Procreazione assistita negata al detenuto, non basta la documentazione medica se mancano i rapporti con la moglie

La richiesta dell’uomo, sottoposto al regime dell’articolo 41 bis , non viene considerata legittima. La possibile sterilità della donna non è elemento preponderante. Perché il protocollo scientifico della legge 40 prevede almeno un anno di rapporti sessuali liberi.

Regime restrittivo anche per il desiderio di diventare papà? Per il detenuto, sottoposto ai vincoli dell’articolo 41 bis dell’Ordinamento penitenziario, la richiesta di essere ammesso alla procedura per la procreazione assistita non è accoglibile, nonostante la documentazione relativa alla possibile sterilità secondaria della moglie Cassazione, sentenza n. 46728/2011, Prima sezione Penale, depositata oggi . Protocollo scientifico. La battaglia, portata avanti dal detenuto, risale alla fine del 2009. Ultimo step è la decisione del Magistrato di sorveglianza, che ha ritenuto la documentazione prodotta dal detenuto non sufficiente a comprovare la sterilità della moglie. Riferimento, in questo contesto, è il protocollo scientifico, secondo cui poteva parlarsi di sterilità nell’ipotesi di assenza di concepimento solo dopo almeno un anno di rapporti sessuali liberi . Elemento, questo, non verificabile, alla luce della detenzione dell’uomo. Per giunta, sempre considerando il protocollo scientifico, la certificazione medica prodotta aveva riferito di una possibile sterilità , ma la donna non era stata monitorata dal ginecologo, il quale aveva omesso di osservarla clinicamente per almeno quattro mesi, sì che, nella specie, non era stata ritualmente accertata ovvero documentata alcuna causa di sterilità . Dignità in ballo? Proprio la legge n. 40/2004 sulla procreazione assistita diventa elemento centrale nella richiesta del detenuto – con ricorso per cassazione ad hoc – di riesaminare l’intera vicenda. A suo avviso, difatti, la documentazione prodotta è più che sufficiente per attestare il problema che affligge la moglie. Eppoi, esiste anche un altro nodo, ovvero l’applicazione del trattamento penitenziario che deve essere conformato al rispetto della dignità della persona anche nei confronti dei detenuti in regime di articolo 41 bis non possono essere adottate restrizioni non giustificabili e non indispensabili ai fini giudiziari . E l’ exemplum , secondo il detenuto, è proprio il legittimo desiderio di diventare padre. Criterio di proporzione. Il primo nodo è subito sciolto dai giudici della Cassazione, ricordando che il Magistrato di sorveglianza, alla richiesta di ammissione al programma di procreazione medicalmente assistita, deve rispettare un criterio fondamentale, quello di proporzione fra esigenze di sicurezza sociale e penitenziaria e rispetto dei diritti fondamentali della singola persona . Ciò vale, ovviamente, anche in questo caso. Con l’aggiunta, però, di un’ulteriore considerazione presupposto fondamentale è l’accertamento medico di una patologia giustificativa del trattamento invocato . Ebbene, in questa ottica, i giudici di piazza Cavour condividono appieno la valutazione effettuata dal Magistrato di sorveglianza, alla luce di quanto indicato dal protocollo scientifico ciò che conta è il fatto che può parlarsi di sterilità nell’ipotesi di assenza di concepimento solo dopo almeno un anno di rapporti sessuali liberi . Questo elemento è mancato, alla luce della detenzione dell’uomo, e passa così in secondo piano anche la documentazione medica che attesta la possibile sterilità della moglie del detenuto.

