Il carrello è insicuro? L’imprenditore non può che fidarsi delle garanzie del costruttore

L’obbligo del datore di controllare che gli strumenti di lavoro siano adeguati alle normative antinfortunistiche non comporta la verifica della corrispondenza di detti strumenti alle garanzie fornite dalla casa costruttrice in materia, infatti, l’imprenditore può legittimamente fare affidamento, purché non colpevole, nei requisiti indicati dal costruttore.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 47274/12, depositata il 6 dicembre. Il caso. L’amministratore unico di una s.p.a. viene riconosciuto responsabile dell’incidente sul lavoro occorso a un dipendente, in quanto il carrello elevatore da questi utilizzato al momento dell’infortunio non offriva una sicurezza adeguata relativamente al sistema di ancoraggio e aggancio. La questione è sottoposta al vaglio della S.C Legittimo affidamento e marchio CE. Il ricorrente fa rilevare essenzialmente il legittimo affidamento della ditta con riferimento all’appalto dato a terzi per la progettazione e costruzione del carrello la sentenza di merito, inoltre, non avrebbe affrontato la questione della prevedibilità ex ante da parte dell’agente modello dell’evento verificatosi tutte le testimonianze, infatti, concordavano sul fatto che il difetto non fosse evidente. Gli Ermellini ribadiscono anzitutto che, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, la presenza del marchio di conformità CE non ha influenza sull’applicazione delle norme penali in materia di responsabilità, in quanto il datore è comunque tenuto ad accertare la corrispondenza dei requisiti di legge dei macchinari utilizzati in mancanza, egli sarà chiamato a rispondere dell’infortunio del dipendente. Necessaria la verifica dell’elemento soggettivo. Affermato questo principio, la Cassazione aggiunge, tuttavia, che va sempre verificata la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, al cui fine bisogna accertare con valutazione ex ante la prevedibilità dell’evento da parte dell’agente modello la titolarità della posizione di garanzia, infatti, non comporta automaticamente l’addebito di responsabilità al garante, in quanto il principio di colpevolezza impone la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione di una regola cautelare, sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso nonché della sussistenza del nesso causale tra condotta ed evento. E’ legittimo fidarsi delle garanzie del costruttore. A giudizio della S.C. nella sentenza di merito non si rinviene una motivazione univoca e logica sul punto in particolare, non si può non considerare il fatto che la ditta era priva di competenze produttive e progettuali riguardo i carrelli elevatori e proprio per questo si era rivolta ad una azienda specializzata. L’obbligo del datore di controllare che gli strumenti di lavoro siano adeguati alle normative antinfortunistiche, provvedendo, laddove necessario, alle opportune integrazioni, non comporta la verifica della corrispondenza di detti strumenti alle garanzie fornite dalla casa costruttrice in materia, infatti, l’imprenditore può legittimamente fare affidamento, purché non colpevole, nei requisiti di resistenza ed idoneità indicati dal costruttore. Un vizio occulto? Nel caso di specie non si può escludere che, nonostante la serietà e la specializzazione della ditta costruttrice, il carrello presentasse un vizio occulto manifestatosi solo a seguito dell’usura a cui era stato sottoposto nel biennio precedente, infatti, il macchinario era stato utilizzato senza che succedesse alcunché. Poiché, a fronte di questi rilievi, la pronuncia di merito non offre adeguate argomentazioni in merito alla sussistenza dell’elemento psicologico colposo del reato, gli Ermellini annullano con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 novembre – 6 dicembre 2012, n. 47274 Presidente Marzano – Relatore Massafra Ritenuto in fatto G R. veniva ritenuto responsabile, con sentenza in data con sentenza in data 21.5.2009 del Tribunale di Monza, del reato p. e p. dall'articolo 590 c.p. perché, come Amministratore Unico della s.p.a. Metalvuoto, soggetto datore di lavoro di H.A. , con colpa generica ed inosservanza della normativa antinfortunistica -consistita nell'aver omesso di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate ed idonee ai fini della sicurezza e della salute, in particolare un carrello elevatore TANSINI con sistema di ancoraggio e aggancio non conformato e privo dei necessari accorgimenti per assicurare la stabilità del cilindro ubicato sui bracci del carrello stesso per il trasporto aveva cagionato all'H. , mentre era intento a manipolare un cilindro avvolgitore che aveva posizionato sui bracci del carrello elevatore e che cadeva sul suo avambraccio destro, lesioni personali guaribili in più di 60 giorni fatti dell' OMISSIS e condannato, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, alla pena condizionalmente sospesa di Euro 309/00 di multa. In particolare, il Tribunale rilevava, nel macchinario, l'inadeguatezza degli incavi ad evitare la fuoriuscita dei cilindri e la loro caduta dai bracci di sostegno, anche ipotizzando accidentali vibrazioni e possibili sobbalzi nelle fasi di movimento del carrello, ed escludeva la rilevanza alla marcatura CE, nonché la delega per la sicurezza, non esclusiva, ad altri. Riteneva, altresì, il Tribunale un concorso di colpa del produttore del macchinario, per il quale disponeva la trasmissione degli atti al P.M La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 17.2.2012, revocava il beneficio della sospensione condizionale, in parziale riforma della sentenza di primo grado. