Tormenta e violenta l’ex compagna, domiciliari e non più carcere. Pericolo di reiterazione limitato

Nonostante le gravi accuse e i precedenti penali, la misura cautelare, nei confronti dell’uomo, viene alleggerita. Confermata la decisione del Tribunale, che aveva contraddetto il provvedimento adottato dal Gip, perché la condotta vessatoria è limitata ad un solo soggetto.

Stalker prima e violentatore poi, vittima la ex compagna. Ma, nonostante la doppia grave accusa, il carcere viene ritenuto eccessivo preferibile la concessione degli arresti domiciliari. Perché – come si legge nella sentenza della Cassazione, numero 12790, Terza sezione Penale, depositata oggi – il pericolo di reiterazione è ‘limitato’ alla sola ex convivente. Limitazione limitata. Gli episodi che comportano l’intervento della giustizia sono terribili prima lo stalking , poi la violenza sessuale. Vittima una donna, sotto accusa l’ex compagno. Per questo, il giudice per le indagini preliminari opta per la custodia cautelare in carcere dell’uomo, alla luce del carattere violento e aggressivo, non solo verso la ex compagna . Ma il provvedimento viene ritenuto eccessivo dal Tribunale, che sostituisce il carcere con gli arresti domiciliari, accompagnati dal divieto di comunicare con persone diverse dai familiari conviventi. Indizi gravi, destinatario unico. Come spiegare questo ‘alleggerimento’ per l’uomo? Per i giudici, la gravità indiziaria è evidente, e testimoniata anche da reiterate telefonate, minacce, pedinamenti oltre che da fotografie, Facebook e messaggi sul cellulare, così come è chiara l’esigenza di impedire la reiterazione dei reati , anche tenendo presenti la condotta e la personalità violenta dell’uomo. Però, secondo i giudici, le ‘attenzioni’ rivolte a una singola persona, l’ex convivente, riducono l’ampiezza del pericolo di reiterazione ecco perché, quindi, viene ritenuto che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con una misura meno afflittiva , ossia con gli arresti domiciliari. Pericolo ‘ristretto’. La decisione presa dal Tribunale scontenta tutti Finisce, difatti, nel mirino sia dell’uomo che del Procuratore della Repubblica, che presentano entrambi ricorso per cassazione, ovviamente con obiettivi diversi. Da un lato, l’uomo, tramite il proprio legale, punta ad ottenere il semplice divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dall’ex compagna dall’altro, il Procuratore ribadisce la necessità di un provvedimento più restrittivo, ossia il carcere, nei confronti dello stalker , violento e aggressivo come certificato anche da ulteriori precedenti penali e giudiziari riguardanti persone diverse dall’ex compagna. Ma entrambe le domande vengono respinte dai giudici di Cassazione, che, innanzitutto, ritengono prive di fondamento le tesi difensive dell’uomo è decisivo il ‘peso’ della inclinazione dell’uomo a perseguitare la donna. Quest’ultimo passaggio, però, assume rilievo anche per dare una risposta alle osservazioni mosse dal Procuratore. Su questo fronte, difatti, i giudici condividono quanto i cardini del ragionamento compiuto dal Tribunale, ossia l’aver tenuto conto della specificità della condotta vessatoria attuata soltanto nei confronti dell’ex convivente e l’aver, di conseguenza, limitato il pericolo di reiterazione dei reati legittima, per questo, la decisione di applicare ‘solo’ gli arresti domiciliari, e non più la custodia in carcere.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 febbraio – 4 aprile 2012, n. 12790 Presidente Mannino – Relatore Teresi Osserva con ordinanza 26.09.2011 il Tribunale di Catania ha sostituito la misura della custodia in carcere imposta ad A.A., quale indagato dei reati di cui agli art. 612 bis, commi l e 2, cod. pen. [per avere con condotte persecutorie e vessatorie, minacciato e molestato E.O. con la quale aveva intrattenuto una relazione conclusasi il 15.10.2010, in modo da cagionarle un perdurante stato di paura e un fondato timore per la propria incolumità] e 609 bis e ter cod. pen. [per avere costretto la predetta, con violenza e minacciandola con un coltello a subire una rapporto sessuale completo] con quella degli arresti domiciliari con divieto di comunicare con persone diverse dai familiari conviventi. Rilevava la Corte che la gravità indiziaria emergeva dalle dichiarazioni della persona offesa, sottoposte a rigoroso vaglio e riscontrate da molteplici elementi quali le dichiarazioni della madre della donna, della sua amica G. e del suo datore di