Prelievo biologico e comparazione con le tracce rinvenute sul passamontagna, ricorso autosufficiente?

La Corte di legittimità disconosce gli atti tecnici irripetibili ed i relativi risultati, pertanto le doglianze difensive sul punto necessitano, in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso, della allegazione dei relativi provvedimenti dispositivi e dei verbali.

Il caso. Il TDL di Messina confermava la misura degli arresti domiciliari applicata dal GIP nei confronti di un giovane, indagato per la commissione di tre rapine, sulla scorta della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza derivanti dall’esito positivo della comparazione effettuata tra il suo profilo genetico e le tracce di materiale organico rinvenute sul passamontagna utilizzato da uno dei rapinatori. Avverso tale ordinanza, l’indagato proponeva ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di gravame. In primis , rilevava la violazione di legge con riferimento agli artt. 224, 224 bis e 359 bis c.p.p., ritenendo nullo il prelievo biologico – ed inutilizzabili i relativi risultati – in quanto affermava di non aver prestato il consenso allo stesso. In secundis , lamentava la violazione dell’art. 360 c.p.p., per omesso avviso dello svolgimento di tali attività tecniche, da considerarsi quali atti irripetibili. Con il terzo motivo eccepiva la violazione dell’art. 407, comma 3, c.p.p., rilevando come le operazioni in questione sarebbero state effettuate dopo la scadenza del termine previsto per lo svolgimento delle indagini preliminari. L’ultimo motivo risultava afferente la dedotta incompetenza territoriale del Giudice di merito procedente. L’incompetenza territoriale del Giudice di merito non consente l’annullamento della misura cautelare. La Corte di Cassazione statuisce come, secondo giurisprudenza pacifica, il TDL ha certamente il potere di sindacare – e statuire – l’incompetenza per territorio del Giudice che ha emesso la misura cautelare, ma ciò non comporta, tuttavia, l’estensione di tale potere anche all’annullamento della misura stessa. In effetti, l’art. 27 c.p.p. non prevede la possibilità che il TDL, una volta dichiarata la incompetenza del Giudice che ha disposto la misura, possa annullare la stessa, potendo, invece, esclusivamente attivarsi affinché il Giudice ritenuto competente provveda, entro venti giorni, a pronunziarsi sul titolo custodiale. Pertanto, nella fattispecie de qua , la Corte osserva come il ricorrente avrebbe potuto lamentarsi solo del fatto che il TDL non avesse proceduto in conformità all’art. 27 c.p.p. – cioè individuando il Giudice competente, e devolvendo allo stesso la decisione cautelare – e non della circostanza che non avesse annullato l’ordinanza custodiale, non essendo, appunto, dotato di tale potere. Tra l’altro, la questione di incompetenza sollevata con il ricorso era del tutto diversa rispetto a quella formulata dinanzi ai Giudici della Libertà – afferente, invece, l’applicazione dei criteri di cui all’art. 9 c.p.p. – e, conseguentemente, la stessa andava comunque preliminarmente rigettata, in applicazione del principio giurisprudenziale secondo cui è precluso alla Corte di legittimità decidere su asserite violazioni di legge i cui presupposti di fatto non siano già stati esaminati dal Giudice di merito. L’accertamento tecnico irripetibile requisiti ed utilizzabilità dei risultati. Quanto alla dedotta violazione delle norme che richiedono il consenso esplicito al prelievo biologico, la Corte Regolatrice ritiene che, sul punto, il ricorso sia formulato in termini assolutamente generici e difetti dei requisiti di specificità di cui agli artt. 581 lett. c e 591 lett. c c.p.p In particolare, le disposizioni invocate nel motivo di ricorso, oltre ad essere molteplici, contengono anche un elevato numero di prescrizioni, ed il ricorrente omette di chiarire quali, tra queste, sarebbero state violate. Tra l’altro, il motivo di gravame de quo – alla stregua di quello afferente la effettuazione delle operazioni tecniche in questione dopo la scadenza dei termini per le indagini preliminari – risulta non essere conforme al principio giurisprudenziale della c.d. autosufficienza del ricorso infatti, la mancata allegazione al ricorso dei provvedimenti che hanno disposto gli accertamenti de quibus e dei relativi verbali, impedisce comunque di valutare eventuali violazioni integrate – sia con riferimento al consenso, che ai termini delle indagini. Fermo restando che, dalla lettura dell’ordinanza impugnata, si evince inoltre