Esporre il contrassegno invalidi e percorrere le corsie preferenziali non è reato

Nessuna truffa e nessuna sostituzione di persona per il conducente del veicolo che circola in zona vietata esponendo il contrassegno di autorizzazione rilasciato a persona disabile, che non si trovi sul veicolo.

Il caso. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze ricorreva per cassazione avverso la sentenza con cui il G.U.P. del Tribunale di Firenze, in relazione all’indebito utilizzo di un permesso invalidi, dichiarava il non luogo a procedere delle imputate in relazione alla fattispecie di sostituzione di persona artt. 110, 81, 494 c.p. e la non sussistenza dei fatti in relazione alla contestazione di truffa aggravata artt. 110, 81, 640 commi 1 e 2 . Il Procuratore ricorre contro la mancata condanna per uso di permesso invalidi falsificato. Nel ricorrere in Cassazione, il Procuratore della Repubblica deduceva la illegittimità della pronuncia sotto tre aspetti, censurando, in primo luogo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza non aveva ritenuto la sussistenza del reato di sostituzione di persona stante il carattere strettamente personale del contrassegno invalidi – così come statuito in diverse occasioni – e la circostanza che la giurisprudenza ritiene sussistente, benché assorbito nelle fattispecie di cui agli artt. 477 e 482 c.p. falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative e falsità materiale commessa dal privato , il reato di sostituzione di persona articolo 494 c.p. nel caso di uso di permesso invalidi falsificato. Inoltre, rilevava la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza del reato di truffa, visto il mancato introito della sanzione pecuniaria da parte del Comune e considerato che tale reato è stato ritenuto sussistente dalla giurisprudenza nel caso dell’imprenditore che dichiara falsamente all’INPS di avere anticipato quote di retribuzione per assenze di maternità o permessi ai dipendenti compensandoli con i contributi da versare. In ogni caso, rilevava la Pubblica Accusa, si sarebbe potuto versare nell’ipotesi di induzione in errore dei pubblici ufficiali artt. 48, 323 o 477 c.p. . Da ultimo, si censurava la pronuncia impugnata laddove non aveva ritenuto configurabile il reato di cui agli artt. 48 e 323 c.p. e salva la configurazione della fattispecie di cui agli artt. 48 e 477 c.p È reato esporre il contrassegno invalidi e percorrere le corsie preferenziali? Con la sentenza n. 45328/2011, depositata in data 6 dicembre, la Seconda sezione Penale della Suprema Corte interviene sulla rilevanza penale della condotta di chi, al fine di accedere in una zona a traffico limitato e percorrere le corsie preferenziali di un centro urbano, espone sul parabrezza dell’auto un contrassegno invalidi rilasciato a persona non presente a bordo del veicolo. A tal fine - ed in relazione ai primi due motivi di gravame – la Suprema Corte pone in rassegna le diverse soluzioni invalse in seno alla giurisprudenza di legittimità aderendo, in conclusione, alla tesi negativa. C’è chi dice sì . In particolare, quale portavoce dell’orientamento positivo sorto a riguardo, la Seconda sezione richiama la pronuncia resa sul punto dalla sezione Quinta della stessa Corte n. 10203/2011 , secondo cui risponde di sostituzione di persona il conducente del veicolo che circoli in zona vietata esponendo il contrassegno di autorizzazione rilasciato a persona disabile che non si trovi sul veicolo. In tal modo, evidenzia tale pronuncia, simula la qualità di titolare o di guidatore autorizzato anche al trasporto occasionale del titolare. Si osserva, invece, che diverso è il fatto sanzionato solo in via amministrativa ex articolo 188, comma 4, CdS relativo alla condotta di chi non è munito di contrassegno o del disabile che non rispetti i limiti e le condizioni previste dalla legge. Al fine di chiarire tale conclusione la Corte di legittimità richiama anche l’ iter argomentativo della pronuncia della Quinta sezione. Nel dettaglio, si legge nella pronuncia n. 10203/2011, nella fattispecie non sarebbe applicabile l’articolo 9 della legge di depenalizzazione L. n. 689/1981 corollario del principio di cui all’articolo 