Associazione terroristica ed eversiva, atti violenti non connaturati

Condannato come esponente di spicco di un gruppo di anarco-insurrezionalisti. Ora la richiesta di misure alternative alla detenzione, negata dal Tribunale di sorveglianza, viene rimessa in discussione dalla Cassazione. Decisiva la valutazione della violenza rispetto alle attività associative, espressione di un dissenso ideologico.

Terrorista sì ma senza il compimento di atti di violenza ? E allora sono valutabili, e potenzialmente accettabili, le richieste di misure alternative alla detenzione, ovvero affidamento in prova e semilibertà . A stabilirlo i giudici della Cassazione – con sentenza numero 45945, Prima sezione Penale, depositata oggi –, affrontando il caso di William Frediani, condannato a oltre cinque anni di reclusione per l’accusa di associazione eversiva con finalità di terrorismo . I fatti. Le cronache e la giustizia raccontano la vicenda di un gruppo di anarco-insurrezionalisti ‘Cellula offensiva rivoluzionaria’ , che mette a segno una lunga serie di azioni incendiarie e di atti intimidatori contro esponenti politici, sindacalisti, giornalisti. Territorio d’azione la città di Pisa e la provincia, innanzitutto. Alla fine, nelle aule di giustizia, Frediani viene condannato a oltre cinque anni di reclusione, anche alla luce della sua valutazione come ‘mente’ del gruppo. Ma non viene considerata prevalente la caratterizzazione violenta Reinserimento? Ora, a distanza di anni, da Frediani arriva la richiesta di una misura alternativa alla detenzione. Ma la risposta del Tribunale di sorveglianza è netta assolutamente no. Anche perché l’accusa, ovvero l’aver promosso e realizzato un’associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico fa a pugni con la concessione di misure alternative , soprattutto tenendo presente quanto previsto dall’Ordinamento penitenziario. In sostanza, il beneficio dell’affidamento in prova, o, in alternativa, della semilibertà, non è concedibile, perché il reato – per cui è stato condannato Frediani – è qualificabile a pericolo presunto, ex se , a prescindere dal compimento concreto di specifici atti di violenza . Non violento? Proprio l’elemento della violenza è centrale nel ricorso proposto in Cassazione dal legale di Frediani. Difatti, secondo questa visione, il compimento di atti di violenza non è stato attribuito al componente di ‘Cellula offensiva rivoluzionaria’, e l’Ordinamento penitenziario esclude l’applicazione dei benefici proprio per i delitti commessi per finalità di terrorismo mediante il compimento di atti di violenza . Perché, allora, negare questa opportunità? Porte semiaperte. La valutazione, assai delicata, affidata ai giudici della Cassazione è di pesare il requisito del ricorso alla violenza rispetto ad attività terroristiche ed eversive. Per questo motivo, gli elementi in esame vengono ponderati con grande attenzione, tenendo presenti l’Ordinamento penitenziario e il Codice Penale e, infine, l’importanza della possibilità di una misura alternativa alla detenzione. All’interno di questa complessa disamina, l’elemento centrale è, ancora una volta, lo snodo rappresentato dal ricorso alla violenza. Su questo, i giudici sono chiari il concreto compimento di atti di violenza, quale specifico strumento di finalità terroristiche o eversive, è requisito necessario perché operi l’ostatività ai benefici penitenziari . Ancora più significativo, poi, è il rilievo che, alla luce delle norme attuali, per le finalità di terrorismo o di eversione si è, evidentemente, voluta evitare la prospettiva ove si prescindesse dai concreti atti di violenza di una criminalizzazione, perseguita fino al momento dell’espiazione della pena, del mero dissenso ideologico politico-sociale che si sia manifestato in forme solo associative pur pericolose, ma non attuate mediante concreti atti di violenza . E, in questa ottica, viene, infine, chiarito che il compimento di atti di violenza riveste solo natura e prospettiva teleologica nel reato di associazione terroristica ed eversiva ma non ne è necessario il compimento per la sua realizzazione . Tali valutazioni si attagliano, secondo i giudici di piazza Cavour, alla vicenda di Frediani. Ecco perché, accogliendo il ricorso proposto dal legale, l’ordinanza di rigetto della richiesta di una misura alternativa alla detenzione deve essere annullata. E sarà di nuovo il Tribunale di sorveglianza a valutare la questione, alla luce però delle indicazioni della Cassazione, che ‘aprono’ alla concessione dell’affidamento in prova o della semilibertà.