Sfruttamento illecito di un brevetto: anche il prototipo può essere sequestrato

Oggetto del sequestro preventivo può essere qualsiasi bene, purché esso sia - anche indirettamente - collegato al reato.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21474/2012 depositata il 4 giugno, ha stabilito che può essere soggetto a sequestro preventivo anche il solo prototipo del macchinario elaborato sulla base di un brevetto incriminato. Il caso. Il Tribunale poneva sotto sequestro preventivo il prototipo di un macchinario costruito sfruttando illecitamente un brevetto industriale per il riciclo di plastiche eterogenee e scarti. Secondo i giudici dei due gradi di merito trattandosi di bene materiale di diretta derivazione di un bene giuridico immateriale, uno dei brevetti, oggetto di tutela nel processo penale in corso di svolgimento ed anch’essi sottoposti ad un sequestro preventivo , era legittimo il sequestro, in quanto, in questa maniera, veniva assolta la funzione tipica della misura cautelare. Il sequestro preventivo ha funzione impeditiva. A conferma di un già consolidato principio di diritto, la S.C. ha precisato che oggetto del sequestro preventivo può essere qualsiasi bene - appartenente anche a persona estranea al reato - purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti . Sì al sequestro preventivo anche se la proprietà è stata trasferita ad un terzo. Nel frattempo, nel caso di specie, il prototipo è stato trasferito con un valido contratto a terzi, ma questo - secondo la S.C. - è irrilevante. Infatti, nella sentenza viene chiarito che la terzietà della titolarità ovvero della disponibilità materiale del bene non impediscono l’applicazione della misura cautelare de qua . In conclusione i ricorrenti, oltre a vedersi rigettare il ricorso, dovranno anche pagare le spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 maggio – 4 giugno 2012, n. 21474 Presidente Milo – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Ferrara, adito ai sensi dell'art. 324 cod. proc. pen., confermava il decreto del 25/11/2011 con il quale lo stesso Tribunale - nel corso del giudizio dibattimentale a carico di A.G. e As.Lu.Et. , imputati dei reati di cui agli artt. 314, 319 e 319 bis cod. pen. - aveva disposto il sequestro preventivo di un prototipo di macchinario progetto SE/220.01-550 per plastiche eterogenee post consumo e scarti industriali, e relativi accessori. Rilevava il Tribunale come - quel macchinario prototipo dovesse essere considerato la materiale concretizzazione di uno dei progetti di cui ai quattro brevetti oggetto di illecito sfruttamento, secondo una delle imputazione contestate all’A. e all'As. - fosse irrilevante che tale macchinario, già nella materiale disponibilità della persona offesa Area s.p.a., società pubblica in quanto sublocataria del bene rispetto alla locataria GB Evolution, che lo aveva costruito fosse rientrato nella disponibilità della società proprietaria e locataria, la Commercio e Finanza s.p.a., per effetto della risoluzione dell'originario contratto di leasing per mancato versamento dei canoni da parte della conduttrice e subconduttrice - fosse, invece, determinante la circostanze che la Commercio e Finanza s.p.a. avesse deciso di vendere il macchinario e che lo stesso fosse stato acquistato dalla Padana Commercio s.r.l., in quanto tale seconda società aveva operato in nome e per conto di una società rumena, la Astaltrom sa, e di una società italiana, la Riusa EU s.r.l., della quale l'As. è legale rappresentante, ma di cui sono soci sia gli imputati A. e As. , che B.A. , già direttore generale della Area s.p.a., cui pure erano stati contestati quei delitti di peculato e di corruzione aggravata per atto contrario ai doveri di ufficio - le due società acquirenti del macchinario non potessero, pertanto, essere considerate acquirenti in buona fede del macchinario, sia perché la società facente capo all'A. e all'As. è intestataria anche di uno dei quattro menzionati brevetti già oggetto di sequestro preventivo, sia anche perché l'acquisto del macchinario era avvenuto ad un prezzo di gran lunga inferiore a quello precedentemente richiesto dalla società di leasing per la definitiva cessione dello stesso ad Area s.p.a. - pertanto, il decreto di sequestro preventivo dovesse essere confermato in quanto il vincolo giuridico sul macchinario avrebbe impedito che gli effetti pregiudizievoli dei reati commessi potessero essere aggravati, trattandosi pure di bene destinato alla confisca, sostanziando il profitto dei delitti oggetto di contestazione. 