Corte di Cassazione, sez I Penale, sentenza 18 ottobre – 19 dicembre 2011, numero 46728 Presidente Bardovagni – Relatore Capozzi Ritenuto In Fatto 1. Con ordinanza del 24 febbraio 2011, il Magistrato di Sorveglianza di Viterbo ha respinto il reclamo proposto, ex art. 35 ord. penumero , da B. B., detenuto presso la casa circondariale di Viterbo in regime di cui all'art. 41 bis ord. penumero , avverso il provvedimento del 15 ottobre 2009, con il quale il DAP si era dichiarato incompetente a provvedere sulla domanda da lui proposta, intesa ad essere ammesso alla procedura per la procreazione assistita. 2. Il Magistrato di sorveglianza ha ritenuto che la documentazione prodotta dal B. non fosse sufficiente a comprovare la sterilità della di lui moglie A. N. affetta da anovolutarietà cronica a genesi ipotalamica con possibile sterilità secondaria , atteso che, secondo il protocollo scientifico vigente, poteva parlarsi di sterilità nell'ipotesi di assenza di concepimento solo dopo almeno un anno di rapporti sessuali liberi il che nella specie non si era verificato, essendo stato il richiedente detenuto fin dal 2007 inoltre, nella specie, la certificazione medica prodotta aveva riferito di una possibile sterilità, emergendo dagli atti che l'anovulatorietà della moglie del richiedente non era stata monitorata dal ginecologo, il quale aveva omesso di osservarla clinicamente per almeno 4 mesi, si che, nella specie, non era stata ritualmente accertata ovvero documentata alcuna causa di sterilità. 3. Avverso detto provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di Viterbo B. B. propone ricorso per cassazione per il tramite del suo difensore, che ha dedotto omessa motivazione e violazione e falsa applicazione della legge numero 40 del 2004 sulla procreazione assistita, avendo il ricorrente documentalmente provato che sua moglie fosse affetta da anovulatorietà cronica a genesi ipotalamica con possibile sterilità secondaria ed essendo stato affermato dalla giurisprudenza di legittimità che il trattamento penitenziario doveva essere conformato al rispetto della dignità della persona, si che anche nei confronti dei detenuti in regime di art. 41. bis non potevano essere adottate restrizioni non giustificabili e non indispensabili ai fini giudiziari. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto da B. B. è inammissibile siccome manifestamente infondato. 2. E' nota la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il magistrato di sorveglianza è tenuto a pronunciarsi in ordine alla richiesta del condannato, anche se in regime di art. 41 bis ord. penumero , di essere ammesso al programma di procreazione medicalmente assistita, essendo egli tenuto a valutare la fattibilità in concreto della pretesa avanzata, secondo un criterio di proporzione fra esigenze di sicurezza sociale e penitenziaria e rispetto dei diritti fondamentali della singola persona cfr. Cass. Sez. l numero 7791 del 30/01/2008, dep. il 20/02/2008, imp Madonia, Rv. 238721 . 3. Va tuttavia rilevato che l'accesso al chiesto programma di procreazione assistita presuppone che venga medicalmente accertata una patologia giustificativa del trattamento invocato e sotto tale aspetto il provvedimento impugnato ha escluso che ricorresse detta ipotesi, avendo ritenuto, con motivazione incensurabile nella presente sede, siccome esente da illogicità e contraddizioni, che, secondo il protocollo scientifico vigente, poteva parlarsi di sterilità nell'ipotesi di assenza di concepimento solo dopo almeno un anno di rapporti sessuali liberi il che nella specie non si era verificato, essendo stato il richiedente detenuto fin dal 2007 e che, inoltre, nella specie, la certificazione medica prodotta aveva riferito di una possibile sterilità, in quanto dagli atti era emerso che l'anovulatorietà della moglie del richiedente non fosse stata monitorata dal ginecologo, il quale aveva omesso di osservarla clinicamente per almeno 4 mesi, si che, nella specie, non poteva ritenersi ritualmente accertata ovvero documentata alcuna causa di sterilità della medesima. 4. E poiché il ricorrente non ha formulato alcuna argomentazione idonea a confutare quanto ritenuto, con motivazione adeguata, dal provvedimento impugnato, il ricorso da lui proposto va dichiarato inammissibile, con sua condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.