Confisca per qualunque illecito risparmio

E’ confiscabile qualunque illecito risparmio di imposta tra cui è ricompresa anche l’elusione del pagamento degli interessi e delle sanzioni amministrative sul debito tributario.

La S.C., con la sentenza numero 42120 del 29 ottobre 2012, ha affermato che il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, può essere disposto sia per il prezzo che per il profitto del reato. Sequestro preventivo . L’istituto in esame è stato introdotto dall’art. 1, comma 143, l. numero 244/07 legge finanziaria 2008 ed opera un rinvio all’art. 322 ter del codice penale che disciplina la confisca per equivalente, trovando applicazione anche nella materia dei reati tributari. In particolare, l’art. 11, L. numero 146/2006, recante Ipotesi speciali di confisca obbligatoria e confisca per equivalente, ha previsto per il reato transazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato particolare, qualora la confisca delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato non sia possibile, il giudice ordina la confisca di somme di denaro, beni od altre utilità di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona fisica o giuridica, per un valore corrispondente a tale prodotto, profitto o prezzo. In tali casi, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di danaro o individua i beni o le utilità assoggettati a confisca di valore corrispondente al prodotto, al profitto La confisca per equivalente ex art. 11, l. numero 146/2006 è applicabile anche ai reati di frode fiscale ove questi rientrino nel programma associativo di un’organizzazione criminale transnazionale che estende la tutela del credito erariale nei giudizi penali per i reati di cui al d.lgs. numero 74/2000, soprattutto in materia di frodi carosello cfr. Cass., 24 marzo 2011, numero 11969 . Il caso . Il contribuente, accusato del reato di evasione fiscale all’estero di riciclaggio nel nostro paese, ha proposto istanza di riesame al Tribunale della Libertà. L’accusa era stata formulata a seguito di controlli effettuati su ciclisti risultati positivi a sostanze stupefacenti i quali avevano ricevuto l’offerta di vari pacchetti di servizi tramite l’ausilio di un medico che somministrava le sostanze dopanti in particolare, il contribuente era accusato di aver occultato al fisco i compensi percepiti dai ciclisti attraverso la sottoscrizione di falsi contratti di immagine e l’apertura di c/c bancari cifrati, e la provenienza delle somme sequestrate nei loro confronti dai reati di cui agli artt. 4, d.lgs. numero 74/2000, e 9, l. numero 276/2000. Il Tribunale ha rigettato l’istanza. La SC ha ritenuto, preliminarmente, che l’illecito fiscale penalmente rilevante per l’ordinamento del paese straniero nel cui territorio viene consumato può costituire il reato presupposto necessario per la configurabilità del delitto di riciclaggio dei relativi proventi commesso successivamente in Italia cfr. Cass. 17 novembre 2009, numero 49427 Confiscabile qualunque illecito risparmio d’imposta. I giudici di legittimità, non accogliendo la tesi difensiva tendente a dimostrare la non ravvisabilità nei reati di evasione fiscale di un profitto assoggettabile a sequestro prima e a confisca poi, hanno affermato che anche in tema di reati tributari il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può essere disposto sia per il prezzo che per il profitto del reato. In particolare, per profitto confiscabile deve intendersi non solo un positivo incremento del patrimonio personale, bensì qualunque vantaggio patrimoniale derivante in modo diretto dal reato anche se consistente in un risparmio di spesa, rientrando in ciò anche l’elusione del pagamento degli interessi e delle sanzioni amministrative sul debito tributario. Si tratta degli stessi valori di riferimento per il sequestro alla confisca per equivalente in caso di riciclaggio trasnazionale avente ad oggetto i proventi del reato di frode fiscale, il valore del primo reato dovendo essere quantificato in questo caso in base al profitto del secondo, entrato a far parte delle operazioni di riciclaggio trasnazionale. Sulla base di quanto precede la SC ha rigettato il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Sul tema in esame la giurisprudenza si era già espressa ritenendo la piena legittimità del sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, delle somme di denaro che avrebbero dovuto essere impiegate nel pagamento dei tributi dovuti, in quanto la confisca di somme di denaro, beni o valori è consentita anche in relazione al profitto del reato Vd. Cass Penumero , Sez.3, 26 maggio 2010, numero 25890 del 26/5/2010 , e considerato che il sequestro preventivo può essere disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato, sulla base di una corretta interpretazione del richiamo all’art. 322-ter c.p. contenuta nell’art. 1, comma 143 della legge finanziaria 2008 Cass. Pen, Sez.3,7 luglio 2010, numero 35807 del 7/7/2010 cfr. 3 luglio 2012, numero 25677 .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 - 29 ottobre 2012, n. 42120 Presidente Macchia – Relatore Gallo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 17.2 2012, il Tribunale della Libertà di Padova rigettava l'istanza di riesame proposta da S.R. contro il decreto di sequestro preventivo della somma di Euro 25.743,39 emesso dal gip del locale tribunale l'11.1.2012, in vista della confisca per equivalente, nell'ambito del procedimento penale a carico dello stesso S. per il reato di riciclaggio. 