Decesso del neonato: in presenza di nesso causale il dubbio sulla condotta colposa non legittima il GUP alla sentenza di non luogo a procedere

L’insufficienza o contraddittorietà delle fonti di prova che legittima l’emanazione di sentenza di proscioglimento da parte del Giudice della udienza preliminare ha quale parametro di riferimento la prognosi di inutilità del dibattimento, mentre deve essere escluso il proscioglimento in tutti i casi in cui tali fonti di prova si prestino a soluzioni alternative o aperte. Il GUP, a fronte di elementi di prova in parte favorevoli all’imputato, deve pronunziare sentenza di non luogo a procedere solo in forza di un giudizio sicuro di immutabilità del quadro probatorio in dibattimento.

Colpa medica e limiti al potere di proscioglimento del GUP. E’ ancora un caso di colpa medica l’occasione sfruttata dalla Suprema Corte con la sentenza depositata il 12 aprile per riaffermare i limiti, una volta in più, ai poteri di proscioglimento del GUP, rimarcando i profili differenziali fra i presupposti che legittimano la pronunzia di una sentenza di non luogo a procedere ed una sentenza di assoluzione dibattimentale. Nel caso esaminato il GUP del Tribunale di Firenze aveva pronunciato sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste nei confronti di 5 medici ed una ostetrica imputati della morte di un neonato, rei, secondo l’accusa, di aver sottovalutato gli indici di sofferenza del feto e di aver in conseguenza, colpevolmente, procrastinato l’espletamento del taglio cesareo, causando il decesso del neonato, poi, effettivamente avvenuto, il giorno dopo il parto. Gli accertamenti esperiti in sede di incidente probatorio avevano infatti verificato la sussistenza del nesso causale tra la condotta dei sanitari ed il tardivo intervento di taglio cesareo e chiarito come una maggiore tempestività nell’intervento stesso avrebbe indotto un percorso causale diverso ed, in conseguenza, evitato il decesso del neonato. Il GUP era, tuttavia, pervenuto al proscioglimento, facendo proprie ulteriori risultanze dell’incidente probatorio ossia la difficoltà per i sanitari di pervenire ad una sollecita diagnosi della situazione clinica in presenza, da una lato, di indici di sofferenza fetale sì sussistenti, ma non gravi ed univoci e, dall’altro, sulla base del rilevo, sempre evidenziato dai periti, di come il parto naturale sembrasse comunque imminente e vi fosse, pure, un apparente miglioramento dei tracciati cardiologici del feto. La Suprema Corte nell’accogliere i ricorsi presentati dal Pubblico Ministero e dalle parti civili oltre ad evidenziare l’erroneità della formula di proscioglimento adottata dal GUP perché il fatto non sussiste che presupporrebbe l’assenza del nesso causale tra condotta ed evento, la cui sussistenza è stata, per contro, pacificamente acclarata dai periti, annulla la pronuncia impugnata per palese vizio della motivazione. Sentenza di non luogo a procedere come prognosi di inutilità del dibattimento. Questa la lapidaria affermazione della Suprema Corte, nel caso di specie, che evidenzia come il Giudice della udienza preliminare debba compiere, a sua volta, una corretta prognosi sulla possibile evoluzione in sede dibattimentale del materiale probatorio al medesimo sottoposto sia di per sé, sia come entità di prove ancora acquisibili, ovvero, come possibilità di rivalutazione di quelle già esistenti in atti. In tutti i casi in cui detta prognosi non induca ad affermare un giudizio di sicura immutabilità di un quadro probatorio anche insufficiente e contraddittorio dovrà dunque essere disposto il rinvio a giudizio degli imputati per consentire la verifica dibattimentale dell’ipotesi accusatoria. Nel caso in esame la Suprema Corte non ha dunque esitato ad annullare con rinvio la sentenza di non luogo a procedere in quanto il GUP, pur in presenza di un materiale probatorio contradditorio e caratterizzato anche da emergenze favorevoli agli imputati, si era limitato a riscontrare l’assenza di profili di colpa in capo agli imputati senza sottolineare perché il successivo giudizio dibattimentale non potesse portare ad ulteriori approfondimenti e diverse valutazioni sul punto. Un indirizzo giurisprudenziale consolidatosi. Quello appena accennato è un indirizzo giurisprudenziale consolidato e riaffermato in numerose recenti pronunce della Suprema Corte, tutte volte a chiarire che la regola di valutazione che deve osservare il giudice dell'udienza preliminare consiste nella prognosi di non voluzione del materiale probatorio lo scrutinio del merito emendato al giudice della udienza preliminare, cioè, volgendo a soddisfare un ruolo processuale - tale essendo, infatti, la natura dell'epilogo decisorio che contrassegna l'esito cui l'udienza preliminare