“Parentopoli” nelle Università italiane: salvo il giornalista che, con qualche inesattezza, racconta fatti risalenti, ma ancora di interesse pubblico

In tema di diffamazione a mezzo stampa, nell’ambito del giudizio di rinvio, il giudice di merito deve dare conto, nella propria disamina, della riconducibilità o meno dell’operato del giornalista alla esimente del diritto di critica, soffermando la propria valutazione non solo sul profilo oggettivo della condotta, ma anche sugli aspetti soggettivi che, in questo tipo di reato, richiedono una analisi accurata, quanto alla riconducibilità della condotta oggettivamente illecita all’ambito dell’esercizio del diritto di cronaca o di critica.

In tal senso, dunque, deve orientarsi l’indagine del giudice di merito che, ai sensi dell’art. 627 c.p.p., deve adeguarsi al percorso indicato dalla sentenza della Corte di Cassazione che stimola l’accertamento in concreto della sussistenza dei requisiti del diritto di critica. Sulla insussistenza del diritto di critica. Il Giudice monocratico di Bari condannava un giornalista ed il proprio direttore con sentenza del 10 ottobre 2007 per il reato di diffamazione a mezzo stampa condanna confermata in secondo grado, dalla Corte di Appello di Bari, la quale escludeva la ricorrenza della causa di giustificazione del diritto di critica, in difetto dei requisiti della pertinenza, stante che il fatto raccontato nell’ambito dell’articolo incriminato era risalente a tre anni prima rispetto alla pubblicazione dello stesso, e della continenza, per via delle espressioni ivi utilizzate. Si trattava di una inchiesta giornalistica sui concorsi universitari a cattedra della Università di Bari e sull’esito di alcuni procedimenti amministrativi ad essi collegati che si erano conclusi con il riconoscimento della illegittimità delle nomine, circostanza questa che veniva spiegata nell’ottica di possibili favoritismi dovuti a legami di stretta parentela tra uno dei candidati e taluni professori universitari, legati a loro volta a componenti delle commissioni esaminatrici. Nell’ambito di tale inchiesta, poi, si rievocava, in particolare, la vicenda del figlio di un professore universitario, vincitore di concorso, la cui nomina era stata dopo annullata per assenza dei requisiti richiesti. La verità non viene superata dalla sussistenza di piccole inesattezze . Ebbene, su ricorso proposto dagli imputati, la Corte di Cassazione annullava la sentenza di merito per vizio di motivazione rinviando ad altra sezione della Corte di Appello pugliese, specificando che l’interesse sociale alla notizia ricorre anche con riguardo a fatti non attualissimi, visto che l’attualità è richiesta non già con riferimento al fatto, ma con riguardo all’interesse per la notizia che il limite della verità non viene superato dalla sussistenza di piccole inesattezze che incidono su semplici modalità del fatto, senza modificarne la struttura essenziale ed, infine, che il limite della continenza deve ritenersi superato solo quando le espressioni adottate risultino pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto al fine della cronaca o della critica. In sede di rinvio, tuttavia, la Corte di Appello, condannava nuovamente gli imputati per il reato contestato, ritenuta la non ricorrenza della esimente richiamata, stante la non inquadrabilità dell’articolo in un corsivo” o editoriale” e, con riguardo al requisito della verità, stante la erronea attribuzione ad un candidato, figlio di un cattedratico pugliese, su richiamo di alcuni duri passi di una sentenza emessa dal TAR, di alcune circostanze, invece, riguardanti altra candidata non legata a nessun esponente universitario. Giornalista salvo non c’è diffamazione . La Suprema Corte, tuttavia, ha accolto i ricorsi degli imputati, annullando anche questa volta la sentenza di merito, rilevando immediatamente la violazione dell’art. 627 c.p.p., vista l’apparenza di motivazione della sentenza impugnata circa la valutazione della esistenza dell’esimente del diritto di critica. Ritiene la Corte, infatti, che la sussistenza di tre pronunce di merito affermative della portata diffamatoria dell’articolo incriminato non possono portare a ritenere fondata la colpevolezza per ciò stesso degli imputati, quando le suddette pronunce non hanno operato un attento vaglio della riconducibilità o meno della condotta del giornalista in un ambito discriminato penalmente, dovendo il giudice valutare non solo il profilo oggettivo della condotta, ma anche quello soggettivo, dovendo verificare, appunto, la esistenza della scriminante di cui all’art. 51 c.p. esercizio di un diritto/diritto di cronaca e/o di critica , soprattutto quando la Corte di legittimità già si è espressa nel senso della appartenenza dell’articolo in questione alla categoria delle inchieste giornalistiche dotate di caratteristiche critiche che non possono perciò ritenersi rigorosamente obiettive, in quanto presupponenti un giudizio di valore.