1.1. Il provvedimento di sequestro era stato emesso nell'ambito di una più ampia indagine su una presunta associazione per delinquere finalizzata al contrabbando, commercio, somministrazione e assunzione di sostanze medicinali proibite ad effetto dopante destinate ad esaltare le prestazioni sportive di alcuni atleti del settore ciclistico, tra cui Sc.Mi. , G.V. , D.M. e K.V. e alla consumazione dei reati di evasione fiscale e riciclaggio. Anche i predetti atleti erano stati destinatari di provvedimenti di sequestro preventivo di somme depositate presso alcuni conti correnti di rispettiva pertinenza. 2. Secondo l'accusa, lo S. , valendosi far gli altri della collaborazione del banchiere Svizzero C.E. , avrebbe offerto ai vari atleti un pacchetto di servizi complessi e articolati, mettendoli anzitutto in contatto con un medico che somministrava le sostanze dopanti, ma soprattutto occupandosi della pratiche burocratiche necessarie per occultare al fisco i compensi percepiti dai ciclisti mediante la sottoscrizione di falsi contratti di immagine e l'apertura di conti correnti bancari cifrati, e la provenienza della somme sequestrate nei loro confronti dai reati di cui agli artt. 4 d.lgs 74/2000 e 9 L. 276/2000. 3. I giudici del riesame rigettavano l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla difesa rilevando che nel caso di specie si trattava di reato commesso da parte di imputati residenti in Italia e all'estero, conseguendone l’impossibilità di determinazione della competenza nei modi indicati dall'art. 10, comma primo, cod. proc. pen., e la corretta attribuzione della cognizione del fatto al giudice del Tribunale di Padova, luogo in cui aveva sede l'ufficio del P.M. che aveva provveduto per primo all'iscrizione della notizia di reato nel provvedimento è citata Cass. Sez. 1, n. 44583 del 09/12/2010 Savoia e altri . 4. Nel merito, rilevavano che erano emersi dalle indagini fatti di evasione fiscale a carico di tutti i predetti ciclisti astrattamente punibili secondo la legge italiana anche quando commessi all'estero, talché doveva ritenersi accertato il delitto presupposto del reato di cui all'art. 648 bis c.p. rispetto alle condotte contestate allo S. , ritenute pienamente idonee ad ostacolare l'identificazione della provenienza delle somme dai reati commessi dai clienti dell'indagato. Al riguardo, il tribunale ricordava alcune fonti di prova, come l'accertata simulazione dell'intestazione nominativa di alcuni conti correnti, il contenuto di alcune conversazioni telefoniche intercettate e l'informativa della guardia di Finanza del 19.10.2011. 5. Infine, i giudici territoriali ribadivano la legittimità della misura cautelare anche sotto il profilo quantitativo, sottolineando che la somma sequestrata era notevolmente inferiore al profitto derivato dal reato di riciclaggio, essendo l'importo delle imposte evase dal K. nel 2009 e dallo Sc. nel 2006, pari ad almeno 239.941,00 Euro. 6. Ricorre lo S. per mezzo del proprio difensore. 6.1. Con il primo motivo, la difesa lamenta il vizio di violazione di legge del provvedimento impugnato in ordine al rigetto dell'eccezione di incompetenza territoriale. I principi affermati dai giudici del riesame sarebbero applicabili solo in caso di reati commessi esclusivamente all'estero, dovendosi altrimenti privilegiare il collegamento anche di una parte dei reati con il territorio nazionale. In ogni caso, dovrebbe farsi ricorso alla regola suppletiva prevista dall'art. 10 c.p.p., individuando come competente il giudice che debba procedere per il maggior numero di reati. Infine, nei confronti dei presunti complici stranieri dell'indagato difetterebbe la necessaria condizione di procedibilità, con la conseguenza, implicita nelle deduzioni difensive, che la loro posizione sarebbe irrilevante ai fini della determinazione della competenza. 6.2. La difesa rileva poi il vizio di erronea applicazione dell'art. 648 bis c.p. anzitutto con riferimento alla presunta vaghezza dell'imputazione provvisoria, contestando comunque l'affermazione dell'illecita provenienza della somme sequestrate nei confronti dei ciclisti, che corrisponderebbero nulla più che ai compensi dagli stessi legittimamente percepiti, mentre l'illecito profitto andrebbe individuato nelle dichiarazioni fiscali infedeli. Il motivo è ulteriormente sviluppato con il rilievo che se le somme sequestrate nei confronti degli atleti non costituiscono il profitto di reati fiscali, difetta il reato presupposto del delitto di riciclaggio. 6.3. Mancherebbe ancora, nei riguardi dello S. , sempre con riferimento all'astratta configurabilità del delitto di riciclaggio, il requisito della disponibilità della somme in questione, direttamente accreditate a favore dei vari atleti e sequestrate direttamente nei loro confronti. 