Sì, appropriarsi di tre ciabattine è reato ... ma servivano tre gradi di giudizio per stabilirlo?

Anche se il valore economico dei beni è minimo, la stessa strumentalità della condotta del reato di appropriazione indebita costituisce indubbio sintomo di offensività del fatto.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46629/12, depositata il 3 dicembre. Il caso. Un uomo condannato per appropriazione indebita di tre ciabattine da mare per bambini ricorre per cassazione lamentando l’erronea valutazione della concreta offensività del reato, dal momento che dalla condotta contestata non deriverebbe alcuna lesione patrimoniale. Ciabattine e marijuana un paragone azzardato A giudizio degli Ermellini, però, la Corte di merito ha correttamente rilevato che l’ingiusto profitto per conseguire il quale è posta in essere la condotta di appropriazione indebita non deve connotarsi necessariamente in senso patrimoniale, potendo essere anche di diversa natura. Il ricorrente, d’altra parte, non coglie nel segno invocando la pronuncia della S.C. che aveva giudicato inoffensiva la condotta di chi coltiva una sola piantina di marijuana sul terrazzo di casa sentenza n. 25674/11 nel caso richiamato, infatti, si è in presenza di un rapporto esclusivo dell’autore con una cosa, mentre nella fattispecie in esame la condotta antigiuridica del soggetto si riflette nella sfera degli interessi altrui. L’offensività sussiste, ma era necessario scomodare la S.C.? In conclusione, il valore economico delle tre ciabattine può considerarsi minimo, ma non inesistente, ed inoltre la stessa strumentalità della condotta di reato costituisce sintomo indubbio di offensività del fatto, il quale, in assenza di una dissuasiva risposta repressiva, potrebbe essere reiterato. Nel rigettare per questi motivi il ricorso, la Cassazione non può tuttavia fare a meno di domandarsi se l’attivazione di tre gradi di giudizio per un caso del genere non costituisca una mobilitazione giurisdizionale forse eccessiva

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 novembre – 3 dicembre 2012, n. 46629 Presidente Cammino – Relatore Prestipino In fatto e in diritto Ha personalmente proposto ricorso per cassazione M.M. avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova del 21.10.2011, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale il 14.1.2004, per il reato di appropriazione indebita di tre ciabattine da mare per bambini. Con l'unico motivo, deduce il vizio di violazione ed erronea applicazione di legge in relazione all'art. 49 c.p., per avere ritenuto la concreta offensività della condotta di reato nonostante La sostanziale assenza di qualunque lesione patrimoniale derivante dalla condotta contestata. Nel ricorso è citata Cass. 28.6.2011 n. 25674 in tema di coltivazione domestica di marijuana. Il difensore di parte civile ha resistito con memoria scritta. Il ricorso è infondato. La Corte di merito rileva esattamente che l'ingiusto profitto, per conseguire il quale è posta in essere la condotta di appropriazione indebita, non deve connotarsi necessariamente in senso patrimoniale, ben potendo essere di diversa natura Cass. Sez. 2, n. 40119 del 22/10/2010 Pasquinelli . D'altra parte, la giurisprudenza richiamata dal ricorrente, secondo cui la coltivazione domestica di una piantina di canapa indiana contenente principio attivo pari a mg. 16, posta in un piccolo vaso sul terrazzo di casa, costituisce condotta inoffensiva ex art. 49 cod. pen. e non integra quindi il reato di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, si riferisce ad un caso in cui veniva in questione un rapporto diretto ed esclusivo dell'autore del fatto con una cosa, mentre nel caso di specie si tratta di relazioni personali all'interno delle quali la condotta antigiuridica di un soggetto si riflette senz'altro nella sfera degli interessi altrui. Il valore economico dell'oggetto del reato può poi considerarsi minimo ma non inesistente, alla stregua di un parametro di vantazione normativamente considerato come potenziale fattore non di esclusione, ma di attenuazione del fatto di reato cfr. art. 62 nr. 4 c.p. . Senza dire che la stessa strumentalità della condotta di reato costituisce, nella specie, come in definitiva bene rileva la Corte di merito, sintomo indubbio di offensività del fatto, e di non tranquillizzante prognosi rispetto alla futura reiterazione di condotte analoghe, soprattutto in mancanza di una dissuasiva risposta repressiva. Si può discutere semmai dell'eccesso di mobilitazione giurisdizionale per fatti del genere, che possono attivare il percorso di tre gradi di giudizio attingendo anche il vertice del sindacato di legittimità, ma la decisione deve tenere conto degli attuali assetti normativi. Le iniziative risarcitorie del ricorrente, infine, non possono reagire sull'illiceità penale della condotta precedente. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese processuali, e con la ulteriore condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile Erminia Bagnoli, che si liquidano in complessivi Euro 1260,00, oltre I.V.A. e C.P.A P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile Erminia Bagnoli, che liquida in complessivi Euro 1260,00, oltre I.V.A. e C.P.A