Il consenso del minore non scrimina la detenzione di materiale pornografico

Viene punita la mera detenzione consapevole del materiale. Il fatto che il detentore dei file incriminati abbia acquisito il consenso dei minori, non scrimina la condotta.

Il caso. Si era consapevolmente procurato ed aveva detenuto materiale pedopornografico, prodotto mediante lo sfruttamento sessuale di minori degli anni 18, consistente in filmati ed immagini fotografiche conservate nell' hard disk di un PC e in alcuni CD ritraenti bambini ed adolescenti di ambo i sessi in pose oscene o intenti in attività sessuali. Se il Tribunale aveva assolto l’uomo dalle accuse, la Corte d’appello riformava tale decisione condannandolo per il reato di detenzione di materiale pornografico art. 600 quater , comma 1, c.p. limitatamente alla detenzione dei CD. Il consenso del minore esclude lo sfruttamento? L’imputato propone ricorso per cassazione rilevando che l'articolo 600 quater c.p. detenzione di materiale pornografico , vigente all'epoca dei fatti, richiedeva che il materiale pornografico fosse prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori degli anni 18 e, quindi, il consenso del minore dovrebbe escludere lo sfruttamento. Viene altresì rilevata l’irragionevolezza dell'interpretazione che richiede, per la validità del consenso, il compimento del diciottesimo anno di età per il reato contestato ed il compimento dei 16 anni per il reato di atti sessuali con minorenne art. 609 quater c.p. , più grave secondo il ricorrente in quanto investe direttamente la sfera sessuale del minore. Il CD appartiene certamente dell’imputato. Il ricorrente mette anche in dubbio come si è potuto far risalire la catalogazione delle immagini alla sua persona. La S.C., ricordando quelli che sono i limiti del giudizio di legittimità, precisa che la Corte di appello ha correttamente escluso che terzi avessero potuto collocare il CD vicino al computer, in proposito rilevando come l'imputato in sede di spontanee dichiarazioni avesse ammesso che il personal computer era di sua proprietà ed inoltre che il padre o la sorella erano sforniti di adeguate conoscenze informatiche, mentre il nipote aveva solo otto anni . È punita la mera detenzione consapevole del materiale. Gli Ermellini, richiamando una precedente decisione della stessa Terza sezione Penale sent. n. 43414/2010 , affermano la configurabilità del reato di detenzione di materiale pedopornografico anche nel caso in cui il materiale stesso sia stato prodotto con il consenso del minore . Le condotte contestate hanno mantenuto valenza penale anche dopo la riforma del 2006. Tra gli orientamenti ricordati dal Collegio, spicca quello delle Sezioni Unite Penali sent. n. 13/2000 secondo cui ciò che rilevava, già anteriormente alla novella del 2006, era la concreta messa in pericolo dei beni tutelati dalla norma, e cioè il libero sviluppo personale” del minore . In sintesi, la nozione di sfruttamento sessuale del minore, lungi dal caratterizzarsi esclusivamente sul piano economico, va intesa come connotante le condotte di approfittamento della condizione propria del minore. È dunque –conclude la S.C., rigettando il ricorso - senz'altro coerente ai dettami internazionali il limite dei 18 anni posto dalle disposizioni concernenti lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 novembre 2011 – 16 gennaio 2012, n. 1181 Presidente Petti – Relatore Sarno Svolgimento del processo In data 22.4.08 il tribunale di Mantova, sezione distaccata di Castiglione di Stiviere, assolveva con la formula il fatto non sussiste L.M. dal reato di cui all'art. 600 quater contestato per essersi consapevolmente procurato ed avere detenuto copioso materiale pedopornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale di minori degli anni 18 consistente in filmati ed immagini fotografiche conservate nell'hard disk di un PC ed in un CD ritraenti bambini ed adolescenti di ambo i sessi in pose oscene ovvero intenti in attività sessuali fino al OMISSIS . La corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza di primo grado, con la sentenza in epigrafe, condannava l'imputato per il reato di cui all'articolo 600 quater comma 1 del codice penale limitatamente alla