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 novembre - 11 dicembre 2012, n. 47897 Presidente Giordano – Relatore Caprioglio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23.9.2011 la Corte d'appello di Bari ha deliberato, in sede di giudizio di rinvio disposto dalla Cassazione, sull'appello proposto da P.P. e PE.Ni. avverso la sentenza del giudice monocratico di Bari del 10.10.2007, che li aveva condannati per il reato di diffamazione a mezzo stampa, a seguito della pubblicazione sul quotidiano omissis , in data omissis , diretta dal P. , di articolo scritto dal Pe. contenente frasi ritenute lesive della reputazione di C.N. l'articolo era stato pubblicato nello spazio dedicato ad un'inchiesta sui concorsi universitari a cattedra, nell'area accademica di XXXX ed all'esito dei ricorsi amministrativi collegati, rivelatori di illegittimità che potevano essere spiegate nell'ottica di possibili favoritismi, dovuti a legami di stretta parentela tra il candidato e taluni cattedratici, a loro volta legati a vario titolo ai componenti delle commissioni esaminatrici e che rievocava la vicenda universitaria del prof. N C. , figlio del prof. F C. , vincitore di concorso accademico poi annullato dal TAR. Questa Corte di legittimità, investita del ricorso dei due imputati, aveva rilevato - annullando la sentenza di condanna che aveva escluso la ricorrenza della causa di giustificazione del diritto di cronaca, in difetto dei requisiti della pertinenza, trattandosi di fatti risalenti a tre anni precedenti e della continenza per la natura delle espressioni utilizzate - come l'elemento dell'interesse sociale alla notizia ricorre anche in relazione alla rievocazione di fatti non attualissimi, atteso che l'attualità è richiesta non con riferimento al fatto, ma all'interesse pubblico della notizia. Quanto poi al requisito della verità, veniva evidenziato come non superino il limite della verità del fatto narrato piccole inesattezze che incidono su semplici modalità del fatto in questione, senza modificarne la struttura essenziale, sottolineando poi come in relazione al diritto di critica, l'onere del rispetto della verità è più attenuato, avuto riguardo all'esercizio del diritto di cronaca, in quanto la critica esprime un giudizio di valore, che come tale non può pretendersi rigorosamente obiettivo. Infine, la Corte censurava anche il profilo della ritenuta mancanza di continenza del linguaggio, apoditticamente sostenuta dai giudici del merito ma non motivata, atteso che il suddetto limite deve ritenersi superato quando le espressioni adottate risultino pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto al fine della cronaca e della critica. La Corte territoriale, in sede di giudizio di rinvio, rilevava come la stessa Corte di legittimità avesse ritenuto diffamatorio oggettivamente l'articolo in questione e ribadiva il giudizio già espresso quanto all'insussistenza dei presupposti per ritenere la scriminante dell'esercizio del diritto di critica e di cronaca. Il diritto di critica veniva ritenuto non ricorrere non essendo l'espressione giornalistica in questione inquadrabile sotto forma di corsivo o di editoriale . Quanto al diritto di cronaca veniva riconosciuto che gli errori in cui era incorso il giornalista erano frutto di approssimazione non malevola, ma venivano stigmatizzati alcuni passaggi dell'articolo in cui erano state riprodotte le frasi della sentenza emessa dal TAR a conclusione del giudizio amministrativo intentato da un concorrente escluso tale Dott. L. e che aveva visto come contro interessati i Dott. C. , Ca. e N. la sentenza aveva accolto il ricorso intentato nei confronti di C. e N. per assenza di