Il prof ha solo sfiorato le parti intime dell’alunna? Il reato sussiste comunque

Anche uno sfioramento delle parti intime della durata di pochi secondi è idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione della vittima quanto alla sfera sessuale e integra pertanto il reato di violenza sessuale.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 49088/12, depositata il 18 dicembre. Il caso. Un professore di educazione fisica viene condannato in entrambi i gradi di merito per aver toccato con atto repentino ed improvviso l’organo genitale di un’alunna durante una lezione di educazione fisica. Avverso la pronuncia di appello l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando essenzialmente violazione di legge e illogicità della motivazione quanto alla riconducibilità del suo gesto uno sfioramento durato pochi secondi al reato di violenza sessuale. Rileva anche un contatto fugace. Gli Ermellini ribadiscono anzitutto che la violenza sessuale comprende qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo anche fugace ed estemporaneo, sia finalizzato e idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione della vittima quanto alla sfera sessuale l’elemento della violenza, inoltre, può essere integrato anche dal compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa, tale da sorprendere la vittima sorpassando così la sua volontà. Il racconto dell’offesa può fondare la responsabilità. Quanto all’efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dalla parte offesa, la S.C. precisa che in questo caso non si applicano le regole dell’art. 192 c.p.p. in materia di valutazione della prova, come pretenderebbe il ricorrente. Il solo resoconto dell’offeso, pertanto, può fondare l’affermazione di responsabilità penale dell’imputato, previa verifica della credibilità della parte e dell’attendibilità del racconto a tal proposito il giudice di legittimità può sindacare solo la congruità logica del ragionamento operato dal giudice di merito. La condanna è stata ben argomentata. Premessi tali principi di diritto, la Cassazione rileva come nel caso di specie la Corte territoriale abbia ritenuto attendibile la deposizione dell’offesa il racconto è apparso spontaneo e coerente e trova riscontro nelle dichiarazioni rilasciate da alcune compagne al contrario, l’invocata deposizione di una collega dell’insegnante è stata giudicata priva di rilevanza ai fini dell’esclusione della responsabilità dell’imputato. La coerenza del percorso argomentativo della sentenza impugnata appare pertanto inattaccabile e per questo motivo la S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 novembre – 18 dicembre 2012, n. 49088 Presidente Fiale – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 9.11.2011 la Corte d'Appello di Palermo ha confermato la pronuncia del locale Tribunale che aveva condannato F.F. alla pena di anni uno e mesi due di reclusione con le pene accessorie oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in ordine al reato di cui agli artt. 609 bis, 609 septies comma 4 n. 2 cp, ritenuta l'ipotesi della minore gravità art. 609 bis comma 3 cp , reato commesso in omissis in danno della minore P.A. e consistito nel toccarle l'organo genitale con atto repentino e improvviso durante una lezione di educazione fisica, di cui l'imputato era insegnante. Ha rilevato la Corte di merito che le dichiarazioni della persona offesa apparivano credibili anche alla luce dei riscontri esterni costituiti dalle dichiarazioni delle compagne e da alcuni atteggiamenti dell'imputato specificamente indicati , mentre non si ravvisava nessuna delle contraddizioni segnalate dalla difesa. 2. Il F. ricorre per la cassazione della sentenza deducendo con due motivi la violazione dell'art. 609 bis cp e la manifesta illogicità della motivazione in relazione all'art. 192 cpp il ricorrente in sostanza critica il ragionamento delle Corte laddove ha confermato la riconducibilità della condotta nell'alveo del reato di violenza sessuale attribuendo carattere libidinoso ad un gesto di sfioramento durato al massimo tre, quattro, due secondi, senza trarre invece le debite conseguenze dalla deposizione della professoressa M. , idonea ad inficiare l'attendibilità del racconto della parte offesa. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di reati sessuali, la condotta vietata dall'art. 609-bis cod. pen. comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest'ultimo, sia finalizzato e idoneo a porre in pericolo la sua libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell'agente e neppure l'eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 35625 del 11/07/2007 Ud. dep. 27/09/2007 Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21336 del 15/04/2010 Ud. dep. 04/06/2010 ancora, è stato precisato che l'elemento della violenza può estrinsecarsi, nel reato di violenza sessuale, oltre che in una sopraffazione fisica, anche nel compimento insidiosamente rapido dell'azione criminosa tale da sorprendere la vittima e da superare la sua contraria volontà, così ponendola nell'impossibilità di difendersi Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27273 del 15/06/2010 Ud. dep. 14/07/2010 Sez. 3, Sentenza n. 6340 del 01/02/2006 Ud. dep. 17/02/2006 Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6945 del 27/01/2004 Ud. dep. 19/02/2004 . Quanto all'efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dalla parte offesa, va osservato che le regole dettate dall'art. 192 comma terzo cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone Sez. U, Sentenza n. 41461 del 19/07/2012 Ud. dep. 24/10/2012 . Sul vizio di motivazione, poi, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato più volte che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti tra le varie, cfr. Cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110 Cass. 6.6.06 n. 23528 . Si è altresì affermato in giurisprudenza che nell'ipotesi di ricorso per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, il sindacato in sede di legittimità è limitato alla sola verifica della sussistenza dell'esposizione dei fatti probatori e dei criteri adottati al fine di apprezzarne la rilevanza giuridica nonché della congruità logica del ragionamento sviluppato nel testo del provvedimento impugnato rispetto alle decisioni conclusive. Ne consegue che resta esclusa la possibilità di sindacare le scelte compiute dal giudice in ordine alla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le stesse non siano il frutto di affermazioni apodittiche o illogiche cfr. Cass. sez. terza 12.10.2007 n. 40542 . Così riassunti i principi di diritto applicabili nella fattispecie, si osserva che i giudici di merito hanno ritenuto attendibile la deposizione della parte offesa sulla base dei riscontri contenuti nelle dichiarazioni rese da alcune compagne e hanno rilevato che essa di contro non ha trovato smentite nella deposizione della M. . Ha evidenziato in proposito la Corte siciliana a la coerenza del racconto dei fatti svoltisi quella mattina all'interno della palestra scolastica anche attraverso il riferimento ai minimi dettagli b la spontaneità delle dichiarazioni e l'assenza di pregresse ragioni di astio o rancore c la presenza di riscontri esterni. Ha sottolineato, inoltre, le preoccupazioni manifestate dall'imputato subito dopo il fatto e il suo comportamento verso la classe, teso a verificare se fossero sorti problemi ha considerato la dichiarazione di alcune compagne che, avendo visto la P. turbata, ne avevano raccolto le confidenze ha spiegato la irrilevanza della deposizione della professoressa D.M. ai fini dell'esclusione della responsabilità dell'imputato perché il tenore del dialogo tra la P. e la compagna a cui ha assistito la D.M. evidenzia da un lato la non gravità del fatto e dall'altro l'intenzione della ragazza di far punire il professore per ciò che aveva fatto infine ha considerato insignificanti certi atteggiamenti rigorosi assunti dall'imputato mentre ha valorizzato la assenza degli altri ragazzi al momento dei fatti e il notevole disagio percepito dalla parte offesa, come affermato dalla psicopedagogista di territorio ha desunto la sicura volontà di appagamento dell'istinto sessuale dell'imputato dal fatto - emerso dall'istruttoria - che egli poco prima si era toccato i propri genitali. Infine ha rilevato che il F. era stato già destinatario di altra denunzia per fatti analoghi, sfociati in un provvedimento disciplinare. Come si vede, il percorso argomentativo dell'impugnata sentenza, ad avviso del Collegio, non solo appare perfettamente aderente ai richiamati principi di diritto sull'elemento costitutivo del reato, ma ha una sua logica e coerenza interna e nessuna rivisitazione è pertanto consentita a questa Corte, se non a rischio di operare una nuova lettura degli elementi del processo sulla base di nuovi parametri di valutazione. Invece, le censure rivolte dal F. non tengono conto del consolidato orientamento della giurisprudenza e tendono ad ottenere esattamente ciò che non è qui richiedibile e, cioè, una nuova valutazione delle risultanze processuali attraverso una diversa valutazione delle dichiarazioni della parte offesa e della deposizione resa dalla professoressa M. . P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di questo grado in favore della costituita parte civile che si liquidano in Euro 2.500,00 oltre accessori di legge. La Corte dispone inoltre che copia del presente dispositivo sia trasmessa all'Amministrazione di appartenenza del dipendente pubblico a norma dell'art. 70 D.Lgs. n. 150/2009.