Avvocato ultrasettantenne favoreggia l’immigrazione clandestina: confermati i domiciliari

Al fine di valutare la sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato possono considerarsi anche le specifiche modalità e le circostanze del fatto giudicate nella loro obiettività. Anche la condotta tenuta dall’agente in occasione del reato costituisce un elemento significativo per valutare la personalità del soggetto.

Il caso. Secondo l’accusa un avvocato ultrasettantenne curava le pratiche di assunzione di cittadini stranieri a nome di imprenditori che non ne avevano però fatto richiesta, compiendo materialmente falso ideologico nella compilazione di dette richieste. In questa attività l’avvocato si avvaleva di intermediari che agivano tra gli apparenti datori di lavoro interessati al rilascio di nulla osta a favore di cittadini stranieri e i cittadini stranieri intenzionati a fare ingresso in Italia. Agli arresti domiciliari per pericolo di reiterazione. Il GIP emetteva ordinanza di arresti domiciliari a carico dell’avvocato per i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina art. 12, comma 3 e 3 bis d.lgs. n. 286/98 e per il reato di falsità ideologica in atto pubblico su induzione in errore di pubblico ufficiale, in tema di rilascio di nulla osta al lavoro per cittadini immigrati da paesi terzi. L’ordinanza veniva confermata dal Tribunale del Riesame di Catania. L’analitico vaglio circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza Molti e gravi gli indizi di colpevolezza elencati dichiarazioni auto ed etero accusatorie di un funzionario del Dipartimento provinciale del lavoro, dichiarazioni degli imprenditori e dell’intermediario tra datore di lavoro e cittadini di paesi terzi coinvolti, informazioni rese da un cittadino extracomunitario che aveva trovato nell’avvocato la persona che si era occupata del suo permesso di soggiorno non ancora firmato dal datore di lavoro, sul presupposto di un’assunzione lavorativa in realtà inesistente, intercettazioni di conversazioni. e del periculum libertatis. Nel giudicare la sussistenza dell’esigenza di special prevenzione per cui occorre evitare la reiterazione del reato, il periculum libertatis può fondarsi sulla valutazione delle specifiche modalità del fatto di reato e sulla personalità dell’autore ricavata da precedenti penali oppure da comportamenti o atti concreti detti elementi, il Tribunale del Riesame di Catania, li ha concretamente ravvisati riguardo al professionista soggetto ad indagine in riferimento alla condotta tenuta dall’agente e riguardo alla natura dei reati ipotizzati. Arresti domiciliari in luogo della custodia in carcere. Operando una scelta tra l’applicabilità della norma processuale inserita nel d.lgs. citato art. 12 co. 4 bis e quella generale e prevalente dell’art. 275 co. 4 c.p.p. che afferma la necessità che per disporsi la custodia in carcere di persona ultrasettantenne vi siano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, il Tribunale pur escludendo detta eccezionalità riconosceva la sussistenza delle esigenze cautelari, da ritenersi presunte ai sensi dell’art. 12 co. 4 bis d.lgs. n. 286/98. Questione di legittimità per la norma speciale La Corte presta attenzione alla pendenza di una questione di legittimità della norma da ultimo citata nella parte in cui prevede che quando per i reati previsti sussistono i gravi indizi di colpevolezza è obbligatoriamente applicata la custodia cautelare in carcere, salvo prova contraria riguardo l’esigenza cautelare. ma nel caso concreto l’ordinanza giustifica la misura cautelare adottata. Le esigenze cautelari descritte dal GIP e dal Tribunale, anche se non eccezionali, hanno giustificato l’applicazione degli arresti domiciliari, perché fondate sulla condotta criminosa e sulla natura dei reati ipotizzati. Gli elementi apprezzati possono desumersi – secondo il costante orientamento della Cassazione – anche dalle specifiche modalità e dalle circostanze del fatto considerate nella loro obiettività, con la conseguenza che la personalità dell’indagato può desumersi dagli elementi di cui all’art. 133 c.p. la condotta tenuta in occasione del reato costituisce un elemento significativo per valutare la personalità del soggetto. Non occorre quindi disturbare la norma speciale che riguarda l’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere , perché il fatto che l’indagato sia ultrasettantenne ha escluso tale possibilità ne residua la sottoposizione agli arresti domiciliari, per cui sono stati riconosciuti nel merito la sussistenza dei requisiti previsti per legge gravi indizi di colpevolezza, esigenze cautelari, adeguatezza .