La rimessione in pristino poteva estinguere il reato? La sentenza non è chiara e nel frattempo matura la prescrizione

In caso di opere edilizie eseguite senza autorizzazione, la rimessione in pristino da parte del trasgressore estingue il reato, a meno che non venga pronunciata condanna o venga emesso un provvedimento amministrativo idoneo a essere eseguito d’ufficio.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione sentenza n. 47870/12, depositata il 10 dicembre , rilevando come la sentenza di merito non desse indicazioni sulla natura del provvedimento amministrativo e dichiarando infine l’intervenuta prescrizione del reato. Il caso. In riforma della sentenza di primo grado, che aveva dichiarato l’improcedibilità a seguito del rilascio del permesso di costruire in sanatoria, due imputati vengono condannati in appello per aver realizzato opere edilizie in assenza di titoli abilitativi. I due ricorrono allora per cassazione. Gli imputati contestano essenzialmente che l’amministrazione comunale aveva emesso un mero ordine di ripristino, per di più successivamente annullato dal TAR per questo, la rimessione in pristino attuata avrebbe dovuto estinguere il reato. La Corte territoriale, invece, avrebbe ritenuto non provata tale rimessione, sulla base della sola documentazione fotografica e discostandosi dalle risultanze del verbale di accertamento della polizia municipale. La rimessione in pristino ha effetto estintivo? La S.C. precisa che la rimessione in pristino da parte del trasgressore art. 181, comma 1 quinquies , D.lgs. n. 42/2004 estingue il reato, a meno che non venga pronunciata condanna o venga emesso un provvedimento amministrativo idoneo a essere eseguito d’ufficio l’effetto estintivo, infatti, non può essere impedito da un mero ordine di ripristino rivolto dall’autorità amministrativa o dall’indicazione di tempi o modalità esecutive idonee a conseguire il ripristino. Nel caso di specie, secondo gli Ermellini, non risulta chiarito se l’ordinanza emessa dal Comune fosse idonea o meno a essere eseguita d’ufficio quanto alla riscontrata presenza di residui in loco, questi non paiono incidere sull’efficacia ripristinatoria dell’adempimento svolto dagli imputati. E’ ormai intervenuta la prescrizione. Compiute tali valutazioni, la Cassazione rileva tuttavia la maturazione del termine di prescrizione a tal proposito, i giudici di legittimità affermano che non ricorrono i presupposti per il proscioglimento nel merito degli imputati, in quanto la S.C. può pronunciarsi in tal senso solo se la prova dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità ad esso dell’imputato risulti evidente sulla base degli elementi e delle considerazioni poste a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini o ulteriori accertamenti. Poiché la pronuncia in esame non contiene elementi di giudizio che rendano evidente la sussistenza di una causa di proscioglimento, la Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 ottobre – 10 dicembre 2012, n. 47870 Presidente Franco – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 28/09/2011 la Corte d'appello di Genova, in difformità dalla sentenza del Tribunale di Sanremo in data 14/01/2009, ha condannato M.B.M. e P.M. alla pena di mesi uno di arresto ed Euro 20.000 di ammenda ciascuno per i reati di cui all'art. 44 lett. c del Dpr n. 380 del 2001 e di cui all'art. 181 del d. lgs. n. 42 del 2004 per avere realizzato, in assenza di titoli abilitativi, un plateatico di calcestruzzo e fabbricato in muratura in laterizio e copertura in tegole, delle murature di contenimento del terreno in cemento armato, una scalinata in cemento armato e una tettoia aperta su quattro lati. La sentenza di primo grado aveva infatti dichiarato l'improcedibilità dell'azione penale per estinzione dei reati dovuta a intervenuto rilascio di permesso di costruire in sanatoria. 2. Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati tramite il proprio difensore. Con un primo motivo M.B.M. lamenta la violazione dell'art. 181, comma 1 quinquies, del d.lgs. n. 42 del 2004 deduce che nella specie l'amministrazione aveva emesso un mero ordine di ripristino, per di più successivamente annullato dal Tar, cosicché la rimessione in pristino attuata dalla ricorrente ha comportato comunque, in virtù dell'art. 181 comma 1 quinquies cit., l'estinzione del reato di cui all'art. 181, comma 1, d. lgs. cit 3. Con un secondo motivo, lamentando travisamento della prova, deduce che la Corte avrebbe ritenuta non provata, sulla base di mera documentazione fotografica, la rimessione in pristino da parte del trasgressore in difformità con le risultanze sul punto del verbale di accertamento di ottemperanza redatto dalla polizia municipale. 4. Con un terzo motivo lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova sul punto della ritenuta consapevolezza dell'abuso da parte dell'imputata sulla base della sua qualità di proprietaria dell'immobile e del carattere imponente della costruzione, elementi questi, tuttavia, inidonei, alla luce della giurisprudenza di legittimità, ad affermarne la responsabilità. 5. Anche P.M. ha proposto ricorso articolando due motivi analoghi ai primi due proposti da M.B.M. . 