2. Avverso tale ordinanza hanno presentato ricorsi A.G. e F S. , con atto sottoscritto dal loro difensore avv. Alberto Bova, i quali hanno sostanzialmente dedotto, con un unico motivo, la violazione di legge processuale in relazione al l’art. 321 cod. proc. pen., lamentando l'assenza dei presupposti previsti da tale norma per legittimare l'adozione della disposta misura cautelare reale. In particolare i ricorrenti, senza mettere in alcun modo in discussione il fumus commissi delicti, si sono doluti della sottoposizione a sequestro di quel macchinario per due ordini di ragioni - in primo luogo, per l'assenza di un qualsivoglia nesso di pertinenzialità tra il bene oggetto del vincolo ed i reati addebitati, posto che il macchinario, originariamente detenuto dalla Area s.p.a. dunque, dalla persona offesa , sulla base di regolari atti negoziali era tornato nella piena ed esclusiva disponibilità di un terzo, la società di leasing che ne aveva conservato la proprietaria, la quale l’aveva poi venduto - sulla base di un lecito e valido contratto - a due società, una delle quali facenti capo agli imputati A. ed As. circostanza, quest'ultima, del tutto casuale, in ogni caso inidonea a legittimare un provvedimento che finisce per determinare una indiscriminata compressione delle libertà negoziali e di diritti individuali di proprietà e di uso delle cose - in secondo luogo, perché l'uso dì quel macchinario giammai potrebbe comportare un aggravamento delle conseguenze del reato, poiché non è dimostrato che vi sia corrispondenza tra il bene materiale ed i brevetti, già oggetto di altro sequestro e, comunque, perché il macchinario, prospettato come il frutto delle ricerche finanziate da Area s.p.a., non può essere qualificato come profitto del reato di corruzione o bene acquistato per i proventi del reato, essendo esso rimasto nella disponibilità della persona offesa sulla base del citato contratto di locazione finanziaria ed avendo successivamente costituito oggetto di lecite iniziative negoziali, così creando una cesura temporale e giuridica tra la consumazione del reato e la [successiva] legittima acquisizione da parte degli imputati . Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che i ricorsi vadano rigettati per la infondatezza del motivo rappresentato. 2. Per inquadrare più correttamente le questioni di diritto portate all'odierna attenzione di questo Collegio, è bene evidenziare come pende attualmente un giudizio dibattimentale nei confronti del ricorrente A. - l'altro ricorrente, il S. ha proposto impugnazione quale legale rappresentante della società che avrebbe astrattamente diritto alla restituzione del bene sequestrato - al quale è stato contestato il reato di peculato, per essersi appropriato, in omissis , della somma di Euro 940.308,33 della società pubblica Area s.p.a., destinandola alla realizzazione della ricerca di una nuova tecnologia ambientale di riciclo delle materie plastiche post uso per la realizzazione di sottofondi stradali , senza alcun utile per la società Area, in quanto i quattro brevetti ottenuti con l'investimento in quella ricerca venivano cointestati tre allo stesso A. e all'As. , ed un quarto alla società Riusa Eu s.r.l., della quale erano soci, direttamente o indirettamente, oltre all'A. e all'As. , anche il B. , che della società pubblica Area s.r.l. era il direttore generale. All'A. è, altresì, contestato il delitto di corruzione aggravata propria per avere concorso nel compimento di atti contrari ai doveri di ufficio da parte dei B. il quale, in qualità di direttore generale della citata società pubblica Area, stipulava - in omissis - convenzioni con le quali escludeva la società Area da qualsiasi ritorno economico derivante dalla ricerca innanzi indicata, interamente finanziata con denari pubblici, e riceveva il diritto a conseguire dall'A. ed altro una percentuale del 20% degli utili derivanti dallo sfruttamento economico di quella ricerca. Infine, all'A. è stato addebitato il delitto di peculato di uso per avere - in omissis - concorso con il B. e l'As. nell'appropriazione dell'impianto denominato progetto 130 nella disponibilità della società Area, allo scopo di utilizzarlo a vantaggio della menzionata società Riusa Eu, mediante la realizzazione di una ricerca per la quale i tre imputati avevano percepito pure una somma di denaro. 