tende - non può non raccordarsi con l'implausibilità di connotazioni evolutive del materiale di prova raccolto. Tale principio, ora ribadito in tema di colpa medica, era stato, infatti, di recente affermato in ipotesi di abuso di ufficio Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza numero 43302/11 depositata il 23 novembre, in Diritto e Giustizia 24 novembre 2011 , di diffamazione a mezzo stampa Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza numero 3721/12 depositata il 30 gennaio, in Diritto e Giustizia 30 gennaio 2012 di omessa valutazione di rischi di interferenza tra appaltante e appaltatore Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sent. numero 5420/12 depositata il 10 febbraio, in Diritto e Giustizia 14 febbraio 2012 , di omissione di cautele da parte di agenti sul luogo di sinistro stradale Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sent. numero 8912/12 depositata il 6 marzo, in Diritto e Giustizia 7 marzo2012 di sinistro stradale mortale Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sent. numero 9516/12 depositata il 12 marzo, in Diritto e Giustizia 12 marzo2012 , nonché, infine, di falso ideologico e materiale di pubblico ufficiale ed omissione di atti di ufficio Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sent. numero 10849/12 depositata il 20 marzo, in Diritto e Giustizia 21 marzo2012 . Il discrimen fra la sentenza di non luogo a procedere ed il proscioglimento dibattimentale. Si può dunque affermare che la udienza preliminare, nella configurazione assunta per effetto delle innovazioni introdotte con la legge 479/99 ha modificato, ma non certo perduto, nonostante l'arricchimento del materiale cognitivo a disposizione del Giudice, la sua originaria funzione di filtro contro le accuse infondate . L’art. 425, comma 3, c.p.p. prevede che si debba pronunciare una sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori oppure inidonei a sostenere l'accusa in giudizio in conformità della norma dell' art. 125 disp. att. c.p.p. in materia di l'archiviazione . Sul tema, la Corte Costituzionale con sent. 6 luglio 2001 numero 224 e 12 luglio 2002 numero 335 e le Sezioni Unite sent. 29 maggio 2008 numero 25695 hanno puntualizzato che la fondamentale regola probatoria, al fine che rileva, resta qualificata da una delibazione di tipo prognostico sulla possibilità di successo della futura nella fase dibattimentale. Tale regola salvaguardia due esigenze contrapposte, cioè, la necessità di evitare dibattimenti inutili e di non pregiudicare situazioni che non sono immutabili. Pertanto, il GUP deve effettuare una previsione sulla superfluità del dibattimento avendo come referente non solo le emergenze agli atti, ma anche quelle presumibilmente acquisibili in prosieguo e valutare se gli elementi probatori insufficienti o contraddittori dei quali dispone possano trasformarsi in prove piene all'esito della dialettica dibattimentale. Se tale prognosi è negativa, per esigenze di tutela dell'imputato e per ragioni di economia processuale, si deve pronunciare una sentenza a sensi dell'art. 425 c.p.p E’ pur vero che le novazioni legislative hanno reso più incisiva la valutazione dell'udienza preliminare tanto da indurre la Consulta a considerarla un giudizio di merito sulla consistenza della accusa, ma che si esaurisce, tuttavia, nella prognosi della sostenibilità della futura accusa sent. 12 luglio 2002 numero 335 . Infatti la stessa Corte Costituzionale sent. 16 luglio 2009 numero 242 ed ordinanza 27 gennaio 2010 numero 33 ha da tempo sostenuto la diversità della udienza preliminare rispetto al dibattimento sotto il profilo dello accertamento perchè nella prima non deve essere verificata la responsabilità dell'imputato, ma la utilità del dibattimento. Per quanto rilevato, si deve concludere che il Giudice della udienza preliminare, in presenza di elementi che risultano insufficienti o contraddittori, non deve decidere pro reo come se fosse applicabile il parametro degli artt. 529 e 531 c.p.p, in quanto la sentenza di non luogo a procedere trova la sua radice in un compendio probatorio non modificabile nel dibattimento. Eterogenesi dei fini. Sotto tale profilo appare dunque riaffermato e assolutamente condivisibile l’assunto, diffuso in dottrina, secondo cui le modifiche introdotte dalla legge 479/99 al comma 3 dell’art. 425 c.p.p. altro non rappresentino se non una codificazione delle conclusioni già assunte dalla giurisprudenza prevalente. Se dunque la ratio legis della modifica dell’art. 425 c.p.p. era indubbiamente quella di rendere effettiva la funzione di ‘filtro’ della udienza preliminare, pare altrettanto certo come la sentenza di non luogo a procedere lungi dall’essere divenuto un vero e proprio proscioglimento anticipato nel merito rappresenti ancora una sentenza meramente processuale, che accerta soltanto la necessità o meno di passare alla fase dibattimentale. Ancora una volta dunque un’eterogenesi dei fini, con buona pace dell’assunto Marxiano secondo cui la differenza del peggior architetto rispetto all'ape migliore consisterebbe nella capacità dell'uomo di realizzare con precisione i propri progetti, senza interferenze od ostacoli insuperabili tra ideale e reale, fra lo psichico, pensiero e volontà, e l'attuazione o esecuzione pratica, insomma tra il risultato previsto, atteso, desiderato e quello effettivamente ottenuto.