Impianto di areazione dell’officina insufficiente. Le cautele adottate vanno dimostrate concretamente

Confermata la multa comminata ad un fabbro. Vittoriosi i residenti della zona, che avevano lamentato la presenza di emissioni non sopportabili. E l’autorizzazione all’esercizio dell’attività non può permettere di desumere che le emissioni siano rispettose dei parametri fissati sulla carta.

Fumi e odori fastidiosi. Ecco perché l’attività di un fabbro finisce nel mirino dei residenti che vivono nella stessa zona. Responsabilità anche dal punto di vista penale? Assolutamente sì – come attesta la Cassazione, con sentenza numero 2377, Terza sezione Penale, depositata oggi –, e neanche un impianto di areazione ad hoc può migliorare la posizione dell’artigiano. Nasi tappati. A dare il la” alla vicenda le lamentele di un gruppo di cittadini, preoccupati dagli odori che provengono dall’officina di un fabbro della zona e che rendono, a loro avviso, irrespirabile l’aria. Sotto accusa soprattutto la fase di verniciatura, che pare produca odori molesti ed esalazioni che superano il limite della stretta tollerabilità . Dinanzi al Giudice monocratico del Tribunale, le accuse vengono considerate legittime l’artigiano, difatti, viene condannato a 50 euro di ammenda, sulla base dell’applicazione ampia della norma del Codice Penale che sanziona il gettito pericoloso di cose . Esalazioni a parte? Pur di fronte ad una multa contenuta, l’artigiano decide comunque di contestare la pronuncia, ritenendo legittimo il proprio operato. Perché, da un lato, l’attività di fabbro è legalmente autorizzata, e, dall’altro, sono state adottate tutte le precauzioni per ridurre le esalazioni , come, ad esempio, un impianto di areazione. Peraltro, sempre secondo l’artigiano, neanche i residenti hanno chiarito la rilevanza degli odori e, quindi, il fastidio subito. Eppoi, per concludere, le esalazioni maleodoranti non sono comprese nella condotta descritta dal codice penale, ovvero quella sul gettito pericoloso di cose , e quindi possono essere fonte solo di responsabilità civile . Panorama ampio. Per i giudici della Cassazione, però, la visione proposta dall’artigiano non è accettabile. Soprattutto perché l’interpretazione larga” della norma del codice penale permette di includere nel concetto di emissioni di gas, vapori, fumi anche le sostanze volatili che emanano odori provocanti disturbo, disagio, fastidio alle persone . Allo stesso tempo, poi, non esiste una normativa statale che preveda disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori . Per questo, si può considerare acclarato il reato in presenza di molestie olfattive anche quando l’impianto sia munito delle necessarie autorizzazioni per l’esercizio dell’attività difatti, in questo caso, non vige la presunzione di legittimità delle emissioni rispettose dei parametri della autorizzazione . E, per chiudere, anche la adozione, affermata dall’artigiano, delle necessarie cautele deve essere dimostrata concretamente. Conclusione? Ammenda di 1.000 euro a carico del fabbro, condannato anche a pagare le spese processuali e le spese sostenute dalla parte civile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 novembre 2011 – 20 gennaio 2012, n. 2377 Presidente Mannino – Relatore Squassoni Motivi della decisione Con sentenza 4 giugno 2010, il Giudice monocratico del Tribunale di Roma ha ritenuto L. G. responsabile del reato previsto dall'articolo 674 c.p. e l'ha condannato alla pena di euro cinquanta di ammenda. A sostegno della conclusione, il Giudice ha rilevato che l 'imputato, nella sua attività di fabbro, produceva odori molesti, soprattutto in fase di verniciatura tale condotta era sussumibile nella norma contestata in quanto compresa tra le emissioni di gas, vapori o fumi. Le esalazioni disturbavano i residente nella zona, come provato dai testimoni escussi, oltre il limite della stretta tollerabilità. Irrilevante è stata reputata dal Giudice la circostanza che l'imputato fosse munito di autorizzazione all'esercizio della sua attività ed avesse installato un impianto di areazione perché nessuna norma prevede disposizioni in tema di odori. Per l'annullamento della sentenza, l'imputato ha proposto appello che deve essere qualificato ricorso per Cassazione a sensi dell’articolo 593 u.c. c.p.p. deducendo - che le esalazioni maleodoranti non sono comprese nella condotta descritta. dall'articolo 674 cod.pen. e possono essere fonte solo di responsabilità civile - che i testi non sono conformi e precisi sugli odori e la loro rilevanza sicché era giustificabile una assoluzione ex art 530 c.2 c.p.p. - che aveva preso tutte le precauzioni per ridurre le esalazioni provenienti dalla sua attività. Le censure sono manifestamente infondate ed in fatto per cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma - che la Corte reputa equo fissare in euro mille - alla Cassa delle Ammende l'imputato deve essere, inoltre, condannato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile liquidate in complessivi euro millecinquecento oltre accessori di legge. La giurisprudenza consolidata con interpretazione estensiva della norma dell'articolo 674 c.p. - e non analogica, vietata nel settore penale – ritiene che nel concetto di emissioni di gas, vapori, fumi, siano annoverabili le sostanze volatile che emanano odori provocanti disturbo, disagio, fastidio alle persone. Il reato è configurabile in presenza di molestie olfattive anche quando l'impianto dello imputato sia munito delle necessarie autorizzazioni per l'esercizio della sua attività. Ciò in quanto - come correttamente rilevato dal Giudice di merito - non esiste una normativa statale che preveda disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori pertanto, in tale caso, non vige la presunzione di legittimità delle emissioni rispettose dei parametri della autorizzazione ex plurimis Cass. Sez. 3 sentenza 2475/2007 . L'imputato non ha dedotto alcun errore di fatto o altre situazioni idonee ad escludere l'elemento psicologico del reato la censura sulla adozione delle necessarie cautele è generica e priva della necessaria concretezza. Le residue deduzioni si risolvono in una richiesta di ponderazione della prove, alternativa a quella correttamente effettuata dal Giudice di merito ed introducono problematiche che esulano dai limiti cognitivi di questa Corte. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di euro mille alla Cassa della Ammende. ed al rifusione delle spese della parte civile liquidate in complessivi euro millecinquecento oltre accessori di legge.