3. Ciò premesso, va detto che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale oggetto del sequestro preventivo può essere qualsiasi bene - a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato - purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti così, tra le tante, Sez. 5, n. 11287 del 22/01/2010, Carlone, Rv. 246358 Sez. 4, n. 32964 del 01/07/2009, Duranti, Rv. 244797 . Orbene, di tale regula iuris il Tribunale del riesame di Ferrara ha fatto corretta applicazione evidenziando come il sequestro di quel prototipo di macchinario e dei relativi accessori assolvesse alla funzione impeditiva propria della misura cautelare prevista dal comma 1 dell'art. 321 cod. proc. pen., trattandosi di bene materiale di diretta derivazione di un bene giuridico immateriale, uno dei brevetti, oggetto di tutela nel processo penale in corso di svolgimento ed anch'essi sottoposti ad un sequestro preventivo. Funzione impeditiva che verrebbe chiaramente frustrata laddove, sottoposto a vincolo giuridico il brevetto, si consentisse la utilizzazione del bene materiale realizzato sulla base della soluzione al problema tecnico di interesse tipicamente industriale in cui si sostanzia l'invenzione, suscettibile di formare appunto oggetto del relativo brevetto. Sotto questo punto di vista, per un verso risulta irrilevante che il prototipo di macchinario sottoposto, nella fattispecie, al sequestro avesse costituto oggetto di negozi giuridici formalmente validi di trasferimento della relativa proprietà, in quanto la terzietà della titolarità ovvero della disponibilità materiale del bene non impediscono l'applicazione della misura cautelare de qua ciò senza neppure trascurare che la verificata ed indiscussa riferibilità soggettiva agli imputati della società acquirente del prototipo, sarebbe idonea a far venire meno il carattere di buona fede della terzietà dell'ente o degli enti che avrebbero acquisito la titolarità del bene in questione. Per altro verso, deve ritenersi suggestivo, ma del tutto inconferente rispetto al caso di specie, il riferimento, contenuto nel ricorso ad un'asserita mancanza di pertinenzialità diretta tra i reati oggetto di addebito penale e quel prototipo di macchinario, che non costituirebbe propriamente profitto del contestato reato di corruzione propria e ciò perché il sequestro preventivo è stato disposto - come si è già anticipato - per finalità impeditive, dunque ai sensi dell'art. 321, comma 1, cod. proc. pen., e non anche per finalità di confisca, a mente del comma 2 dello stesso articolo, di talché non è richiesta la verifica della sussistenza di quel nesso di stretta pertinenzialità tra bene e reato che costituisce il presupposto per la successiva applicabilità della misura ablativa di cui all'art. 240 cod. pen E se è vero che, ai fini della legittimità del sequestro preventivo per finalità impeditive, è comunque necessaria - per evitare che il diritto di proprietà venga eccessivamente ed ingiustificatamente sacrificato - l'accertata presenza di un collegamento strumentale tra il reato per il quale si procede ed il bene sequestrato, non essendo sufficiente una mera relazione occasionale così, da ultimo, Sez. 2, n. 19105 del 28/04/2011, Iapigio, Rv. 250194 , è anche vero che nella motivazione dell'ordinanza impugnata questo collegamento è stato compiutamente individuato, dal momento che è stato sottolineato come l'addebito di peculato concerne l'illecito sfruttamento dei brevetti di cui al capo 1 e la riferibilità di tale illecita condotta anche all'appropriazione esclusiva in capo agli imputati B. , A. odierno ricorrente e As. del macchinario riferibile al c.d. progetto , pertinente al bene giuridico immateriale oggetto di tutela [ .] in quanto minacciato dall'illecita condotta degli imputati volta ad estraniarne il profitto rispetto alla società pubblica che ne [aveva] originariamente finanziato la progettazione e la costruzione pag. 2 del provvedimento impugnato . È appena il caso di aggiungere che, nell'ordinanza impugnata, il Tribunale ha dato una compiuta e logicamente incensurabile motivazione sul perché, allo stato degli atti, il prototipo del macchinario in argomento debba ritenersi riferibile ad uno dei quattro brevetti pure sottoposti a sequestro preventivo la verifica fattuale di tale riferibilità, sollecitata dal ricorrente con l'allegazione delle caratteristiche tecniche degli impianti oggetto di invenzione industriale e di quello realizzato, è attività del tutto preclusa al giudizio di legittimità. 4. Alla declaratoria di rigetto dei ricorsi consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento in favore dell'erario delle spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.