Grave incidente stradale, k.o. l’avvocato: nessuna restituzione nei termini. Serviva più diligenza...

Respinta definitivamente la richiesta di poter proporre appello a posteriori. Nonostante la complessa situazione medica del professionista, è stato considerato illogico il richiamo al caso di forza maggiore. Prima del sinistro, difatti, il legale aveva avuto un mese per presentare i motivi di gravame, e, comunque, dopo il sinistro, avrebbe dovuto informare il cliente o nominare un sostituto.

Prima un grave incidente stradale, poi il ricovero in ospedale, quindi un doppio intervento chirurgico per ridurre le fratture subite, infine il lento, graduale ritorno alla normalità Ma anche il blocco di ogni attività professionale. Eppure, le evidenti precarie condizioni fisiche non sono valutabili come impedimento legittimo per l’avvocato nell’assistenza al proprio cliente, e – come da Cassazione, sentenza numero 25162, Terza sezione Penale, depositata oggi – non legittimano la restituzione nei termini per la proposizione post dell’Appello. Scadenza. Delicato il procedimento, riguardante un’accusa di violenza sessuale, delicato il compito dell’avvocato, che assiste l’uomo finito sotto accusa. Il primo step è negativo condanna in Tribunale a due anni di reclusione. Ma lo step successivo viene completamente bucato Nessuna impugnazione della sentenza entro i termini previsti. Secondo il legale, però, è stato assolutamente ignorato il drammatico episodio, ossia un grave incidente stradale, che gli aveva impedito di rispettare l’ iter originariamente programmato per la difesa del proprio cliente. Ma, per i giudici di Appello, una normale diligenza avrebbe consentito di ovviare all’impedimento , anche perché l’incidente si è verificato quando era già decorso un mese dalla notifica dell’avviso di deposito della sentenza, periodo entro il quale l’impugnazione avrebbe potuto essere presentata . Quindi, ad avviso dei giudici, nessun caso di forza maggiore , e nessuna possibilità di restituzione nei termini. Tempus fugit. Per il legale, però, la decisione della Corte d’Appello è assolutamente irragionevole. Perché – viene evidenziato nel ricorso proposto per cassazione – alla luce dei fatti, eventi inevitabili, derivanti da causa esterna – ossia la degenza post incidente – hanno impedito al difensore di avvalersi di un sostituto processuale o di informare l’imputato, ignaro dell’accaduto, dell’impossibilità che il proprio difensore espletasse il mandato conferitogli . Come è possibile, si domanda il legale, negare il riconoscimento del caso di forza maggiore ? Tuttavia, la linea proposta in Appello viene condivisa anche in Cassazione. Principio fondamentale, una volta acclarata l’evoluzione della vicenda, è l’omesso uso dell’ordinaria diligenza, sia da parte dell’imputato, sia da parte del difensore , ordinaria diligenza che, sottolineano i giudici, avrebbe potuto impedire il vano spirare del termine di impugnazione . A rendere più grave, poi, la posizione dell’avvocato è anche il fatto che l’incidente stradale si è verificato quando era già decorso un mese dal deposito della sentenza, periodo entro il quale sia l’imputato che il difensore avrebbero potuto presentare i motivi di gravame tempus fugit , affermavano saggiamente i latini, quindi sarebbe stato necessario agire prima E, comunque, essendosi l’incidente verificato 11 giorni prima della scadenza del termine , il difensore avrebbe dovuto informare, direttamente o per interposta persona, l’imputato , rispettando così l’ obbligo di diligenza assunto con l’accettazione del mandato difensivo , o, in alternativa, avrebbe potuto provvedere alla nomina di un sostituto . Tutti questi passi non sono stati compiuti, ma tale lacuna è addebitabile all’azione, o, meglio, all’omissione, del professionista ecco perché la restituzione nei termini è da negare.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 gennaio – 25 giugno 2012, n. 25162 Presidente De Maio – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 7 ottobre 2010, la Corte di Appello di Cagliari, ha rigettato l’istanza di restituzione nel termine ex art. 175, comma 1, c.p.p., per la proposizione dell’appello della sentenza del Tribunale di Cagliari, con la quale C.G., imputato del reato di cui agli artt. 81 cpv., 609 bis, primo e secondo comma, c.p., 56 e 609 bis, primo e secondo comma, n. 1 , c.p. è stato condannato alla pena di anni due di reclusione, nonché al pagamento delle spese processuali. Il termine per impugnare la sentenza di primo grado era infatti scaduto il 19 aprile 2010, ma in data 8 aprile 2010, il difensore dell’imputato era rimasto vittima di un gravissimo sinistro stradale, a seguito del quale ha riportato serie lesioni, per cui l’appello non era stato presentato nei termini. La Corte d’appello di Cagliari ha rigettato tale richiesta in considerazione del fatto che una normale diligenza avrebbe consentito di ovviare all’impedimento verificatosi. Nel caso di specie, non è stato ravvisato il caso di forza maggiore, in quanto, quando si era verificato il sinistro stradale, era già decorso un mese dalla notifica dell’avviso di deposito della sentenza, periodo entro il quale l’impugnazione avrebbe potuto essere presentata inoltre, essendosi il sinistro verificatosi undici giorni prima della scadenza del termine per proporre appello, l’assistito avrebbe potuto controllare diligentemente se il difensore fosse in grado di adempiere al proprio mandato ed il difensore, a sua volta, avrebbe potuto informare l’imputato della sua impossibilità di adempiervi. 