Condannato per falsa testimonianza: ma aveva la facoltà di non rispondere

Il fatto che non abbia ancora la posizione di indagato non è rilevante al fine di considerarlo imputato in un procedimento connesso. Si deve infatti avere riguardo alla sua posizione sostanziale da valutarsi con riferimento ai già acquisiti dati indizianti che non abbiano carattere di mero sospetto.

Con la sentenza n. 48764, deposita il 17 dicembre 2012, la Corte di Cassazione precisa i presupposti applicativi dell’art. 210 c.p.p., sull’esame di persona imputata in un procedimento connesso. Violenza privata su violenza privata. Viene sentito come testimone in un processo per violenza privata. Durante le indagini preliminari aveva ricevuto a sua volta, da parte dell’imputato stesso, l’accusa di violenza privata. Nel corso della testimonianza rende dichiarazioni false. Viene quindi condannato dal GIP per avere commesso il reato di falsa testimonianza. Sentenza confermata dalla Corte d’Appello. Garanzie come se fosse imputato in un procedimento connesso? Ricorre per cassazione. Ritiene che l’accusa di violenza privata, ricevuta dall’imputato, si poneva in termini di collegamento con il reato di violenza privata ascritto all’imputato stesso, ex art. 371, comma 2, c.p.p Quindi, durante il processo, avrebbe dovuto essere sentito con le modalità previste dall’art. 210 c.p.p., che reca delle garanzie specifiche per la persona imputata in un procedimento connesso. Sarebbe irrilevante il fatto di non essere stato iscritto nel registro degli indagati. Non è punibile? Chiede quindi l’applicazione dell’art. 384, comma 2, c.p., che esclude la punibilità se il fatto è commesso da chi non avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque a rispondere o avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni o testimonianza. In allegato il verbale dei carabinieri. Il ricorrente allega, tra gli gli altri atti specifici del processo , il verbale dei carabinieri in cui sono riportate le dichiarazioni con cui l’imputato del processo in cui ha testimoniato lo accusa di violenza privata. Da questo, la Corte può dedurre l’illogicità della sentenza impugnata, non tanto per i particolari contenuti rappresentativi delle parole del dichiarante, quanto piuttosto per le opzioni processuali che le parole dell’imputato inducono. Deve essere verificata la posizione concreta. Secondo la Corte, i giudici di merito avrebbero dovuto verificare l’effettiva posizione del dichiarante per capire se costui, in base a tutti i dati disponibili per il giudicante, sia stato realmente estraneo o meno ad ipotesi criminose concorsuali o collegate, che impongono di assumerne le dichiarazioni con le modalità assistite previste all’art. 210 c.p.p Non è rilevante che non fosse iscritto nel registro degli indagati. Per la S.C. quindi, la circostanza che la persona, ora imputata per falsa testimonianza, non avesse ancora la qualità di indagato non è rilevante, dovendosi avere riguardo alla sua posizione sostanziale da valutarsi con riferimento ai già acquisiti dati indizianti che non abbiano carattere di mero sospetto . E il verbale dei carabinieri è un chiaro dato indiziante. Criterio formale o sostanziale? La Cassazione, richiamando un suo precedente, ricorda che, per valutare i presupposti necessari al fine dell’applicazione delle speciali regole processuali, non si può adottare una soluzione formale. Per tutelare al meglio il diritto di difesa, bisogna ricorrere ad un criterio sostanziale, considerando anche quanto si sarebbe dovuto fare rispetto alla situazione, quale appariva al momento in cui le dichiarazioni sono state rese . In tal modo si svolge, ora per allora, quel controllo di legalità delle acquisizioni probatorie che è compito indefettibile del giudicante . Per questi motivi la Corte cassa e rinvia per un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione. sez. VI Penale, sentenza 20 novembre – 17 dicembre 2012, n. 48764 Presidente Agrò – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto e diritto 1. Con sentenza del 10.4.2012 la Corte di Appello di Roma, a seguito di appello proposto dall'imputato A.M. , confermava la sentenza emessa il 15.11.2007 dal G.I.P. del Tribunale di Roma con la quale il predetto imputato era stato condannato in ordine al delitto di falsa testimonianza a pena ritenuta di giustizia. 