Chi impatta contro un pedone non può sostenere di non essersi accorto dell'urto

La violenza dell'impatto e la vicinanza della fermata dell'automobilista rispetto al luogo dello stesso, al presumibile e probabile scopo di non essere identificato, sono elementi sufficienti per escludere la carenza di consapevolezza del ferimento di un pedone e perciò per radicare gli estremi del delitto di omissione di soccorso.

Il caso che ci occupa Cass. n. 35221/12 del 13 settembre tratta di uno degli ormai frequentissimi incidenti stradali provocati dall'alterazione di sostanze alcoliche, cui spesso conseguono esiti purtroppo fatali. Il pirata della strada. Veniva tratto a giudizio e processato con rito abbreviato un uomo che, alla guida di un'auto, alterato a seguito dell'assunzione di bevande alcoliche, procedendo ad una velocità molto elevata, investiva un pedone, provocandone il decesso. Il prevenuto veniva, quindi, condannato in primo grado per i reati di omicidio colposo, omissione di soccorso ex art. 189 comma 6 e 7 C.d.S. e guida in stato di ebbrezza ex art. 186 lett. c stesso codice in effetti l'esame etilometrico rivelava un tasso superiore a 2,71 g/l. La Corte di appello competente confermava la prima sentenza, riconoscendo però l'attenuante del risarcimento del danno equivalente all'aggravante di cui all'art. 61 n. 3 c.p. aver agito nonostante la previsione dell'evento e dalla recidiva. Le doglianze difensive. La difesa del condannato ricorre per Cassazione, censurando in primo luogo la denegata concessione delle attenuanti generiche e dappoi la mancata riduzione della pena art. 133 c.p. . Ad avviso del difensore le att. gen. avrebbero dovuto essere dispensate soprattutto alla luce di una lettera di rincrescimento redatta dall'imputato inoltre, la difesa sostiene che l'uomo, proprio in considerazione dell'intossicazione alcolica in cui versava, avesse mal percepito la realtà e ancora si ritiene che sia stato erroneamente attribuito valore negativo al precedente, abituale, uso di droghe da parte dello stesso, laddove invece i giudici avrebbero dovuto accordare valenza positiva all'uscita dallo stato di tossicodipendenza, con contestuale instaurazione di una normale vita relazionale e lavorativa. Attraverso queste considerazioni, i giudicanti di merito hanno finito per gravare le predette circostanze tra cui comportamento processuale e di vita dell'imputato di una doppia valutazione negativa, non concedendo le attenuanti generiche e non graduando in maniera più equa la pena concretamente inflitta. La Suprema Corte ritiene che questo motivo non sia dalla stessa delibabile, in quanto la statuizione resa in puncto dai giudici di merito risulta adeguatamente motivato e quindi immune da vizi logici e procedimentali. C'è omissione di soccorso o no? La difesa infine sostiene che non sussista il reato di fuga ed omessa prestazione di assistenza, in quanto l'imputato non sarebbe stato in condizione di constatare direttamente di aver investito una persona, e ciò perchè, a seguito dell'urto assai violento tra la propria macchina ed il corpo della povera vittima, la vittima stessa sarebbe stata sbalzata in un campo al di sotto della sede stradale, quindi non visibile, soprattutto da un soggetto fortemente ubriaco. Sarebbe, quindi, assente ogni forma di consapevolezza. Evidente presa di coscienza. Sul motivo di gravame la Cassazione risponde fermamente proprio la violenza dell'impatto tra vettura e corpo umano tanto che quest'ultimo fu catapultato contro il parabrezza e poi di lì rimbalzato oltre il parapetto stradale non può conciliarsi con la mancata presa di coscienza da parte del guidatore dell'incidente appena verificatosi. Inoltre, è emerso che lo stesso si è fermato, sia pure ad una certa distanza dal luogo del fatto, per non correre il rischio di un'identificazione il che contrasta apertamente ed ulteriormente con la tesi difensiva volta a sostenere che egli non si rendeva conto di quanto accaduto e non agiva consapevolmente. Ne consegue il rigetto del ricorso, stante la -condivisibilmente reputata carenza di vizi logico giuridici nella motivazione dei giudici di merito, dovendosi, oltretutto, rimarcare come la Corte Regolatrice del Diritto, a ben vedere, sia addirittura scesa in una qualche valutazione di merito.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 giugno – 13 settembre 2012, n. 35221 Presidente Galbiati – Relatore Blaiotta Motivi della decisione A seguito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Vercelli ha affermato la penale responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine ai reati di omicidio colposo in danno di V.S. , di omissione di soccorso di cui all'articolo 189, commi 6e7, e di guida in stato di ebbrezza di cui all'art. 186, lettera C, del Codice della strada. La pronunzia è stata confermata dalla Corte d'appello di Torino. All'imputato è stata riconosciuta l'attenuante del risarcimento del danno equivalente all'aggravante di cui all'art. 61 n. 3 cod. pen. ed alla recidiva. Con riguardo all'aggravante di cui all'articolo 589 comma 3 cod. pen. è stato applicato