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 novembre – 12 dicembre 2011, n. 45945 Presidente Chieffi – Relatore Zampetti Osserva 1. Con ordinanza in data 01.12.2010 il Tribunale di Sorveglianza di Torino dichiarava inammissibili le istanze di misure alternative affidamento in prova e semilibertà proposte da F. W., sul rilievo che il titolo di reato la cui pena era in espiazione art. 270 bis c.p. risultava ostativo ex art. 4 bis Ord. Pen. alla concessione delle chieste misure alternative, anche in mancanza di collaborazione profilo, peraltro, neppure richiesto . Rilevava in tal senso il predetto Tribunale, a sostegno della propria decisione, che la ratio del divieto di cui all'art. 4 bis cit. corrispondeva perfettamente alla natura del delitto di cui all'art. 270 bis c.p., qualificabile a pericolo presunto, ex se , a prescindere dal compimento concreto di specifici atti di violenza. 2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l'anzidetto condannato che motivava l'impugnazione deducendo violazione di legge, posto che l'art. 4 bis O.P. prevede, nell'elencazione dei titoli di reato escludenti i benefici, i delitti commessi per finalità di terrorismo mediante il compimento di atti di violenza”, circostanza estranea ad esso ricorrente in subordine si ripropone la questione di costituzionalità dell'art 4 bis O.P. in relazione agli art. 3, 24 e 27 Cost., già disattesa dal Tribunale con motivazione a verbale di udienza non appagante. 3. Il Procuratore generale presso questa Corte depositava quindi requisitoria con la quale richiedeva declaratoria di inammissibilità del proposto ricorso. 4. Il ricorso, fondato nei termini di cui alla seguente motivazione, deve essere accolto. Il tema centrale della questione che viene dedotta a questa Corte di legittimità attiene all'interpretazione dell'art. 4 bis L. n. 354/75 nella prima parte del suo primo comma ove si legge che .le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concesse ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell'art. 58 ter della presente legge delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza .”. Si dibatte, dunque, se il reato associativo ex art. 270 bis c.p. la cui rubrica recita associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico” debba ritenersi essere ricompresso ex se nell'elenco dei reati ostativi, a prescindere dal concreto compimento di atti di violenza tesi sostenuta dall'impugnata ordinanza , ovvero se l'esclusione dai benefici penitenziari suddetti possa essere ritenuta solo nei casi in cui il condannato abbia commesso delitti mediante, concreti atti di violenza per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico tesi del ricorrente . - È fondata la seconda proposizione. - A tale conclusione conducono sia la diretta lettura ermeneutica del passo normativa in questione, sia il quadro sistematico, sia, infine, un'interpretazione di necessità costituzionalmente orientata. La lettura interpretativa dell'art. 4 bis O.P., primo comma, prima parte, sul punto qui in esame, rende del tutto evidente che il brano mediante il compimento di atti di violenza” è strutturalmente legato a tutta la frase in questione, e dunque al costrutto delitti commessi” che abbiano le ridette finalità di terrorismo o di eversione. In definitiva, per questo primo aspetto, la piana lettura del passo evidenzia che sono ostativi ai benefici penitenziari eccetto la liberazione, anticipata i delitti commessi mediate il compimento di atti di violenza che siano finalizzati al terrorismo o all'eversione. Ed invero una diversa lettura, che isolasse il primo periodo delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o dì eversione dell'ordine democratico” , avente forza autonoma escludente i benefici in questione,, lascerebbe senza riferimento - ed in verità, in tal caso, senza senso - il successivo brano mediante il compimento di atti dì violenza” . Né diversa sorte, di vera e propria inconciliabilità logico-giuridica, avrebbe l'interpretazione che legasse l'ultimo brano mediante il compimento di atti di violenza” ai soli delitti di eversione dell'ordine democratico scindendo questi ultimi dai delitti commessi per finalità di terrorismo , sia per l'assoluta incongruenza di una tale operazione perché in tal caso si pretenderebbero atti di violenza per una categoria di delitti non meno grave dell'altra per la quale però non sarebbero richiesti , sia perché l'ordinamento penalistico v. proprio l'art 270 bis c.p. accomuna ed equipara il terrorismo e l'eversione dell'ordine democratico, e dunque non sarebbe lecito scindere le due categorie sia pur ad altri. fini. È poi assolutamente evidente che il passo tra due virgole anche internazionale” costituisce un inciso che si lega alla parola