In carcere per presunti abusi sulla figlia e poi assolto, ma le carenze come genitore possono bloccare l'equa riparazione

L’accoglimento della domanda, in Appello, viene rimesso in discussione. Nodo gordiano è il comportamento carente come padre. Secondo i giudici va attentamente approfondito il nesso con la misura cautelare che ha tenuto l’uomo prima in carcere e poi ai domiciliari per quasi due anni.

L’accusa più infamante per un padre quella di aver abusato sessualmente della propria figlia. Per questo, un uomo è costretto a trascorrere quasi due anni tra carcere e arresti domiciliari. Ma l’assoluzione che arriva da una doppia pronuncia della Corte d’Appello fornisce il ‘la’ alla richiesta di equa riparazione per l’ingiusta detenzione. Domanda legittima? Tutto da vedere perché la carenza come genitore, evidenziata dall’uomo, può essere considerato elemento di rilievo nella decisione, assunta tempo prima, di limitarne la libertà. Abusi? Il quadro, assolutamente poco edificante, è quello dell’ipotesi di abusi sessuali compiuti su una bambina, con la presunta complicità del padre. Quest’ultimo, però, viene assolto, e, ricostruendo la vicenda, si chiarisce che gli episodi si sarebbero verificati in un pub, dove la bambina veniva lasciata con un fratello, mentre i genitori si recavano a visitare un altro fratello, nell’appartamento soprastante il pub. Ciò, però, non poteva legittimare, secondo la Corte d’Appello, la privazione della libertà nei confronti dell’uomo, perché i fatti potevano far emergere una situazione di inadeguatezza genitoriale , sì, ma tali circostanze non provavano l’esistenza di una condotta connotata da colpa grave, rispetto ai presunti abusi, tale da avere assunto rilevanza causale rispetto alla adozione della misura cautelare . Ecco perché la richiesta dell’uomo viene accolta. Genitore carente. Il riconoscimento dell’equa riparazione, pari a quasi 100mila euro, viene contestato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che presenta ricorso in Cassazione, richiamando i punti centrali della pronuncia d’Appello. In premessa, viene ricordata l’esistenza di perizie medico-legali e ginecologiche che lasciano spazio a un sospetto di abuso , e poi, soprattutto, viene sottolineato il ‘peso’ della inadeguatezza genitoriale contestata all’uomo, eppure non valutata attentamente, secondo il Ministero, alla luce delle possibili conseguenze e nell’ottica della misura cautelare adottata a protezione della bambina. Più precisamente, il Ministero ricorda che l’uomo è venuto meno ai più elementari compiti su di lui gravanti quale genitore e afferma che tale condotta abbia ingenerato, sia pure in presenza di un errore dell’autorità giudiziaria la convinzione dell’abuso sessuale. Senza dimenticare le dichiarazioni della bambina accusatorie nei confronti del padre e lo stato di abbandono emotivo e di degrado morale in cui ella si trovava in concreto. Il peso del ruolo. Ai giudici della Cassazione viene affidato un compito gravoso, soprattutto considerando la delicatezza della vicenda affrontata. Ebbene, riferimento principale è proprio la pronuncia d’Appello, laddove si rileva che la condotta dell’uomo era espressione di una situazione di inadeguatezza genitoriale ciò in quanto il padre ha lasciato la figlia all’interno di un pub ove si dava per ammesso che potessero essersi verificati abusi sessuali . Il quadro, quindi, è chiaro l’uomo era venuto meno agli obblighi protettivi che gravano sul genitore . Però, secondo i giudici di piazza Cavour, è mancato un passaggio, ovvero la considerazione delle conseguenze discendenti dalla accertata trascuratezza degli specifici obblighi protettivi che qualificano la posizione di garanzia del genitore rispetto ai figli minori . Anche, anzi soprattutto, tenendo presente il quadro di abusi e di umiliazioni inflitte ai figli dall’uomo e la relativa reiterata inosservanza dei doveri genitoriali . Secondo i giudici, va approfondito il capitolo della incidenza causale tra la inadeguatezza genitoriale e la detenzione sofferta dall’uomo, prima di pronunciare sulla richiesta di equa riparazione. E questo compito viene affidato, accogliendo il ricorso del Ministero, nuovamente alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 2 dicembre 2011 – 9 gennaio 2012, n. 116 Presidente Galbiati – Relatore Montagni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 20 novembre 2009 la Corte di Appello di Bologna liquidava in favore di G. S. la somma di € 98.219,00 a titolo di equa riparazione per la custodia cautelare subita dal richiedente, sottoposto a misura carceraria dal 12.11.1998 al 24.03.1999 e quindi agli arresti domiciliari, sino al 12.10 2000, in relazione alla contestazione di avere compiuto, in concorso con ignoti, atti sessuali con M. G., che all'epoca dei fatti non aveva compiuto gli anni dieci. La Corte territoriale rilevava che G. era stato assolto dalle accuse che avevano dato causa alla misura cautelare con sentenze della Corte di Appello di Bologna rese in data 11.07.2001 ed in data 9.03.2006. Il Collegio considerava che, in tesi accusatoria, G. avrebbe lasciato la figlia di appena anni nove da sola all'interno di un pub, dove si sarebbero poi verificati gli abusi sessuali in danno della bambina osservava, peraltro, che nella sentenza del 9.03.2006 si era rilevato che non erano emersi elementi idonei