Truffa mediante timbratura del cartellino? No, se manca l’apprezzabilità economica del danno

Si configura il reato di truffa, mediante la falsa timbratura del cartellino, solo se il danno subito dal datore di lavoro è economicamente apprezzabile.

Il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato Con un articolato chiaro ed essenziale, la Corte di Cassazione, nel concludere una vicenda che ha origine nel 2003, si sofferma sul reato di truffa mediante timbratura del cartellino da parte del dipendente pubblico. In particolare, con la sentenza n. 212 depositata il 10 gennaio 2012 la Sesta sezione Penale conferma la legittimità della decisione del G.U.P. del Tribunale di Torino che in data 28.6.2011 - decidendo a seguito di rinvio della Corte di Cassazione per annullamento della precedente sentenza dello stesso ufficio di improcedibilità dell’azione penale ex art. 425 c.p.p. – dichiarava il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato, risultando elemento decisivo della statuizione la valutazione di mancanza del requisito di apprezzabilità economica del danno. vista la non apprezzabilità economica del danno. Nel caso di specie all’imputata, dipendente presso l’Ufficio Legale di Ospedale di Torino, veniva contestato di essersi procurata ingiusto profitto ai danni dell’ASL competente, in quanto in trenta episodi distinti, in un arco temporale determinato, timbrava in entrata e in uscita in luogo diverso da quello in cui prestava la propria attività lavorativa. Il G.I.P rileva la decorrenza della prescrizione per i primi quattro episodi, ritenendo per i restanti ventisei episodi la mancanza del requisito dell’apprezzabilità economica del danno. Sul punto la giurisprudenza della Cassazione risulta ormai costante ritenendo integrato il reato di truffa attraverso la condotta del pubblico ufficiale, che si allontani senza far risultare mediante timbratura del cartellino e della scheda magnetica i periodi di assenza, sempre che questi ultimi siano economicamente apprezzabili sent. n. 38/2011 . Da qui il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato e il conseguente ricorso ad opera della parte civile. Il giudice del rinvio ha disatteso il dictum della Corte Suprema. Le doglianze della parte civile si incentrano esclusivamente su due motivi il primo, si riferisce alla erroneità del giudice nella valutazione del danno causato all’ente pubblico il secondo, per avere il giudice disatteso il dictum della Suprema corte in ordine alla sussistenza del reato sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, non entrando inoltre in alcun modo nel merito della vicenda e nella valutazione delle emergenze processuali. In particolare, con la prima doglianza la parte civile mette in rilievo che il danno cagionato all’ente pubblico non poteva esaurirsi nella apprezzabilità economica dei brevissimi periodi di assenza singolarmente considerati, ma comprendeva il vantaggio economico correlato alla percezione dello stipendio ordinario per le ore rientranti nel periodo contrattuale, nonché in quello connesso alle ore di straordinario risultanti dalle timbrature in altro luogo ed, infine, nel vantaggio economico dei propri interessi della dipendente. La criticità del ricorso per cassazione. I giudici di Piazza Cavour, tuttavia, non accolgono le contestazioni, ritenendo che il ricorso non abbia fondamento. Infatti, il G.I.P. ha dato conto, con puntuale e adeguato apparato argomentativo, delle ragioni del giudizio negativo sulla sussistenza di significative probabilità di successo dell’ipotesi accusatoria nel giudizio dibattimentale. Al riguardo, gli Ermellini non possono fare a meno di ricordare la particolarità, e in un certo senso la criticità, del ricorso per cassazione come unico strumento impugnatorio della sentenza di non luogo a procedere che si rivela proprio in quei casi, come quello di specie, in cui oggetto della censura sia l’apparato argomentativo della decisione per i profili della mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’articolo 606, comma 1 lett. e del c.p.p Da questo punto di vista è di tutta evidenza la differenza tra la regola di giudizio, dettata per la conclusione della sentenza di non luogo a procedere, che prescrive valutazioni ricche di elementi di fatto e di merito, rispetto alle caratteristiche del ricorso per cassazione. Le doglianze della parte civile si sostanziano nel sollecitare un non consentito riesame del merito attraverso la rilettura del materiale probatorio. Ciò che non è consentito in sede di ricorso per cassazione. Da qui il rigetto del ricorso e la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 19 dicembre 2011 – 10 gennaio 2012, numero 212 Presidente Agrò – Relatore Gramendola Fatto e diritto Con sentenza in data 28/6/2011 il G.U.P. del Tribunale di Torino, decidendo a seguito di rinvio della Corte di Cassazione per annullamento delle precedente sentenza dello stesso Ufficio di improcedibilità dell'azione penale ex articolo 425 c.p.p., dichiarava non luogo a procedere, perché il fatto non sussiste nei confronti di B.L. in ordine al reato di cui agli articolo 81 cpv - 640 co. 1 e 2 numero 1 cp., perché il fatto non costituisce reato. Si contestava all'imputata nella sua qualità di collaboratore amministrativo professionale in servizio presso l'Ufficio Legale dell'Ospedale omissis di essersi procurata ingiusto profitto ai danni dell'ASL numero , effettuando in trenta episodi distinti nel periodo compreso tra il e il l'inserimento nell'apposita apparecchiatura della scheda magnetica, rivelatrice dell'attività prestata c.d. badge in entrata e in uscita in luogo diverso da quello in cui prestava la propria attività lavorativa. Riteneva il G.I.P. che per i primi quattro episodi fosse decorso il termine di prescrizione, mentre per i restanti ventisei mancasse il requisito della apprezzabilità economica del danno, richiamando sul punto la stessa giurisprudenza di legittimità a mente della quale integra il reato di truffa la condotta del pubblico ufficiale, che si allontani senza far risultare mediante timbratura del cartellino e della scheda magnetica i periodi di assenza, sempre che siano da considerare economicamente apprezzabili. Contro tale decisione ricorre il difensore della parte civile A.S.L. numero della Regione Piemonte, che a sostegno della richiesta di annullamento articola due motivi. Con il primo motivo denuncia l'erronea applicazione della legge penale in riferimento all'articolo 640 c.p. e il vizio di motivazione e censura l'errore del giudice nella valutazione del danno cagionato all'ente pubblico, che non poteva esaurirsi nella apprezzabilità economica dei brevissimi periodi di assenza dell'imputata, singolarmente considerati, ma comprendeva il vantaggio economico, correlato alla percezione dello stipendio ordinario per le ore rientranti nel periodo contrattuale, nel vantaggio economico connesso alle ore di straordinario risultanti, dalle bollature allegre , nel vantaggio economico derivante dalla cura dei propri interessi personali, il cui valore, non quantificabile emergeva con tutta evidenza. Con il secondo motivo eccepisce la violazione della legge processuale in riferimento all'articolo 627/3 c.p.p. e il vizio di motivazione, osservando che il G.I.P. si era limitato a prendere atto della circostanza che il termine di prescrizione di alcuni episodi fosse già spirato, e che per tutti gli altri fosse prossimo a scadere e procedere all'analisi della sussistenza di eventuali cause di non punibilità ex articolo 129/2 c.p.p., disattendendo il dictum della Suprema Corte in ordine alla sussistenza del reato di truffa sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo e soprattutto non era entrato in alcun modo nel merito della vicenda e nella valutazione delle emergenze processuali. Il ricorso non ha fondamento. Ricorda il collegio che la critica della scelta legislativa del ricorso per cassazione come unico strumento impugnatorio della sentenza di non luogo a procedere emerge soprattutto laddove, come nella specie, oggetto di censura sia l'apparato argomentativo della decisione per i profili della mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex articolo 606/1 lett. e c.p.p È infatti palese la differenza di scala tra la regola del giudizio, dettata per l'epilogo decisorio della sentenza di non luogo a procedere, che prescrive valutazioni prognostiche di sostenibilità dell'accusa in giudizio sulla base degli acquisiti elementi investigativi e probatori, perciò stesso, intrise di fatto e di merito , e le caratteristiche del ricorso per cassazione, attesa la inadeguatezza del mero scrutinio di legittimità della decisione impugnata rispetto ai punti oggetto di critica da parte del ricorrente. D'Altra parte l'eliminazione del potere di appello neppure può ritenersi compensata dall'ampliamento dei motivi di ricorso per cassazione, parallelamente operato dall'articolo 8 stessa legge numero 46/2006 mediante la modifica delle lettere d ed e dell'articolo 606 c.p.p., perché, quale che sia l'effettiva portata dei nuovi e più ampi motivi di ricorso il rimedio non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito dell'appello corte Cost. numero 26/2007 . Ciò posto e considerato che nel caso in esame il G.I.P. ha dato conto, con puntuale e adeguato apparato argomentativo, cui si è fatto cenno, delle ragioni del giudizio negativo sulla sussistenza di significative probabilità di successo dell'ipotesi accusatoria nel giudizio dibattimentale, adeguandosi alla direttiva e al principio di diritto enunciato della Corte di Cassazione nella sentenza di rinvio, enunciando analiticamente gli elementi e le circostanze di fatto convergenti e rilevanti a tal fine, la motivazione non appare sindacabile in sede di controllo di legittimità della sentenza impugnata, soprattutto quando il ricorrente si limita sostanzialmente a sollecitare un non consentito riesame del merito attraverso la rilettura del materiale probatorio. Il ricorso della parte civile deve essere pertanto rigettati con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.