L’arrivo dei Carabinieri ha impedito la consumazione del reato? No: il denaro era già nelle mani dei truffatori

La truffa è reato istantaneo e di danno e si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica faccia seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 47879/12, depositata l’11 dicembre. Il caso. Tre imputati ricorrono per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello che li ha riconosciuti colpevoli di truffa aggravata per aver indotto un’anziana signora, approfittando del suo stato di infermità e deficienza psichica, a recarsi presso la sua banca a prelevare tutti i risparmi. Subito dopo la consegna del denaro, però, i truffatori erano stati fermati dai Carabinieri. Il reato è stato consumato? Gli imputati lamentano anzitutto erronea applicazione di legge e vizio motivazionale sotto il profilo dell’avvenuta consumazione del reato, considerando che nella vicenda non si sarebbe portato a termine l’ultimo atto della condotta e cioè la fuga degli imputati non sussisterebbe pertanto l’avvenuta definitiva apprensione del denaro e neppure il danno all’anziana. Secondo i ricorrenti, in conclusione, la temporanea apprensione del denaro all’interno di una autovettura circondata dai Carabinieri non può essere considerata elemento consumativo del reato. La truffa è reato istantaneo. La censura, a giudizio della S.C., non ha fondamento la truffa, infatti, è reato istantaneo e di danno e si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica faccia seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo. Il delitto aggravato contestato agli imputati, pertanto, era da ritenersi consumato nel momento in cui il denaro ottenuto con frode era nella piena disponibilità dei truffatori, mentre non ha alcuna rilevanza il pronto intervento dei Carabinieri. Aggravanti e attenuanti tutto confermato. Il mancato accoglimento della prima censura non può che comportare il rigetto della seconda, volta a contestare l’applicazione dell’aggravante dell’art. 61, n. 7, c.p. danno patrimoniale di rilevante gravità , in quanto, secondo i ricorrenti, il delitto sarebbe restato al mero stadio del tentativo. Infondato è infine anche il terzo motivo di ricorso, che prospetta un vizio di motivazione in ordine alla negazione delle attenuanti generiche e alla determinazione della sanzione la Corte territoriale, infatti, ha rilevato puntualmente l’assenza di ogni umana considerazione per la vittima e la pericolosità degli imputati. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 novembre – 11 dicembre 2012, numero 47879 Presidente Garribba – Relatore Lanza Ritenuto in fatto e considerato in diritto B. , A. e Be. ricorrono avverso la sentenza 25 novembre 2010 della Corte di appello di Milano, la quale, pronunciando in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione sentenza 13812 sezione seconda penale , in parziale riforma della sentenza del G.I.P. di Milano in data 15 luglio 2009, ha dichiarato S.G. oggi non ricorrente , B.B. , A.T. e Be.Cr. responsabili del reato di cui agli artt. 110, 640 e 61 numero 7 c.p. così modificata l'originaria imputazione e ha rideterminato la pena loro inflitta, non considerato l'aumento facoltativo per la recidiva, nella misura di anni 2 mesi 6 di reclusione ed Euro 800 di multa ciascuno. 1. i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte. S.G. non ricorrente , B.B. , A.T. , Be.Cr. erano accusati del delitto di cui agli artt. 110, 643, 61 numero 7 cp. perché in concorso fra loro ed al fine di procurarsi un profitto, abusando dello stato di infermità e deficienza psichica di b.l. numero omissis , anziana di età ed affetta da parziale sordità e da problemi mentali causati da una meningite, che l'aveva colpita da bambina, l'inducevano a recarsi presso il suo istituto di credito a prelevare la somma totale di Euro 36.000 suddivisa in Euro 10.000 in contanti e la rimanenza in assegno circolare, costituente tutti i suoi risparmi, ed a consegnare infine tale somma di denaro contante e l'assegno ad A.T. e Be.Cr. , atto quest'ultimo che importava un effetto gravemente dannoso per la stessa b. . Avendo agito con le seguenti condotte Be. ed A. , travisate entrambe con parrucche, l'una alla guida dell'autovettura Ford Focus e la seconda sopraggiunta a piedi per simulare un incontro casuale, fermavano per strada la b. , dapprima con la scusa di una indicazione stradale e poi, convincendola a salire a bordo della Ford Focus, dove le raccontavano la seguente storia che avrebbero potuto entrare in possesso di una somma rilevante di circa Euro 200.000, che era inizialmente destinata ad essere donata ad un ente benefico, tramite un medico non meglio indicato, ma che, essendo il fantomatico medico deceduto, avrebbe potuto essere divisa tra loro tre. Il che però sarebbe potuto avvenire soltanto a condizione che venisse stipulato un atto notarile e che il notaio, per redigere tale atto, aveva necessità di una somma in