2. Avverso la sentenza propone ricorso l'imputato a mezzo del ministero del difensore dolendosi con unico motivo di violazione dell'art. 384 comma II c.p. e 210 c.p.p. avendo la Corte erroneamente escluso che l'AMBROSI dovesse essere sentito - allorché, nel corso del processo contro C.G. effettuò le dichiarazioni successivamente incriminate come false - con le garanzie previste dall'art. 210 c.p.p. in quanto egli era stato destinatario, nel corso delle indagini preliminari, di accuse di violenza privata da parte del C. , accusa che si poneva in termini di collegamento ex art. 371 comma 2 c.p.p., con quello di violenza privata ascritto al C. onde sarebbero dovute scaturire le garanzie ex art. 210 c.p.p. in favore dell'AMBROSI e, quindi, l'invocata causa di non punibilità ex art. 384 comma II c.p Secondo il ricorrente irrilevante ai fini della sussistenza della causa invocata doveva considerarsi l'iscrizione nel registro degli indagati del soggetto chiamato a rendere testimonianza. 3. Il ricorso è fondato. 4. La Corte territoriale ha escluso la fondatezza della tesi difensiva erroneamente rilevando che allorquando fu escusso l'A. non soltanto non rivestiva la qualità di imputato ai sensi dell'art. 210 c.p.p. ma non risultava neanche essere mai stato iscritto nel registro degli indagati dopo le dichiarazioni del C. ditalchè egli venne correttamente sentito come teste e persona offesa. 5. Ai fini dell'applicazione dell'esimente di cui all'art. 384, comma secondo, cod. pen., è configurabile il sindacato del giudice di legittimità sulla completezza e logicità della motivazione fornita da quello di merito a sostegno della valutazione compiuta sulla originaria incompatibilità a testimoniare dell'autore del delitto di falsa testimonianza ed in relazione al contenuto delle dichiarazioni dallo stesso rese nel corso di una sua precedente audizione come persona informata sui fatti Sez. 6, Sentenza n. 4987 del 28/01/2010 Rv. 246091 Imputato Manca. . 6. Per quel che si è già evidenziato, il ricorso di A. richiamando espressamente il dettato dell'art. 384 co. II e 210 c.p.p. denuncia la motivazione della sentenza per la violazione della regola juris, di origine giurisprudenziale, secondo la quale non è decisiva - ai fini della qualificazione della posizione soggettiva dell'A. - l'assenza di iscrizioni a suo carico. 7. Ebbene l'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , quale novellato dalla L. n. 46 del 2006, indicando a sostegno della enunciata tesi censoria della violazione dell'art. 210 c.p.p. altri specifici atti del processo integrati dal verbale delle dichiarazioni rese dal C. ai CC di Bagni di Tivoli in data 10.9.1999 ed il cui testo è parzialmente traslitterato nel corpo dell'atto di ricorso. 8. Calando, allora, gli illustrati parametri valutativi nell'analisi dei motivi dell'odierno ricorso, può subito segnalarsi che, anche in virtù di una temperata applicazione del riformato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , l'apparato argomentativo motivazione della sentenza della Corte territoriale non si sottrae ad un giudizio di violazione di legge in ordine all'apprezzamento delle condizioni applicative del disposto dell'art. 210 c.p.p A tale negativo scrutino su completezza e logicità della motivazione della sentenza impugnata non può non condurre la fonte probatoria altra indicata e allegata dal ricorrente e costituita dal verbale delle dichiarazioni del C. del 10.9.99. Nel caso di specie, infatti, il verbale delle informazioni ai CC del C. assume valore, contribuendo a radicare i denunciati profili di illogicità della sentenza di appello, non per i particolari contenuti rappresentativi delle parole del dichiarante, quanto piuttosto per le opzioni processuali che le parole del C. inducono. 