15 c.p., che regola la sussumibilità di uno stesso fatto nell’illecito penale ed in quello amministrativo declinando il rapporto a favore della norma speciale. Diversamente opinando, si finirebbe con il porre sullo stesso piano chi si limita a circolare in zona vietata e chi, circolando in zona vietata, simula la propria qualità di disabile o di autorizzato al trasporto disabile. Si tratta – spiega la V sezione - di condotte che non integrano lo stesso fatto ex articolo 9 atteso che il conducente del veicolo che circola in zona vietata, in contrasto con il codice della strada se espone il contrassegno di autorizzazione rilasciato al disabile che non si trova sul veicolo, altro non fa che simulare la qualità di titolare o di guidatore autorizzato, ponendo in essere una condotta penalmente rilevante in cui l’evento giuridico è quello di attribuire falsamente la qualità di persona autorizzata a circolare in luogo, altrimenti, vietato. Mentre, l’illecito amministrativo di cui all’articolo 188 CdS sanziona l’abuso anche nel caso di inosservanza di ulteriori prescritte condizioni, abuso che può essere commesso sia da chi non è munito di contrassegno amministrativo sia da chi, quindi anche lo stesso disabile, non rispetti le condizioni ed i limiti prescritti. .c’è chi dice no. Tuttavia, contrariamente a siffatta lettura della fattispecie, e come anticipato, la Seconda sezione condivide la tesi negativa maturata in seno ad altro Collegio della stessa sezione pronuncia n. 35004/2010 , secondo cui la condotta in questione non integra né il reato di sostituzione di persona né di truffa a danno dell’ente territoriale che esercita la vigilanza della viabilità. Trattasi di soluzione ermeneutica sorta considerando anche la pronuncia n. 328/2000 della Corte Cost. in relazione all’articolo 188 C.d.S La persona invalida non è sempre a bordo dell’auto, ma il contrassegno rimane sul parabrezza. Nel dettaglio, quanto al reato di sostituzione di persona si ritiene insussistente atteso che esibire il contrassegno invalidi sul parabrezza dell’autovettura non implica una dichiarazione di attestazione della presenza della persona invalida sull’auto, mentre, con riferimento alla truffa la fattispecie si ritiene non sussistente sulla scorta di tre ordini di ragioni. Niente ingiusto profitto? Nessuna truffa. In primo luogo, mancherebbe l’atto di disposizione patrimoniale che è elemento intermedio che deriva dall’errore e che è causa dell’ingiusto profitto con altrui danno. Infatti, non può considerarsi atto di disposizione patrimoniale la mancata contestazione da parte degli organi comunali di controllo dell’infrazione amministrativa, né la circostanza che l’ente comunale abbia subito l’inadempienza dell’agente. In subordine, si evidenzia che, nella fattispecie, non sussisterebbe la sequenza artificio – induzione in errore – profitto atteso che il profitto della condotta contestata si realizza immediatamente grazie all’elusione dei controlli e, di conseguenza, al mancato versamento delle somme che sarebbero dovute per effetto delle violazioni amministrative o per la sosta del veicolo in zone a traffico limitato. Da ultimo, si osserva che prima delle violazioni amministrative fra il contravventore e la P.A. non può dirsi sussistente alcun rapporto di debito, tributario o di altra natura e, dunque, il comportamento fraudolento non può correlarsi ad un danno dell’ente territoriale interessato. Pertanto, è sulla scorta di tale ricostruzione logica ed argomentativa che la S. C., facendo leva sul grimaldello normativo del principio di specialità articolo 9 L. n. 689/1981 , ritiene che la contestata condotta debba rifluire nella fattispecie speciale di cui all’articolo 188 C.d.S La Corte, infine, rilevata la genericità del terzo motivo di gravame ed il suo parziale assorbimento nel secondo motivo, rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 16 novembre – 6 dicembre 2011, n. 45328 Presidente Esposito – Relatore Davigo Ritenuto in fatto Con sentenza in data 25.1.2011, il G.U.P. del Tribunale di Firenze dichiarò non luogo a procedere nei confronti di A.M. e Z.C. in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 81, 494 cod. pen. capo A e 110, 