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di R.G. , articolando i motivi di seguito sisteticamente riportati. 1. La violazione di legge in relazione agli artt. 43 e 590 c.p. ed il vizio motivazionale in relazione a punti determinanti della decisione, rilevando il legittimo affidamento della ditta dell'imputato con riferimento all'appalto dato a terzi, e soprattutto la s.r.l. Tansini per la progettazione e costruzione del carrello trasportatore, e le successive contraddittorie conclusioni tratte dalla Corte circa la possibilità di evitare il sinistro adottando appositi accorgimenti quali quelli ipotizzati dalla ASL e poi posti in essere da parte aziendale. 2. Non era stata affrontato il problema della prevedibilità ex ante da parte dell'agente modello dell'evento verificatosi in ragione della sua presunta violazione del precetto cautelare nonché quello della riconoscibilità delle circostanze di fatto in cui si trovava l'agente l'evidenza del difetto di costruzione era stata esclusa da tutte le testimonianze escusse in dibattimento. 3. L'inosservanza della dir. 37/98/CE e il legittimo affidamento dell'acquirente dovuto alla dichiarazione di conformità CE del carrello Tansini attesa l'erronea interpretazione della stessa secondo la quale la marchiatura CE è riferibile ai controlli effettivi degli standard di sicurezza della macchine e non solo la limitazione del campo di applicazione della normativa Europea all'ambito soprattutto commerciale si richiama al riguardo il par. 1.3.3 relativo all'adozione di specifiche precauzioni per evitare la caduta o la proiezione di oggetti che possono presentare un rischio nonché il potere-dovere del giudice nazionale di dare immediata applicazione alle norme della CE provviste di effetto diretto nonché delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia ove riguardino norme UE direttamente applicabili. 4. La violazione di legge ed il vizio motivazionale circa la lettura di prove raccolte in tema di delega di funzioni risultante dagli atti del procedimento, ribadendo che nel caso di specie una delega di funzioni valida era stata rilasciata a tale dr. C. e la sua inidoneità non poteva essere tratta dal fatto che al punto 3 di essa fosse utilizzato il termine coadiuvare dovendo essere valutato nel suo complesso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Occorre sgomberare subito il campo dalle argomentazioni esposte con l'ultima ed infondata censura poiché, se è vero che vi era in atti un formale atto di delega per la sicurezza regolarmente accettato dal dr. C. , designato a tal fine, è anche vero che in tema di lesioni colpose da infortunio sul lavoro, ai fini dell'identificazione della persona responsabile, nell'ambito di un'impresa in cui la ripartizione delle funzioni è imposta dall'organizzazione aziendale, occorre accertare l'effettiva situazione di responsabilità all'interno delle posizioni di vertice per individuare i soggetti titolari dell'obbligo di garanzia, che può prescindere da un atto formale di delega. Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto, a fronte della doglianza sulla mancanza di prova della delega di funzioni, che doveva prevalere la realtà effettiva, desumendosi dalla posizione verticistica degli imputati le responsabilità connesse alle mansioni Cass. pen. Sez. IV, n. 36774 del 30.6.2004, Rv. 229694 . Nel caso di specie, correttamente il giudice di merito ha escluso l'operatività dell'esonero di responsabilità dell'imputato attesa la specifica funzione, attribuita al delegato di coadiuvare il datore di lavoro nella realizzazione di misure preventive e protettive e certamente il coadiuvare, vale a dire il prestare la propria opera di collaborazione implica il mantenimento da parte del datore di lavoro della sua originaria posizione di garanzia. Sono fondate, invece, le prime due censure mosse. La stessa Corte territoriale da atto che l'impresa R. aveva commissionato ad . apposita azienda specializzata Tansini un macchinario idoneo alle sue esigenze, che l'aveva mantenuto e provato e che mai nel biennio dall'acquisto né successivamente era successo alcunché come confermato dallo stesso infortunato, operaio esperto di quella mansione . Come si apprende dalla sentenza di primo grado, tale macchinario, che era utilizzato per la produzione di film plastici metallizzati destinati al packaging, consisteva in un carrello trasportatore portante frontalmente una coppia di bracci che reggevano un cilindro metallico lungo due metri e sessantacinque centimetri e pesante centoventi chilogrammi, sul quale veniva avvolta la bobina di film plastico da metallizzare del peso di oltre undici quintali. Superiormente altra coppia di bracci reggeva identico cilindro, dallo stesso peso e dalle stesse dimensioni, destinato a ricevere, da una macchina con la quale il carrello era messo in contatto, il film plastico a metallizzazione compiuta. Sulla parte estrema dei rispettivi bracci di sostegno, in incavi a V larghi sessanta millimetri e profondi trenta, poggiavano le estremità dei due cilindri, che solo in minima porzione, nella parte bassa, ne erano contenuti. Nell'occasione, il dipendente H.A. , avvicinatosi al cilindro superiore per predisporre la manovra di avvolgimento in bobina del prodotto finito, veniva dal cilindro investito in conseguenza della fuoriuscita dall'incavo di