pubblicazioni scientifiche valutabili e di attività didattica a loro riconducibili, segnalando come l'apprezzato impegno didattico del C. non fosse stato ancorato ad alcun obiettivo dato di conoscenza, mentre addirittura per la N. era stata negato l'impegno didattico da un componente della commissione esaminatrice, laddove era stata riconosciuta da altri commissari ancorché con formulazioni ambigue tale modus operandi della commissione aveva portato il TAR a denunciare l'intervenuta attestazione di circostanze non veritiere in seno alla commissione medesima. Detta ultima citazione della sentenza veniva ritenuta non suscettibile di essere ricondotta al C. , essendo stata specificatamente riferita alla valutazione sulla N. , concorrente non legata da vincoli parentali eccellenti, ragione per cui il C. veniva ritenuto vittima di diffamazione, in quanto fu il bersaglio ideale per un giornalismo demagogico che non si fece scrupolo di assimilare la posizione di quest'ultimo a quella di altro concorrente. La radicale falsità del riferimento al C. delle citazioni di passi della sentenza del TAR imponeva di concludere, secondo la Corte territoriale, sull'assenza dei requisiti per il riconoscimento della scriminante del diritto di cronaca. 2. Avverso tale pronuncia, hanno proposto ricorso per Cassazione entrambi gli imputati, con il patrocinio dell'avv.to Gaetano Castellaneta, deducendo 2.1 violazione dell'art. 627 comma 3 cod.proc.pen. ed errata applicazione dell'art. 51 cod.pen. La Corte di Cassazione con la sentenza di annullamento riconosceva l'articolo in questione quale espressione di un'inchiesta giornalistica ed invitava a valutare il rispetto dei criteri della verità, pertinenza e continenza nei limiti del diritto di critica e di cronaca. La Corte territoriale pur a fronte dei principi di diritto richiamati, escludeva la ricorrenza dell'esimente, sul presupposto che l'articolo in questione non costituiva un editoriale o un corsivo, ma aveva finalità informative, cosicché doveva negarsi l'astratta configurabilità di una critica nell'articolo in oggetto. La difesa ribadisce che l'articolo rientrava nell'inchiesta giornalistica, attraverso la quale non solo veniva offerta la cronaca di un singolo accadimento ma veniva descritta criticamente una serie di eventi collegati tra di loro onde offrire, anche mediante personali suggestioni, il quadro completo del fenomeno c.d. della parentopoli in seno all'università, fenomeno reso concreto dall'intervento ripetuto del TAR, in sede di annullamento di concorsi a cattedre universitarie, per irregolarità nello svolgimento dei lavori. Quindi, a parere della difesa, una corretta interpretazione dell'art. 51 cod.pen. avrebbe dovuto portare a valutare la configurabilità dell'esimente del diritto di critica. 2,2 illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione ad atti del processo. La difesa lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto riferite solo alla N. le frasi della sentenza citata, laddove nella stessa sentenza veniva deplorato il fatto che siano state ritenute attività didattiche quelle svolte in via occasionale o nell'immediata vigilia della procedura concorsuale e non invece quelle che per durata e modalità di svolgimento possono essere assunte da una commissione responsabile, e non condizionata nel suo operare da motivazioni estranee ai suoi compiti, come elemento significativo della capacità del candidato di insegnare, alludendo chiaramente anche al C. . Veniva poi stigmatizzata sempre nella sentenza del TAR l'unanimità immotivata, espressione di contraddittorietà di valutazione e sintomo di eccesso di potere, a fronte di valutazione negativa di un commissario, atteso che alla valutazione favorevole doveva pervenirsi attraverso un motivato superamento dell'apprezzamento negativo individualmente espresso. Il TAR nella sua decisione aveva parlato di commissione condizionata nel suo operare da motivazioni estranee ai suoi compiti, di commissioni o commissari compiacenti, di eccesso di potere, giudizi che non potevano essere trascurati dalla Corte territoriale nella sua valutazione. 