Frasi copiate dai prodotti di un noto marchio, nessuna ipotesi di contraffazione

Confermata la legittimità dell’annullamento del sequestro relativo alle magliette ‘incriminate’. La riproposizione delle identiche scritte, difatti, è solo un modo per catturare l’attenzione dei clienti e venire incontro ai loro gusti. Tutto ciò senza inganni sulle caratteristiche e le qualità del prodotto.

Riproporre, sui propri prodotti, le scritte che caratterizzano un noto marchio di abbigliamento non può portare all’accusa di aver messo in vendita oggetti contraddistinti da segni mendaci e, quindi, finalizzati a trarre in inganno il consumatore . Ulteriore chiarezza arriva dalla Cassazione – con sentenza n. 2975, Quinta sezione Penale, depositata oggi – sciogliendo il nodo di un contestato sequestro probatorio di merce. Frasi incriminate. A far scoppiare il ‘caso’ è l’utilizzo di alcune scritte per ‘abbellire’ una serie di prodotti. Queste scritte, difatti, sono già proposte, identiche e precise, sui capi di abbigliamento con relativi accessori di un noto marchio, nato oltreoceano ma basato sulla qualità del made in Italy e su prezzi competitivi. Per questo motivo, i due presunti ‘usurpatori’ finiscono sotto accusa per aver messo in vendita magliette con scritte ‘già viste’. Il vero ‘peso’ del marchio. A sorpresa, però, il Tribunale del riesame decide per la revoca del provvedimento di sequestro probatorio del materiale ‘incriminato’. E questa decisione provoca la reazione del Pubblico Ministero, che presenta ricorso in Cassazione, richiamando la necessità di applicare la norma penale in materia di vendita di prodotti industriali con segni mendaci e chiedendo di rivedere la pronuncia sul provvedimento di sequestro probatorio. Per i giudici di Cassazione, però, l’errore è quello compiuto dal Pubblico Ministero. Perché il tentativo di trarre in inganno il consumatore è legato all’utilizzo di segni distintivi , mentre, in questo caso, sono stati riprodotti motivi estetici che possono rendere ipotizzabile la sussistenza degli illeciti civili e commerciali . Comunque, chiariscono ancora i giudici, la riproduzione abusiva delle immagini apposte sugli oggetti ha due funzioni, ovvero richiamare l’interesse dei potenziali clienti e venire incontro ai gusti della clientela , ma certo non quella di confondere il consumatore sulle caratteristiche del prodotto e del marchio. Per concludere, la riproduzione del motivo estetico-creativo, che caratterizza il prodotto, non comporta violazione del marchio e l’imitazione del prodotto – avvenuta in questo caso – nulla ha a che fare con la contraffazione dei marchi e la utilizzazione di segni distintivi equivoci , attestano i giudici, rigettando il ricorso del Pubblico Ministero.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 30 novembre 2011 – 24 gennaio 2012, n. 2975 Presidente Marasca – Relatore De Marchi Albengo Ritenuto in fatto Il pubblico ministero presso il tribunale di Rimini propone ricorso per cassazione contro l'ordinanza emessa dal tribunale del riesame il 30 giugno 2011 con la quale è stato revocato il provvedimento di sequestro probatorio avente ad oggetto un certo numero di magliette riportanti delle scritte uguali a quelle apposte sui propri prodotti dalla società Happiness. Sostiene il pubblico ministero che il tribunale abbia commesso una violazione dell'articolo 517 del codice penale e che abbia assunto una motivazione contraddittoria in quanto, dopo aver ritenuto che mancavano le fotografie degli oggetti sequestrati e di quelli asseritamente contraffatti, ha proceduto ad un raffronto fra le due categorie di prodotti. Il procuratore generale della corte di cassazione ha concluso chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato. Considerato in diritto Il primo motivo di ricorso è infondato per la configurabilità del reato di cui all'articolo 517 del codice penale, è necessario che l'induzione in inganno sia prodotta da ''nomi, marchi o segni distintivi . Nel caso di specie l'eventuale