Mamma con bambino in carcere? Solo se la recidiva è praticamente certa

Perché una madre di un bambino in tenera età possa essere sottoposta a custodia cautelare in carcere è indispensabile un giudizio di sostanziale certezza circa il pericolo di recidiva specifica.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 47861/12, depositata il 10 dicembre. Il caso. La madre di un bambino di 14 mesi, accusata di tentato omicidio aggravato, viene sottoposta dapprima alla misura cautelare degli arresti domiciliari, poi sostituita con la custodia cautelare in carcere il P.M. appellante, infatti, analizzando il folle piano omicida in progetto da mesi, aveva ritenuto che le esigenze cautelari ravvisabili fossero di eccezionale rilevanza e che la donna, insieme al suo complice, avesse un’elevatissima capacità criminale in conclusione, solo la misura carceraria poteva essere in grado di prevenire la recidiva specifica. La questione è sottoposta al vaglio della S.C. L’eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari. Gli Ermellini si soffermano anzitutto sulla valutazione dell’eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari, unica ipotesi che giustifica il ricorso al carcere quando l’imputata sia madre di prole di età non superiore a sei anni. In questo caso, il giudizio prognostico del giudice riguardante la probabilità che l’evento che si vuole evitare accada l’inquinamento delle prove, la fuga dell’indagato o la commissione di gravi delitti o delitti della stessa specie deve essere particolarmente rigoroso per superare il divieto imposto dalla legge, in altre parole, la probabilità che uno dei suddetti eventi accada deve essere non solo elevata, ma elevatissima. Indispensabile la sostanziale certezza della recidiva. A giudizio della Cassazione, invece, il Tribunale del Riesame si è soffermato piuttosto sulla eccezionale gravità del reato e sulla personalità dell’indagata, ma ha ritenuto solo possibile il ripresentarsi di situazioni simili a quelle che hanno dato origine alla condotta criminosa dell’imputata. Perché si possa disporre la misura carceraria, invece, è indispensabile un giudizio di sostanziale certezza circa il pericolo di commissione di gravi delitti o delitti della stessa specie da parte della donna nel caso in cui questa venisse sottoposta a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere. Per questi motivi la S.C. annulla con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 ottobre – 10 dicembre 2012, n. 47861 Presidente Chieffi – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 26/3/2012, il Tribunale di Bologna, provvedendo sull'appello proposto ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen. dal P.M. presso il Tribunale di Parma avverso l'ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato nei confronti di F.C.F. la misura degli arresti domiciliari, anziché quella richiesta della custodia cautelare in carcere, sostituiva la prima con la seconda. La F.C. è indagata di tentato omicidio aggravato in concorso ai danni di N.L. ella avrebbe chiesto a F.D. di cooperare nell'azione illecita, si sarebbe procurata una mazza di ferro, etere etilico, passamontagna, una parrucca, nastro isolante, oggetti utili al prelievo forzoso, narcosi e trasporto della vittima, avrebbe scavato una buca dove nascondere il cadavere e si sarebbe diretta in ora notturna nel luogo dove la vittima doveva essere rapita, venendo fermata solo dall'intervento dei carabinieri, avvisati dal cittadino moldavo S.S. , che avrebbe dovuto partecipare all'azione. I carabinieri avevano effettuato un lungo pedinamento, avevano poi fermato in piena notte due autovetture con a bordo i tre indagati e avevano sequestrato gli oggetti sopra menzionati avevano rinvenuto il piccone utilizzato per scavare la fossa e avevano individuata la stessa, di dimensioni idonee e con all'interno già riposte due pale. Arrestati il F. e la F.C. , il primo aveva ammesso i fatti, pur sostenendo di non avere avuto intenzione di uccidere effettivamente la vittima designata l'avrebbe stordita, portata nella buca e coperta con un po' di terra per spaventarla , mentre la F.C. si era avvalsa della facoltà di non rispondere. Il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato la misura massima nei confronti del F. e, ai sensi dell'art. 275, comma 4, cod. proc. pen., gli arresti domiciliari nei confronti della F.C. , rammentando che era madre di un bambino di 14 mesi ed osservando che le esigenze cautelari, ritenute sicuramente sussistenti, potessero essere soddisfatte con la misura meno grave, tenuto conto che il mantenimento in carcere di un complice e la desistenza e collaborazione con gli