9. La Corte di Appello di Roma mostra di condividere l'orientamento c.d. formale o condizionalistico che esclude l'assunzione delle dichiarazioni in veste di testimonianza quando risulti per tabulas che il dichiarante abbia acquisito la posizione formale condizione negativa della testimonianza di imputato o di indagato per gli stessi reati o per reati collegati con quelli su cui debbono acquisirsi le sue dichiarazioni, fatta salva l'ipotesi ovviamente che tali dichiarazioni si rivelino, per causa originaria o per motivi emergenti nel corso dell'assunzione, immediatamente rivelatori di una specifica posizione di potenziale indagabilltà del soggetto cfr. Cass. Sez. 5A, 28.1.2003 n. 9079, Bernya, rv. 224151 Cass. Sez. 6^, 20.6.2007 n. 40512, Amodeo, rv. 237988 Cass. Sez. 2^, 21.9.2007 n. 38858, Boscolo, rv. 238218 . A Diverge da esso l'orientamento c.d. sostanziale - che questo Collegio condivide - che privilegia la necessità da parte del giudice di merito di una verifica effettiva della posizione del dichiarante a prescindere da indici formali di assunzione dei ruoli di indagato o imputato volta a constatare se costui, in base a tutti i dati disponibili per il giudicante, sia stato realmente estraneo o meno ad ipotesi criminose concorsuali o collegate, che impongono di assumerne le dichiarazioni con le modalità assistite previste dagli artt. 63, 64 e 210 c.p.p. cfr. Cass. S.U., 9.10.1996 n. 1282/97, Carpanelli, rv. 206846 Cass. Sez. 4^, 10.12.2003 n. 4867/04, Falzetti, rv. 229377 Cass. Sez. 5^, 15.5.2009 n. 24953, Costa, rv. 243891 Cass. S.U., 23.4.2009 n. 23868, Fruci, rv. 243417 . 10. Dunque, la circostanza che l'AMBROSI non avesse ancora la qualità di indagati non è rilevante, dovendosi avere riguardo alla sua posizione sostanziale da valutarsi con riferimento ai già acquisiti dati indizianti che non abbiano carattere di mero sospetto sez. 1^ 6.2.2001 n. 762, Sestino RV 218550 cfr. sez. 6^ 20.5.1998 n. 7181 Villani RV 211130 . In particolare, questa ultima sentenza in motivazione chiarisce che la norma del comma 2 dell'art. 63 c.p.p., è intesa ad evitare non solo la violazione del diritto di difesa del dichiarante, ma anche patologici mercanteggiamenti delle autorità inquirenti realizzabili attraverso l'obliterazione dei reati da cui ci si è mossi e di cui il soggetto dichiarante è possibile autore. Di qui la conseguenza, più volte riconosciuta da questa Corte ed avallata nel 1996 dalle Sezioni Unite, di una drastica sanzione quella dell'inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni che siano state raccolte, senza che al dichiarante sia stata data contezza della sua posizione processuale e senza che questa sua posizione venga formalizzata in atti. Ma da questi stessi intendimenti del legislatore, l'interprete deve anche ricavare orientamenti precisi circa la questione di quando ricorra la situazione presupposta dalla norma in esame, per cui la persona doveva essere sentita sin dall'inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini. Inappagante e solo parziale è una soluzione totalmente impostata in termini formalistici esistenza di notizia criminis, iscrizione nel registro degli indagati , dato che essa lascia ampio spazio alla buona volontà degli inquirenti circa il far sussistere o meno il presupposto In esame all'atto delle dichiarazioni, salvo poi recuperare successivamente per il dichiarante la qualità di indagato, in un momento processuale ritenuto più opportuno. Ben più aderente alla protezione degli interessi che vanno tutelati è invece una considerazione sostanzialistica del caso, nel senso di non fermarsi solo al dato di quanto storicamente si è fatto nell'ambito dell'indagine, ma di considerare anche quanto si sarebbe dovuto fare rispetto alla situazione, quale appariva al momento in cui le dichiarazioni sono state rese. Col che non si interferisce certo nelle determinazioni del P.M. in ordine all'azione penale, di cui resta dominus, ma si svolge, ora per allora, quel controllo di legalità delle acquisizioni probatorie che è compito indefettibile del giudicante”. 11. Pertanto, va censurato l'errato criterio di giudizio assunto dalla Corte territoriale per valutare la qualità dell'A. al momento in cui egli rese te dichiarazioni successivamente incriminate, dovendosi quindi rivalutarla alla luce del contenuto dichiarativo espresso dal C. il 10.9.99. 12. A ciò consegue l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per nuovo giudizio alla stregua del principio di diritto sopra enunciato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma.