Il giudice non deve ascoltare le “voci di corridoio”

Lavorare in un ambiente corrotto non giustifica il sequestro dei beni di un funzionario pubblico. Insomma, il fatto che il plesso amministrativo nel quale il pubblico ufficiale è preposto sia oggetto di numerosi esposti che ne denunciano l’opacità e parzialità della gestione , non basta per disporre il sequestro.

Ambiente corrotto? Non basta per disporre il sequestro. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 33883/2012, depositata il 5 settembre. La fattispecie. Un funzionario pubblico ricorre per cassazione contro l’ordinanza del Tribunale che ha rigettato l’istanza di riesame proposta in merito al decreto di sequestro preventivo, relativamente alla somma di oltre 112mila euro rinvenuta nel suo appartamento. Il ricorso viene accolto e l’ordinanza impugnata viene annullata con rinvio al Tribunale di Agrigento. Nessun assorbimento, i tipi di sequestro sono ben distinti. La Corte di Cassazione sottolinea la distinzione tra il sequestro previsto dall’art. 322- ter c.p. e quello previsto dalla norma che disciplina le ipotesi particolari di confisca art. 12- sexies d.l. n. 306/1992 . Il primo postula l’accertamento di un nesso eziologico tra il reato per cui si procede e il bene da sequestrare o il valore equivalente, mentre il secondo – si legge in sentenza – richiede l’accertamento di una sproporzione tra l’importo nella disponibilità dell’indiziato dei reati previsti dalla norma e il reddito dichiarato ai fini o alla propria attività economica, e di cui non possa giustificare la provenienza . L’ambiente corrotto non giustifica il sequestro dei beni. Non è sufficiente, per disporre il sequestro, il fatto che – continua la S.C. - il plesso amministrativo nel quale il pubblico ufficiale è preposto sia oggetto di numerosi esposti che ne denunciano l’opacità e parzialità della gestione . Con ciò, la Cassazione – e lo scrive espressamente nel dispositivo - non sottovaluta l’allarmante diffusione della corruzione , ma precisa che il giudice deve rimanere ancorato all’esame di fatti, concreti e specifici, riferiti o riferibili alla condotta dell’indagato o dell’imputato, senza farsi condizionare o influenzare da considerazioni di ordine generale e, soprattutto di generalizzazioni che contrastano con il principio della responsabilità personale .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 2 luglio – 5 settembre 2012, n. 33883 Presidente Agrò – Relatore Ippolito Ritenuto in fatto 1. G.G. , tramite il suo difensore, ricorre per cassazione contro l'ordinanza sopra indicata, con cui il Tribunale di Agrigento ha rigettato l'istanza di riesame proposta in riferimento al decreto di sequestro preventivo emesso il 10 aprile 2012 dal giudice per le indagini preliminari dello stesso tribunale, relativamente alla somma di Euro 112.500,00, rinvenuta e sequestrata in via d'urgenza il 28 marzo precedente dalla Guardia di Finanza nell'appartamento del G. . 2. Il decreto del g.i.p. aveva motivato il sequestro richiamandosi sia all'art. 322-ter cod.pen., il quale - per i delitti di cui agli artt. 314-320 cod. pen. - stabilisce, per il caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta, la confisca anche per equivalente dei beni costituenti il profitto o il prezzo del reato sia all'art. 12-sexies d.l. n. 306/1992, conv. in L. n. 356/1992, che, anche per i suddetti delitti, prevede la confisca del denaro o delle altre utilità di cui il condannato abbia la disponibilità anche indiretta per un valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla propria attività economica, e di cui non possa giustificare la provenienza. Si legge nell'ordinanza impugnata che, dei reati ipotizzati dal P.M. nei confronti del G. , soltanto due quelli previsti dagli artt. 318 e 319 cod. pen. rientrano tra i delitti astrattamente legittimanti la confisca, e perciò, il sequestro ai sensi degli artt. 322-ter cod. pen. e 12-sexies d.l. n. 206/1992. 3. Il Tribunale ha ritenuto sussistente sia il fumus commissi delicti, ossia l'astratta configurabilità della corruzione, sia le altre condizioni che legittimano la confisca ex art. 12-sexies d.l. n. 3906/1992, vale a dire la sproporzione dell'importo pecuniario sequestrato rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, nonché la mancata giustificazione della lecita provenienza della somma. Ha rigettato l'istanza, ritenendo assorbita ogni questione relativa all'art. 322-ter c.p.p 4. Ricorre per cassazione il difensore del G. , il quale deduce a violazione dell'art. 606.1 lett. b ed e c.p.p., in relazione agli artt. 322-ter cod. pen., 125 e 321 c.p.p. e mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti, contestati dall'indagato nella fase del riesame, del sequestro preventivo strumentale alla confisca di cui all'art. 322-ter cod. pen. b violazione dell'art. 606.1 lett. b e.p.p., in relazione agli artt. 110, 318, 319, 322-ter cod. pen., 12 sexies d.l. 8 giugno 1992 n. 3065 e 321 c.p.p. insussistenza dell'astratta configurabilità sia dei reati di corruzione ipotizzati a carico del G. sia di una sua partecipazione criminosa ex art. 110 cod. pen. illegittimità del sequestro ex art. 12-sexies d.l. cit, nonché del sequestro strumentale alla confisca prevista dall'art. 322-ter cod. pen Il difensore ha depositato tempestivamente motivi nuovi, deducendo ulteriori argomentazioni a sostegno della denunciata violazione dell'art. 606.1 lett. b c.p.p. in relazione all'art. 322-ter cod. pen., e della violazione dell'art. 606.1 lett. b e c c.p.p. in relazione agli artt. 321 c.p.p. e 12-sexies d.l. 306/1992. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. A ragione il ricorrente sottolinea la diversità tra il sequestro previsto dagli artt. 322-ter cod. pen. e quello previsto dall'art. 12-sexies d.l. 306/1992. Il primo postula l'accertamento di un nesso eziologico tra il reato per cui si procede e il bene da sequestrare o il valore equivalente, mentre il secondo richiede l'accertamento di una sproporzione tra l'importo nella disponibilità dell'indiziato dei reati previsti dalla norma e il reddito dichiarato ai fini o alla propria attività economica, e di cui non possa giustificare la provenienza. La diversità per tipologia, presupposti e finalità non consente di poter ritenere assorbito nel sequestro ex art. 12-sexies quello disposto ex art. 322-ter cod. pen., per cui va ritenuta illegittima l'ordinanza del Tribunale che ha omesso di esaminare l'istanza di riesame con riferimento all'art. 322-ter cod. pen., finendo con il mantenere in vita anche quest'ultimo sequestro, senza aver minimamente preso in esame le contestazioni e le doglianze del G. . 3. Merita accoglimento anche il secondo motivo dedotto dal ricorrente. Il provvedimento è, infatti, viziato anche nella parte in cui ha ritenuto l'astratta configurabilità della fattispecie delittuosa della corruzione. Sulla verifica da parte del Tribunale del riesame del fumus commissi delicti, questa Corte ha precisato, anche di recente, che è vero che tale verifica non deve tradursi nel sindacato sulla fondatezza dell'accusa, ma deve investire soltanto la possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato. Ciò non significa, però, che sia sufficiente, ai fini dell'individuzione del fumus commisi delicti, la mera prospettazione da parte del pubblico ministero dell'esistenza del reato, e tanto meno della possibilità di essa il giudice del riesame, nella sua pronuncia, deve comunque rappresentare, in modo puntuale e coerente, le concrete risultanze procedimentali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti e dimostrare, nella motivazione del provvedimento, la congruenza dell'ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura del sequestro Cass. n. 4049/2012 del 39.11.2011 Cass. 21125/2006 dell'8.5.2006 n. 1885/2004 del 10.12.2003 n. 48785 del 19.11.2003 . 3.1. Nel caso in esame, il Tribunale ha argomentato sulla mera possibilità dell'esistenza del reato di corruzione, con riferimento non già a elementi di fatto riferiti alla persona del G. , sia pure sotto il profilo della sua partecipazione ad altrui attività illecite, bensì sulla base di argomentazioni generali e generalizzanti, fondate su un'asserita massima di esperienza di tipo criminologico in ambito amministrativo, concludendo che la mancanza della prova storica del pactum sceleris, cioè dell'accordo corruttivo sottostante alle singole attività ascritte all'indagato, non avrebbe importanza decisiva ai fini della tempestiva adozione della misura cautelare, trattandosi di un esito probatorio acquisibile anche per via logico-deduttiva e/o in una fase più avanzata delle indagini . La costatazione che il plesso amministrativo nel quale il pubblico ufficiale è preposto sia oggetto di numerosi esposti che ne denunciano l'opacità e parzialità della gestione, e la circostanza che il soggetto indagato risulti aver la disponibilità di risorse finanziarie superiori al reddito ufficialmente dichiarato o all'attività economica svolta, fornirebbero indiretto riscontro alla prospettazione d'accusa, concorrendo a definire una trama indiziaria magari insufficiente a sorreggere un giudizio di colpevolezza, ma bastevole ai limitati fini del controllo di congruità degli elementi addotti per l'attivazione della misura cautelare reale . 3.2. Pur non sottovalutando l'allarmante diffusione della corruzione, che richiede sicuramente un potenziamento ed un affinamento degli strumenti legislativi di prevenzione, di contrasto e di repressione del fenomeno e un più determinato e orientato impegno degli operatori di polizia giudiziaria e dei magistrati inquirenti nel perseguimento dei reati contro la pubblica amministrazione, nell'applicazione degli istituti di diritto penale e processual-penale il giudice deve rimanere ancorato all'esame di fatti, concreti e specifici, riferiti o riferibili alla condotta dell'indagato o dell'imputato, senza farsi condizionare o influenzare da considerazioni di ordine generale e, soprattutto, da generalizzazioni che contrastano con il principio della responsabilità personale. 4. Il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Agrigento. P.Q.M. La Corte annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Agrigento.