3. Il Pe. , pel tramite dell'avv.to Francesco Paolo Sisto, ha sviluppato altri tre motivi di ricorso. Con il primo, sovrapponibile a quello già esposto relativamente al precedente ricorso, viene dedotta violazione dell'art. 51 cod.pen., in relazione al diritto di critica e dell'art. 627 cod.proc.pen., nonché difetto di motivazione sarebbe stato disatteso il dictum della Cassazione che aveva sottolineato come l'articolo in questione rientrasse nella inchiesta giornalistica, utilizzando un parametro discretivo illogico quello secondo cui non si tratterebbe né di corsivo, né di editoriale per escludere la natura di prodotto giornalistico orientato a valutazione critica. Con il secondo motivo, si deduce vizio di violazione di legge in riferimento all'art. 521 cod.proc.pen. solo dei fatti storici descritti nel capo di imputazione il Pe. poteva essere chiamato a rispondere e cioè di aver scritto che C.F. era ordinario di diritto civile, laddove lo era di diritto processuale civile, l'aver scritto che N C. era stato bocciato al concorso per professore associato, laddove il medesimo era stato o destinatario di una sentenza del TAR che aveva annullato la sua nomina. La sentenza impugnata avrebbe invece introdotto ulteriori elementi fattuali di novità, sulla base dei quali è stata fondata la pronuncia di colpevolezza, elementi che invero costituirebbero veri e propri nuovi addebiti. Si lamenta in sostanza la difesa che il vero nucleo e fulcro dell'addebito ritenuto penalmente rilevante sarebbe traslato unicamente sulle frasi riportate nella sentenza, non indicate nel capo di imputazione e mai fatte oggetto di addebito, con conseguente mancata osservanza del principio di correlazione tra accusa e sentenza. In terzo luogo è stata dedotta violazione dell'art. 595 c.3, 57 cod.pen.,in relazione al diritto di cronaca, illogicità della motivazione in relazione all'attribuzione al candidato C. delle asserzioni contenute nell'articolo giornalistico la Corte territoriale ha ritenuto erroneamente che si sia formato un giudicato interno inerente la sussistenza materiale della diffamazione, operando una vera e propria deviazione dal tracciato indicato nella sentenza. Bastava leggere la sentenza del TAR per accorgersi che dal punto di vista della verità testuale non vi fu alcuno scostamento tra contenuto della sentenza del TAR confermata poi dal Consiglio di Stato e quanto riportato nell'articolo incriminato, atteso che le valutazioni sulla inadeguata valutazione dei curricula riguardavano anche il C. e rendevano, proprio per la sua macroscopicità, giornalisticamente giustificato anche sotto il profilo della cronaca l'interesse per la posizione del medesimo. 4. È stata depositata memoria difensiva delle parti civili C.N. e L M. il 17.9.2012 con cui è stato sottolineato che per ben tre volte i giudici del merito bollarono come diffamatorio l'articolo in contestazione che la stessa Corte di legittimità ebbe ad affermare il carattere diffamatorio dell'articolo, determinando un giudicato interno, quanto agli aspetti obiettivi del reato che l'annullamento della Cassazione intervenne per vizio di motivazione, il che consegna piena autonomia valutativa al giudice del rinvio e, rivalutando autonomamente l'insieme probatorio degli atti processuali, la Corte territoriale è giunta da escludere la sussistenza delle scriminanti. Quanto in particolare al diritto di critica, è stato escluso in modo lapidario, sul presupposto che, sebbene qualificato come inchiesta, l'articolo in questione aveva finalità puramente informative su fatti che avevano avuto conseguenze in sede amministrativa e che non costituivano espressione di opinioni o critica. Trattasi di articolo frutto dell'attività di inchiesta, quanto al fenomeno della c.d. parentopoli accaduta nel 2005 che fece richiamare i fatti coinvolgenti il C. di tre anni precedenti, con la presentazione dell'annullamento della nomina di quest'ultimo come archetipo dell'increscioso fenomeno, infarcendo la notizia con dati errati e non aderenti alla realtà. Si è aggiunto che neppure sotto il profilo del diritto di cronaca la condotta del giornalista può essere tollerata, poiché sarebbero state riferite al C. non lusinghieri apprezzamenti espressi dal TAR esclusivamente in merito alla valutazione di altra concorrente, la N. , con ciò operando una reversibilità dei giudizi contenuti nella sentenza del tutto arbitraria. Il che renderebbe non veritiero il contenuto dell'articolo incriminato. Trattandosi poi di fatto lontano nel tempo non vi era alcuna esigenza di divulgare la notizia della passata vicenda amministrativa, tanto che la Corte ritenne che il C. servì come bersaglio di un giornalismo demagogico, che non si fece scrupolo di assimilare senza ragione alcuna, la posizione dell'offeso a quella di altra concorrente. Pertanto veniva concluso nel senso che l'esclusione del dato della verità dei fatti determinava automaticamente il venire meno della scriminante del diritto di critica e dei diritto di cronaca. 