Operazioni inesistenti, è reato solo con la registrazione

Il soggetto che si è limitato ad annotare le fatture false in contabilità, senza indicarle in dichiarazione, concorre nel reato di emissione di fatture false.

La S.C. ha ritenuto che la fattispecie in esame è diversa dalla previsione del concorso tra chi ha emesso una fattura e il soggetto che l’ha utilizzata nella dichiarazione fiscale, la cui configurazione è esclusa dall’art. 9 del d.lgs. numero 74/2000 Cass. numero 1894, depositata il 18 gennaio 2012 . Falsa fatturazione norma speciale rispetto alla truffa aggravata a danno dello Stato. L’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, è punita dal nostro legislatore con la reclusione da un anno e sei mesi fino a sei anni art. 8 d.lgs. numero 74/2000 . Il successivo art. 9 dello stesso decreto prevede una esimente per coloro che concorrono con il soggetto che si avvale di fatture o altri documenti falsi, escludendo la configurazione del reato di emissione di fatture false. La giurisprudenza di legittimità Cass., SU, 28 ottobre ritiene che i reati in materia fiscale di cui agli artt. 2 e 8, d.lgs. numero 74/2000, sono speciali rispetto al delitto di truffa aggravata a danno dello Stato art. 640 c.p., comma 2, numero 1 . In materia di IVA la frode è caratterizzata dalla presenza del dolo specifico consistente nella finalità di consentire a terzi i soggetti utilizzatori delle fatture o dei documenti falsi l'evasione delle imposte, l'indebito rimborso o il riconoscimento di un credito di imposta. Pertanto non realizza tale fattispecie criminosa la società destinataria della fattura irregolare, che non la contabilizzi perché relativa ad un operazione non imponibile ai sensi dell'art. 8 del d.p.r. numero 633/1972 Cass. numero 19234/2005 . La manovra di ferragosto ha modificato la disciplina. Le norme in materia di diritto penale tributario contenute nel d.lgs. numero 74/2000 hanno subito alcune modifiche in virtù di quanto contenuto nel decreto legge numero 138/2011 e cioè nella cosiddetta manovra di ferragosto , al fine principale di poter combattere con maggiore efficacia l’evasione fiscale. In particolare, il provvedimento di cui trattasi, non stravolgendo l’impianto normativo del precedente decreto legislativo, ha rivisto le soglie di punibilità, allungando i tempi necessari per il decorso della prescrizione e limitando sia la possibilità di patteggiamento che, nei casi più gravi, la concessione della sospensione condizionale della pena. Il caso. A seguito di ordinanza con cui il Tribunale contestava all’imputato i reati di cui all’art. 81, 110 c.p. e art. 8 d.lgs. numero 74/2000, commessi in qualità di socio amministratore di una società di persone, nonché socio di una srl, lo stesso la impugnava proponendo ricorso per cassazione eccependo l’erronea applicazione dell’art. 9 d.lgs. numero 74/2000. In particolare, a carico dell’imputato nell’ambito di indagini svolte dalla Gdf, erano emersi gravi indizi per il reato di emissione di fatture false, consumato da diversi soggetti in concorso tra loro, tramite alcune società di comodo. La S.C. ha ritenuto, rigettando il ricorso proposto, che nel caso si specie si configurava l’ipotesi di un soggetto che si è limitato ad annotare le fatture false in contabilità prodotte da altri con il suo concorso , senza tuttavia inserirle nella dichiarazione fiscale. Tale fattispecie è, quindi, del tutto diversa da quella del concorso tra chi ha emesso una fattura e chi l’ha utilizzata nella dichiarazione dei redditi, concorso la cui configurabilità è esclusa dall’ambito normativo di cui all’art. 9 d.lgs. numero 74/2000. I giudici di legittimità hanno aggiunto, inoltre, che, diversamente opinando, si potrebbe incorrere nell’errore di creare un’area di impunità per quei soggetti che abbiano concorso nell’emissione di documenti per operazioni inesistenti, limitandosi ad annotarli in contabilità, senza utilizzare tali documenti in dichiarazione indicando elementi passivi fittizi. Mediante tali artifici i soggetti verrebbero esclusi sia dalla previsione normativa di cui all’art. 8, che punisce l’emissione di documenti inesistenti, sia dalla previsione dell’art. 2, che richiede, oltre all’annotazione dei documenti nelle scritture contabili, anche la loro indicazione nella dichiarazione fiscale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 ottbre 2011 – 18 gennaio 2012, n. 1894 Presidente Mannino – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza dell'8 febbraio 2011, il Tribunale di Brescia, in sede di riesame, ha confermato l'ordinanza del Gip dello stesso Tribunale del 30 dicembre 2010, con cui era stata applicata all'indagato la misura cautelare degli arresti domiciliari. In particolare, erano contestati all'odierno ricorrente i reati di cui agli articoli 81, secondo comma, 110 c.p., 2 e 8 del d.lgs. n. 74 del 2000, commessi nella sua qualità di socio amministratore della Prafond dei f.lli Prandelli & amp C. s.n.c., nonché di socio amministratore unico della Silda s.r.l. e titolare della ditta individuale Silda. Riferisce il Tribunale del