Segreto di Stato: no al «sipario nero», la trasparenza viene prima di tutto

Il ricorso al segreto di Stato è ammissibile solo in casi straordinari, dal momento che esso costituisce un vulnus per il corretto dispiegarsi della vita democratica, fondata sulla trasparenza e sulla conoscenza da parte dei cittadini delle decisioni e degli atti di governo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46340/12, depositata il 29 novembre, relativa al noto caso Abu Omar. La condanna degli agenti Cia. L’imam egiziano Abu Omar era stato sequestrato il 17 febbraio del 2003 da alcuni agenti della Cia coadiuvati da un carabiniere del Ros. Con la sentenza in esame la S.C. conferma la condanna per uomini della Cia, che non meritano né sconti di pena né la concessione delle circostanze attenuanti, dal momento che essi hanno compiuto un fatto estremamente grave, superando di prepotenza la sovranità dello Stato italiano sul proprio territorio. Gli agenti, infatti, hanno scavalcato le competenze dell'autorità giudiziaria e della polizia che stavano indagando sull'imam, con l’obiettivo di mettere il sequestrato a disposizione delle autorità egiziane che lo avrebbero poi sottoposto a torture. Secondo gli Ermellini è irrilevante il fatto che gli Stati Uniti, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, abbiano adottato leggi speciali volte a consentire i sequestri in nome della lotta al terrorismo in Italia, infatti, simili rapimenti sono sempre stati proibiti ed illeciti. Segreto di Stato no al sipario nero La sentenza dispone poi un nuovo processo d'appello per gli ex vertici del Sismi, Niccolò Pollari e Marco Mancini, e altri tre ex funzionari dei servizi per i quali era stato dichiarato il non doversi procedere in nome del segreto di Stato. A tal proposito, la Cassazione rileva che i giudici di merito avrebbero dovuto delimitare con precisione l’area coperta del segreto, non potendo concludere - a seguito di una disamina sommaria - che sul materiale probatorio era calato un sipario nero che impediva l’accertamento delle responsabilità degli imputati, imponendo di conseguenza il proscioglimento degli stessi. perché la democrazia si basa sulla trasparenza. A giudizio della S.C., infatti, l’apposizione del segreto di Stato costituisce un vulnus per il corretto dispiegarsi della vita democratica, che è fondata sulla trasparenza e sulla conoscenza da parte dei cittadini delle decisioni e degli atti di governo per questo motivo vi si deve ricorrere solo nei casi assolutamente indispensabili, ovvero quando sono a rischio l’integrità della Repubblica e delle istituzioni previste dalla Costituzione a fondamento della stessa, l’indipendenza dello Stato e la difesa militare. Non basta essere agente dei servizi. Nello specifico, è sicuramente possibile l’intercettazione di conversazioni tra agenti del Sismi, in quanto la sola qualifica soggettiva degli intercettati non basta per giustificare l’apposizione del segreto di Stato questo può riguardare i soli rapporti tra servizi italiani e stranieri, con i relativi scambi di informazione e gli atti di reciproca assistenza posti in essere relativamente ad operazioni legittimamente approvate. Il giudice, pertanto, può acquisire le prove delle responsabilità individuali degli agenti se così non fosse, le norme sul segreto di Stato non sarebbero più disposizioni a tutela di atti e notizie riservati, ma finirebbero per costituire una inammissibile immunità per chi appartiene ai servizi segreti. Per questi motivi la Cassazione accoglie il ricorso del Procuratore generale e annulla con rinvio la sentenza impugnata.