l'articolo 590 bis cod. pen Secondo quanto ritenuto dai giudici di merito l'imputato, alla guida di un'auto, procedendo ad elevata velocità ed in stato di forte alterazione alcolica, investiva il pedone V.S. che procedeva nell'opposto senso di marcia. Lo stesso imputato, subito dopo il violento urto,non ottemperava all'obbligo di fermarsi e prestare assistenza. Sottoposto ad esame alcolimetrico, veniva rilevato un tasso superiore a 2,71. Ricorre per cassazione l'imputato deducendo diversi motivi. Con il primo motivo si censura la pronunzia per ciò che attiene al diniego delle attenuanti generiche. Si è trascurato di attribuire congruo rilievo alla lettera di rincrescimento redatta dall'imputato, che costituisce una confessione implicita e rappresenta la sofferta rielaborazione del fatto in termini di assoluta critica negativa del proprio operato. La Corte di merito ha omesso ogni puntuale valutazione al riguardo, affermando in modo apodittico che tale documento è il frutto di una iniziativa stimolata dal desiderio di ottenere benefici processuali. Si è pure trascurato che la iniziale dichiarazione di non essersi avveduto dell'investimento trova giustificazione nell'immediatezza del fatto ed appare determinata dalla errata percezione della realtà conseguente allo stato di intossicazione alcolica. La Corte ha altresì incongruamente attribuito rilievo negativo al precedente uso di sostanze stupefacenti, omettendo di considerare favorevolmente l'uscita dalla tossicodipendenza e lo svolgimento di un onesto lavoro. A seguito di tale incongruo apprezzamento delle peculiarità del caso è stata determinata una pena che, considerata la riduzione dovuta alla scelta del rito, costituisce il massimo edittale. Con il secondo motivo si censura il diniego di riduzione della pena. La Corte, nel respingere la richiesta, ha utilizzato i medesimi elementi di giudizio precedentemente considerati per negare le attenuanti generiche. In conseguenza, le medesime circostanze sono stati oggetto di una doppia valutazione negativa. È stata poi trascurata qualunque valutazione sulla capacità a delinquere. Si è pure omesso di considerare che l'unico pregiudizio penale attiene ad un fatto lieve risalente nel tempo e che l'imputato è cresciuto in seno ad una famiglia onesta e lavoratrice. Con il terzo motivo si censura l'apprezzamento compiuto per ciò che attiene ai reati di fuga e di omessa prestazione di assistenza. Si è trascurato che, a seguito del violentissimo urto, il corpo della povera vittima scomparve immediatamente alla destra del furgone e venne proiettato all'esterno della sede stradale precipitando in un campo sottostante. Ne discende che l'imputato non venne posto in condizione di constatare direttamente con i propri sensi di aver investito una persona che ben poteva non aver visto dalla sua posizione di guida a sinistra. Egli, in realtà non si rese conto dell'accaduto anche per effetto della forte ubriachezza. In conclusione, il giudice di merito ha travisato le caratteristiche del fatto, così pervenendo a ritenere incongruamente la consapevolezza di quanto accaduto mentre in realtà il ricorrente non si diede volontariamente alla fuga ma proseguì la marcia in condizioni di alterata coscienza per lo stato di ubriachezza. Il ricorso è infondato. La pronunzia considera che elemento di giudizio largamente preponderante è costituito dalla assoluta gravità della condotta illecita, caratterizzata dalla guida in stato di profondissima alterazione alcolica e dall'investimento del pedone. A fronte di tale dato di rimarcata gravità, la Corte reputa recessivi i tenui, favorevoli elementi di giudizio evocati dal ricorrente si considera che il comportamento processuale non è stato del tutto favorevole, che il ravvedimento sembra essere stato espresso con formula di maniera, che pesa comunque una precedente condanna. Viene quindi confermata la pena inflitta dal primo giudice con esclusione delle attenuanti generiche. Si tratta di un apprezzamento in fatto che è congruamente argomentato ed immune da vizi logici o giuridici. Dunque, non è consentita alcuna sovrapposizione di giudizio nei termini sollecitati dai primi due motivi di ricorso. Pure immune da censure è l'argomentazione per ciò che attiene ai reati di cui all'art. 189 del Codice della strada. Si considera che l'urto ha avuto forte intensità, tanto che la vittima è stata proiettata contro il parabrezza ed è stata poi scaraventata contro il parapetto. Un urto siffatto non poteva di certo sfuggire all'imputato, sebbene egli si trovasse in stato di alterazione alcolica. D'altra parte il C. si è fermato dopo l’incidente, sia pure ad una certa distanza, per non correre il pericolo di essere facilmente identificato. Dunque, conclude la Corte di merito, non si può sostenere che non si sia reso conto e che non abbia agito consapevolmente. In tale apprezzamento non si colgono errori logici il richiamo della violenza dell'urto e della successiva fermata giustifica pienamente e rende del tutto razionale l'apprezzamento del giudice di merito. Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.