induzione in errore circa la provenienza dei prodotti non dipende tanto dall'uso di segni distintivi equivoci, quanto piuttosto dalla asserita riproduzione dei motivi estetici sulle magliette, cosicché sembra maggiormente verosimile ipotizzare la sussistenza degli illeciti civili e commerciali,. ad esempio per concorrenza sleale, piuttosto che la configurabilità di illeciti penali, con riferimento all'invocato articolo 517 del codice penale. Pare, dunque, quanto alla qualificazione giuridica dei fatti, che il P.M. sia incorso in un errore, confondendo il marchio figurativo, che è un segno distintivo del prodotto, con l'aspetto estetico dello stesso. Nel caso in esame, infatti, non si fa questione di imitazione del marchio del fabbricante, quanto piuttosto dell'imitazione servile dei prodotti altrui, ciò comporta, come già anticipato, possibili aspetti di illiceità civile,. ma non integra la fattispecie richiamata, che richiede la riproduzione di un segno distintivo, inteso quale elemento - nominativo o figurativo - che identifica il produttore del bene. Esemplare, sul punto, è la sentenza di questa Corte n. 27986 del 09/04/2008, Rv. 240927 ''In tema di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, la riproduzione di una figura o di un personaggio di fantasia di per sé costituente marchio o segno distintivo del prodotto cosiddetto marchio figurativo impone, ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 517 cod. pen., che detta raffigurazione sia idonea ad ingenerare in qualche modo confusione nei consumatori in ordine ad una determinata origine, provenienza o qualità della merce risultante dal marchio apposto e regolarmente registrato diversamente, il fumus del predetto reato non è ipotizzabile ove la riproduzione abusiva delle immagini apposte sugli oggetti ha solo la funzione richiamare l'interesse dei possibili acquirenti per venire incontro ai gusti della clientela . Dunque, la riproduzione del motivo estetico-creativo che caratterizza il prodotto non comporta violazione del marchio, non solo perché marchio non è, ma anche perché non ne svolge la medesima funzione identificativa. Si veda ancora Cass. sez . .3, Sentenza n. 28159 del 19/05/2006, Rv. 235746 Il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi previsto dall'art. 474 cod. pen. non può avere ad oggetto beni che costituiscono una mera imitazione figurativa di prodotti industriali, senza alcun marchio o altro segno distintivo della merce che risulti abusivamente riprodotto ovvero falsificato. Fattispecie relativa alla riproduzione di pupazzi di noti cartoni animati privi di qualsiasi marchio riferibile ai licenziatari autorizzati alla produzione ed alla distribuzione ''. In definitiva,. il pubblico ministero dimostra di confondere il marchio figurativo, che è un marchio a tutti gli effetti e che va registrato nei modi di legge, con le immagini e le composizioni grafiche di fantasia riprodotte sui beni commerciali prodotti dal titolare del marchio l'imitazione del prodotto, si ribadisce, può rilevare ai fini della violazione delle regole sulla concorrenza, ma nulla ha a che fare con la contraffazione dei marchi art. 473-474 c.p. ovvero con la utilizzazione di segni distintivi equivoci art. 517 c. p. . La stessa sentenza citata dal pubblico ministero Sez. 5, Sentenza n. 38068 del 09/03/2.005, Lauri si riferiva alla artificiosa equivocità di veri è propri marchi e non invece di immagini di fantasia riprodotte sui beni commerciali. Il motivo del ricorso è dunque infondato, avendo il tribunale del riesame correttamente interpretato la normativa penalistica. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto in tema di misure cautelari reali non può essere censurato in cassazione il vizio di motivazione Sez. U, Sentenza n. 2.5932 del 29/05/2008 Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione cosi radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Conf. S.U., 29 maggio 2008 n. 25933, Malgioglio non massimata sul punto . P.Q.M . Rigetta il ricorso.