Edificio va a fuoco. Bisogna dimostrare il dovere di agire dell'amministrazione

L’amministratore non può essere condannato per delitto colposo di danno se i condomini non gli hanno dato il benestare per agire contro il pericolo. La doverosità della condotta è tutta da dimostrare.

La pizzeria sotto casa è comoda, ma a volte può essere un problema, come è successo a un condominio di cui si è occupato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 886/12 depositata il 13 gennaio. Il caso. . La canna fumaria della pizzeria adiacente al condominio – come segnalato nella relazione peritale dell’ingegnere –era sprovvista di qualsiasi limitazione del calore prodotto, causando, con un incendio al tetto e al sottotetto, ingenti danni all’edificio. Per l’accaduto, l’amministratore dello stabile veniva condannato, in primo e secondo grado, per concorso nel delitto colposo di danno art. 113, 449 c.p. . Nonostante la Corte di Cassazione adita la prima volta avesse annullato con rinvio ad altra sezione della Corte di appello, quest’ultima ribadiva la condanna, riducendo però la pena a 8 mesi di reclusione. Ecco che la questione, visto il nuovo ricorso per cassazione dell’amministratore, ritorna nelle mani dei giudici di legittimità. La Corte di rinvio ha verificato il nesso causale tra le omissioni e l’evento? Secondo il ricorrente, l’annullamento della S.C. era avvenuto perché i giudici del rinvio avevano omesso di specificare la condotta che avrebbe dovuto porre in essere l’amministratore. L’amministratore agiva per prassi su dicta dell’assemblea . Dal verbale dell’assemblea in cui si discuteva della faccenda, emerge che i condomini non avevano intenzione di intromettersi nella questione, anzi. L’amministratore, pertanto, non avrebbe potuto agire diversamente di propria iniziativa. La Corte di Cassazione, nella decisione, ha sottolineato che l’obbligo di intervento da parte dell’amministratore di un condominio, a tutela delle parti comuni dell’edificio condominiale, prescinde dalla provenienza del pericolo . La doverosità della condotta è tutta da dimostrare. D’altra parte, la S.C. afferma che, nel caso di specie, la Corte d’appello non aveva precisato né i contenuti della condotta da tenere, né l’esistenza di un nesso causale tra la mancata tenuta del comportamento dovuto e l’evento verificatosi. In pratica, continua il Collegio, la decisione rivista avrebbe dovuto puntualmente indicare le circostanze di fatto - desumibili dal verbale dell’assemblea - rivelatrici di una situazione di allarme, avvertita come tale anche dai condomini . Cosa che, in concreto, non è avvenuto. La prescrizione mette la parola fine alla vicenda. Gli Ermellini ritengono, dunque, i motivi del ricorso meritevoli di considerazione e annullano il provvedimento impugnato, ma questa volta senza rinvio, almeno agli effetti penali. Infatti, nel frattempo, è maturato il termine di prescrizione. Invece, per quanto riguarda le statuizioni civili si rinvia al giudice civile in grado di appello a cui si demanda anche la liquidazione delle spese processuali della parte civile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 novembre 2011 – 13 gennaio 2012, n. 886 Presidente De Maio – Relatore Mullin Osserva 1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso - L'odierno ricorrente è stato sottoposto a procedimento penale con l'accusa di avere, quale amministratore di un condominio, concorso, ex art. 113 c.p., nel reato di cui all'art. 449 c.p. vasto incendio al tetto e sottotetto dello stabile, che si era propagato all'intero edificio . In particolare, essendo stati svolti dei lavori alla canna fumaria della pizzeria omissis , adiacente al condominio al G. , era stata inviata la relazione peritale dell'ing. M. nella quale si segnalava che non erano state seguite le indicazioni previste nel progetto illustrato all'assemblea condominiale, con la precisazione che la canna fumaria risultava quasi completamente sprovvista di qualsiasi limitazione del calore prodotto e che vi era conseguente possibilità di incendio. Al G. è contestato di avere omesso di controllare e verificare la corretta esecuzione dei lavori, che risultavano non essere stati eseguiti in modo idoneo, e di non avere, per lungo tempo, neppure fatto alcuna segnalazione ad Autorità ed organi competenti ovvero al gestore della pizzeria omissis . Il tutto, in violazione degli obblighi e doveri inerenti la sua funzione. In primo grado il G. è stato condannato. In appello, con sentenza 22.5.08, il giudizio di colpevolezza è stato confermato ma questa Corte sez. iv , con sentenza del 23.9.09, ravvisando vizi motivazionali in quella decisione, impugnata dinanzi ad essa, ha annullato con rinvio ad altra sezione della medesima corte d'appello. Quest'ultima si è nuovamente pronunciata il 