81, 640 commi 1 e 2 n. 1 cod. pen. capo B perché i fatti non sussistono. Avverso tale pronunzia ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze deducendo 1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta non configurabilità del delitto di cui all'articolo 494 cod. pen. nell'indebito utilizzo di un permesso per invalidi, segnalando che la giurisprudenza ha ritenuto strettamente personale il contrassegno invalidi Corte cost. ord. 21 luglio 2008, n. 328 Cass. Sez. 2^ civ. sent. n. 1292/2008 e Sez. 1^ civ. sent. n. 508/2005 in ogni caso sarebbe errata l'interpretazione data nella sentenza impugnata all'articolo 188 c.d.s. la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto assorbito ma quindi sussistente nel reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. il reato di cui all'articolo 494 cod. pen. in ipotesi di utilizzo di un permesso per invalidi falsificato 2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta non configurabilità del reato di truffa, che sarebbe ravvisabile nel mancato introito della sanzione pecuniaria da parte del Comune e che del resto è stato ravvisato nel comportamento dell'imprenditore che dichiari falsamente all'I.N.P.S. di aver anticipato quote di retribuzione per assenze di maternità o permessi ai dipendenti, compensandoli con i contributi da versare in ogni caso si potrebbe versare in ipotesi di induzione in errore dei pubblici ufficiali ai sensi dell'articolo 48 cod. pen. con riferimento ai reati di cui all'articolo 323 o 477 cod. pen. 3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta non configurabilità del reato di cui agli artt. 48 e 323 cod. pen. in ogni caso sarebbe configurabile l'ipotesi di cui agli artt. 48 - 477 cod. pen. Considerato in diritto Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono infondati. Questa Sezione ha affermato ed il Collegio condivide l'assunto che non integra né il delitto di sostituzione di persona, né quello di truffa ai danni dell'ente territoriale che esercita la vigilanza della viabilità la condotta di colui che esponga sul parabrezza dell'auto un contrassegno per invalidi, rilasciato ad altra persona che non si trova a bordo del veicolo, al fine di accedere all'interno di una zona a traffico limitato e percorrere le corsie preferenziali di un centro urbano. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 35004 in data 8.6.2010 dep. 28.9.2010 rv 248249 . La menzionata sentenza così motiva Tanto l'articolo 188 c.d.s., che l'articolo 381 del relativo regolamento, fanno infatti espresso ed esclusivo riferimento, nel presupposto della prova di una sensibile riduzione della capacità di deambulazione dell'interessato, all'esigenza di consentire e agevolare la mobilità delle persone invalide. E, come ricorda il requirente, la Corte Costituzionale, occupandosi dell'articolo 188 c.d.s., ha avuto modo di affermare che la norma deve essere interpretata nel senso che le agevolazioni nella circolazione stradale siano limitate a quei veicoli che effettivamente trasportano la persona disabile e sono, quindi, in tal modo al servizio della stessa, anche quando si tratti di veicoli addetti al trasporto di cortesia dell'invalido Cort. Cost. 328/2000 . La pronuncia del giudice delle leggi e la retta interpretazione della normativa nel senso indicato dal requirente, non consentono però ugualmente di ravvisare gli estremi dei reati in contestazione. Ed invero, per quel che riguarda l'ipotesi della sostituzione di persona, basti considerare che la condotta di reato non potrebbe essere integrata dalla semplice esibizione, sul parabrezza di un'autovettura, del contrassegno invalidi, perché essa non implica una dichiarazione di attestazione della presenza del titolare del permesso a bordo dell'autovettura medesima, come presupposto dell'auto attribuzione della qualità di accompagnatore da parte del conducente. Quanto al reato di truffa, varrebbe già la considerazione della specifica natura degli interessi patrimoniali coinvolti nella vicenda, e delle particolari modalità della condotta presuntivamente truffaldina, potendosi richiamare, al riguardo, l'ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte a proposito dell'analoga