riesame che, nell'ambito di indagini tributarie svolte dalla Guardia di Finanza, erano emersi gravi indizi dei reati di cui sopra, consumati da diversi soggetti in concorso tra loro nel periodo tra il 2005 e il 2008 e consistenti, in particolare, nell'emissione continuata di fatture false per importi elevatissimi a fronte di operazioni in tutto o in parte inesistenti, tramite tre società di comodo fatture che erano ricevute e annotate in contabilità dalle società facenti capo al prevenuto. A ciò si aggiungevano dichiarazioni fraudolente con l'uso di fatture o altri documenti in tutto o in parte inesistenti, per l'indicazione di elementi passivi fittizi al fine di evadere le imposte sui redditi, in relazione agli esercizi finanziari da 2005 a 2007. Il quadro indiziario era ravvisato negli esiti delle verifiche compiute dalla Guardia di Finanza, nelle intercettazioni telefoniche effettuate, nelle risultanze dei servizi di osservazione, pedinamento e controllo predisposti. 2. - Avverso tale ordinanza, l'indagato ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento e lamentando, con unico motivo di impugnazione, l'erronea applicazione dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 74 del 2000. Ad avviso della difesa - la quale richiama le sentenze Cass., sez. un., 7 novembre 2000, n. 27, e 28 ottobre 2010, n. 1235/2011, nonché Corte costituzionale n. 49 del 2002 - poiché secondo la prospettazione accusatoria le società facenti capo all'indagato si sarebbero avvalse dei documenti contabili predisposti da altra società, non sarebbe configurabile il reato di cui all'articolo 8 del decreto legislativo medesimo, a lui contestato. A sostegno della sua ricostruzione, la difesa richiama il principio giurisprudenziale secondo cui l'art. 9 del d.lgs. n. 74 del 2000, esclude, in deroga all'articolo 110 c.p., la configurabilità del concorso dell'emittente nel reato di dichiarazione fraudolenta commesso dall'utilizzatore e soprattutto, del concorso dell'utilizzatore nel reato di emissione anche in caso di preventivo accordo, con la conseguenza che, per l'emittente, la successiva utilizzazione da parte di terzi configura un postfatto non punibile, mentre per utilizzatore, che se ne avvalga nella dichiarazione annuale, il previo rilascio costituisce un antefatto pur irrilevante penalmente. Erroneamente dunque - prosegue il ricorrente - il Tribunale avrebbe interpretato il sistema normativo nel senso che l’utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti concorre con l'emittente, non essendo applicabile, in tal caso, il regime derogatorio previsto dall'art. 9 del d.lgs. n. 74 del 2000. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Si verte, nel caso di specie, nell'ipotesi di un soggetto che si è limitato ad annotare le fatture false prodotte da altri con il suo concorso in contabilità, senza inserirle in dichiarazione, non avendo potuto effettuare tale inserimento perché gli accertamenti sono stati effettuati prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione stessa, come risulta dalla pag. 5 dell'ordinanza censurata. L'ipotesi in esame è, dunque, differente da quella del concorso tra chi ha emesso una fattura e chi l'ha utilizzata nella dichiarazione fiscale concorso la cui configurabilità è esclusa dall'art. 9, comma 1, lettera b , del decreto legislativo n. 74 del 2000. Diversamente opinando, si giungerebbe a creare un'area di impunità per quei soggetti che abbiano concorso nell'emissione di documenti per operazioni inesistenti, limitandosi ad annotarli in contabilità, senza utilizzare tali documenti nella dichiarazione relativa all'imposta indicando elementi passivi fittizi tali soggetti sarebbero, infatti, esclusi sia dall'ambito di applicazione dell'art. 8, che punisce l'emissione di documenti inesistenti, sia da quello dell'art. 2, che richiede, oltre all'annotazione dei documenti nelle scritture contabili, anche la loro indicazione nella dichiarazione annuale e rispetto al quale la punibilità del tentativo è esclusa dall'art. 6 successivo Sez. III, 17 marzo 2010, n. 14862 . Né tale conclusione è smentita dalle sentenze citate dal ricorrente. Le prime di tali sentenze, infatti Cass., sez. un., 7 novembre 2000, n. 27, e 28 ottobre 2010, n. 1235/2011 , non escludono la configurabilità del concorso nel reato di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 74 del 2000 di colui che ha annotato le fatture false in contabilità senza averle inserite in dichiarazione, perché si limitano ad affermare il principio per cui le condotte di utilizzazione - e cioè di annotazione in contabilità e indicazione in dichiarazione - di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, prodromiche o strumentali rispetto alla fraudolenta indicazione di elementi passivi fittizi in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, supportata da tali fatture o documenti, non sono, di per sé, previste dalla legge come reato. La sentenza n. 49 del 2002 della Corte costituzionale, per parte sua, si limita a ribadire tale principio. 4. - Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.