2. Avverso l’ordinanza del Tribunale di Cagliari, ricorre nell’interesse del C. il difensore, per i seguenti motivi 1 Violazione dell’art. 606, lett. b e c c.p.p. per inosservanza dell’art. 175 c.p.p. Sussisterebbe lo stato di forza maggiore rilevante ai sensi dell’art. 175 c.p.p. in quanto il ricovero in ospedale, ampiamente documentato, per il grave trauma cranico riportato a seguito del sinistro, la sottoposizione a due interventi chirurgici per la riduzione delle fratture, uno dei quali cinque giorni prima della scadenza per appellare, quali eventi inevitabili derivanti da causa esterna, hanno impedito al difensore di avvalersi di un sostituto processuale o di informare l’imputato, ignaro dell’accaduto, dell’impossibilità che il proprio difensore espletasse il mandato conferitogli. D’altra parte, non si può ritenere che il termine ordinario di impugnazione possa essere ridotto avuto riguardo all’evento invalidante, che ha colpito il difensore. Sotto altro profilo, il ricorrente ha lamentato il mancato accertamento della circostanza se l’imputato fosse a conoscenza dell’evento invalidante che aveva colpito il proprio difensore. Da ultimo, trattandosi di vicenda processuale particolarmente delicata e complessa, il dovere dell’assistito di vigilare con diligenza sull’espletamento del mandato difensivo avrebbe dovuto essere contemperato con la garanzia dell’effettività della difesa tecnica. 2 Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 lett. e c.p.p. Il provvedimento impugnato sarebbe illogico e contraddittorio nella parte in cui ha escluso la sussistenza della forza maggiore, in base al rilievo che il difensore avrebbe potuto informare l’imputato, anche per interposta persona, dell’impossibilità di adempiere al mandato conferitogli, nonostante dalla documentazione medica fosse emersa l’impossibilità assoluta del difensore di adempiere al proprio incarico. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e per tale motivo deve essere rigettato. Giova ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte cfr. Sez. 3, Sentenza n. 19918 del 14/04/2010, Amoroso, Rv. 247494 , il riconoscimento di una causa di forza maggiore, impeditiva dell’esercizio di una facoltà processuale, costituisce apprezzamento di fatto del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità purché esente da vizi logici e giuridici”. Nel caso di specie, i giudici di merito, tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, hanno ritenuto che l’uso dell’ordinaria diligenza, sia da parte dell’imputato, sia da parte del difensore, avrebbe potuto impedire il vano spirare del termine di impugnazione. Orbene, i giudici di merito hanno tenuto conto del fatto che, quando si è verificato l’evento invalidante, era già decorso un mese dal deposito della sentenza, periodo entro il quale sia l’imputato che il difensore avrebbero potuto presentare i motivi di gravame inoltre, l’evento che aveva impedito al difensore di adempiere al suo mandato, si era verificato undici giorni prima della scadenza del termine e, pertanto, ben avrebbe potuto l’imputato controllare diligentemente se il suo difensore fosse stato in grado di eseguire il proprio incarico. Del resto anche il difensore avrebbe dovuto informare, direttamente o per interposta persona, l’imputato nella sua impossibilità ad adempiervi. L’attivazione del difensore nel lasso di tempo a disposizione, anteriore allo scadere del termine per impugnare avrebbe costituito esercizio dell’obbligo di diligenza assunto con l’accettazione del mandato difensivo. Dall’altro lato, come già detto, anche l’assistito avrebbe dovuto vigilare sull’esecuzione di tale mandato, non potendo, nel caso di specie, essere invocata la mancata conoscenza del procedimento, che solo avrebbe giustificato la mancata attivazione da parte dello stesso assistito. 2. Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità Sez. 6, Sentenza n. 2252 del 16/12/2011, Cutrani, Rv. 249197 , la restituzione in termini per proporre impugnazione, qualora venga invocato come causa di forza maggiore uno stato di malattia, comporta che esso sia di tale gravità da impedire per tutta la sua durata qualsiasi attività, venendo ad incidere sulla capacità di intendere e volere dell’interessato, così da impedirgli anche la spedizione a mezzo posta o la presentazione tramite un procuratore speciale dell’atto di impugnazione”. Nel caso di specie, i giudici di merito, con valutazione di merito incensurabile in tale sede, hanno ritenuto che, nonostante il sinistro, il difensore nei restanti undici giorni avrebbe potuto provvedere quantomeno alla nomina di un sostituto. Pertanto, con motivazione priva di smagliature logiche, la Corte di appello, ha escluso che il sinistro stradale occorso al difensore potesse costituire una causa di forza maggiore, legittimante la restituzione in termini per la proposizione dell’atto di appello avverso la sentenza di condanna di primo grado. Di conseguenza, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.