Astensione obbligatoria: non bastano i rapporti di confidenza e familiarità con la candidata

Il presidente della Commissione che conosce la candidata, poi vincitrice, a cui fornisce delle dritte”, non è obbligato ad astenersi dal suo ruolo.

La fattispecie. Il Gip dichiarava il non luogo a procedere nei confronti di due medici, nel contesto di un procedimento penale relativo allo svolgimento del concorso per la copertura di posti di dirigente medico di chirurgia generale. In pratica, secondo il Procuratore Generale ricorrente per cassazione, i due imputati - uno presidente della Commissione esaminatrice e l’altro ex direttore della Scuola di specializzazione in chirurgia toracica – avevano omesso di astenersi dall’incarico, nonostante sussistessero gravi ragioni di convenienza, visiti i rapporti di confidenza e familiarità con 3 candidati, tra cui quello poi risultato vincitore. Le tracce sono state rivelate? Secondo il ricorrente, il presidente della Commissione aveva rivelato alla vincitrice, in epoca antecedente al concorso, le tracce poi effettivamente proposte durante la prova. In più, osserva il Procuratore, quest’ultima condotta configura il reato di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio art. 326 c.p. , oggetto di separata imputazione e separato procedimento , per la quale il gip aveva già rinviato a giudizio lo stesso medico. o si tratta di un generico riferimento alle tematiche di maggior rilievo? La S.C., però, ritiene corretta la decisione del Gip il quale, nello specifico, aveva escluso che i rapporti di confidenza e familiarità rientrassero nei casi di astensione obbligatoria. Senza contare poi, che le tracce del concorso erano state proposte dai vari membri della commissione e, dunque, non si può escludere che il presidente della Commissione possa aver fatto generico riferimento alle tematiche di maggior rilievo sulle quali prepararsi . Tuttavia, questo non fa scattare l’obbligo di astensione. Pertanto, gli Ermellini dichiarano il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 – 20 gennaio 2012, n. 2446 Presidente Agrò – Relatore Citterio Ragioni della decisione 1. Il GIP di Trapani con sentenza del 27.5-29.6.2011 ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di F.A. e B.P. , limitatamente ai reati di cui agli artt. 81, 110, 323 C.p., 9.2 - 16 dPR 483/1887, 9 dpr 483/1887, 51 e 52 C.p.C. entrambi e 479 c.p. il solo F. , nel contesto di un procedimento penale relativo alle modalità di svolgimento del concorso per la copertura di posti di dirigente medico di chirurgia generale bandito dalla ASL n. omissis . Il dr. F. , dell'UO di Chirurgia dell'ospedale di omissis , era il presidente della Commissione esaminatrice il dr. B. , in pensione all'epoca dei fatti, era l'ex direttore della scuola di specializzazione in chirurgia toracica di . 2. Ricorre il procuratore della Repubblica di Trapani, deducendo erronea applicazione della legge penale ed extrapenale presupposta, nonché manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Il ricorso pare devolvere i punti della decisione relativi alla seconda parte del capo B art. 323 c.p artt. 9 dpr 483/1887, 51 e 52 c.p. e, per avere omesso di astenersi dall'incarico nonostante sussistessero gravi ragioni di convenienza in tal senso dirette a causa dei rapporti di confidenza e familiarità intercorrenti con i candidati G.C. , Ba.Ni. - poi risultato vincitore del concorso - e Bo.An. , dirigenti medici presso l'UO di Chirurgia dell'Ospedale di omissis da lui diretta” ed al falso di cui al capo C, contestando l'interpretazione del combinato disposto degli artt. 51 e 52 c.p.c. che ha condotto il GIP ad escludere la sussistenza di un obbligo di astensione nella fattispecie, nonché l'acritico automatismo dell'estensione di quella valutazione al delitto di falso. Passando a spiegare le ragioni che dovevano sostenere l'obbligo di astensione, la parte pubblica argomenta con specifico e peculiare riferimento la vicenda della candidata G. alla quale, assume il ricorrente, il Dott. F. aveva rivelato, in modo preciso e puntuale , in epoca antecedente al concorso, quali sarebbero state le tracce poi effettivamente proposte durante lo svolgimento della prova. Precisa il pubblico ministero che quest'ultima porzione di condotta aveva anche costituito oggetto del reato di cui all'art. 326 c.p., imputazione per la quale lo stesso GIP con separato provvedimento - da ritenersi contraddittorio - aveva provveduto al rinvio a giudizio. Proprio tale rivelazione avrebbe costituito il fatto che imponeva la astensione, concretizzando la grave ragione di convenienza rispetto al ruolo di presidente della commissione esaminatrice, nel contempo configurando anche il falso del capo C. 3. Il ricorso è inammissibile. va innanzitutto rilevato che le deduzioni che sostengono il motivo trattano in definitiva la sola parte di vicenda che riguarda la posizione G., perché nulla è argomentato sulle posizioni Ba. e Bo. , non essendo all'evidenza sufficiente la parte in diritto l'interpretazione degli artt. 51 e 52 c.p.c. , posto che comunque è necessario che sussista una situazione di fatto che possa essere in essi sussunta. Ma riguardo alla Dott.ssa G. il GIP ha, prima, escluso che rientrassero tra i casi di astensione obbligatoria i rapporti di confidenza e familiarità e sul punto nulla deduce il ricorso e, poi, escluso che il F. possa aver rivelato alla G. le tracce dei temi, essendosi accertato che queste furono proposte dai vari membri della commissione. Non è da escludere che il F. possa avere fatto generico riferimento alle tematiche di maggior rilievo sulle quali prepararsi ma ciò non era idoneo a far scattare” l'obbligo di astensione. Appare pertanto evidente che da un lato il GIP ha affermato che doveva essere escluso che il Dott. F. avesse rivelato le specifiche tracce dei temi dall'altro la parte pubblica poggia, in fatto, il ricorso sul presupposto che proprio le specifiche tracce dei temi siano state rivelate ma deduce ciò senza confrontarsi con la diversa affermazione del GIP, sicché in definitiva questa Corte dovrebbe accedere agli atti per verificare quali siano le effettive risultanze processuali. Il che non può esser fatto dal giudice di legittimità ed evidenzia ulteriormente la natura di merito della censura, non conoscibile in questa sede. E poiché la contemporanea decisione di rinvio a giudizio per il reato ex art. 326 c.p. - che effettivamente parrebbe sul piano astratto contraddittoria con la negazione di ogni rivelazione -appartiene a diverso provvedimento sicché non rileva immediatamente come fonte di contraddittorietà intrinseca di questa autonoma sentenza , né il ricorso che ha come visto ignorato il diverso specifico apprezzamento del GIP, rispetto all'affermazione in fatto del ricorrente introduce anche in ossequio al principio di autosufficienza elementi di argomentazione idonei a introdurre all'interno della sentenza l'eventuale contraddittorietà di motivazione, pure tale profilo si risolve in una doglianza di fatto. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.