come la doglianza in questione non è stata neppure prospettata in sede di riesame conseguentemente, nulla quaestio circa il necessario rigetto, anche del presente motivo, sulla scorta del principio di diritto, già prima esplicitato, afferente la inammissibilità delle questioni sollevate per la prima volta in sede di legittimità. Quanto, infine, al gravame relativo al mancato avviso all’indagato dello svolgimento delle operazioni irripetibili, i Supremi Giudici chiariscono come l’art. 360 c.p.p. prevede – quale sanzione per l’omesso avviso – l’inutilizzabilità dei risultati degli accertamenti irripetibili solo ed esclusivamente nel dibattimento, pertanto tale sanzione non opera con riguardo alla fase cautelare e, quindi, alla applicazione di misure custodiali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 4 aprile – 28 giugno 2012, n. 25497 Presidente Esposito – Relatore D’Arrigo Ritenuto in fatto S.S., indagato per tre rapine commesse in Terme Vigliatore, Milazzo e Tindari ME , è in atto sottoposto al regime cautelare degli arresti domiciliari, giusta ordinanza del g.i.p. del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto del 7 settembre 2011. A carico dell’indagato milita il risultato della comparazione del suo profilo genotipico con le tracce del materiale organico rinvenute sul passamontagna usato da uno dei rapinatori. Con ordinanza 7 novembre 2011, il Tribunale della libertà di Messina ha respinto l’istanza di riesame proposta dall’indagato e di tale provvedimento il S. chiede l’annullamento per quattro motivi. Innanzitutto, l’indagato articola tre distinte censure di inutilizzabilità degli esami relativi al DNA - violazione degli artt. 224, 224-bis e 359-bis cod. proc. Pen. in relazione alla fase di prelievo coattivo dei campioni biologici osserva al riguardo di non aver prestato il consenso al prelievo e che pertanto le relative operazioni si sarebbero dovute svolgere con l’osservanza delle disposizioni testè richiamate, a pena non solo di nullità del prelievo medesimo, ma anche di conseguente inutilizzabilità dei risultati così acquisiti - violazione dell’art. 360 cod. proc. pen. per omesso avviso dello svolgimento di attività irripetibili, costituite dalle operazioni di comparazione fra il materiale organico trovato sul passamontagna e i campioni coattivamente prelevati dalla sua persona - violazione dell’art. 407, comma 3, cod. proc. pen. perché le operazioni de quibus si sarebbero svolte in epoca successiva alla scadenza del termine previsto per lo svolgimento delle indagini preliminari. Inoltre, il S. deduce l’incompetenza territoriale del giudice che procede, osservando che nel caso di specie non avrebbe potuto trovare applicazione la vis actrattiva della connessione fra i fatti commessi in quel di Terme Vigliatore e di Milazzo ricadenti nel circondariato del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto e la rapina commessa a Tindari circondario del Tribunale di Patti in quanto, essendovi in relazione a quest’ultimo episodio altri coindagati estranei alle prime due rapine, gli stessi sono stati in tal modo sottratti la loro giudice naturale esclusivo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Avendo rilievo potenzialmente preliminare, va esaminata per prima la doglianza relativa all’incompetenza territoriale. 2.1. Al riguardo va innanzitutto chiarito che il Tribunale del riesame, anche quanto ritenga l’incompetenza del giudice che ha adottato una misura cautelare, non può pronunciare l’annullamento né la riforma del provvedimento impugnato, ma, dopo averlo confermato, deve provvedere ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. Sez. 6, 5/12/2006, n. 41006 - Rv. 235443 Sez. 6, 16/5/2005, n. 22480 - Rv. 232237 Sez. 6, 17/1/2007, n. 6858 - Rv. 235629 . Il tribunale del riesame ha certamente il potere di sindacare l’incompetenza per territorio del Giudice che ha emesso la misura, come riconosciuto dalla Giurisprudenza costante di questa Corte Sez. U. 12/12/1994, n. 19 - Rv. 199393 . Ciò non implica, però, che tale potere si estenda anche all’annullamento della misura emessa da un g.i.p. ritenuto territorialmente incompetente. Infatti, la previsione di cui all’art. 291, comma 2, cod. proc. pen. - a niente della quale il giudice dichiaratosi incompetente può comunque adottare la misura cautelare richiesta ove ne ravvisi i presupposti ed ove ne ritenga l’urgenza - non comporta l’attribuzione al tribunale del riesame dei potere opposto, e cioè quello di escludere, insieme con la competenza del giudice