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 marzo – 12 aprile 2012, n. 13922 Presidente Marzano – Relatore Galbiati Ritenuto in fatto Un fatto secondo l'accusa, risultava che P G. , di anni 40 con precedenti di aborto spontaneo e sottopostasi a pratica di fecondazione assistita, si ricoverava il giorno omissis presso il reparto di ginecologia ed ostetricia dell'Ospedale omissis per procedere alla fase del travaglio e del parto. I tracciati cardiotocografici eseguiti il successivo omissis alle ore 7,24, ore 9,31 peraltro visionato dai sanitari solo la sera alle ore 19,45 , ore 16,40 esponevano segni di difficoltà respiratoria del feto così l’esame amniorexi effettuato alle ore 13,00 indicava, in base al colore del liquido amniotico tinto di meconio, la presenza di elementi di sofferenza fetale. Tuttavia, l'estrazione con parto cesareo del feto avveniva solo alle ore 22,01 della stessa serata il piccolo D C. si trovava già in stato di arresto cardiaco e decedeva il giorno dopo, per insorgenza di polmonite da meconio . 2. Il P.M. presso il Tribunale di Firenze, svolte le indagini ed espletata anche perizia in sede di incidente probatorio, chiedeva il rinvio a giudizio per il reato di omicidio colposo di B.L. , quale primario della struttura, dei ginecologi i quali, unitamente al B. , avevano seguito il travaglio della donna P.F. , A F. , G F. , C G. , nonché dell'ostetrica O S. . Al B. veniva contestata la non adeguata organizzazione della struttura, nonché, unitamente agli altri imputati, la mancata esecuzione di tutti gli accertamenti necessari, la sottovalutazione degli indici di sofferenza del feto emersi e l'effettuazione tardiva dell'intervento di parto cesareo. 3. Il GUP del Tribunale di Firenze, all'esito dell'udienza preliminare, con sentenza in data 7/3/2011, dichiarava non luogo a procedere nei confronti di tutti gli imputati con la formula perché il fatto non sussiste . Osservava che le cause della morte di D C. erano state individuate nella sindrome di MOF con particolare interessamento del polmone del rene e del cuore la sindrome era stata determinata dalla patologia c.d. corangiosi , costituita da un'alterazione placentare a patogènesi sconosciuta. D'altro canto, i periti d'ufficio, pur concordando sul fatto che un intervento di taglio cesareo più tempestivo avrebbe evitato il decesso del neonato, avevano evidenziato la difficoltà per i sanitari di pervenire ad una sollecita diagnosi della situazione clinica, considerato che gli indici di sofferenza fetale erano sicuramente sussistenti ma essi non erano del tutto gravi ed univoci e non presentavano un quadro di deterioramento costante e progressivo, così come avviene nei casi di sofferenza ingravescente. Ad avviso del Giudice, gli elementi probatori acquisiti non lasciavano spazio per un approfondimento dibattimentale, attesa la difficoltà di pervenire con certezza all'affermazione che, nella situazione concreta, sarebbe stato esigibile una diversa determinazione curativa da parte dei sanitari. Difatti, costoro, al momento del loro intervento, non risultavano avere elementi certi per procedere in modo diverso rispetto alla prosecuzione del parto spontaneo anzi, la presenza di condizioni attestanti l'imminenza del parto, accanto all'apparente miglioramento dei tracciati cardiotocografici, avevano indotto i medici a scegliere la soluzione naturale . Aggiungeva il Giudice, in ordine alla posizione processuale dell'ostetrica O S. , che nei riguardi di costei non era stata esposta in concreto alcuna contestazione. 4. Avverso la sentenza proponevano ricorso per cassazione le parti civili C.M. e P G. , genitori dei neonato, nonché il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze. Le parti civili sottolineavano che il GUP aveva erroneamente emesso una formula di non luogo a procedere che presupponeva l'insussistenza del nesso di causalità tra il comportamento tenuto dai sanitari ed il decesso del neonato per contro, gli stessi periti d'ufficio avevano affermato, con valutazione ex post, che la morte di C.D. era ascrivibile di per sé al ritardato espletamento del taglio cesareo. Sotto altro profilo, andava sottolineato che il Giudice nella sostanza non aveva fornito, secondo quanto stabilito dall'art. 425 comma 3 cod.proc.pen., un giudizio prognostico di immutabilità del quadro probatorio, ma piuttosto si era limitato ad esporre una valutazione di innocenza dei prevenuti il che esulava dalla natura del giudizio in questione finalizzato essenzialmente all'emissione di una pronuncia circa le possibilità di sviluppo processuale dei fondamenti probatori dell'imputazione. Chiedeva l'annullamento della decisione. 