ad identificare gli autori degli abusi e che, anche ritenendo che gli abusi si fossero comunque verificati, nella richiamata sentenza assolutoria si precisava che quando i genitori si recavano a fare visita ad un fratello della bambina, che abitava sopra il pub, la piccola non veniva abbandonata” nel locale, tenuto conto del fatto che i genitori conoscevano i gestori dell'esercizio e che con M. rimaneva un altro fratello, più grande e che tali episodi si erano verificati di giorno, in alcune circostanze di sera, ma non di notte. In conclusione, la Corte di Appello rilevava che dette evenienze potevano far emergere una situazione di inadeguatezza genitoriale e che tali circostanze non provavano l'esistenza di una condotta connotata da colpa grave, rispetto ai presunti abusi, tale da avere assunto rilevanza causale rispetto alla adozione della misura cautelare disposta nei confronti del G Sulla scorta di tali rilievi, il Giudice della riparazione rilevava la fondatezza della richiesta e liquidava al G. l'indennità giornaliera di € 235,82 in relazione alla custodia cautelare carceraria e quella di € 117,91, con riferimento alla misura degli arresti domiciliari. Il Collegio considerava che nella fattispecie non emergevano elementi per aumentare, e neppure per ridurre, l'indennità giornaliera individuata secondo il computo nummario, sopra richiamato. 2. Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell'Economia e delle Finanze, deducendo la violazione di legge ed il vizio motivazionale. L'esponente rileva che la Corte di Appello ha apoditticamente respinto l’eccezione, sollevata dalla difesa erariale, in ordine alla sussistenza del dolo o della colpa grave, ostativi al riconoscimento dell'indennizzo. La parte osserva che il giudice della riparazione si è limitato ad effettuare generici richiami alle motivazioni dedotte dai giudici del merito. Parte ricorrente osserva che nella sentenza assolutoria si dava atto dell’esistenza di perizie medico legali e ginecologiche, dalle quali emergeva un sospetto di abuso ed una sessualizzazione incongrua della bambina. Rileva che non può condividersi la tesi del giudice della riparazione, in base alla quale il fatto di lasciare la figlia all'interno del pub, atteso che i gestori erano conoscenti dei genitori della bambina, non integrerebbe una ipotesi di abbandono della minore. Osserva l'esponente che la Corte di Appello si e limitata a rilevare la sussistenza di una condotta espressione di inadeguatezza genitoriale, senza valutare le conseguenze di tale condotta, rispetto alla adozione della misura cautelare nei confronti dell'istante al riguardo rileva che la Suprema Corte ha affermato che l'inosservanza degli obblighi connessi alla qualità di genitore ben può integrare la colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo, qualora detta omissione abbia assunto rilevanza causale, rispetto alla applicazione della misura di cautela. Parte ricorrente considera che G. è venuto meno ai più elementari compiti su di lui 1gravanti quali genitore e ritiene che tale condotta abbia ingenerato, sia pure in presenza di un errore della autorità giudiziaria, la falsa apparenza della configurabilità di tale condotta come illecito penale, dando così luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto. Osserva l'esponente che il Giudice della riparazione ha omesso di considerare che il provvedimento restrittivo del a libertà personale era stato adottato a seguito delle dichiarazioni rese dalla piccola M. G. che la dichiarante aveva riferito di episodi di violenza avvenuti all'interno del pub Corte del Re”, in Finale Emilia, locale posto al piano inferiore, rispetto alla abitazione del fratello della parte offesa e che in occasione delle predette visite, i genitori avevano lasciata da sola la bambina, all'interno del pub, ove si erano verificati gli abusi, ad opera di un ragazzo non identificato. La parte considera che la minore aveva pure riferito di essere stata toccata dal padre e rileva che la posizione assunta dal G., il quale sin dai primi interrogatori aveva dichiarato di non essersi mai accorto di nulla di quanto riferito alla figlia, confermava lo stato di abbandono emotivo e di degrado morale in cui si trovava la piccola M L'esponente rileva, infine, che M., alcuni mesi prima della applicazione della misura cautelare, era stata allontanata dal nucleo familiare essendo emersi problemi di scolarizzazione ed una incongrua sessualizzazione della bambina. Con il secondo motivo di ricorso, la parte deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale, in relazione ai criteri di liquidazione dell'indennizzo segnatamente, si duole del fatto che il Collegio abbia applicato il criterio aritmetico, senza effettuare una riduzione della misura dell'indennizzo, in considerazione delle specifiche condizioni di vita familiare e sociale del richiedente. 3. Il Procuratore Generale con requisitoria scritta, rilevata l'infondatezza di entrambi i motivi di gravame, ha chiesto ili rigetto del ricorso. 4. Parte ricorrente ha depositato memoria. Considerato in diritto 5. Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito esposte. 