detenzione dei CD. L.M. propone ricorso per cassazione deducendo 1 mancanza di motivazione circa la ritenuta consapevolezza del contenuto pedopornografico dei CD 2 mancanza ed illogicità della motivazione circa la minore età dei soggetti rappresentati nelle fotografie 3 erronea applicazione della legge penale con riferimento all'articolo 600 quater nel testo previgente ed erronea esclusione della rilevanza del consenso del minore. Si fa rilevare al riguardo che l'articolo 600 quater vigente all'epoca dei fatti richiedeva che il materiale pornografico fosse prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori degli anni 18 e che il consenso esclude logicamente lo sfruttamento. Si rileva inoltre l’irragionevolezza dell'interpretazione che richiede per la validità del consenso il compimento del diciottesimo anno di età per il reato contestato ed il compimento dei sedici anni per il reato di cui all'art. 609 quater , più grave secondo il ricorrente in quanto investe direttamente la sfera sessuale del minore. Motivi della decisione Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. La sentenza appare, infatti, correttamente motivata in relazione a tutti gli aspetti dedotti. In ordine al primo motivo il ricorrente fa rilevare che le immagini sospette, ritenute pedopornografiche dalla corte di appello, erano contenute su una delle 29 cartelle memorizzate sul CD, mentre le altre 28 cartelle contenevano invece immagini pornografiche ed ammontavano a circa il numero di circa 600. L'avere eventualmente aperto una cartella in tale contesto non rappresenta per il ricorrente prova della consapevolezza del contenuto per lo pedopornografico ma al più del contenuto pornografico del CD. In più, si fa rilevare che in nessun modo la catalogazione delle immagini potesse farsi risalire alla sua persona. Ciò posto ritiene il collegio in premessa di dover ricordare quelli che sono i limiti del giudizio di legittimità. Al riguardo le Sezioni Unite, come noto, hanno affermato, infatti, che l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e1, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. SU 1997 n. 6402, Rv 207944, Dessimone ed altri . Ciò posto, premesso che la corte di appello è stata chiamata ad occuparsi a seguito dell'impugnazione del procuratore generale della sentenza di primo grado solo della detenzione del materiale pedopornografico contenuto sul CD, si rileva come la corte di appello, facendo proprie le osservazioni del PG ricorrente, ha correttamente anzitutto escluso che terzi avessero potuto collocare il CD vicino al computer, in proposito rilevando come l'imputato in sede di spontanee dichiarazioni avesse ammesso che il personal computer era di sua proprietà ed inoltre che il padre o la sorella erano sforniti di adeguate conoscenze informatiche, mentre il nipote aveva solo otto anni. Proseguendo nel proprio ragionamento i giudici di merito hanno anche logicamente motivato sulla consapevolezza del materiale esistente, evidenziando con motivazione indubbiamente congruente che il CD in questione era un normale supporto per il salvataggio dei dati e di fitness acquistabile sul mercato vergine e privo di segni distintivi, per il quale logicamente si doveva escludere l'ipotesi che all'atto della vendita fossero già presenti le immagini rinvenute e che, comunque, l'esistenza di 29 cartelle, dimostrava un'attività selettiva del materiale catalogato ed archiviato. Peraltro rispetto alle obiezioni del ricorrente sulla valorizzazione del dato della catalogazione , ribadita l'impossibilità di incursioni nel merito della valutazione probatoria, si deve aggiungere che correttamente la corte di merito si preoccupa di ricercare ulteriori elementi di riscontro alla tesi propugnata logicamente sottolineando l'esito degli accertamenti del nucleo investigativo telematico di Siracusa che aveva registrato la frequentazione di siti pedopornografici, sia pure per mera curiosità. Anche sul secondo motivo di ricorso dei giudici di appello forniscono adeguata motivazione, correttamente motivando sulla circostanza che vi erano fotografie di minori degli anni 18, richiamando fotografie che dimostrano come le minori fossero anche bambine ed adeguatamente motivandoli