6.4 Infine, sarebbe al più ravvisabile, alla stregua dell'imputazione provvisoria, il concorso del ricorrente nei presunti reati presupposti, essendo contestato allo S. di avere suggerito ai vari atleti gli accorgimenti per evadere il fisco, con la conseguente esclusione della punibilità dello stesso ricorrente per il delitto di riciclaggio, in forza della clausola di salvezza che apre la formulazione dell'art. 648 bis c.p Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. La questione preliminare di competenza è stata correttamente risolta dai giudici territoriali alla luce dei principi fissati dalla sentenza della Suprema Corte, Sez. 1, n. 44583 del 09/12/2010 Savoia e altri. I problemi di procedibilità dell'azione penale nei confronti dei soggetti stranieri coinvolti nei fatti non possono poi rilevare ai fini della identificazione del giudice competente, considerando anche che la tesi del ricorrente comporterebbe che la competenza potrebbe variare in qualunque momento dovesse intervenire la richiesta di procedimento ex art. 342 c.p.p., per la quale non sono fissati termini di decadenza. D'altra parte, nella previsione degli artt. 10 c.p. e 10 c.p.p., è certo che anche specifiche situazioni personali dello straniero possono rilevare ai fini della determinazione della competenza. 3. Quanto alle censure di legittimità attinenti al merito del provvedimento impugnato, deve ribadirsi, anzitutto, che l'illecito fiscale penalmente rilevante per l'ordinamento del paese straniero nel cui territorio viene integralmente consumato può costituire il reato presupposto necessario per la configurabilità del delitto di riciclaggio dei relativi proventi commesso successivamente nel territorio italiano Cass. sez. 2, Sentenza n. 49427 del 17/11/2009 Iametti e altri . 4. Deve poi respingersi la tesi difensiva secondo cui nei reati di evasione fiscale non sarebbe ravvisabile un profitto assoggettabile a sequestro prima e a confisca poi. Anche in tema di reati tributari il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può essere infatti disposto sia per il prezzo, sia per il profitto del reato Cass. pen. Sez. 3, n. 35807 del 07/07/2010 . Cass. pen., sez. 6, 27 settembre 2007, n. 37556, dove la precisazione che per profitto confiscabile deve intendersi non solo un positivo incremento del patrimonio personale, bensì qualunque vantaggio patrimoniale direttamente derivante dal reato anche se consistente in un risparmio di spesa, dovendosi peraltro ricomprendere nella nozione di profitto, anche l'elusione del pagamento degli interessi e delle sanzioni amministrative sul debito tributario . Si tratta degli stessi valori di riferimento per il sequestro funzionale alla confisca per equivalente in caso di delitto di riciclaggio transnazionale avente ad oggetto i proventi del reato di frode fiscale, il valore del primo reato dovendo essere quantificato in questo caso sulla base del profitto del secondo, entrato a far parte delle operazioni di riciclaggio transnazionale. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11970 del 24/02/2011 Mokbel. In motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che se il riciclaggio ha ad oggetti proventi del reato di frode fiscale, detti proventi costituiscono anche il profitto del riciclaggio in relazione ai soggetti autori del solo reato transnazionale . 4.1. Allo stato degli atti, e con riferimento alla semplice sufficienza del fumus commissi delicti, le questioni dell'effettiva corrispondenza della somme sequestrate ai reati di evasione fiscale commessi dagli atleti clienti dello S. , e della eventuale assoggettamento alla misura cautelare di somme in realtà corrispondenti a leciti proventi delle attività sportive, rimangono tutte suscettibili di approfondimento nella competente sede di merito, ma non inficiano la valutazione dell'astratta corrispondenza delle condotte contestate allo S. alla fattispecie di reato ipotizzata dall'accusa, tanto più considerando la tecnica dei falsi contratti di immagine specificamente indicata nel provvedimento impugnato, come precipuo strumento di evasione fiscale. 5. Non sufficientemente argomentata poi, soprattutto con riferimento alla evidente carenza di riferimenti processuali, è l'affermazione della difesa secondo cui nel caso di specie si registrerebbe una singolare e ovviamente non ammissibile inversione temporale tra i fatti di riciclaggio e il reato presupposto, nel senso che le operazioni bancarie criptate , secondo l’accusa suggerite dallo S. , sarebbero state realizzate prima delle dichiarazioni fiscali integranti i reati tributari a loro volta costituenti il presupposto del reato di riciclaggio, con la conseguenza che a carico dello S. sarebbe ipotizzabile, al più, proprio il concorso nei reati tributari. Non vi è infatti nessuna specifica indicazione in ricorso circa la successione temporale tra depositi bancari e dichiarazioni fiscali, e crea il momento in cui si collocherebbe la condotta di riciclaggio del ricorrente. 6. Del tutto destituite di fondamento sono infine le deduzioni difensive sulla presunta assenza del requisito della disponibilità delle somme riciclate da parte dello S. . È ovvio, infatti, che l’attività di intermediazione nella collocazione di denaro o altri valori per conto di terzi, in modi atti ad occultarne l’illecita provenienza, comporta la formale” disponibilità dei beni da parte del riciclatore”, come conseguenza dell’incarico affidatogli dall’interessato, non essendo affatto richiesta una precedente e visibile” disponibilità materiale dei valori collocati. Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso deve essere pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.