una delle estremità venutasi a trovare sulla parte finale del braccio in un equilibrio assolutamente precario. I marchi di conformità ai quali si riferisce la terza ed infondata censura limitano la loro efficacia ex articolo 6 e articolo 36 D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, a rendere lecita la produzione, il commercio e la concessione in uso delle macchine che, caratterizzate dal marchio, risultano essere rispondenti al requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, ma la dotazione di tali marchi non da ingresso ad esonero dalle norme generali del codice penale come è specificamente chiarito anche dal testo del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, articolo 35, comma 3, lett. b e articolo 37, poiché il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è comunque tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti cfr. Cass. pen. Sez. IV, n. 37060 del 12.6.2008, Rv. 241020 . Ma tale principio non può essere svincolato dalla contestuale verifica della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, al cui fine occorre accertare, con vantazione ex ante , la prevedibili dell'evento, giacché non può essere addebitato all'agente modello l’”homo ejusdem professionis et condicionis di non avere previsto un evento che, in base alle conoscenze che aveva o che avrebbe dovuto avere, non poteva prevedere, finendosi, diversamente opinando, con il costruire una forma di responsabilità oggetti va. È stato affermato, in proposito, che la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione da parte del garante di una regola cautelare generica o specifica , sia deila prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire cosiddetta concretizzazione del rischio , sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso. Cass. pen. Sez. IV, n. 43966 del 6.11.2009, Rv. 245526 . Ma al riguardo non si rinviene alcuna motivazione univoca e logica. Invero, se la commissione a terzi della costruzione del macchinario non esime da responsabilità il datore di lavoro committente che è tenuto a sopperire con accorgimenti di sicurezza che rendano il funzionamento del macchinario assolutamente sicuro per gli operai che vi lavorano, nel caso che uno o più dispositivi di sicurezza di una macchina si rivelino in concreto insufficienti, occorre pur sempre che l'imprenditore possa rendersi tempestivamente conto dell'insufficienza di quei dispositivi di sicurezza. A tal riguardo, giova evidenziare che la ditta Metalvuoto del ricorrente era priva delle competenze produttive e progettuali in ordine al carrello in questione sicché aveva dovuto rivolgersi a una ditta specializzata che a tanto aveva provveduto in tale peculiare ipotesi, quell'affidamento riposto dall'utilizzatore del macchinario da altri progettato e costruito in conformità delle esigenze operative dello stesso committente, a seguito di apposito appalto all'uopo conferito, sul rispetto delle prescrizioni antinfortunistiche da parte del costruttore, corroborato dalla sperimentata pluriennale utilizzazione del macchinario, non può essere pretermesso in radice, assumendo una valenza particolarmente incisiva ai fini dell'apprezzamento della sussistenza dell'elemento psicologico del reato. Non appare, quindi, priva di contraddittorietà né risolutiva l'asserzione contenuta in sentenza, secondo la quale la prevedibilità dell'evento discendeva dalla tipologia dell'operazione effettuata, definita aziendale prevista e che poteva evitarsi con appositi accorgimenti ipotizzati dalla ASL e correttamente poi posti in essere da parte aziendale . L'obbligo del datore di lavoro di controllare che gli strumenti della lavorazione siano adeguati alle norme antinfortunistiche provvedendo, se necessario, ad applicare i dispositivi di sicurezza mancanti o ad integrare quelli già esistenti se questi si presentano in maniera evidente insufficienti, non comporta la verifica della corrispondenza dei detti strumenti alle garanzie fornite dalla casa costruttrice, potendo l'imprenditore fare affidamento, purché non colpevole, nei requisiti di resistenza e di idoneità indicati dalla casa costruttrice medesima che nel caso di specie aveva progettato e prodotto il carrello su espressa richiesta e conformemente alle esigenze del committente cfr. Cass. pen. Sez. III, n. 9098 del 25.5.1984, Rv. 166296 . Sicché non può nemmeno escludersi la possibilità che, nonostante l'ampia serietà commerciale e la peculiare specializzazione della ditta costruttrice, il macchinario presentasse un vizio occulto cioè quello che all'atto della accettazione da parte del committente non era ancora sorto o non era ancora percepibile , manifestatosi solo successivamente, a seguito dell'usura del macchinario. Infatti, come sopra evidenziato, il carrello in questione era stato mantenuto e provato e mai nel biennio dall'acquisto era successo alcunché, tanto più che l'avvicinamento del lavoratore infortunato al cilindro superiore per predisporre la manovra di avvolgimento in bobina del prodotto finito, era necessario cioè costituiva una manovra aziendale prevista come tale già effettuata in precedenza. Era quindi indispensabile, ai fini dell'accertamento della ricorrenza dell'elemento psicologico, colposo, del reato, dimostrare e spiegare con adeguate argomentazioni la prevedibilità ex ante della fuoriuscita dall'incavo di una delle estremità del cilindro . E sul punto la sentenza impugnata tace del tutto. Consegue l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.