disponente, anche la sussistenza dei presupposti per l’adozione della misura. In sostanza, il giudice del riesame, una volta eventualmente dichiarata l’incompetenza del giudice disponente, non ha il potere di annullare la misura, perché tale opzione renderebbe inapplicabile l’art. 27 cod. proc. pen. Invero le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che, in materia cautelare, la pronuncia di incompetenza da parte dei giudice dell’impugnazione comporta, al pari della analoga pronuncia da parte del giudice investito della richiesta di applicazione della misura, l’inefficacia differita” della misura stessa ai sensi dell’art. 27 c.p.p. Sez. U., 24/1/1996, n. 1 - Rv. 204164 . Ma tale principio non avrebbe senso se si riconoscessero contemporaneamente al giudice del riesame il potere di dichiarare l’incompetenza del giudice disponente e quello di annullare la misura impugnata, non potendo farsi questione di efficacia differita” o di inefficacia di una misura dopo il suo annullamento. In conclusione, il tribunale del riesame che ritenga l’incompetenza territoriale del giudice che ha adottato la misura cautelare impugnata non può escludere la sussistenza del presupposto dell’urgenza richiesto dall’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., ed annullare la misura cautelare medesima, ma piuttosto deve provvedere ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., affinché, entro venti giorni, si pronunzi il giudice competente. 2.2. Costituisce corollario dei principi di diritto sopra esposti, che il ricorrente avrebbe potuto lamentarsi del fatto che il tribunale del riesame non ha provveduto ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., ma non già del mancato annullamento tout court dell’ordinanza applicativa della misura cautelare. Poiché, nella specie, la doglianza del S. risulta rivolta solamente nel senso testé indicato come erroneo, la stessa può essere senz’altro disattesa. 2.3. Ad ogni buon conto è utile rilevare che - secondo quanto si evince dalla lettura dell’ordinanza impugnata - l’indagato ha dedotto davanti al tribunale del riesame una questione di incompetenza territoriale formulata in termini assolutamente diversi da quelli prospettati in questa sede. Infatti, innanzi ai giudici di merito il S. ha invocato l’applicazione del criterio di cui all’art. 9 cod. proc. pen. mentre solo in questa sede ha posto la diversa questione secondo cui lo spostamento della competenza territoriale per concessione è possibile solo se l’episodio in continuazione riguardi tutti gli imputati, giacché l’interesse di un imputato alla trattazione unitaria dei fatti in continuazione non può pregiudicare quello del coimputato in uno di quei fatti a non essere sottratto al giudice naturale secondo le regole ordinarie della competenza Sez. 4, 7/11/2006, n. 11963/2007 - Rv. 236276 . Orbene, questa Corte ha ripetutamente affermato il principio per cui è precluso al giudice di legittimità di decidere su violazioni di legge i cui presupposti di fatto non siano stati già esaminati dal giudice del merito Sez. 3, 14/10/2008, n. 3816/2009 – Rv. 242822, in tema di incompetenza territoriale del giudice dei riesame . Consegue che, dal momento che la questione è stata formulata nei termini anzidetti per la prima volta solo in questa sede, la stessa è inammissibile, difettando il previo accertamento sui presupposti di fatto da parte dei tribunale del riesame, che era stato investito di un’eccezione della stessa specie, ma fondata su elementi di fatto e di diritto differenti. Tale rilievo è assorbente rispetto all’ulteriore profilo della carenza di interesse e quindi legittimazione del ricorrente a dedurre una violazione che, ove sussistesse, recherebbe pregiudizio non già a lui - cui anzi conviene l’applicazione del regime della connessione per continuazione fra i diversi reati - bensì agli altri coindagati. 