Tra moglie e marito? L’obbligo di soggiorno

Dio li fa e poi li accoppia? Non sempre, a volte Dio li fa e la criminalità li divide. Così non basta il diritto al mantenimento dei rapporti familiari a sospendere temporaneamente la misura dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza per andare a trovare in carcere il proprio marito.

La fattispecie. È il caso di due coniugi, lui detenuto presso la casa di reclusione di Spoleto, lei, invece, sottoposta alla misura della sorveglianza speciale di PS con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. La donna si vede rigettare dal tribunale la sua richiesta di autorizzazione a recarsi a Spoleto per usufruire di un colloquio personale con il marito. Quindi, deducendo lesione del diritto di rango costituzionale al mantenimento dei rapporti familiari, presenta ricorso per cassazione. Mancano gravi e contingenti ragioni che rendono necessario il colloquio. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3264/2012 depositata il 26 gennaio, afferma che la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno è finalizzata alla prevenzione dell’attività criminosa, di conseguenza non è affatto irragionevole che essa comporti limitazioni alla libertà personale . Inoltre, la possibilità invocata di temporanea sospensione dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza è prevista dal legislatore per le ipotesi in cui ricorrano gravi e comprovate ragioni di salute” e l’esigenza del sottoposto di sottoporsi ad accertamenti sanitari o a cure indispensabili” . Nel caso di specie, invece, trattasi di soddisfare soltanto esigenze generiche correlate al mero desiderio di mantenere rapporti visivi e personali con i propri parenti . Pertanto, il ricorso è inammissibile e la ricorrente viene condannata al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 – 26 gennaio 2012, n. 3264 Presidente Milo – Relatore Fazio Ritenuto in fatto 1. Ricorre M B. , sottoposta alla misura della sorveglianza speciale di PS con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, avverso la ordinanza con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il 17 febbraio 2011, ha rigettato la sua richiesta d autorizzazione a recarsi in Spoleto per usufruire di un colloquio personale con il marito, Do Be. , detenuto presso la locale casa di reclusione. La B. deduce che il provvedimento lede prerogative di rango costituzionale, poiché nega il diritto al mantenimento dei rapporti familiari, in specie, rileva che le esigenze di tutela speciale possono, comunque, essere eluse poiché il Be. è ammesso a colloqui con altri familiari, sicché è illogico vietarli alla moglie, solo perché sottoposta a misura di prevenzione e solleva al riguardo eccezione di incostituzionalità della normativa ostativa. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile e la ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuali e della ammenda, che si reputa equo determinare in Euro mille a favore della cassa delle ammende. 2. Invero, la ricorrente si limita una mera riproposizione dei temi affrontati e risolti dalla pronuncia impugnata, introducendo in questa sede inammissibili considerazioni di merito in ordine alla possibilità di circoscrivere la ritenuta pericolosità del colloquio con adeguate misure di sicurezza ed in ordine alla disparità di trattamento della sua posizione rispetto quella di altri familiari. 3. Fermo restando, dunque, che il ricorso in esame esula dal paradigma previsto dall'art. 7 bis LN. 1423/56 che prevede espressamente il ricorso per cassazione per violazione di legge, è comunque da rilevare che in ogni caso le argomentazioni apportate sono palesemente infondate. 4. La possibilità invocata di allontanamento ossia di temporanea modifica o sospensione dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza è esclusivamente prevista dal legislatore per le ipotesi in cui ricorrano gravi e comprovate ragioni di salute e l'esigenza del sottoposto di sottoporsi ad accertamenti sanitari o a cure indispensabili . 5. La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo ritenuto di dovere pervenire, per garantire che non venissero lesi senza ragione diritti fondamentali di pari livello, ad una interpretazione il più possibile lata del rigoroso limite posto dal legislatore alla natura sanitaria delle ragioni che legittimano il permesso. Assimilando in qualche modo le esigenze di integrità dell'individuo in relazione ad aspetti irrinunciabili della sua vita alla salute psicofisica, è giunta così ad affermare che l'autorizzazione alla persona sottoposta all'obbligo del soggiorno in un determinato comune ad allontanarsi per soddisfare esigenze di salute gravi e temporanee, può essere anche concessa in presenza di gravi e contingenti ragioni familiari, che rendano però assolutamente necessario e indifferibile il contatto personale con il congiunto non anche, dunque, per soddisfare soltanto esigenze generiche correlate al mero desiderio di mantenere rapporti visivi e personali con i propri parenti tra molte e con riferimento ad ipotesi analoga a quella in esame, nella quale mancava per l'appunto l'allegazione di gravi e contingenti ragioni che rendessero assolutamente necessario il colloquio con il parente detenuto, cfr. Sez. 1, n. 44152 del 05/11/2003, Zeno n. 46935 del 21/11/2003, Zeno e da ultimo Sez. 1, Sentenza n. 27576 del 23/06/2010 . 6. Né può ipotizzarsi un irragionevole vulnus, sotto il profilo costituzionale, dei diritti fondamentali della persona, peraltro già escluso dalla Corte costituzionale con propria pronuncia n. 722 del 1988, perché in situazioni siffatte soccorre sempre, come suggerisce la stessa ordinanza n. 309 del 2003, la possibilità per l'interessato di avanzate richiesta ai sensi della citata L. n. 1423 del 1956, art. 7, affinché l'obbligo di soggiorno sia fissato in un comune dove le sue esigenze fondamentali di vita siano assicurate al meglio, sempre che ciò sia compatibile con le esigenze di sicurezza e che gli interessi fatti valere risultino effettivamente meritevoli di tutela. 7. Ancora, il Giudice delle leggi ha affermato C cost. n. 309 del 2003 che, essendo la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno finalizzata alla prevenzione dell'attività criminosa e dunque alla realizzazione di un compito primario per la pubblica autorità sent. n. 27 del 1959 non è affatto irragionevole che essa comporti limitazioni alla libertà personale,alla libertà di circolazione e soggiorno, ripercuotendosi così indirettamente ma inevitabilmente su altri diritti del soggetto considerato socialmente pericoloso, del cui esercizio quelle libertà costituiscono un presupposto. 8. Tali pronunce, in tema, escludono dunque che la questione di costituzionalità, sollevata peraltro in termini generici e non avente alcuno spunto di originalità rispetto i temi già affrontati e decisi, meriti ulteriore approfondimento. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.