5. È stata depositata altra memoria integrativa il 9.11.2012, con cui le parti civili hanno voluto risottolineare che ben tre giudici di merito hanno concluso sul carattere diffamatorio dell'articolo di stampa in questione, formandosi così un giudicato interno. Quanto all'insussistenza di diritti di critica e cronaca, vengono ribadite le argomentazioni già sviluppate ed in particolare è stata contrastata la macroscopica manipolazione dei provvedimenti del TAR Puglia e del Consiglio di Stato mediante un arbitrario collage, visto che il TAR Puglia ebbe ad affrontare in termini molto severi la posizione della N. e non già quella del C. , cui si continua ad attribuire osservazioni su pubblicazioni a lui non riferibili. Considerato in diritto I ricorsi sono fondati. È di immediato apprezzamento nella sentenza impugnata il profilo della violazione dell'art. 627 cod.proc.pen., non risultando rispettato il dictum della Corte di legittimità che aveva censurato, quanto al precedente esito del giudizio di merito, non solo una valutazione alla luce di una ristretta concezione del diritto di cronaca, ma soprattutto l'assenza di qualsivoglia disamina sulla riconducibilità dell'operato del giornalista all'esercizio del diritto di critica, in una visione ampia e globale, che non avesse a formalizzarsi su piccole inesattezze, incidenti su semplici modalità del fatto, ma avesse a guardare alla struttura essenziale dell'espressione giornalistica in questione. Il fatto che si siano susseguite tre pronunce di merito affermative della portata diffamatoria del contenuto dell'articolo in questione non può portare a diversa valutazione, se solo si consideri come sia stato sistematicamente eluso il doveroso vaglio, quanto alla riconducibilità o meno dell'operato del giornalista in un ambito discriminato penalmente, dovendo ovviamente il giudice non solo soffermarsi sul profilo oggettivo della condotta, ma spingersi nella valutazione degli aspetti soggettivi che nel caso specifico della diffamazione a mezzo stampa richiedono una disamina accurata, quanto alla riconducibilità della condotta oggetti va mente illecita all'ambito dell'esercizio del diritto di cronaca o di critica, come del resto molto chiaramente aveva imposto l'arresto di questa Corte, in sede di annullamento con rinvio, rimasto privo di applicazione. La motivazione riportata nella sentenza impugnata, proprio all'esito del giudizio di rinvio, non consente di apprezzare la corretta valutazione di questo fondamentale aspetto, risultando quanto all'esame della ricorrenza del diritto di critica assolutamente apparente, per non dire tautologica, visto che non soddisfa l'esigenza di accertamento che la Corte di legittimità aveva sollecitato si legge infatti nella sentenza che quanto alle eventuali scriminanti questa corte esclude anche l'astratta configurabilità del diritto di critica, atteso che l'articolo per cui è processo di natura e finalità informative, non costituiva un editoriale o un corsivo . Il discorso giustificativo è privo di qualsivoglia richiamo al contenuto dell'articolo, che la stessa sentenza della Corte di legittimità collocò nell'ambito dell'inchiesta giornalistica, dotata di caratteristiche critiche che, come è stato detto, non possono ritenersi rigorosamente obiettive, in quanto presupponenti un giudizio di valore. Inchiesta che si addentrava in un ambito di sicuro interesse pubblico, in quanto faceva riferimento a concorsi per cattedre universitarie nella regione Puglia e riportava la notizia di un ripetuto intervento della giustizia amministrativa per annullare delibere di nomina tali annullamenti avevano portato a collegare i nomi dei candidati dichiarati illegittimamente idonei con professori titolari di cattedra ed ipotizzare forzature nelle procedure di nomina, al fine di favorire figli di professori