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 7 dicembre 2011 – 12 aprile 2012, n. 13602 Presidente Chieffi – Relatore Mazzei Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 22 ottobre 2010, depositata il successivo 4 novembre, il Tribunale di Catania, costituito ai sensi dell'art. 309 cod. proc. pen., ha confermato l'ordinanza emessa il 27 settembre 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa di applicazione a C.F. , ultrasettantenne, della misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di favoreggiamento dell'Immigrazione clandestina, di cui all'art. 12, commi 3 e 3-bis, d.lgs. n. 286 del 1998, come modificato dalla legge n. 189 del 30/07/2002, ritenuta la consumazione cessata nel novembre 2008 capo A e per il reato di falsità ideologica in atto pubblico su induzione in errore di pubblico ufficiale, in tema di rilascio di nulla osta al lavoro per cittadini immigrati da paesi terzi, di cui agli artt. 48, 479 e 61 n. 2 cod. pen. capo B . Il Tribunale ha, innanzitutto, ritenuto infondate le eccezioni preliminari sollevate dal difensore del C. in punto di nullità dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare perché priva di alcune pagine nella copia notificata all'interessato e per non avere il pubblico ministero depositato, unitamente alla richiesta della misura, il fascicolo personale dell'indagato, rilevando l'avvenuto deposito dell'ordinanza integrale nella cancelleria del giudice emittente, con rituale avviso al difensore, e la regolare trasmissione al giudice del fascicolo relativo al C. , donde l'assenza della denunciata violazione del diritto di difesa. Nel merito, i gravi indizi di colpevolezza sono stati ritenuti integrati dai seguenti elementi a dichiarazioni auto ed etero accusatorie di B.S. , funzionario del Dipartimento provinciale del lavoro, già indagato in precedente procedimento iscritto nel 2007, di cui quello attuale, a carico del C. , costituisce uno stralcio disposto nel 2009, secondo le quali proprio l'avvocato C. curava le pratiche di assunzione di cittadini stranieri a nome degli imprenditori R.V. e A.S. contro il volere del primo e all'insaputa del secondo, avvalendosi di intermediari tra gli apparenti datori di lavoro richiedenti il rilascio del nulla osta a favore di persone provenienti da paesi terzi, sulla base di dati non veritieri quanto a disponibilità all'assunzione di lavoratori stagionali, messa a disposizione dell'alloggio e impegno al pagamento delle spese di viaggio, e i cittadini di paesi terzi intenzionati a fare ingresso in Italia b dichiarazioni dell'imprenditore A.S. che riscontravano quelle del B. , a proposito della sua richiesta di soli tre lavoratori stranieri per l'anno 2007, mentre dalle verifiche documentali presso lo sportello unico immigrazione risultavano dodici richieste, e della proposta rivoltagli da un avvocato di provvedere in sua vece al ritiro del nulla osta per un lavoratore di cui ricordava solo il prenome, M. , proposta da lui non accettata perché non conosceva né il lavoratore né l'avvocato c dichiarazioni auto ed etero accusatorie di W.A. , uno degli intermediari tra datori di lavoro richiedenti il rilascio dei nulla osta ideologicamente falsi e i cittadini di paesi terzi che intendevano entrare in Italia, il quale aveva riferito di essersi avvalso dell'assistenza legale del C. con riferimento alle pratiche degli imprenditori Ca.Lu. e Ca.Se. dietro versamento della somma di Euro 1.000,00 d dichiarazioni dei predetti Ca. , a loro volta già indagati nel procedimento madre n. 6777/07 R.g.n.r. , i quali avevano escluso di conoscere il