Assegno divorzile: un diritto “intangibile”ed esclusivo del coniuge affidatario

La Corte di Cassazione non sente ragioni l’assegno divorzile deve essere versato integralmente.

Il caso. L ’imputato veniva dichiarato colpevole del reato previsto e punito dall’art. 12 sexies, l. n. 898/70, ossia per aver omesso di versare per periodi di tempo identificati e l’intero importo dell’assegno mensile dovuto in forza della sentenza di scioglimento degli effetti civili del matrimonio all’ex coniuge. Frapposto appello la sentenza di prime cure veniva riformata in punto pena. Avverso la pronuncia resa dal Giudice del gravame, proponeva ricorso l’imputato a mezzo del proprio difensore deducendo erronea applicazione della legge penale necessitando, suo dire, ai fini dell’applicazione della norma l’assunzione di comportamenti simulatori o fraudolenti diretti in qualche modo a vanificare quanto disposto dalla sentenza civile travisamento della prova e difetto di motivazione apparente in relazione alle allegate e provate difficoltà economiche in cui era venuto a trovarsi l’imputato anche a causa delle aumentate esigenze da fronteggiare per il sostentamento del suo nuovo nucleo famigliare che, nel frattempo, era aumentato essendo divenuto padre di una bimba. La Corte ha rigettato il ricorso. L’art. 12-sexies, l. n. 898/1970 costituisce diversa ed autonoma fattispecie penale rispetto all’art. 570 c.p il Supremo Collegio delinea, in modo certamente corretto, la natura del rapporto tra le due norme citate che, fra loro, non si pongono in alcuna condizione di sussidiarietà o specialità. Si tratta di norme dettate dal Legislatore e finalizzate a disciplinare situazioni fra loro assai differenti. Non a caso la Corte Costituzionale, con sentenza n. 472/1989 piuttosto nota, chiamata a pronunciarsi in tema in relazione alla dedotta violazione del principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Carta Fondamentale, ha ritenuto infondata la questione sollevata proprio argomentando sulla scorta della ben nota linea interpretativa a sensi della quale a situazioni differenti ben possono essere accordate tutele e rimedi differenti. Ciò che spesso induce in errore l’interprete è l’equiparazione, quod poenam , che la norma introdotta dal legislatore del 1970 effettua in relazione alle fattispecie. A parte la citata equiparazione del regime sanzionatorio le norme però non condividono altro a parte la loro applicazione nell’ambito dei rapporti nascenti o derivanti dalla costituzione di nuclei familiari. Diversi sono le ragioni che hanno indotto il legislatore all’introduzione della norma nel caso dell’art. 12 sexies si è inteso approntare una tutela rafforzata posto che lo stesso versa in posizione di maggior debolezza rispetto al coniuge separato al quale l’obbligato è ancora legato in forza del vincolo matrimoniale ancora in essere ed ai beni protetti dalle stesse l’art. 570, n. 2, c.p. tutela l’interesse dei minori nel non vedersi privati dei mezzi di sussistenza mentre la norma in commento tutela l’inadempimento degli obblighi di cui agli artt. 5 e 6, l. 898/70 Dunque norme fra loro diverse che non si pongono in alcun rapporto di specialità. Il che, sotto il profilo ermeneutico, è corretto. La condotta punita . Ciò invece pare meno condivisibile è l’analisi che la Corte effettua circa i termini della condotta da porre in essere da parte dell’agente, affinché la norma possa dirsi integrata. Per la Corte è sufficiente il mero inadempimento integrale dell’obbligazione, sorretto dalla coscienza e volontà di non adempiere integralmente. Il che equivale a dire che per la declaratoria di responsabilità è sufficiente accertare l’esistenza del dolo generico ed un inadempimento che, ex se, non deve neppure assumere i caratteri della gravità o della rilevanza. La tesi non pare condivisibile. Ad integrare l’elemento soggettivo richiesto è sufficiente il dolo generico . Se è possibile ritenere corretta l’intensità dell’elemento soggettivo richiesto, non può che non rilevarsi come in punto adempimento occorrerebbe l’esistenza di