5.1 Come è noto, in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l'ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Al riguardo, il giudice deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante -- e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito - non se tale condotta integri estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto” Cass. Sez. U, sentenza n. 34559 del 26/06/2002, dep. 15/10/2002, Rv. 222263 . Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extraprocessuale grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l'adozione del provvedimento restrittivo o di tipo processuale autoincolpazione, silenzio consapevole sull'esistenza di un alibi che non siano state escluse dal giudice della cognizione. A tal fine, nei reati contestati in concorso, va apprezzata la condotta che si sia sostanziata nella consapevolezza dell'attività criminale altrui e, nondimeno, nel porre in essere una attività che si presti sul piano logico ad essere contigua a quella criminale Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4159 del 09/12/2008, dep. 28/01/2009, Rv. 242760 . 5.2 Nel caso di specie, la Corte dir Appello di Bologna ha rilevato che la condotta posta in essere dal richiedente era espressione di una situazione di inadeguatezza genitoriale ciò in quanto il padre aveva lasciato la figlia di nove anni all’interno di un pub, ove lo stesso Collegio dava per ammesso che potessero essersi verificati abusi sessuali in danno della bambina. In tali termini, il Collegio ha . evidenziato che il richiedente era venuto meno agli obblighi protettivi che gravano sul genitore. La Corte territoriale ha, peraltro, ritenuto che la accertata condotta posta m essere dal richiedente non fosse connotata da colpa grave e che il descritto comportamento non avesse avuto rilevanza causale rispetto alla adozione della misura cautelare nei confronti dell'istante. Dette valutazioni, effettuate dal giudice della riparazione, non risultano conferenti. 5.2.1 Con riguardo all'apprezzamento del grado della colpa, in riferimento alla accertata inosservanza degli obblighi protettivi che gravano sul genitore, si osserva che la Corte di Appello ha omesso di considerare l'ambito degli obblighi genitoriali, come definito dalla Corte regolatrice. Ed invero, nell'affermare la possibile rilevanza della violazione degli obblighi connessi alla qualità di genitore, quale fattore colposo ostativo al riconoscimento del diritto all'indennizzo per l'ingiusta detenzione, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che, ai sensi dell'art. 147 c.c., i genitori hanno l'obbligo di istruire ed educare” la prole e che tale disposizione determina la nascita, in capo al genitore, di una posizione di garanzia, connessa a doveri di tutela e sorveglianza. Muovendo da tale assunto, la Suprema Corte ha considerato che l'inadeguatezza della vigilanza esercitata su un minore può costituire fonte di responsabilità sia civile che penale e che, del pari, tale tipo di condotta ben può inibire il riconoscimento dell'equo indennizzo ai sensi dell'art. 314 cod. proc. pen., una volta accertata la sua valenza eziologica e la sua natura gravemente colposa Cass. Sezione 4, sentenza n. 2674 del 10.12.2008, dep. 21.01.2009, Rv. 242746 . Orbene, nel caso di specie, il giudice della riparazione, nel censire la condotta posta in essere dal richiedente, ha omesso di considerare le conseguenze discendenti dalla accertata trascuratezza degli specifici obblighi protettivi, che qualificano la posizione di garanzia del genitore, rispetto ai figli minori. La Corte territoriale ha, invero, effettuato un generico riferimento alla accertata inadeguatezza genitoriale, omettendo ogni considerazione rispetto alla inosservanza da parte del richiedente dei richiamati obblighi di protezione e controllo, con riguardo alla figlia M 5.2. 2 Oltre a ciò, il ragionamento sviluppato dalla Corte territoriale risulta inficiato dal travisamento del compendio documentale acquisito agli atti. Il Collegio, infatti, ha escluso la sussistenza di alcuna incidenza causale tra la accertata inadeguatezza genitoriale e la detenzione sofferta dal richiedente, laddove l'esame dell'ordinanza applicativa della misura cautelare carceraria nei confronti di G. S., adottata dal G.i.p. del Tribunale di Modena il 9.11.1998, evidenzia che il giudicante ebbe specificamente a considerare il quadro di abusi e di umiliazioni inflitte ai figli da G. S., nel procedere alla scelta della misura di contenimento. Ed invero, nel!a richiamata ordinanza genetica, il G.i.p. chiarisce che proprio la reiterata inosservanza dei doveri genitoriali è espressione di un sistema comportamentale afflittivo, posto in essere dal G., rientrante nell'ambito applicativo del reato di cui all'art. S72, concorrente con i fatti lesivi della libertà sessuale dei minori. 6 Si impone, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, per nuovo esame della regiudicanda, alla luce dei principi di diritto sopra richiamati. I restanti motivi di ricorso, afferenti alla quantificazione dell'indennizzo, restano assorbiti. Alla Corte territoriale viene rimandata la regolamentazione delle spese tra le parti, concernenti il presente giudizio di cassazione. In caso di diffusione del presente provvedimento si dispone che vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. n. 196/2003. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti concernenti il presente giudizio. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. n. 196/2003, in quanto disposto d'ufficio.