6. Infine M.B.M. ha depositato in data 24/09/2012 motivi aggiunti e, segnatamente, un quarto motivo con cui ribadisce la estinzione del reato a seguito della spontanea rimessione in pristino delle aree constatata con verbale del 05/11/2007, tanto più essendo stata l'ingiunzione a demolire del 20/12/06 annullata dal Tar in data 22/3/07, ed un quinto motivo volto a denunciare la mancata esplicitazione da parte della sentenza impugnata, emessa in parziale riforma della sentenza di primo grado, di quale parte della sentenza di primo grado sia stata confermata e quale parte invece riformata, essendo intervenuto il proscioglimento in primo grado con riferimento a due distinti reati. Considerato in diritto 7. Va premesso che la Corte territoriale, come desumibile dalla motivazione, è pervenuta a diversa valutazione rispetto a quella del giudice di primo grado unicamente in relazione al reato ambientale sub b , giacché l'appello del P.G. era volto a contestare unicamente tale profilo della decisione e non anche il proscioglimento dal reato edilizio in tal senso, dunque, si spiega che nel dispositivo la riforma della sentenza sia stata definita parziale pur avendo la Corte omesso di precisare che la condanna doveva intendersi riferita, appunto, al solo reato ambientale. Ciò posto, ed in tal modo disatteso il quinto motivo aggiunto presentato da M.B.M. , evidentemente inammissibile in quanto non deducente alcuna violazione processuale che abbia comportato nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, va osservato che i primi due motivi presentati da ciascuno degli imputati appaiono non manifestamente infondati alla luce dell'orientamento di questa Corte secondo cui la disposizione di cui all'art. 181, comma 1 quinquies, del D.Lgs. n. 42 del 2004, in base alla quale la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, estingue il reato di cui al comma primo dello stesso art. 181, va interpretata nel senso che la causa estintiva resta preclusa, oltre che dalla condanna, soltanto dalla emissione di un provvedimento amministrativo idoneo ad essere eseguito d'ufficio, non essendo sufficiente ad impedire l'effetto estintivo un mero ordine di ripristino rivolto dalla autorità amministrativa o la indicazione di tempi o modalità esecutive idonee a conseguire il ripristino Sez. 3, n. 32553 del 23/06/2006, Pedrini e altro, Rv. 234945 . Nella specie, infatti, emessa dal Comune di Sanremo un'ordinanza di demolizione di lavori abusivi, non risulta chiarito dalla sentenza impugnata se tale ordinanza fosse appunto idonea o meno ad essere eseguita d'ufficio. Né la annotazione in ordine alla riscontrata presenza, nel corso dell'accertamento del 05/11/2007, di residui in loco appare tale da rendere manifestamente infondato il motivo di ricorso teso a censurare la mancata dichiarazione di estinzione del reato per restituzione spontanea in pristino dello stato dei luoghi, non emergendo dalla sentenza l'incidenza degli stessi rispetto alla efficacia ripristinatoria dell'adempimento degli imputati. Consegue a quanto sin qui esposto che, stante il valido rapporto di impugnazione instaurato, può essere rilevata da questa Corte, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., la intervenuta maturazione, in data 02/11/2011 del termine di prescrizione. Detto termine, infatti, deve ritenersi corrispondente ad anni cinque, stante l'assenza di cause di sospensione, e non potendo neppure tenersi conto della contestata recidiva nei confronti di P. , in quanto implicitamente esclusa dalla Corte che non l'ha infatti considerata nel computo della pena. La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio per essere il reato, per cui è intervenuta condanna in secondo grado, ormai estinto. Non ricorrono del resto i presupposti per il proscioglimento nel merito degli imputati ex art. 129 cpv. c.p.p Infatti il sindacato di legittimità al fini dell'eventuale prevalenza delle cause di proscioglimento nel merito su quelle di estinzione dei reato ai sensi appunto dell'art. 129, cpv., c.p.p. resta circoscritto all'accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire ad una pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte. Ne consegue che la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell'insussistenza dei fatto o dell'estraneità ad esso dell'imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle stesse considerazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, all'esito di un approccio valutativo da ricondurre più al concetto della constatazione che a quello dell1 apprezzamento , senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori accertamenti per tutte, Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275 . Qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dal richiamato art. 129, cpv. c.p.p., l'esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all'imputato, prevale l'esigenza della definizione immediata del processo, a seguito della sopravvenienza dell'estinzione del reato per maturata prescrizione. Deve, in conclusione, affermarsi che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata, né nullità di ordine generale, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva è, in altri termini, precluso alla Corte di Cassazione un riesame dei fatti, agli effetti penali, finalizzato ad un eventuale annullamento con rinvio della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione. Esaminata alla luce dei principi appena ricordati, la sentenza impugnata non contiene, con riguardo in particolare al residuo motivo di impugnazione di M.B.M. elementi di giudizio che rendano evidente la sussistenza di una causa di proscioglimento nel merito avendo la Corte territoriale comunque operato una vantazione del materiale probatorio in punto di attribuibilità del fatto all'imputata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato residuo di cui all’art. 181 d.lgs. n. 53 del 2004 estinto per prescrizione.