un quid pluris rispetto al mero dato formale del non aver adempiuto a quanto espressamente previsto dalle statuizioni contenute nella sentenza civile di divorzio. Ciò non in ossequio ad un in conferente richiamo al disposto dell’art. 3 Cost. ma, semmai, al principio del divieto di attribuzione oggettiva della responsabilità penale che, come è noto, è dotato di rango Costituzionale. La mera verifica del dato quantitativo” tanto dovevo tanto ho versato, pare porre ai limiti estremi ed esterni rispetto al contenuto del Principio Costituzionale richiamato e, per ciò, costituire una inaccettabile, costituzionalmente, applicazione della norma. Si tratta però non già di dichiarare incostituzionale la norma, che incostituzionale non è, ma, semmai, di vincolarne l’applicabilità ai principi Costituzionali ben noti ed espressi nell’ottica di quella interpretazione costituzionalmente orientata del precetto penale. Soltanto seguendo ed uniformandosi alla interpretazione descritta la norma, i cui principi sono e restano condivisibili, potrà assumere e mantenere la propria forza precettiva. Diversamente, in un sistema del diritto penale del fatto come quello italiano, il rischio è quella di trasformare il Giudice penale in mero controllore della corrispondenza tra l’obbligazione contratta e quelle adempiuta. Il che, credo, non piaccia né ai Giudici né ai difensori.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 maggio - 13 dicembre 2012, n. 48204 Presidente/Relatore Milo Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Cagliari, con sentenza del 15 ottobre 2007, dichiarava M P. colpevole del reato di cui all'art. 12-sexies della legge 01/12/1970 n. 898 - per avere omesso di versare, nel mese di agosto 2004 e dall'ottobre 2004 al giugno 2005, l'Intero Importo dell'assegno mensile dovuto, in forza della sentenza di scioglimento degli effetti civili del matrimonio, all'ex coniuge E C. , quale contributo per il mantenimento della figlia minore C. - e lo condannava, In concorso delle circostanze attenuanti generiche, alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi due di reclusione ed Euro 800,00 di multa, nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile, alla quale assegnava anche una provvisionale. 2. A seguito di gravame proposto dall'Imputato, la Corte d'appello di Cagliari, con sentenza del 31 maggio 2011, in parziale riforma della decisione di primo grado, che confermava nel resto, sostituiva la pena detentiva inflitta con la corrispondente pena pecuniaria e concedeva il beneficio della non menzione della condanna. Il Giudice distrettuale, dopo avere premesso che pacificamente l'imputato non aveva versato all'ex coniuge, nell'arco temporale contestato, l'assegno divorzile stabilito dal giudice, sottolineava che tale condotta integrava, di per sé, il reato di cui all'art. 12-sexies della legge n. 898/'7O né l'imputato era venuto a trovarsi in una situazione di difficoltà economica tale da rendere impossibile l'adempimento dell'obbligo su di lui gravante anche dopo essere stato licenziato, infatti, aveva disposto di risorse economiche, quali il trattamento di fine rapporto, l'indennità di disoccupazione, il rimborso spese per la formazione professionale e l'aiuto tangibile dei propri genitori, il che gli avrebbe consentito di tenere fede ai propri obblighi o, quanto meno, di fare ricorso al giudice civile per ottenere la riduzione dell'assegno stabilito In sede di divorzio. 3. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l'imputato, deducendo 1 erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 12-sexies legge n. 898/70, sotto il profilo che l'inadempimento dell'obbligazione di cui si discute, per assumere rilievo penale, doveva essere caratterizzata da comportamenti simulatori o fraudolenti, diretti In qualche modo a vanificare quanto disposto dalla sentenza civile di divorzio”, il che non era riscontrabile nel caso in esame 2 travisamento della prova e motivazione apparente in relazione alle allegate e provate difficoltà economiche in cui era venuto a trovarsi e alle aumentate esigenze da fronteggiare per il sostentamento del suo nuovo nucleo familiare dalla relazione con altra donna era nata una bimba 3 violazione della legge penale, sotto il profilo che era difettato nel suo comportamento l'elemento soggettivo del reato contestatogli. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato. Con la legge 06/03/1987 n. 74, è stato aggiunto alla legge che disciplina i casi di scioglimento del matrimonio legge n, 898/70 l'art. 12-sexies, ai sensi del quale al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'art. 570 del codice penale”. Con il richiamato art. 12-sexies, si è estesa l'applicazione delle pene previste dall'art. 570 cod. pen. all'ex coniuge che si sottrae all'obbligo di corrispondere l'assegno di divorzio e si è introdotta una diversa fattispecie delittuosa che, pur sanzionata con le stesse pene di quella codicistica, si differenzia da quest'ultima nell'elemento materiale, poiché la condotta è rappresentata dal solo Inadempimento della obbligazione civile, costituita dal mancato versamento dell'assegno fissato dal giudice in sede di divorzio. La Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell'art. 12-sexies, ritenendo infondata la questione sollevata, con riferimento all'art. 3 Cost., circa la differente tutela penale predisposta in caso di mancata corresponsione dell'assegno di divorzio rispetto a quella prevista per il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento al coniuge separato e sottolineando che tale diversità di disciplina è giustificata dalla disomogeneità delle situazioni a favore del coniuge divorziato va approntata una tutela rafforzata, versando il predetto in una posizione di maggiore debolezza rispetto al coniuge separato, al quale l'obbligato è ancora giuridicamente legato in forza del persistente vincolo matrimoniale C. Cost., sent. n. 472/1989 . V'è una diversità tra gli interessi giuridici protetti dalle due norme l'art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen. tutela l'interesse a non fare mancare i mezzi di sussistenza a chi vi abbia diritto, per lo stato di bisogno in cui versa, in base alla titolarità di un determinato rapporto parentale o di coniugio l'art. 12-sexies legge n. 898/70, Invece, presidia con la sanzione penale l'inadempimento degli obblighi di cui ai precedenti artt. 5 e 6, a prescindere dalle condizioni in cui versano i beneficiari degli, stessi. È il caso di precisare che, secondo la previsione di quest'ultima norma art. 12 sexies non viene in rilievo l'eventuale stato di bisogno dell'ex coniuge, quale avente diritto all'assegno, essendo venuta meno, per effetto della pronuncia di divorzio, la qualifica soggettiva richiesta dall'art. 570 cod. pen. anche se i figli minori di genitori divorziati sono sostanzialmente destinatari dell'assegno di mantenimento, essi non sono creditori della relativa prestazione, che va invece a completare la posizione creditoria del coniuge affidatario, a favore del quale opera, per la condizione di divorziato, la tutela rafforzata a cui innanzi si è fatto cenno. Ciò posto, rileva la Corte che, per integrare la fattispecie criminosa di cui si discute, non si richiede da parte dell'agente, contrariamente a quanto dal medesimo sostenuto in ricorso, alcun comportamento simulatorio o fraudolento, non ravvisandosi tale connotazione nel sottrarsi all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto”, condotta questa che implica il mero inadempimento e vanifica la corrispondente statuizione della sentenza di divorzio. Il reato è punibile a titolo di dolo generico, essendo richiesta soltanto la volontà cosciente e libera di sottrarsi, senza giusta causa, all'obbligo contributivo Imposto con la sentenza di divorzio. Le ristrettezze economiche allegate dall'imputato non integrano, per i rilievi in fatto evidenziati dai giudici di merito, quella situazione di assoluta impossibilità di adempiere, sì da giustificare la condotta oggetto di contestazione. 2. Al rigetto del ricorso segue, di diritto, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.