Vendere un giocattolo senza marchio CE non è più reato

Annullata la condanna emessa contro un commerciante perché nel frattempo la condotta è stata depenalizzata.

La Terza sezione Penale della corte di Cassazione, nella sentenza n. 1400/12 depositata il 17 gennaio scorso, ha ritenuto di aderire alla tesi sostenuta dalla giurisprudenza prevalente che, nel caso di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il fatto previsto dalla legge come reato ma solo come illecito amministrativo, esclude la sussistenza dell’obbligo di trasmissione da parte del giudice penale ogniqualvolta difetti una norma transitoria ad hoc , trattandosi di soluzione conforme ai principi generali in materia e, segnatamente, a quello di legalità e di irretroattività degli illeciti amministrativi. Il caso. Febbraio 2010. Un cittadino cinese viene condannato dal giudice di pace alla pena di Euro 10.000 di ammenda per aver immenso in commercio giocattoli privi della certificazione di conformità CE. Del resto, il d. lgs n. 313/91 aveva previsto che fosse punito con la pena pecuniaria, chiunque avesse immesso in commercio, venduto o distribuito gratuitamente al pubblico giocattoli privi della marcatura CE. Contro la sentenza, il cittadino cinese propone ricorso per Cassazione sostenendo che l’obbligo di conformare il prodotto alle disposizioni sulla marcatura incombesse sul fabbricante e sul mandatario stabilito nel territorio comunale e non su di lui che è solo un venditore. La marcatura CE. Si tratta di un marchio amministrativo che certamente non funge da marchio di qualità o d’origine, ma che segnala la possibilità del prodotto di circolare liberamente nel mercato unico dell’Unione Europea. La presenza della marcatura è obbligatoria nei Paesi membri dell’Unione e attesta la conformità del prodotto a standard minimi di qualità. Svolge dunque una funzione di garanzia, il cui scopo è quello di tutelare la salute e la sicurezza dei consumatori. Le mofiche legislative operate. Il cittadino cinese è stato condannato sulla base di una norma che, nel frattempo, è stata abrogata. È infatti intervenuto il d. lgs. 54/11 che, nel disciplinare nuovamente la materia, non prevede più come reato l’immissione in commercio la vendita o la distribuzione gratuita al pubblico di giocattoli privi del commercio CE. Ha quindi avuto luogo una depenalizzazione, dato che ora, per quelle condotte, è prevista solo una sanzione amministrativa. Il comportamento del giudice in caso di depenalizzazione. Si pone dunque il problema di come debba agire il giudice penale allorquando intervenga una norma che trasforma un reato in illecito amministrativo. In giurisprudenza si è arrivati a conclusioni diverse circa l’esistenza o meno in capo al giudice dell’obbligo di disporre la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa competente per l’irrogazione della nuova sanzione amministrativa. Una prima giurisprudenza successiva all’entrata in vigore della legge sulla depenalizzazione si era espressa a favore dell’esistenza dell’obbligo in tutti quei casi in cui non si fosse in presenza di una mera abolitio criminis , ma di una trasformazione dei reati in illeciti amministrativi. In seguito, altre sentenze avevano sostenuto che l’obbligo per il giudice sorgesse solo quando a stabilirlo fosse stato un’espressa disposizione transitoria. La Suprema Corte, in questo caso, ha deciso di aderire a quest’ultima tesi giurisprudenziale perché conforme ai principi generali di legalità e di irretroattività degli illeciti amministrativi. Del resto, questa interpretazione è ancora quella prevalente anche se non mancano decisioni più recenti, alcune delle Sezioni Unite, che affermano l’esistenza dell’obbligo di trasmissione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 dicembre 2011 – 17 gennaio 2012, numero 1400 Presidente Mannino – Relatore Teresi Osserva Il giudice di pace di Roma, con sentenza 18.02.2010, ha condannato il cittadino cinese Z.C. alla pena di Euro 10.000 d'ammenda quale colpevole del reato di cui all'art. 11, comma 1, d. lgs. numero 313/1991 per avere immesso in commercio giocatoli privi della certificazione di conformità CE. Il giudice ha affermato la responsabilità del predetto alla stregua del complessivo materiale probatorio acquisito agli atti processuali. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato denunciando violazione di legge manifesta illogicità della motivazione sulla conferma dell'affermazione di responsabilità perché l'obbligo di conformare il prodotto alle disposizioni sulla marcatura CE incombe sul fabbricante e sul mandatario stabilito nel territorio comunale e non sul venditore, quale egli era. Va premesso che questa Corte ha affermato [Sezione III numero 27704/2010 RV. 248133] che la funzione della marcatura CE è quella di tutelare gli interessi pubblici della salute e sicurezza degli utilizzatoli dei prodotti, assicurando che essi siano adeguati a tutte le disposizioni comunitarie che prevedono il loro utilizzo. Detta marcatura, pur non fungendo da marchio di qualità o d'origine, costituisce tuttavia un marchio amministrativo, che segnala che il prodotto marcato può circolare liberamente nel mercato unico dell'Unione Europea Cassazione Sez. 2 18.9.2009 numero 36228, Wang . In base alla direttiva 2001/95/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti, la presenza della marcatura è obbligatoria nei Paesi membri dell'Unione Europea e attesta la conformità del prodotto a standard minimi di qualità, costituendo, dunque, una garanzia della qualità della mercé che è posta in commercio Cassazione, Sez. 3,9,6.2009, numero 23819, P.M. in proc. Rongzhen . La marcatura CE , per la sua precipua funzione dianzi individuata, deve essere impressa in modo visibile, leggibile e indelebile ed ha un unico e peculiare grafismo, rappresentato da una sigla che deve essere riportata sul prodotto, sull'imballaggio e sui documenti d'accompagnamento, in modo 2 da consentirne la commercializzazione nel territorio comunitario. Ai sensi dell'art. 11, comma 1, del citato decreto, commetteva il reato chiunque immetteva in commercio, vendeva o distribuiva gratuitamente al pubblico giocattoli privi della marcatura. Però, con l'entrata in vigore del d. lgs. numero 54 del 2011 non è più prevista come reato nessuna del condotte prima contemplate dall'art. 11, comma 1, d. lgs. numero 313 del 1991 immissione in commercio, vendita o distribuzione gratuita al pubblico di giocattoli privi del marchio CE . Infatti, i commi 4 e 7 dell'art. 31 del d. lgs. numero 54 del 2011 prevedono, rispettivamente, l l'applicazione della sanzione amministrativa da 2.500 a 30.000 Euro salvo che il fatto costituisca il reato , nei confronti del fabbricante o dell'importatore che immette sul mercato un giocattolo privo della marcatura CE comma 4 nonché della sanzione amministrativa da 1.500 a 10.000 Euro salvo che il fatto costituisca reato , nei confronti del distributore che mette a disposizione sul mercato un giocattolo privo di marcatura CE comma 7 . L'immissione in commercio, la vendita o la distribuzione non importa se a titolo gratuito o a titolo oneroso, non contenendo il comma 4 della richiamata disposizione alcuna specificazione sulla gratuità o meno della distribuzione, a differenza di quanto prevedeva l'abrogata fattispecie dell'art. 11, comma 1, che puniva, oltre la vendita evidentemente onerosa, anche la distribuzione gratuita di giocattoli privi del marchio CE è stata, quindi, depenalizzata. Il nuovo testo dell'art. 31 e l'art. 34 del d.lgs. numero 54 del 2011, dedicato alla disciplina transitoria, nulla dispongono sulla disciplina sanzionatoria transitoria. Si pone, quindi, il problema per il giudice penale di dover o meno disporre, all'esito della pronuncia assolutoria o di archiviazione per intervenuta depenalizzazione, la trasmissione degli atti all'autorità amministrativa competente per l'irrogazione della nuova sanzione amministrativa. Sul punto sono intervenute più volte le Sezioni Unite della Corte di Cassazione. In una prima pronuncia, coeva all'entrata in vigore della c.d. legge di depenalizzazione L. 24 novembre 1981, numero 689 , la Corte precisò come detta legge non si fosse limitata a prevedere una mera abolitio criminis rispetto ai reati punibili con la pena della multa o dell'ammenda, ma avesse trasformato gli anzidetto reati in illeciti amministrativi, soggetti alla sanzione del pagamento di una somma di danaro, a tal fine valorizzando espressamente la disposizione transitoria dell'art. 41 della legge cit., secondo cui l'autorità giudiziaria, se non deve pronunciare decreto di archiviazione o sentenza dì proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti all'autorità competente. Alcune decisioni successive, anche a Sezioni Unite, hanno escluso tuttavia l'esistenza dell'obbligo per il giudice penale di disporre la trasmissione degli atti all'autorità amministrativa competente in caso di sopraggiunta depenalizzazione, ove difetti un'espressa disposizione transitoria costitutiva di tale obbligo. Tale soluzione, infatti, sarebbe imposta, da un lato, dal necessario rispetto del principio di legalità dell'illecito amministrativo consacrato nell'art. 1 della L. numero 689 del 1981 e, dall'altro, dall'assenza di norme transitorie analoghe a quelle di cui agli artt. 40 e 41 della citata legge numero 689, la cui operatività sarebbe dunque limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda, pertanto, gli altri casi di depenalizzazione. Espressione di un orientamento giurisprudenziale difforme, invece, sono le più recenti decisioni, anche a Sezioni Unite, che affermano diversamente l'esistenza di un obbligo di trasmissione anche a carico della Corte di Cassazione in caso di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il fatto previsto dalla legge come reato, ma solo come illecito amministrativo, ciò in forza della disposizione di carattere generale di cui all'art. 41 della L. 24 novembre 1981, numero 689.17 Tanto premesso, questa Corte ritiene di aderire alla tesi sostenuta dalla giurisprudenza prevalente che esclude la sussistenza dell'obbligo di trasmissione da parte del giudice penale ogniqualvolta difetti una norma transitoria ad hoc, trattandosi di soluzione conforme ai principi generali in materia e, segnatamente, a quello dì legalità e di irretroattività degli illeciti amministrativi art. 1, Legge numero 689/1981 [Sezione 4 numero 41564/2010, RV. 248456]. P.Q.M. La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.