contanti a titolo di garanzia. Cosi facendo, inducevano la b. a prelevare dalla banca tutti i suoi risparmi ed a consegnarli alle stesse Be. ed A. . Per aver S. e B. marito di A. costantemente seguito l'autovettura Ford Focus a bordo di altra autovettura, una Fiat Bravo pronti ad intervenire per qualsiasi evenienza. Subito dopo la consegna del denaro alla Be. e all'A. , intervenivano i militari dei C. C. di Milano che avevano seguito dall'inizio tutti i movimenti degli indagati. Con l'aggravante di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità alla b. . In omissis nell'arco di tempo dalle ore 1 30 alle 17,10. Con la recidiva specfica infraquinquennale ex articolo 99 co. 2 numero 1 e 2 c.p. per A. e B. . La Corte di appello, decidendo quale giudice di rinvio, dopo l'annullamento con rinvio del Supremo collegio, qualificati i fatti sotto il profilo della truffa aggravata ex articolo 61 numero 7 cod. penumero , ha ritenuto tale delitto consumato poiché i prevenuti avevano ormai acquisito l'autonoma disponibilità del denaro, carpito alla b. , mentre i carabinieri sarebbero intervenuti dopo aver discretamente seguito le mosse degli imputati sospettando soltanto che si stesse perpetrando un illecito. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo della ritenuta consumazione, considerato che nella vicenda non sarebbe stato portato a termine l'ultimo atto della condotta, e cioè la fuga degli imputati , con conseguente insussistenza dell'avvenuta la definitiva apprensione del denaro, e della coeva insussistenza del danno morale e dunque l'offesa alla persona offesa. Ad avviso dei ricorrenti il danno economico non si sarebbe realizzato in ragione del fatto che non era stata acquisita alcuna disponibilità, nemmeno momentanea, sul denaro, e che la temporanea apprensione del denaro stesso all'interno di una autovettura circondata dai Carabinieri, operanti ed in attesa di intervenire dopo aver seguito tutto lo svolgersi dell'azione, può in effetti essere considerato momento consumativo di un reato solo attraverso un artifizio dialettico funzionale ad aggravare la pena. Il motivo non ha fondamento. Reputa infatti il collegio che, nella specie, si sia pienamente concretizzato il delitto aggravato , ritenuto dalla corte distrettuale, dal momento che il denaro ed il titolo pronto all'incasso , ottenuti con frode, erano nella piena disponibilità degli accusati a nulla rilevando, nell'economia del crimine, che vi sia stato - predisposto o meno - l'intervento dei Carabinieri che seguivano i movimenti degli imputati idoneo ed efficace per la restituzione del compendio illecito alla vittima, considerato che la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito, come nella specie, la deminutio patrimonii del soggetto passivo e la locupletatio dell'agente. Con un secondo motivo si lamenta che essendo rimasto il delitto allo stadio del tentativo non vi era spazio per l'applicazione della aggravante dell'articolo 61 numero 7 cod. penumero , la quale in ogni caso andava tarata con riferimento al denaro consegnato, pari ad Euro 10 mila in contanti e non anche all'assegno circolare dell'importo di Euro 26 mila. Il motivo è privo di fondatezza atteso il rigetto della prima censura, qui solo osservandosi che, comunque, anche valutando il solo esborso di 10 mila Euro, ad opera di persona anziana di età con problemi psichici e costituente parte consistente delle sue uniche risorse economiche, esso integra ex se la contestata aggravante ex articolo 61 numero 7 cod. penumero , considerato il doppio convergente parametro della l'entità oggettiva dell'esborso e della capacità economica della danneggiata cass. penumero sez. 2,. 42351/2007 Rv. 238761 . Con un terzo motivo si prospetta vizio di motivazione in ordine alla negazione delle circostanze attenuanti generiche e sulla determinazione della sanzione. Il motivo non può essere accolto in relazione alla consolidata giurisprudenza di questa Corte. In proposito va infatti premesso che il riconoscimento delle attenuanti generiche risponde a una facoltà discrezionale, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere bensì motivato, ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Nella specie risulta infatti che tutto l'argomentare dei giudici di merito è stato ineccepibilmente fondato su una serie di valutazioni, incompatibili con le invocate attenuanti, le quali attengono alla assenza in capo ai ricorrenti di un minimo di umana considerazione per la vittima , con l'evidenziazione di una capacità criminale e di una pericolosità fuori dal comune nel quadro di una valutazione radicalmente negativa della personalità degli imputati. I ricorsi pertanto, nella verificata tenuta logica e coerenza strutturale del provvedimento impugnato, risultano infondati e le parti proponenti vanno condannate ex articolo 616 C.P.P. al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, ciascuno, al pagamento delle spese processuali.