Modifica il bene che ha in comproprietà col fratello senza consultarlo: non è reato

L’oggetto del reato di sottrazione di cosa comune è un bene mobile. Il bene immobile, invece, non può essere sottratto. Pertanto è da escludere la configurazione di tale fattispecie.

La fattispecie. Un uomo, comproprietario col fratello di un piano comune antistante le loro abitazioni, ricevuto in eredità dai defunti genitori, si impossessava di alcune parti indivise della zona comune. Più precisamente, dopo averne preso il possesso, edificava recinti in pietra, un muro di cinta, realizzava strutture metalliche e piantava alberi da frutto. Il fratello, turbato nel possesso, adiva l’autorità giudiziaria. Tuttavia, il Giudice di Pace assolveva l’imputato dal reato di sottrazione di cose comuni art. 627 c.p. , perché il fatto non sussiste. Il ricorso per cassazione viene proposto dal p.m. che chiede l’annullamento della sentenza. Sottrazione di cose comuni, ma mobili o immobili? La Corte di Cassazione, in primis , sottolinea che il reato di sottrazione di cose comuni consiste nel fatto del proprietario, socio o coerede, che si impossessa della cosa comune sottraendola a chi la detiene e, in più, specifica che l’oggetto del fatto deve essere una cosa mobile, escludendo le cose immobili. Perché? Perché esse - motiva il Collegio - non potendo venir sottratte a chi le detiene, non sono oggetto possibile di furto di alcuna specie, e perché il condominio o il compossesso di un immobile indiviso si estendono di diritto a tutta la cosa e alle singole parti di essa . Gli immobili non si possono sottrarre. Il ricorso del p.m., pertanto, viene rigettato visto che né dal capo di imputazione, né dal ricorso è dato rilevare che le cose in questione siano mobili, né appare astrattamente configurabile altra ipotesi di reato .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 ottobre 2011 – 24 gennaio 2012, n. 2887 Presidente Pagano – Relatore Cervadoro Svolgimento del processo A seguito dei fatti esposti nella dichiarazione orale di querela resa in data 25.6.2003 da R.P. , il pubblico ministero presso la Procura di Marsala disponeva la citazione a giudizio di R.G. per rispondere del reato p.p. dall'articolo 627 c.p., perché, essendo comproprietario con il fratello Paolo di un piano comune antistante le loro abitazioni, ricevuto in eredità dai defunti genitori, per procurare a sé un profitto si impossessava di parti indivise della zona comune, ivi edificando recinti in pietra, nei quali piantava alberi da frutto, realizzando una struttura metallica, nonché la sopraelevazione di un muro di cinta, in tal modo impedendo e comunque turbando il possesso del comproprietario. Con sentenza del 22.11.2010, il Giudice di Pace di Marsala, rilevando che gli elementi probatori acquisiti non consentivano di pervenire ad una affermazione di responsabilità, assolveva R.G. dal reato di cui all'articolo 627 c.p., perché il fatto non sussiste. Ricorre per cassazione avverso la sentenza il p.m. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, deducendo la violazione dell'articolo 606 lett. e c.p.p., per mancanza della motivazione, in quanto il Giudice di Pace ha semplicemente affidato ad una affermazione apodittica non è emerso con certezza che la condotta posta in essere dal R. integri il reato previsto dall'articolo 627 c.p . l'interna convinzione di una residua perplessità sulla responsabilità del prevenuto. Chiede pertanto l'annullamento della sentenza. Motivi della decisione 1. Il delitto preveduto dall'articolo 627 c.p. consiste nel fatto del comproprietario, socio o coerede, che si impossessa della cosa comune sottraendola a chi la detiene. Perché possa sussistere lo specifico titolo di furto previsto dalla norma in questione, è anzitutto necessario che oggetto del fatto sia una cosa mobile, rispetto alla quale l'agente abbia qualità di comproprietario, socio o coerede sono escluse le cose immobili, perché esse, non potendo venir sottratte a chi le detiene, non sono oggetto possibile di furto di alcuna specie, e perché il condominio o il compossesso di un immobile indiviso si estendono di diritto a tutta la cosa e alle singole parti di essa. 2. Il Giudice di Pace ha assolto R.G. dal reato contestato, non essendo emerso con certezza che la condotta posta in essere dal medesimo integri il reato previsto, trattandosi di area da dividere in parti uguali, e il ricorrente chiede l'annullamento della sentenza per vizio di motivazione, senza peraltro nulla rilevare o specificare in riferimento alle risultanze processuali e alla qualità delle cose comuni di cui si lamenta la sottrazione. Considerato che né dal capo di imputazione, né dal ricorso è dato rilevare che le cose in questione, o parti di esse, siano mobili, né appare astrattamente configurabile altra ipotesi di reato, il ricorso non è accoglibile in quanto infondato, e va pertanto rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.