lavoro che avevano confermato gli accadimenti descritti in querela sulle reiterate telefonate, minacce e sui pedinamenti , fotografie, facebook sms una relazioni di servizio della polizia referto del Pronto soccorso l’esito di perquisizioni domiciliari. Riteneva sussistere l’esigenza cautelare di impedire la reiterazione dei reati costituendo le concrete modalità esecutive della condotta, reiterata per un lungo arco temporale, e l’ingravescenza della condotta persecutoria, circostanze pienamente sintomatiche del concreto pericolo di reiterazione di ulteriori condotte delittuose in danno della vittima, nonché dell’attualità di tale pericolo, considerata, altresì, la personalità violenta dell’indagato gravato da precedenti penali e giudiziari specifici. Tuttavia, la specificità della condotta attuata nei confronti di un singolo soggetto limitava il pericolo di reiterazione dei reati verso la collettività, sicché le esigenze cautelare potevano essere soddisfatte con una misura meno afflittiva come quella degli arresti domiciliari. L’indagato proponeva ricorso per cassazione denunciando violazione di legge e contraddittorietà della motivazione sull’adeguatezza della misura che, alla stregua di quanto argomentato dal tribunale, ben poteva essere quella del divieto di avvicinarsi nei luoghi frequentati dalla persona offesa. Proponeva ricorso per cassazione anche il P.M. denunciando vizio di motivazione sulla disposta sostituzione della misura avendo il GIP ritenuto indispensabile la misura carceraria all’esito di una più articolata motivazione in cui veniva illustrato il carattere violento e aggressivo dell’indagato non solo verso la ex compagna ma anche verso la collettività come, del resto, aveva riconosciuto lo stesso tribunale citando precedenti penali e giudiziari riguardanti persone diverse dall’O. Chiedevano entrambi l’annullamento dell’ordinanza. L’ordinanza non è affetta da violazione di legge. Va, anzitutto, ribadito che l’ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenete adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione della misura cautelare e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è perciò circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, il cui possesso rende l’atto insindacabile 1 l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che l’hanno determinato 2 l’assenza nel testo dell’esposizione d’illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento’’ [Cassazione Sezione IV, n. 2050/1996, 17/08/1996 – 24/10/1996, Marseglia, RV 20610] e che il principio di proporzionalità, al pari di quello di adeguatezza, opera come parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto, tanto al momento della scelta e della adozione del provvedimento coercitivo, che per tutta la durata dello stesso, imponendo una costante verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le esigenze che concretamente permangono o residuino, secondo il principio della minor compressione possibile della libertà personale’’ [SU n. 16085/2011 RV. 249324]. Tanto premesso, va osservato che, nella specie, la misura cautelare della custodia in carcere, originariamente disposta per le esigenze cautelari di cui alla lettera c dell’art. 274 c.p.p., è stata sostituita dal tribunale con quella degli arresti domiciliari con argomentazioni non illogiche ancorate precipuamente alla specificità della condotta vessatoria attuata, a partire dal 15.10.2010 [data d’inizio dello stalking] soltanto nei confronti dell’ex convivente donde la congruenza del rilievo che fosse limitato il pericolo di reiterazione dei reati nei confronti della collettività dovendosi pure considerare che i richiamati precedenti riguardavano violenze avvenute in contesti familiari. Non può, invece, essere condiviso il giudizio, del tutto gratuito, fatto proprio dalla difesa, secondo cui l’indagato sarebbe capace a uniformarsi autonomamente all’osservanza degli obblighi alla stessa [?] connessi’’, dato sicuramente contrastante con i dati acquisiti sulla proclività dell’indagato a perseguitare la persona offesa. Pertanto la motivazione del Tribunale del riesame, ad esclusione del suddetto giudizio, è sul punto assolutamente corretta e si sottrae ai rilievi e a alle censure proposte con i presenti gravami. I ricorsi devono perciò essere dichiarati inammissibili P.Q.M. La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente A. al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000 a favore della cassa delle ammende.