3. Venendo all’esame delle altre censure, la prima riguarda la violazione degli artt. 224, 224-bis e 359-bis cod. proc. pen. Il ricorrente deduce, al riguardo, di non aver prestato il consenso al prelievo dei campioni biologici utilizzati per il raffronto con i reperti rinvenuti sul passamontagna usato da uno dei rapinatori. Ciò posto, il S. conclude che le operazioni di prelievo si sarebbero dovute quindi svolgere con l’osservanza delle disposizioni dapprima richiamate e che dalla loro inosservanza discende non solo la nullità del prelievo medesimo, ma anche la conseguente inutilizzabilità dei risultati così acquisiti. Il motivo di ricorso risulta formulato in termini generici e difetta di requisiti di specificità prescritti dall’art. 581, lett. c , in relazione all’art. 591 lett. c cod. proc. pen. Le disposizioni invocate, infatti, contengono un gran numero di prescrizioni, molte delle quali poste testualmente a pena di nullità, ma il ricorrente non chiarisce quali, fra tali prescrizioni, sarebbero state violate. Il ricorso difetta anche del requisito dell’autosufficienza la mancata allegazione al ricorso dei provvedimenti che hanno disposto gli accertamenti de quibus e dei relativi verbali impedisce di individuare aliunde quali sarebbero le violazioni denunciate e di verificare la loro effettiva sussistenza. Né si ricavano elementi integrativi dalla lettura del provvedimento impugnato, da cui anzi risulta che la questione non è stata neppure prospettata con l’istanza di riesame discutendosi in quella sede semmai della utilizzabilità in un procedimento penale delle indagini effettuate nell’ambito dell’altro procedimento riunito . Pertanto manca anche l’accertamento di fatto circa la sussistenza delle lamentate - e non meglio precisate - violazioni delle garanzie difensive. Anche sotto questo profilo il ricorso è quindi infondato. 4. Il secondo motivo di ricorso concerne la violazione dell’art. 360 cod. proc. pen. consistita nell’aver omesso di dare avviso dello svolgimento delle operazioni di comparazione fra il materiale organico trovato sul passamontagna e i campioni coattivamente prelevati dalla persona dell’indagato, da considerarsi quali attività irripetibili. La doglianza è infondata in punto di diritto, in quanto l’art. 360, comma quinto, cod. proc. pen., nel prevedere l’inutilizzabilità nel dibattimento dei risultati degli accertamenti tecnici disposti dal pubblico ministero malgrado l’espressa riserva formulata dalla persona sottoposta a indagini ed in assenza della condizione della indifferibilità, prevista dall’ultima parte del precedente comma quarto, lascia per ciò stesso chiaramente intendere che detta inutilizzabilità non sussiste con riguardo all’adozione di misure cautelari Sez. 1, 23/5/2007, n. 23939 – Rv. 236972 . Consegue che, quand’anche la dedotta nullità sussistesse davvero, questa non sarebbe ostativa alla valutazione dell’elemento indiziario in sede cautelare e quindi non potrebbe inficiare il provvedimento impugnato. 5. L’ultima censura riguarda la violazione dell’art. 407, comma 3, cod. proc. pen., determinata - a dire del S. - dal fatto che le operazioni in parola si sarebbero svolte in epoca successiva alla scadenza del termine previsto per lo svolgimento delle indagini preliminari. Sul punto il tribunale del riesame osserva che - il procedimento n. 3987/04 R.G.N.R. era stato originariamente iscritto a carico di ignoti - detto procedimento è stato archiviato con decreto del g.i.p. dei Tribunale di Barcellona P.G. in data 29 marzo 2008 - il P.M. ha disposto la riapertura delle indagini con provvedimento del 6 agosto 2010, iscrivendo a registro il nome di G.M. - non risulta che siano stati compiuti atti di indagine in data successiva alla scadenza del termine previsto per le indagini preliminari. Anche in questo caso, la mancata allegazione degli atti di indagine che si assumono compiuti tardivamente contravviene al principio di autosufficienza del ricorso e rende impossibile, stante il limitato potere di cognizione di questa Corte, accertare la fondatezza della censura tanto più ove si consideri che dalla lettura del provvedimento impugnato risulta, in punto di fatto, il contrario di quanto sostenuto dal ricorrente. Peraltro, nel procedimento contro ignoti non è richiesta l’autorizzazione del G.I.P. alla riapertura delle indagini dopo il provvedimento di archiviazione per essere rimasti sconosciuti gli autori del reato, in quanto il regime autorizzatorio prescritto dall’art. 414 cod. proc. pen. è diretto a garantire la posizione della persona già individuata e sottoposta ad indagini, mentre nel procedimento contro ignoti l’archiviazione ha la semplice funzione di legittimare il congelamento delle indagini, senza alcuna preclusione allo svolgimento di ulteriori, successive attività investigative, ricollegabili direttamente al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale Sez. U., del 28/3/2006, n. 13040 - Rv. 233198 . 6. Il ricorso è quindi infondato in relazione a tutti i profili dedotti e deve essere rigettato. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’indagato che lo ha preposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.