24.2.10, ribadendo la condanna ma riducendo la pena inflitta a G. a mesi 8 di reclusione. Avverso tale decisione, l'imputato ha proposto ricorso, tramite i propri difensori deducendo ricorso avv. Fumaqalli 1 vizio di motivazione art. 606 lett. e c.p.p. in rel. agli arti. 40 c.p. e 530 c.p.p. . In particolare, si richiama l'attenzione sul fatto che la decisione di annullamento di questa S.C. era avvenuta sul rilievo che non era stata specificata la condotta che il G. avrebbe dovuto porre in essere in concreto e neppure era stata precisata l'esistenza di un nesso causale tra le omissioni contestate al G. e l'evento verificato. Ciò nonostante, secondo il ricorrente, l'onere motivazionale non era stato ottemperato perché, anzi, i giudici di merito non avevano fatto altro che riproporre le stesse argomentazioni di quelli di primo grado e, quindi, dando vita ad una motivazione apparente. La Corte, infatti, si è limitata a ribadire l'inderogabile esigenza di garantire la sicurezza dell'edificio ha nuovamente richiamato il verbale di assemblea condominiale del 10.12.01 senza esprimersi - come richiesto dalla S.C. - in ordine alla volontà dell'assemblea desumibile da quel verbale f. 5 e come invece richiesto da questa S.C. a f. 9, dove si diceva di tener conto del testo completo del verbale richiamato dal ricorrente e non solo della parziale formulazione indicata f 13 della prima sentenza d'appello . Il ricorrente insiste nel richiamare l'attenzione sul fatto che, dal f. 3 del verbale, si evince il concetto che il G. agiva per prassi su dieta dell'assemblea e che, quindi, anche nel caso di specie, se quest'ultima avesse voluto che G. si attivasse giudiziariamente nei confronti di B. o R. , lo avrebbe detto esplicitamente invece, anzi, il verbale evidenzierebbe una intenzione dei condomini di non intromettersi nella controversia tra B. e R. ai quali era stato dato un termine di dieci giorni per una eventuale transazione e, solo in caso negativo, sarebbe stato incaricato l’ing. L. soggetto diverso dall'amministratore di redigere una nuova perizia. Si censura anche il fatto che la Corte abbia indicato come condotta dovuta da parte del G. l'esperimento di una proceduta d'urgenza ex art. 700 c.p.c. visto che, in teoria, anche se ciò egli avesse fatto, l'incendio avrebbe potuto verificarsi nelle more del giudizio e, quindi, al G. avrebbe potuto essere rimproverato di non essersi attivato prima. Né varrebbe l'affermazione della corte secondo cui l'adire il giudice civile con procedura d'urgenza avrebbe indotto il B. o il R. ad attivarsi prontamente, perché si trattava di un evento probabile ma non quasi certo . Infine la Corte si è limitata - come fatto dal primo giudice - a sostenere la irrilevanza del fatto che Comune ed ASL fossero già al corrente della situazione di pericolo 2 Vizio di motivazione con riferimento alla concessione della non menzione art. 606 lett. e c.p.p. in rel. all'art. 175 c.p. . Tale beneficio, infatti, era stato richiesto dinanzi al primo giudice d'appello che lo aveva riconosciuto accogliendo l'impugnazione ma il giudice d'appello di rinvio non aveva speso una parola limitandosi a confermare nel resto la sentenza di primo grado, che però tale beneficio aveva negato. ricorso avv. Moscatelli dopo un ampio excursus sul fatto e sulle vicende processuali si formulano le medesime censure dell'altro difensore sottolineandosi, quanto la primo motivo, che è compito dell'amministratore dare esecuzione alle delibere assembleari. Nel silenzio dell'assemblea l’amm.re avrebbe avuto il potere ma, nel momento in cui, come in questo caso, l'assemblea si era espressa, l'amm.re non avrebbe potuto agire diversamente di propria iniziativa f. 11 . Il ricorrente conclude invocando l'annullamento della sentenza impugnata. 2. Motivi della decisione - Il ricorso è meritevole di considerazione nei termini di seguito precisati. Il parametro di valutazione della fondatezza del primo motivo di ricorso non può che essere rappresentato dai dettami della sentenza di annullamento con rinvio di questa S.C. ove, pur annullando per motivi diversi da quelli indicati dal ricorrente che aveva puntato ad escludere, in capo all'amministratore, l'esistenza di una posizione di garanzia si era finito per rilevare che comunque, la decisione impugnata andava rivista. Più precisamente, per un verso, era stato affermato che i poteri dell'amministratore derivano direttamente dalla legge comprese la legitimatio ad causami e quella ad processum , e che l'obbligo di intervento da parte dell'amministratore di un condominio, a tutela delle parti comuni dell'edificio condominiale, prescinde dalla provenienza del pericolo . Per altro verso, però, la prima sentenza della Corte d'appello era stata ritenuta inadeguata sul piano motivazionale non essendo stati in essa