C. e di avergli mai conferito l'incarico di curare le pratiche per l'assunzione di lavoratori stranieri e contenuto delle conversazioni intercettate il 23, il 30 e il 31 ottobre del 2007, da cui emergeva che, in una pratica di assunzione a nome di Ca.Lu. , la richiesta di nulla osta era stata firmata dal C. , il quale, ben consapevole di essere privo di procura mai conferitagli dal Ca. , da lui neppure conosciuto, aveva sollecitato l'intermediario W. a procurargliela con retrodatazione e gli aveva richiesto il pagamento di quanto a lui dovuto per il suo intervento il contenuto delle dette conversazioni e, segnatamente, di quella del 30 ottobre 2007 ore 20 rivelava, secondo il Tribunale, che il C. era in rapporti col solo W. , il quale gli procurava le pratiche che lui provvedeva ad evadere creando apparenti richieste di nulla osta al lavoro per cittadini extracomunitari indicati dallo stesso W. , dietro pagamento di somme di denaro, mentre priva di fondamento e di alcun riscontro era l'interpretazione alternativa prospettata dal difensore del prevenuto circa il riferimento, nella medesima conversazione, a pregressi rapporti professionali leciti tra il C. e il W. f informazioni rese dal cittadino extracomunitario, Ch.Bo. , il 12 aprile 2008, che aveva indicato proprio nell'avvocato C. colui che si occupò del suo contratto di soggiorno, non ancora firmato dal datore di lavoro, sul presupposto di un'assunzione lavorativa in realtà inesistente e dichiarazioni dell'indagato, nel corso dell'interrogatorio reso il 10 agosto 2010, in contrasto con le risultanze investigative in punto di negata conoscenza dei mediatori smentito sul punto dal contenuto delle conversazioni intercettate col W. e di rapporti trattenuti solo con i datori di lavoro smentito, anche su quest'ultimo punto, dalle dichiarazioni degli imprenditori A. e Ca. e dalla sua stessa ammissione di non conoscere Ca.Lu. , nella predetta conversazione con il W. del 30 ottobre 2007 . Quanto alle esigenze cautelari, dopo una premessa sui rapporti tra l'art. 12, comma 4-bis, d. lgs. n. 286 del 1998 [norma processuale di immediata applicazione inserita dal l'art. 1, comma 26, lett. e , legge n. 94 del 2009 ] e l'art. 275, comma 4, cod. proc. pen., richiedente esigenze cautelari di eccezionale rilevanza per disporre la custodia cautelare in carcere di persona che ha oltrepassato l'età di settanta anni, quest'ultima prevalente sulla prima, il Tribunale ha escluso l'eccezionalità ma non la sussistenza delle dette esigenze, da ritenersi presunte a norma del comma 4-bis del l'art. 12, cit., condividendo la scelta del Giudice per le indagini preliminari di applicare la misura degli arresti domiciliari siccome misura adeguata a salvaguardare, come testualmente si legge nel provvedimento, il concreto pericolo di reiterazione criminosa ravvisabile, nel caso di specie, alla stregua della grave condotta tenuta dall'indagato e della natura dei reati in contestazione. 2. Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il C. , tramite i difensori di fiducia, i quali deducono sei motivi di ricorso. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità dell'ordinanza impugnata, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., in relazione all'art. 309, commi 5, 6 e 8 stesso codice, per omessa trasmissione alla cancelleria del tribunale del riesame di tutti gli atti presentati dal pubblico ministero a norma dell'art. 291, comma 1, cod. proc. pen 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., in relazione agli artt. 291 e 358 cod. proc. pen., l'omessa motivazione con riguardo agli elementi a favore dell'indagato indicati nel corso del suo interrogatorio e nelle depositate memorie difensive circa le modalità di espletamento della sua attività professionale, motivazione resa ancora più urgente dal fatto che, nel procedimento originario n. 6777/2007 R.g.n.r., da cui è derivato quello attuale n. 4365/2009 R.g.n.r., la condotta riferibile al C. non era stata ritenuta penalmente rilevante. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen., la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione per travisamento dei fatti risultante dal contrasto tra le condotte rilevate nel contesto motivazionale e gli atti processuali. Vengono testualmente riportate le dichiarazioni rese dal B. , dall'A. e dal W. a confutazione della possibilità di trarre da esse i ritenuti gravi indizi di colpevolezza a carico del C. con riguardo ai fatti ipotizzati nell'ordinanza cautelare. 2.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia l'inosservanza degli articoli 292, comma 2, e 125 cod. proc. pen L'ordinanza del Tribunale del riesame, in punto di esigenze cautelari, avrebbe dovuto dare atto di aver vagliato la mancanza di elementi indicativi dell'insussistenza delle dette esigenze e non limitarsi al mero richiamo della presunzione relativa di legge, di cui all'art. 12, comma 4-bis, d.lgs. n. 286 del 1998, omettendo in particolare di motivare in punto di concretezza ed attualità delle ragioni di cautela pur a fronte della lontananza nel tempo dei fatti attribuiti al C. . Puramente apparente sarebbe, al riguardo, la motivazione adottata che testualmente si risolve nella tautologica affermazione del concreto pericolo di reiterazione della condotta criminosa alla stregua della grave condotta tenuta dall'indagato e della natura dei reati in contestazione . 2.5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, risultante dal testo dell'ordinanza impugnata, in punto di ritenuta insussistenza di elementi indicativi della mancanza di esigenze cautelari. La distanza temporale tra la condotta incriminata e l'applicazione della misura cautelare inficerebbe la ritenuta esigenza speciale preventiva, di cui all'art. 274, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., sostenibile solo in presenza di elementi indicativi dell'attualità e concretezza delle condizioni integranti il rischio di recidiva pari menti inesistente sarebbe il pericolo di inquinamento probatorio, di cui all'art. 274, comma 1, lettera a , cit., non essendo stata neppure disposta la perquisizione nello studio professionale del C. , il quale avrebbe spontaneamente offerto agli inquirenti gli elementi documentali - i propri fascicoli di studio - attestanti i normali rapporti professionali trattenuti con il W. , offrendone un'interpretazione alternativa rispetto a quella accusatoria, sbrigativamente liquidata dal Tribunale come suggestiva. 2.6. Con il sesto motivo il ricorrente deduce la nullità dell'ordinanza impugnata, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., per vizio della motivazione in punto di adeguatezza della misura cautelare applicata. L'ordinanza impugnata, pur avendo correttamente ricostruito il rapporto tra l'art. 12, comma 4 bis, d.lgs. n. 286 del 1998 e l'art. 274, comma 4, in fine, cod. proc. pen., riconoscendo la prevalenza di quest'ultima disposizione a favore dell'imputato ultrasettantenne, avrebbe omesso qualsivoglia motivazione in punto di ritenuta adeguatezza degli arresti domiciliari quale unica misura idonea a scongiurare te presunte esigenze cautelari, trascurando in particolare di valutare l'adeguatezza della meno grave misura interdittiva del divieto temporaneo di esercizio della professione di avvocato, di cui all'art. 290, comma 1, cod. proc. pen., benché proprio quest'ultima misura avesse formato oggetto della richiesta del pubblico ministero nell'originario procedimento n. 6777/2007 R.n.g.r., di cui il presente costituisce uno stralcio. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 3.1. Il primo e il secondo motivo sono del tutto generici e, perciò, inammissibili, non avendo il ricorrente specificato quali atti il pubblico ministero avrebbe omesso di trasmettere alla cancelleria del tribunale del riesame e, neppure, quali elementi allegati dall'indagato a sua discolpa nel corso del suo interrogatorio e nelle memorie difensive sarebbero stati ignorati dallo stesso tribunale, e la loro rilevanza ai fini della decisione. 