Tocca il ginocchio di una bimba sul bus: condannato

In caso di palpeggiamenti ai danni di una minore non conta se la parte del corpo è ritenuta zona erogena o meno, la violenza sessuale è comunque integrata.

Autobus affollati e, purtroppo, a volte luogo di violenze subite. Palpeggiamenti favoriti dagli spazi ristretti, viste le numerose persone sui mezzi pubblici, specialmente nelle grandi città e nell’ora di punta . Il fatto acquisisce ancor più rilevanza se la vittima è una bambina minorenne di soli 11 anni. La Corte di Cassazione sentenza n. 45950/2011 depositata il 12 dicembre , pero, usa la linea dura e conferma la condanna nei confronti del molestatore. Il caso. A bordo di un autobus della linea urbana, un uomo, mentre toccava il ginocchio a una bambina di 11 anni, infilava le mani nei propri pantaloni e cominciava ad alzare ed abbassare la cerniera lampo degli stessi fino a romperla. Scatta così la condanna, per il reato di violenza sessuale aggravata artt. 609 bis e 609 ter n. 1, c.p. , a 2 anni e 4 mesi di reclusione in primo grado, che in appello viene ridotta a 2 anni. La difesa dell'imputato propone ricorso per cassazione, ma la Corte di Cassazione avalla quanto già deciso dai giudici di merito, sottolineando che la Corte distrettuale ha ben evidenziato come, nel caso di specie, ricorrano entrambi i requisiti, oggettivo e soggettivo, richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per la configurabilità del delitto contestato . Infatti, si ritiene configurato il rapporto corpore corpori, inteso quale volontario contatto fisico diretto tra soggetto passivo e soggetto attivo, finalizzato a soddisfare la concupiscenza di quest'ultimo. La condotta del molestatore era finalizzata alla soddisfazione di un impulso sessuale. È irrilevante che la parte del corpo della bambina coinvolta sia il ginocchio, infatti, anche se non rientra tra le cosiddette zone erogene è evidente che per i bambini non può essere adottato lo stesso metro di valutazione riferito agli adulti. Dopotutto è indubbio che la minore abbia percepito il fatto come invasivo della propria sfera privata, restandone fortemente scossa psicologicamente. Con il rigetto del ricorso da parte della S.C., il ricorrente viene anche condannato alla rifusione delle spese di giudizio in favore della parte civile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 ottobre – 12 dicembre 2011, n. 45950 Presidente Mannino – Relatore Gazzara Ritenuto in fatto Il Tribunale di Roma, con sentenza del 19/4/2010, dichiarava M.M. colpevole del reato di cui agli artt. 609 bis e 609 ter n. 1, c.p., commesso ai danni di T.G. , di anni 11, a bordo di un autobus della linea urbana , per avere toccato il ginocchio di costei con la mano o con la gamba e, contemporaneamente, infilava le mani nei propri pantaloni e cominciava ad alzare ed abbassare la cerniera lampo degli stessi fino a romperla, e lo condannava alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione, con applicazione delle pene accessorie ex lege previste condannava altresì l'imputato al risarcimento del danno in favore della p.c. liquidato in Euro 6.000.00 e alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla medesima. La Corte di Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sugli appelli interposti nell'interesse del prevenuto e della parte civile, in riforma del decisimi di prime cure ha ridotto la pena inflitta al M. ad anni 2 di reclusione e, ha rimesso a separato giudizio civile la liquidazione dei danni in favore della costituita parte civile, liquidando in favore della stessa le spese e gli onorari relativi ai due gradi di giudizio. Propone ricorso per cassazione la difesa dell'imputato, con i seguenti motivi - vizi di motivazione sia in relazione alla ritenuta attendibilità della p.o. e delle altre testi di riscontro madre e amica della madre che erano sull'autobus , sia in ordine alla ricostruzione della dinamica dei fatti, tenuto conto delle caratteristiche del posto ove era seduta la bambina, che erano di ostacolo alla condotta denunciata - ha errato il giudice di merito nel ritenere concretizzato nella specie il reato di abuso sessuale. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va rigettato. La argomentazione motivazionale, adottata dalla Corte di Appello, si palesa del tutto logica e corretta sia in punto di sussistenza degli elementi cristallizzanti il reato in contestazione, sia in relazione alla attribuzione di responsabilità in capo al prevenuto. Il giudice di seconde cure ha ritenuto le dichiarazioni rese da T.G. spontanee e genuine, peraltro in larga parte confermate dallo stesso M., il quale ha solo proposto una diversa spiegazione dei comportamenti posti in essere. La minore ha candidamente riferito di non avere compreso il significato dei gesti compiuti dall'uomo mani nei pantaloni, alzare e abbassare la cerniera degli stessi pur restandone profondamente turbata, al punto da invocare, con lo sguardo, l'aiuto dell'amica della madre, B.O Il decidente fornisce, inoltre, esaustivo riscontro al motivo di appello con cui si contestava il contrasto tra il narrato della presunta vittima e le deposizioni della di lei madre e della predetta B., evidenziando la insussistenza delle rilevate dissonanze e rilevando che il fatto, nel suo nucleo essenziale, era stato riferito in maniera uniforme nelle tre dichiarazioni. Osservasi, peraltro, che con il primo motivo di impugnazione il ricorrente tende ad una analisi rivalutativa delle emergenze istruttorie, sulle quali al giudice di legittimità è precluso di procedere a nuovo esame estimativo. Del pari non meritevole di accoglimento è la seconda censura, con la quale si eccepisce la insussistenza degli elementi concretizzanti il reato di cui all'art. 609 bis c.p Invero, la Corte distrettuale evidenzia come nel caso di specie ricorrano entrambi i requisiti, oggettivo e soggettivo, richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per la configurabilità del delitto contestato e cioè un rapporto corpore corpori , inteso quale volontario contatto fisico diretto tra soggetto passivo e soggetto attivo, finalizzato a soddisfare la concupiscenza di quest'ultimo ex multis Cass. 2/7/03 n. 36758 . A giusta ragione, quindi, il decidente ha ritenuto che il contatto fisico, ricercato dall'imputato con la minore, contestualmente alle pratiche di autoerotismo poste in essere dallo stesso, fosse finalizzato all’appagamento di un istinto sessuale, tenuto conto sia della riconosciuta rilevanza penale di un contatto fugace e della natura unitaria della nozione di libertà sessuale e della conseguente irrilevanza della parte del corpo concretamente aggredita. Il discorso giustificativo, sviluppato sul punto dal giudice di merito, si palesa esente da vizi, in ragione del fatto che emerge da esso, in modo univoco, che la condotta del M. era finalizzata alla soddisfazione di un impulso sessuale e che vi è stato il coinvolgimento del corpo della bambina, sia pure a livello del ginocchio. Inconferente, di poi, è da ritenere, quanto sostenuto dal ricorrente per escludere la concretizzazione del reato ascrittogli, e cioè che tale parte del corpo non rientra tra le cosiddette zone erogene , perché è evidente che per i bambini non può essere adottato lo stesso metro di valutazione riferito agli adulti per quanto riguarda quelle predette specifiche parti del corpo, quando, peraltro, è indubbio che la T. ha sicuramente percepito il fatto come invasivo della propria sfera privata, restandone fortemente scossa psicologicamente. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile, che liquida in Euro 2.000.00 oltre accessori di legge.