5. Il P.M. impugnante escludeva dal proprio ricorso le posizioni del Dott. C G. e dell'ostetrica O S. , giacché costoro erano entrati in servizio solo alle ore 20-20,30 del OMISSIS , poco prima dell'esecuzione dell'intervento di taglio cesareo quando la situazione clinica del piccolo D. era verosimilmente compromessa. Censurava le va lutazioni espresse dal Giudice nei confronti degli altri imputati, il cui comportamento presentava elementi di imprudenza e imperizia nel trattare il caso e di colpevole ritardo nell'intervento operativo poi eseguito. Chiedeva l'annullamento della decisione. Considerato in diritto 1. I ricorsi vanno accolti per quanto di ragione perché fondati. Si osserva, come ripetutamente affermato da questa Corte di legittimità, che, ai sensi dell'art. 425 C.P.P., l'insufficienza o contraddittorietà delle fonti di prova che legittima l'emanazione di sentenza di proscioglimento da parte dei Giudice dell'udienza preliminare ha quale parametro di riferimento la prognosi di inutilità del dibattimento, mentre deve essere escluso il proscioglimento in tutti i casi in cui tali fonti di prova si prestino a soluzioni alternative o aperte. In altre parole, il GUP, a fronte di elementi di prova in parte favorevoli all'imputato, deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere solo in forza di un giudizio sicuro di immutabilità del quadro probatorio, specificamente di non modificabilità in dibattimento per effetto dell'acquisizione di nuove prove o di una diversa valutazione degli elementi in atti. 2. Nel caso di specie, il Giudice non ha correttamente motivato in ordine alle condizioni stabilite dall'art. 425 cod.proc.pen per addivenire legittimamente ad una pronuncia di non luogo a procedere, nel merito della vicenda, nei confronti degli imputati. In particolare, il GUP ha sostanzialmente fornito un giudizio di non attribuibilità di colpa ai prevenuti per i comportamenti tenuti nell'occorso, senza sottolineare, invece, adeguatamente le ragioni per cui il successivo giudizio dibattimentale non potesse consentire ulteriori approfondimenti tecnici e soprattutto diverse valutazioni dell'accadimento. Per contro, la vicenda, nella sua delicatezza e peculiarità allo stato delle indagini, presenta sicuramente possibilità di lettura alternativa rispetto a quella esposta dal Giudice, come del resto manifestato dai periti che sono intervenuti nell'incidente probatorio, i quali hanno comunque evidenziato la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta dei sanitari ed il tardivo intervento di taglio cesareo. Una maggiore tempestività nell'operazione avrebbe indotto un percorso causale diverso. Il che, tra l'altro, comporta l’erroneità della formula di proscioglimento adottata circa la non sussistenza del fatto attribuito implicante la non ricorrenza del rapporto eziologico tra condotta ed evento, cosa che risulta contrastare con un adeguato giudizio e riscontro in ordine alla successione anche solo cronologica dei fatti. La vicenda impone, in sede di udienza preliminare, una delibazione complessiva più esaustiva del comportamento dei singoli sanitari, che si sono occupati del caso, sempre nell’ottica” di formulare una corretta prognosi di possibile evoluzione del materiale probatorio in sede dibattimentale sia di per sé come entità di elementi di prova ancora acquisibili ovvero come possibilità di rivalutazione degli elementi già in atti. Va esclusa, nell’ambito di una nuova disamina delle condizioni per procedere o meno al giudizio nei riguardi degli imputati, la posizione dell’ostetrica S.O. nei cui confronti non risultano formulati precisi addebiti. 3. Pertanto, la sentenza impugnata, viziata nella motivazione presentante elementi di illegittimità ed inadeguatezza in relazione alla natura della decisione conclusiva dell’udienza preliminare, va annullata nei confronti dei medici P. , F. A., F. G., G. , B. il procedimento va rinviato al Tribunale di Firenze. Il ricorso delle parti civili contro S.O. deve dichiararsi inammissibile perché manifestamente infondato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di P.F. , F.A. , F.G. , G.C. e B.L. , con rinvio al Tribunale di Firenze. Dichiara inammissibile il ricorso delle parti civili nei confronti di S.O. .