precisati né i contenuti della condotta che avrebbe dovuto concretamente tenere l'amministratore né l'esistenza di un nesso causale tra la mancata tenuta di quel certo comportamento e l'evento verificatosi. Rivisitando la sentenza qui impugnata, alla luce di quelle indicazioni nonché delle critiche qui mosse dal ricorrente deve concludersi che, effettivamente, la Corte d'appello ha, anche in sede di rinvio, sviluppato una motivazione incongrua nella quale non è stato adeguatamente tenuto conto dei contenuti delle due assemblee condominiali - evocate dal ricorrente che a differenza di quanto le era stato espressamente indicato in sede di rinvio da questa S.C. non ha esaminato nella loro complessità tralasciando di prendere in considerazione, in particolare, la circostanza che la volontà assembleare, non solo non era stata diretta a conferire alcun mandato alle liti, ma, addirittura, sembrava rivolta nella direzione opposta. È sufficiente ricordare la chiarezza delle affermazioni contenute in quella sentenza circa il fatto che la decisione che fu allora rivista avrebbe dovuto puntualmente indicare le circostanze di fatto, desumibili da detto verbale quello dell'assemblea condominiale del 10.12.01 ndr rivelatrici di una situazione di allarme, avvertita come tale anche dai condomini . tenendo conto, al riguardo del testo completo del verbale in argomento richiamato dal ricorrente e non della sola parziale formulazione evidenziata a pag. 13 della sentenza . Orbene, mutatis mutandis , si può dire che anche la decisione qui impugnata, presta il fianco alla medesima censura per la parzialità con cui ha considerato i verbali di assemblea condominiali dai contenuti - come sopra detto - addirittura opposti al'idea che l'assemblea avesse preso atto della esistenza di una situazione di allarme ed avesse sollecitato l'adozione di una iniziativa giudiziaria. Tutto ciò rende ancora più assertivo ed indimostrato l'avere ribadito, da parte dei giudici di appello, il fatto che la condotta cui il G. sarebbe stato tenuto era rappresentata dall'attivazione di una procedura di urgenza ex art. 700 c.p.c La doverosità di tale condotta è, infatti, tutta da dimostrare visto e considerato anche che risultava esservi stato un interessamento da parte delle autorità competenti Comune ed asl che non poteva essere semplicemente considerato - come fatto - irrilevante . A tutto concedere, poi, non è nemmeno infondata la censura del ricorrente a proposito delle pretesa decisività della omissione in termini di causa/effetto. A riguardo, la sentenza impugnata si limita ad affermare che - ove il G. avesse adito il giudice civile - sarebbe stato altamente probabile in linea logica che il B. ed il R. si sarebbero attivati eseguendo i lavori e prevenendo il verificarsi dell'incendio. In realtà, con tale affermazione, i giudici di merito eludono le indicazioni fornite dalla S.C. in sede di annullamento quando hanno richiamato la decisione di queste S.U. su 10.7.02, Franzese, Rv. 222138 ed, in particolare, il concetto ivi espresso in base al quale, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva . A ben vedere, invece, l'asserzione circa l’ alta probabilità logica ribadisce suggestivamente le parole della S.C. ma si risolve in una mera petizione di principio. Il vero è che le critiche che il ricorrente muove alla sentenza impugnata non risultano manifestamente infondate come pure deve dirsi del secondo motivo sicuramente giustificato ed assorbito dall'accoglimento del primo e tale apprezzamento, di fronte alla sopraggiunta maturazione del termine prescrizionale, preclude la possibilità di un nuovo annullamento con rinvio della decisione in discussione ed impone, al contempo, una declaratoria di tale causa di non punibilità. Peraltro, è stato già affermato in questa sede di legittimità sez. II 22.3.11, curtopelle, Rv. 250020 Sez. vi, 3.6.09, Tamborrini, Rv. 244533 che, nell'ipotesi in cui la Corte di cassazione riscontri, unitamente alla causa estintiva della prescrizione del reato, un vizio di motivazione della sentenza di condanna impugnata, deve annullarla senza rinvio ai fini penali e, ove la sentenza contenga la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, annullarne anche le statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello . Nello statuire in tal senso, si demanda alla Corte d'appello civile anche la liquidazione delle spese sostenute in appello, ed in questo grado, dalla parte civile. P.Q.M. Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p., annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione annulla la sentenza stessa relativamente alle statuizioni civili e rinvia al giudice civile in grado di appello cui demanda anche la liquidazione delle spese sostenute in appello ed in questo grado dalla parte civile.