dei loro collaboratori integra la fattispecie criminosa ascritta all'imputato. 3.2 Quanto alla partecipazione del T. alla commissione del reato, quale amministratore di fatto, unitamente al F., della rivista, l'accertamento sul punto è fondato su un apparato motivazionale assolutamente esaustivo ed immune da vizi logici. In particolare, con riferimento alle censure del ricorrente, va rilevato che l'imputato non ha allegato la telefonata n. 697 del 20/03/2002, né quella n. 601 del 19/03/2002, dalle quali sono stati desunti elementi della partecipazione del T. alla gestione della rivista, oltre che da altri elementi indiziari. Né, in ogni caso, la vantazione interpretativa del complesso delle telefonate, può formare oggetto di ulteriore esame in sede di legittimità per inferirne una vantazione di merito diversa da quella che emerge dalla sentenza. 4. Per quanto riguarda i motivi di ricorso dello S. la sentenza non ha utilizzato le dichiarazioni della Sl., bensì l'accertamento delle modifiche apportate all'ingresso dell'appartamento dall'imputato, la cui finalità non poteva che corrispondere alle esigenze dell'esercizio del meretricio nello stesso. In detto appartamento, peraltro, gli organi di polizia giudiziaria trovarono anche un'altra prostituta oltre alla Sl., mentre le deduzioni del ricorrente afferiscono alla richiesta di una rivalutazione di merito delle risultanze processuali, inammissibile in sede di legittimità. 5. L'accertamento della consapevolezza del C. circa l'attività di meretricio delle donne che contattava per proporre loro le inserzioni pubblicitarie, contestualmente offrendo le sue prestazioni per i servizi fotografici, costituisce questione di fatto e, peraltro, emerge inequivoca dal tenore delle conversazioni telefoniche riportate in sentenza. La stipula di contratti con due prostitute diverse integra l'aggravante di cui all'art. 4 n 7 della L. n. 75/1958. Anche in ordine alla determinazione della pena la sentenza risulta adeguatamente motivata, avendo i giudici di appello condiviso la valutazione della sentenza di primo grado sul punto, in considerazione della durata e modalità dell'attività illecita, nonché del profitto economico che ne è derivato. I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati con le conseguenze di legge. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento delle spese processuali.