si le ragioni per le quali le immagini non potevano che provenire da attività professionale di sfruttamento dei minori. Ed è assolutamente pacifico nella giurisprudenza della Corte che alle fotografie debba essere riconosciuta la natura di prova documentale ex plurimis Sez. 3, n. 111.16 del 15/06/1999 Rv. 214457 . Non può, dunque, sostenersi, come fa il ricorrente, l'assenza di motivazione sul punto specifico. Per quanto riguarda il terzo motivo va peraltro rilevato come questa sezione abbia già affermato l'influenza del consenso anche in relazione alla precedente disciplina. Si richiama al riguardo la motivazione della sentenza n. 43414 del 28.10.2010 - Rv. 248674 - con cui questa Sezione nell'affermare la configurabilità del reato di detenzione di materiale pedopornografico anche nel caso in cui il materiale stesso sia stato prodotto con il consenso del minore, ha già precisato che l'art. 600 quater c.p., anche nella formulazione anteriore alla novella del 2006, puniva la mera detenzione consapevole del reato, a prescindere dalla circostanza che il materiale fosse stato prodotto con il consenso del minore. La Corte ha anche già evidenziato che la nozione di sfruttamento sessuale del minore di anni diciotto, di cui alla previgente formulazione della norma in tema di detenzione di materiale pornografico art. 600 quater cod. pen. , lungi dal caratterizzarsi esclusivamente sul piano economico, va intesa come connotante le condotte di approfittamento della condizione propria del minore. Sez. 3, n. 34201 del 19/05/2010 Rv. 248226 . Nell'occasione ribadito l'orientamento delle Sezioni Unite penali sentenza n. 13 del 31 maggio - 5 luglio 2000, rv 216337 secondo cui ciò che rilevava già anteriormente alla novella del 2006 era la concreta messa in pericolo dei beni tutelati dalla norma, e cioè il libero sviluppo personale del minore è stato soprattutto puntualizzato che la riforma legislativa ha risposto principalmente proprio all'esigenza di fugare i dubbi interpretativi che avevano richiesto l'intervento delle Sezioni Unite e che non vi è stata alcuna scelta di modificare il contenuto del precetto penale Ha dunque ragione la corte di appello nel rimarcare la diversa oggettività giuridica della norma in questione rispetto all'art. 609 quater invocando la citata decisione delle Sezioni Unite e nel ritenere che le condotte originariamente contestate abbiano mantenuto valenza penale anche dopo la riforma del 2006. Quanto alle diversità riscontrabili tra l'art. 600 quater nella precedente versione e l'art. 609 quater in relazione all'età della persona offesa, - si deve in questa sede rilevare che la riforma del 2006 è stata ispirata dalla necessità di adeguare la normativa interna ai principi dettati nelle sedi internazionali a seguito dell'estensione del fenomeno della pornografia minorile e dell'allarme sociale contro lo sfruttamento sessuale dei minori. In particolare si possono citare la Convenzione sui diritti dell'infanzia, sulla vendita dei bambini, la prostituzione e la pornografia rappresentante bambini, stipulato a New York il 6.9.2000 e ratificato dall'Italia con legge 11.3.2002 n. 46 e la decisione quadro del Consiglio Europeo n. 2004/68/GAI del 22.12.2003, relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile. Ora è agevole rilevare che punto di forza della citata decisione quadro è proprio l'estensione della protezione accordata al minore sino al compimento del diciottesimo anno di età. È dunque senz'altro coerente ai dettami internazionali il limite dei diciotto anni posto dalle disposizioni concernenti lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile. Ed infatti analogo limite vige, ad esempio, anche per il reato di cui all'art. 600 bis cod.pen È poi intuitivo che in tutti i casi citati la trattativa che porta al coinvolgimento del minore sia caratterizzata da uno stato d'inferiorità e di minorata difesa che costringe necessariamente il minore stesso a dare un consenso non libero. E, dunque, in nessun modo possono essere richiamate situazioni che presuppongono, al contrario, la libera determinazione del minore. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte Sprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.