immediatamente precedente terrorismo” , per cui la frase ha una sua unità concettuale e strutturale, non frazionabile, che comprende l'intera proposizione, fino al complemento modale mediante .” . Il primo esame, pertanto, meramente analitico del passo in questione, porta già alla conclusione che il concreto compimento di atti di violenza, quale specifico strumento di finalità terroristiche o eversive, è requisito necessario perché operi l'ostatività ai benefici penitenziari. Allargando poi lo sguardo, non può non essere notato, in senso sistematico, che lo stesso citato art. 4 bis , primo comma, prima parte, pone - subito dopo il passo appena esaminato il delitto associativo ex art 416 bis c.p. come ex se ostativo ai benefici penitenziari, senza alcuna indicazione relativa al compimento di atti di violenza pur così fisiologici alle associazioni di tipo mafioso o ad altri reati-fine. La ben rilevabile differenziazione non può essere casuale, né senza significato, dovendosi quindi concludere che a Legislatore, nell'affrontare i due, temi terrorismo ed eversione da un lato, mafia dall'altro li ha voluti trattare in modo diverso, essendo per verità differenti i due fenomeni, sia sul piano sociale che su quello criminologico la mafia va combattuta sempre e comunque, non avendo essa né giustificazioni, né ideologie di riferimento, e dunque non merita neppure benefici in sede di esecuzione salva la collaborazione per le finalità di terrorismo o di eversione si è, evidentemente,, voluta evitare la prospettiva ove si prescindesse dai concreti atti di violenza di una criminalizzazione,,, perseguita fino al momento dell'espiazione della pena, del mero dissenso ideologico politico-sociale che si sia manifestato in fonne solo associative pur pericolose proprio perché si propongono” , ma non attuate mediante concreti atti di violenza. Anche su questo rilievo, pertanto, non avrebbe senso differenziare tra terrorismo ed eversione. Emerge dunque un'evidente logica normativa, anche questa coerente con la lettura interpretativa del passo in questione, della quale va preso atto, senza possibilità di sovrapposizioni di stampo meramente soggettivo. Ma, del resto - sempre dal punto di vista sistematico - risulta quanto mai significativo, nel senso qui sostenuto, che proprio l'art. 270 bis c.p. da un lato punisca - quale reato a difesa anticipata il mero fatto dell'associazione finalizzata, distinta dagli atti di violenza eventualmente commessi che si pongono in concorso materiale con il reato associativo , dall'altro equipari totalmente -come già sopra osservato - le finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico quali elementi alternativamente essenziali alla fattispecie. Con ciò rimane acclarato da un lato che non è lecita l'interpretazione che scinda - sia pur ai fini penitenziari - la finalità terroristica da quella eversiva, dall'altro che il compimento di atti di violenza riveste solo natura e prospettiva teleologica nel reato ex art. 270 bis c.p., ma non ne è necessario il compimento per la sua realizzazione. In definitiva, si tratta della ben nota diversità tra il reato associativo finalizzato ed il reato-fine si pensi ai rapporti tra l'art. 74 e l'art 73 d.p.r. 309/90 . L'effettivo e concreto compimento di atti di violenza aventi le finalità anzidette, dunque, ben può essere posto dall'ordinamento quale ulteriore requisito - per il maggior disvalore che rappresenta - necessario per l'ostatività ai benefici penitenziari. Anche il quadro sistematico, dunque, milita contro la ratio decidendi dell'impugnata ordinanza. Vi è poi, con pari forza argomentativa, la necessità di un'interpretazione costituzionalmente orientata, che comunque si imporrebbe in ipotesi di dubbio ermeneutico, non potendosi privilegiare un'opzione in danno, ma che risulta senz'altro coerente alle superiori motivazioni ove si pensi alle finalità di recupero sociale cui l'intera normativa penitenziaria è ispirata e che, dunque, non può ignorare che la concreta mancanza di atti di violenza nel vissuto deviante del condannato è favorevole punto di partenza che non può essere eluso in funzione di un positivo percorso di risocializzazione. Tanto ritenuto, si impone dunque annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza per violazione di legge, essendo stata data interpretazione non corretta dell'art. 4 bis Ord. Pen. sul punto in questione. Il giudice del rinvio, nel nuovo esame, si atterrà alle questioni di principio qui decise, ex art. 627, comma 3, c.p.p P.Q.M. A scioglimento della riserva di cui all'udienza del 04 Novembre 2011, così decide annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Torino.