inquirenti dell'altro consentivano di ritenere che ella, in assenza di contatti diversi dal convivente, non avesse la possibilità di organizzarsi per il compimento di altri reati. Il P.M. appellante aveva sostenuto che le esigenze cautelari ravvisabili erano di eccezionale rilevanza, sia per la gravità del reato che per l'elevatissima capacità criminale ravvisabile in capo ad entrambi i complici, osservando, ancora, che l'esistenza del figlio minore non aveva esercitato sulla donna alcun effetto dissuasivo e che l'arresto era avvenuto in piena notte, dimostrando che la F.C. non prestava cura particolare al bambino. Il Tribunale condivideva la valutazione del P.M., ritenendo le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza l'indagata aveva maturato, per motivi assolutamente illogici, propositi di vendetta nei confronti di un'altra donna, colpevole - così aveva riferito il F. - di avere sparso in giro voci su di lei e aveva progettato un folle, ma articolato piano omicida, nel quale aveva coinvolto l'uomo, dimostrando un'elevata capacità di condizionamento e di suggestione criminale. La progettazione del piano criminale era durata due mesi l'indagata aveva coinvolto anche il S. si era procurata il materiale necessario e aveva partecipato alla marcia di avvicinamento al luogo del rapimento, proseguendo nonostante il F. l'avesse avvertita con una radio trasmittente di essere seguito dai Carabinieri. Il Tribunale riteneva elevatissimo - e quindi eccezionale - il pencolo per la società costituito dall'indagata, tenuto conto che le situazioni che avevano dato luogo al progetto criminale si presentano frequentemente nella vita di ciascuno e ben potendo, pertanto, ripetersi una situazione analoga. La F.C. , secondo l'ordinanza impugnata, in ragione della sua capacità di coinvolgere altre persone, potrebbe agire tramite terzi potrebbe, fra l'altro, provare un serio rancore nei confronti del cittadino moldavo che aveva avvertito i carabinieri. La sua capacità di autocontrollo è, evidentemente, labile, mentre straordinaria è la sua spregiudicatezza. Il Tribunale concludeva che solo la misura carceraria è in grado di prevenire la recidiva specifica, a prescindere da capacità di autodisciplina e di spontanea osservanza agli obblighi, non accreditabili all'indagata. 2. Ricorre per cassazione F.C.F. , deducendo la violazione dell'art. 275, comma 4, cod. proc. pen. e la mancanza di un supporto motivazionale adeguato per giustificare la custodia cautelare in carcere, dovendosi indicare concreti, specifici ed attuali elementi che dimostrino l'eccezionale pericolosità del soggetto. Il tempo trascorso dall'applicazione degli arresti domiciliari avrebbe, poi, imposto al Tribunale una motivazione adeguata sull'insufficienza della misura domiciliare. Non vi era stato un corretto esame ed apprezzamento rispetto ai parametri dell'art. 133 cod. pen., che avrebbero evidenziato la personalità positiva dell'indagata, cui non è riconducibile alcun comportamento illecito o addebito pregresso, e che non aveva manifestato una personalità violenta, instabile o mancante di sufficiente autocontrollo. Si deduce, inoltre, l'assenza, insufficiente ed erroneità della motivazione e la violazione dell'art. 292, comma 2, cod. proc. pen. in effetti l'incolpazione provvisoria, contrariamente alle emergenze di indagine, erroneamente contestava che la F.C. avesse proposto allo S. di partecipare all'omicidio nonché di avere partecipato allo scavo della buca e di avere effettuato precedenti sopralluoghi il provvedimento era, quindi, lacunoso e carente di attendibilità logico-valutativa. Il ricorso conclude per l'annullamento del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e comporta l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. L'art. 275, comma 4, cod. proc. pen., nella parte che qui rileva, stabilisce che quando imputata sia madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, non può essere disposta, né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza . La norma non attribuisce alcuna discrezionalità all'interprete, chiamato a valutare esclusivamente la eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari erano, quindi, del tutto fuori luogo le considerazioni del P.M. appellante - non a caso non recepite nella motivazione dell'ordinanza impugnata - che pretendevano di valutare se e in quale misura l'indagata si occupasse del figlio minore così come non rilevano le notizie, sottolineate dalla difesa, della grave malattia cui il bambino è affetto e della necessità di accudimento continuo altri sono i luoghi, anche giudiziaria in cui tali circostanze possono essere valutate, mentre la norma di cui si argomenta l'applicazione richiede semplicemente che il figlio minore sia convivente con la madre non rileva nemmeno la circostanza che la madre sia o meno convivente con qualcun altro e se questi sia in grado di occuparsi del figlio minore della donna o lo faccia realmente. 