3.2. Il terzo motivo è parimenti inammissibile perché postula una rivalutazione in fatto delle fonti di prova non consentita in questa sede, attesa l'insussistenza del denunciato vizio di motivazione in punto di gravi indizi di colpevolezza, avendo l'ordinanza impugnata, come risulta dalla precedente esposizione del suo articolato contenuto, dato adeguata e coerente ragione delle risultanze investigative e della lettura di esse integrante il ritenuto grave compendio indiziario a carico del C. . 3.3. Il quarto e il quinto motivo, attinenti alla denuncia di violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo alla ritenuta esistenza delle esigenze cautelari, sono infondati. Premesso che la Corte non ignora la pendenza di questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 4-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 236 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , aggiunto dall'art. 1, comma 26, lettera f , della legge 15 luglio 2009, n. 94 Disposizioni in materia di sicurezza pubblica , nella parte in cui prevede che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati previsti dal comma 3 del medesimo articolo, è obbligatoriamente applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari, nel caso in esame, sia pure sinteticamente ma esaustivamente, il tribunale ha richiamato le condivise ragioni, espresse dal giudice per le indagini preliminari nell'ordinanza cautelare genetica, a sostegno della ritenuta esistenza delle esigenze cautelari, peraltro non eccezionali, che hanno giustificato l'applicazione all'indagato ultrasettantenne della misura degli arresti domiciliari, ravvisate nella gravità della condotta criminosa e nella natura dei reati ipotizzati. La detta motivazione è coerente con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di misure coercitive, ai fini della configurabilità della esigenza cautelare del pericolo di reiterazione criminosa di cui all'art. 274, lett. c , cod. proc. pen., gli elementi apprezzabili possono essere tratti anche dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, considerate nella loro obiettività, giacché la valutazione negativa della personalità dell'indagato può desumersi dagli elementi tutti di cui all'art. 133 cod. pen. e la condotta tenuta in occasione del reato costituisce un elemento specifico significativo per valutare la personalità dell'agente Sez. 4, n. 11179 del 19/01/2005, dep. 22/03/2005, Miranda, Rv. 231583 conformi n. 45542 del 21/11/2001, Rv. 220331 e n. 12404 del 17/02/2005, Rv. 231323 . Va aggiunto che il tempo trascorso dalla commissione del fatto non è di per sé sufficiente ad escludere le esigenze cautelari come sopra ravvisate, né risulta che il ricorrente abbia prospettato altri elementi idonei a vanificare le medesime esigenze, da ritenersi presunte iuris tantum in forza della citata disposizione di cui all'art. 12, comma 4-bis, d.lgs. n. 286 del 1998, aggiunto dall'art. 1, comma 26, legge n. 94 del 2009, cit., attualmente sottoposta a scrutinio costituzionale, già ritenuta dalla giurisprudenza di questa Corte di immediata applicazione ai procedimenti in corso Sez. 1, n. 10277 del 25/02/2010, dep. 15/03/2010, Imafidon, Rv. 246786 . 3.4. È infondato, infine, anche il sesto motivo di gravame con riguardo all'omessa valutazione della misura più adeguata ad assicurare le ritenute ragioni di cautela e, in particolare, all'ingiustificata negazione della meno grave misura del divieto temporaneo di esercitare la professione di avvocato, di cui all'art. 290, comma 1, cod. proc. pen La rilevanza delle ritenute esigenze cautelari da un lato, connesse anche alla natura dei reati ipotizzati postulante una rete di relazioni e interessi tendenzialmente stabile, e la tenuità della proposta misura interdittiva, dall'altro, di durata limitata a due mesi ai sensi dell'art. 308, comma 2, cod. proc. pen., a fronte altresì di una condotta criminosa non costituente necessaria espressione dell'attività professionale del cautelato, hanno adeguatamente giustificato, nella complessiva motivazione del provvedimento impugnato seppure non contenente esplicito richiamo alla detta misura interdittiva, la conferma degli applicati arresti domiciliari. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell'art. 616, comma 1, cod. proc. pen P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.