fattispecie dell'esposizione sul parabrezza di un'autovettura, di un contrassegno assicurativo materialmente falsificato cfr. Corte di Cassazione Nr. 23941 del 30/04/2009 Albani . Anche nel caso in esame, infatti, manca, come requisito implicito della fattispecie tipica del reato di truffa, l'atto di disposizione patrimoniale che costituisce l'elemento intermedio derivante dall'errore ed è causa dell'ingiusto profitto con altrui danno. Ciò perché, pur ammettendosi la configurabilità di un atto dispositivo di carattere omissivo, l'atto di disposizione patrimoniale non potrebbe essere ravvisabile nel fatto che gli organi comunali di controllo, indotti in errore, non abbiano contestato le infrazioni amministrative, né nel fatto che l'ente comunale abbia subito l'inadempienza dell'agente. Il reato non sarebbe infatti comunque ipotizzarle, perché manca in casi del genere la necessaria cooperazione della vittima. Inoltre, non ricorrerebbe la necessaria sequenza artificio - induzione in errore - profitto, perché, al contrario, il profitto della condotta contestata agli imputati sarebbe realizzato immediatamente, grazie all'elusione dei controlli, e al conseguente, mancato versamento delle somme che sarebbero state dovute in conseguenza delle violazioni amministrative, o per la sosta del veicolo all'interno di zone a traffico limitato. Peraltro, tra i contravventori e la pubblica amministrazione non sussisteva, prima delle violazioni amministrative che costituirebbero il sostrato economico della truffa, alcun rapporto di debito, tributario o di altra natura sicché il comportamento fraudolento in nessun modo poteva correlarsi ad un danno dell'ente territoriale interessato, neppure dilatando al massimo la nozione di atto di disposizione di carattere omissivo. Se il profitto conseguito dagli imputati, infatti, era quello derivante dalla circolazione abusiva dell'autovettura al servizio dell'invalido, esso era un fatto del tutto neutro agli effetti di un ipotetico danno del comune di Firenze, proprio perché quella condotta non era destinata a spostare risorse economiche dal soggetto in ipotesi truffato all'autore di tale condotta. Simili principi, d'altra parte, ha applicato la giurisprudenza di questa Corte, anche quando ha affermato che non integra il delitto di tentata truffa la condotta costituita dalla produzione di falsa documentazione a sostegno di un ricorso al prefetto avverso l'ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa per violazione delle norme sulla circolazione stradale. Nel caso di specie, poi, occorre considerare che la condotta contestata agli imputati è oggetto di una specifica previsione normativa, che riconduce senza residui il fatto nell'ambito di un mero illecito amministrativo. Nel quarto e nel quinto comma dell'articolo 188 c.d.s., sono infatti contemplate tutte le possibili ipotesi di abuso delle strutture stradali riservate agli invalidi, dalla loro utilizzazione in assenza di autorizzazione, o fuori delle condizioni e dei limiti dell'autorizzazione, all'uso improprio dell'autorizzazione”. Anche la 5^ Sezione di questa Corte ha affermato che non integra il reato di sostituzione di persona articolo 494 cod. pen. la condotta di colui che esponga sul cruscotto dell'auto un contrassegno per invalidi rilasciato ad un parente, in quanto la mera esposizione del contrassegno invalidi sull'auto, in assenza di altri qualificanti comportamenti, non integra la condotta positiva suscettiva di trarre in inganno necessaria per ravvisare gli estremi del delitto di cui all'articolo 494 cod. pen. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18080 del 2.2.2010 dep. 12.5.2010 rv 247139 . Il Collegio conosce la diversa determinazione alla quale è successivamente giunta la 5^ Sezione di questa Corte secondo cui integra il delitto di cui all'articolo 494 cod. pen. il conducente del veicolo che circoli, in contrasto con il codice della strada, in zona vietata qualora esponga il contrassegno di autorizzazione rilasciato a persona disabile che non si trovi sul veicolo, in quanto, in tal caso, egli simula la qualità di titolare o di guidatore autorizzato anche al trasporto occasionale del titolare tale fatto è diverso da quello sanzionato in via amministrativa dall'articolo 188 comma quarto c.d.s., che concerne la condotta di chi non sia munito del detto contrassegno o dello stesso disabile che non rispetti le condizioni ed i limiti prescritti. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10203 del 25.1.2011 dep. 14.3.2011 rv 249950 . Tale sentenza ha così motivato La L. n. 689 del 1981, articolo 9 legge di depenalizzazione afferma che nel caso che uno stesso fatto sia punibile sia da una norma penale, che da una norma che prevede una sanzione amministrativa o da più disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale. La norma si rifà quale corollario al principio cui si ispira la regola generale formulata dall'articolo 15 c.p., senza che perciò possa porsi in contrasto con essa. L'articolo 188 C.d.S., comma 4, titolato Circolazione e sosta dei veicoli al servizio di persone invalide , sanziona l'abuso, anche in caso di inosservanza di ulteriori prescritte condizioni, che può essere commesso sia da chi non sia munito di contrassegno autorizzativo sia, si tratti dello stesso disabile, da chi non rispetti le condizioni ed i limiti prescritti comma 5 . Ciò posto il conducente del veicolo che circoli in zona vietata in contrasto con la norma del C.d.S., se espone il contrassegno di autorizzazione rilasciato a persona disabile che non si trovi sul veicolo, compie altra azione che simula la qualità di titolare o di guidatore autorizzato, anche al trasporto occasionale del titolare di qui l'irrilevanza se il contrassegno sia o non corredato di specifici dati ulteriori . L'azione, proprio perché strumentale, offende diverso interesse laddove, se entrambi i fatti fossero penalmente sanzionati, l'un reato sarebbe inteso per commettere l'altro o al fine di conseguirne l'impunità. Pertanto non si ravvisa lo stesso fatto se alla violazione della regola di circolazione, sanzionata in via amministrativa, si associ la diversa azione, pur contestuale, che abbia cagionato o avrebbe potuto cagionare l'evento giuridico di falsa attribuzione della qualità di persona autorizzata a circolare in luogo altrimenti vietato. A riprova del rilievo autonomo di tale falsità, si osservi che il delitto di cui all'articolo 494 c.p.p. reato sussidiario di ogni altro falso v. la lettera della norma , sicché se il guidatore fa uso di un contrassegno certificazione autorizzativa contraffatto, risponde a titolo di uso di documento falso che, all'evidenza, non si può opinare assorbito dalla violazione della norma sulla circolazione. In questa luce non è possibile rifarsi all'articolo 9 Legge di depenalizzazione, ponendo sullo stesso piano chi si limita a circolare in zona vietata e chi, facendolo, di più simula la propria qualità di disabile o di autorizzato al trasporto di disabile, salvo travisare il principio di specialità di cui, si ripete, offre un mero corollario . Ritiene però il Collegio di condividere l'argomentazione svolta nella già citata sentenza n. 35004 in data 8.6.2010 dep. 28.9.2010, che non può che ribadire Soprattutto il confronto tra eccesso d'uso e l' uso improprio dell'autorizzazione, è illuminante della volontà del legislatore di coprire con la norma speciale anche i casi di chi utilizzi indebitamente un permesso invalidi altrui, consentendo anche in questo caso l'operatività del principio di specialità di cui all'articolo 9 L. 24 novembre 1981 n. 689, applicabile quando il medesimo fatto sia punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa cfr, ad es., in tema di inottemperanza del conducente di un veicolo all'invito a fermarsi da parte di un ufficiale di polizia municipale Corte di Cassazione 17/09/2008 Beninati, che ha ritenuto ravvisabile in questo caso, l'illecito amministrativo previsto dall'articolo 192, comma primo, cod. strad., e non il reato di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità previsto dall'articolo 650 cod. pen. . Il terzo motivo di ricorso in cui deve essere assorbita la seconda parte del secondo motivo di ricorso è generico dal momento che non svolge adeguata critica alle argomentazioni svolte alle pag. 6 e 7 della sentenza impugnata. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.