universitari. Sul punto è quindi vistosa la violazione della norma processuale art. 627 cod.proc.pen. , per un mancato adeguamento al percorso segnato dalla sentenza di legittimità che stimolava all'accertamento in concreto dell'esercizio del diritto di critica. La fragilità argomentativa della sentenza è ravvisarle peraltro anche nel discorso giustificativo sull'insussistenza del diritto di cronaca, laddove l'articolo aveva fatto perno sulla sentenza emessa dal Tar che aveva annullato la nomina del C. , sentenza in cui i giudici amministrativi non erano stati teneri con i commissari d'esame e sebbene si fossero espressi più pesantemente sulla valutazione dei titoli della candidata N. , non avevano risparmiato critiche neppure alla valutazione dei titoli del C. , di cui evidenziavano un impegno didattico favorevolmente valutato, a dispetto della mancanza di documentazione attestativa. Di qui la considerazione conclusiva dei giudici amministrativi sulla attestazione di circostanze non veritiere ad opera di alcuni commissari e sul silenzio illegittimamente serbato da altri e dunque sulle approssimative modalità valutative della commissione esaminatrice. L'articolo in questione riprendeva il caso del C. , rifacendosi ad un documento ufficiale la sentenza TAR, confermata dal Consiglio di Stato , fonte di conoscenza, quanto all'intervenuto annullamento della delibera della prima nomina del menzionato, ma veniva giudicato stornante dalla verità nel momento in cui estendeva il giudizio molto pesante espresso su comportamenti abnormi della commissione esaminatrice, collegabili a detta degli offesi, alla sola valutazione della N. il C. che non ne era toccato, se non in relazione al ritenuto impegno didattico seppure privo di supporto documentativo, sarebbe stato indebitamente omologato alla predetta, con il che sarebbe stato violato l'onere di verità a cui il giornalista era tenuto. Tale motivazione, così come argomentato dalle difese, segna però un netto scollamento dall'iniziale contestazione, in base alla quale il tratto diffamatorio era ricondotto al fatto che era stato scritto, testuale, nell'articolo incriminato C.N. , figlio dell'ordinario di diritto civile, sarebbe stato bocciato al concorso per associato di diritto privato, ma sarebbe poi risultato idoneo un anno dopo al concorso come ordinario . Veniva quindi rilevato dalla difese che era stato espressamente addebitato che con la pubblicazione era stata offesa la reputazione dei C. , posto che C.F. , padre del menzionato, era cattedratico di diritto processuale civile e non di diritto civile e che N C. non fu bocciato, ma fu destinatario di una sentenza del TAR che annullò gli atti della procedura comparativa. Tale scollamento, che emerge ictu oculi, determina una mutatio facti, tanto più significativa nell'economia della valutazione, se solo si considera che in prima battuta la stessa Corte di merito aveva convenuto sulla natura di dettaglio delle imperfezioni evidenziate nel capo di imputazione e quindi sulla scarsa incidenza di queste difformità, in termini di portata diffamatoria. In proposito, deve essere sottolineato che, così come è stato opportunamente evidenziato, le ulteriori espressioni dell'articolo in questione, riportate nel testo della sentenza impugnata e ritenute significative della condotta penalmente rilevante, non potevano costituire chiave interpretativa di quelle scarne indicazioni del capo di imputazione, ma ulteriori e distinti profili di espressioni dal tratto diffamatorio, che andavano fatti oggetti di specifica contestazione. Tale sfasatura tra quanto contestato e quanto ritenuto integra sicuramente un profilo di nullità della sentenza, ragion per cui deve essere disposto il rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della corte d'appello di Bari. In detta sede dovrà esser posto rimedio ai plurimi profili di illegittimità che sono stati evidenziati, sia per quanto riguarda la violazione dell'art. 627 cod.proc.pen., sia per quanto riguarda l'insufficiente motivazione del discorso giustificativo sulle cause di giustificazione, sia per quanto attiene alla violazione dell'art. 521 cod.proc.pen L'eventuale liquidazione delle spese sostenute dalle parti civili deve essere rimandata all'esito del giudizio di rinvio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.