2. Ciò premesso, la eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari deve essere valutata con riferimento a quelle riconosciute sussistenti e poste a base dell'ordinanza cautelare nel caso di specie le esigenze cautelari di cui all'art. 274, comma 1, lett. c cod. proc. pen La norma dell'art. 275, comma 4, cod. proc. pen., presuppone la possibilità di riconoscere un grado diverso dello stesso pericolo menzionato in tutte e tre le ipotesi contemplate dall'art. 274 cod. proc. pen., nel senso che il pericolo, oltre a dover essere concreto , può essere più o meno elevato Poiché il Giudice che, nell'applicare una misura cautelare, ritiene sussistente un pericolo, esprime un giudizio prognostico riguardante la probabilità, più o meno elevata, che l'evento che si vuole evitare la perdita o l'inquinamento della prova, oppure la fuga dell'indagato, o ancora la commissione da parte dell'indagato di gravi delitti o di delitti della stessa specie di quelli per cui si procede accada, l'art. 275, comma 4 cod. proc. pen. impone al giudice, che voglia superare il divieto posto dalla legge, di esprimere una prognosi con una probabilità di accadimento dell'evento più elevata, anzi, elevatissima eccezionale . Questa interpretazione della norma è stata più volte adottata da questa Corte che, con riferimento alle esigenze cautelari di cui all'art. 274, comma 1, lett. e cod. proc. pen., ha affermato che l'art. 275, comma 4, cod. proc. pen. si limita a richiedere una pericolosità che superi la semplice concretezza richiesta dall'art. 274 cod. proc. pen., connotandosi come sostanziale certezza che l'indagato, se sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continuerà a commettere delitti tra quelli indicati nel suddetto art. 274, lett. e Sez. 2, n. 32472 del 08/06/2010 - dep. 30/08/2010, Bozidarevic, Rv. 248352 Sez. 5, n. 599 del 04/02/1999 - dep. 08/03/1999, Nikolic, Rv. 213344 . La recidiva reiterata e specifica è, in questa ottica, un dato assolutamente rilevante, se non decisivo Sez. 5, n. 2240 del 05/12/2005 - dep. 19/01/2006, P.M. in proc. Bacalanovic, Rv. 233026 . Il Tribunale del Riesame, nell'ordinanza impugnata, non ha applicato il criterio indicato dalla norma, sottolineando piuttosto la eccezionale gravità del reato e la personalità dell'indagata, ma, sostanzialmente, ritenendo possibile il ripresentarsi di situazioni simili a quelle che hanno scatenato la condotta della F.C. numerose sono le occasioni di lite o di contrasto con i terzi, in famiglia, sul lavoro o tra estranei, determinate dai più svariati motivi e concretamente in grado di innescare nell'indagata analogo e sproporzionato movente alla recidiva specifica e alla commissione di gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di strumenti personali non esprimendo quindi il giudizio di sostanziale certezza circa la ripetizione di una condotta del genere da parte della donna. Il dato concreto dell'impossibilità di coinvolgere nuovamente il F. detenuto e reo confesso e il S. dissociatosi prima dell'arresto, con la denuncia alla polizia giudiziaria in atti delittuosi viene, non a caso, superato con la specifica capacità della F.C. di coinvolgere terzi nei propri programmi criminali ma i terzi che verrebbero coinvolti nelle nuove condotte illecite non sono identificati, cosicché il Tribunale ritiene, ancora una volta, possibile e niente affatto certo che altre persone potrebbero essere contattate dall'indagata. 3. L'ordinanza impugnata deve, quindi, essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bologna che si atterrà al seguente principio di diritto la eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari richiesta dall'art. 275, comma 4, cod. proc. pen. per disporre o mantenere, nei confronti di madre di bambino in tenera età con lei convivente, la misura della custodia cautelare in carcere, nell'ipotesi in cui la misura cautelare sia stata applicata ai sensi dell'art. 274, comma 1, lett. c cod. proc. pen., sussiste se il concreto pericolo di commissione di gravi delitti o di delitti della stessa specie di quelli per cui si procede sia elevatissimo, cosi da permettere una prognosi di sostanziale certezza in ordine al fatto che l'indagata, se sottoposta a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continuerebbe a commettere i predetti delitti . P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bologna.