Abituare la figlia al proprio stile di vita sì, ma le esagerazioni sono inaccettabili

Madre e padre, di origini albanesi, sotto accusa per gli eccessi punitivi. Il divieto temporaneo di utilizzare il telefonino è qualificabile come segregazione. E neanche la ritrovata compattezza familiare può far cadere l’accusa.

Disciplina sì, nei confronti dei figli, ma stop alle esagerazioni. E il richiamo alle tradizioni culturali dei genitori – albanesi, in questo caso – non può essere assolutamente una giustificazione. A fare chiarezza è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 45358, sezione Sesta Penale, depositata oggi , affrontando un tema sempre complesso, quello dell’educazione della prole. Regole ferree, anche troppo Elementi centrali della vicenda, ovviamente, gli atteggiamenti tenuti da madre e padre nei confronti della figlia. Elementi che, secondo l’accusa, sono identificabili come eccessi punitivi , segregazione e minacce. Complessivamente, il reato attribuito ai due genitori è quello di abuso dei mezzi di disciplina . Per Tribunale e Corte d’Appello non sussistono dubbi condanna a 6 mesi di reclusione, con pena condizionalmente sospesa. Solo disciplina? I due genitori, però, provano a difendere il loro operato. Così, presentano ricorso in Cassazione, e spiegano l’atteggiamento tenuto nei confronti della figlia. Chiaro il quadro proposto nessun eccesso punitivo , piuttosto andavano tenuti in debito conto il contesto socio-culturale e la totale mancanza di finalità vessatorie nei comportamenti tenuti dai genitori, dettati unicamente dalla paura che la ragazza, invaghitasi di un coetaneo italiano, potesse andarsene di casa nessuna segregazione, ma, più semplicemente, divieto temporaneo, in funzione meramente educativa, imposto alla ragazza di usare il telefonino e di terminare il suo lavoro in un bar per la stagione estiva . Peraltro, riportano i genitori, la ricostituzione del nucleo familiare ha riportato la pace tra le mura domestiche, ‘cancellando’ i vecchi conflitti. Senza proporzionalità. Per i giudici della Cassazione, però, la ricostruzione alternativa proposta dai genitori finiti sotto accusa non è assolutamente accettabile. Piuttosto, deve essere condivisa, pienamente, la pronuncia della Corte d’Appello. Perché, in questo contesto, è stato preso in esame il contesto socio-culturale e le finalità che animavano gli imputati , ovvero correggere la figlia al fine di farla adeguare ai loro canoni di vita , ma, alla fine, è stato osservato che, comunque, sussisteva il contestato abuso di mezzi di correzione per la indubbia sproporzione tra i mezzi adoperati e le modalità della loro attuazione . Per giunta, chiariscono ancora i giudici, si può ipotizzare anche il delitto di maltrattamenti in famiglia, e non quello di abuso dei mezzi di correzione, la consumazione, da parte del genitore nei confronti del figlio minore, di reiterati atti di violenza fisica e morale , anche qualora essi possano ritenersi compatibili con un intento correttivo ed educativo proprio della concezione culturale del genitore. Ecco perché, in conclusione, la condanna viene confermata, con censura alle azioni presuntamente educative messe in atto dai due genitori.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 ottobre-6 dicembre 2011, n. 45358 Presidente de Roberto Fatto e Diritto 1. D. L. e D. S. ricorrono per cassazione avverso la sentenza indicata .in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Firenze ha confermato la condanna di entrambi, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla pena condizionalmente sospesa di mesi sei di reclusione ciascuno per i reati di abuso dei mezzi di disciplina e tentata violenza privata commessi ai danni della figlia minore, D. A. I ricorrenti deducono - Erronea applicazione dell’articolo 571 c.p. e vizio di motivazione sul punto. in quanto la Corte di merito si sarebbe limitata ad affermare la sussistenza degli eccessi punitivi ai danni della minore senza prendere in considerazione il contesto socio--culturale e la totale mancanza di finalità vessatorie nei comportamenti tenuti, dettati unicamente dalla paura che la ragazza, invaghitasi di un coetaneo italiano. potesse andarsene di casa. - I medesimi vizi in riferimento alla segregazione da loro asseritamene riservata alla figlia minore , non potendosi qualificare come tale il divieto temporaneo imposto in funzione meramente educativa, alla ragazza di usare il telefonino e di terminare il suo lavoro in un bar per la stagione estiva. - Insussistenza in ogni caso dell'elemento soggettivo del reato di cui all'articolo 571 c.p. - Violazione dell'articolo . 610 c.p., non sussistendo realmente le minacce contestate. - Insussistenza di tutti i reati contestati, anche alla Iuce della ricostituzione del nucleo familiare nel frattempo intervenuta. 2. I ricorsi sono inammissibili per genericità e per manifesta infondatezza. Tutte le censure prospettate negli atti di impugnazione sono, infatti, già state sottoposte alla Corte di merito, che le ha rigettate con idonea motivazione. In particolare, la Corte di Appello di Firenze, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, ha preso in esame il contesto socio-culturale e le finalità che animavano gli imputati correggere la figlia al fine di farla adeguare ai loro canoni di vita , ma ha osservato che, tuttavia., sussisteva il contestato abuso di mezzi di correzione per la indubbia sproporzione tra i mezzi adoperati e le modalità della loro attuazione. A parte il fatto che questa Corte ha precisato che integra addiritturail delitto di maltrattamenti in famiglia e non quello di abuso dei mezzi di correzione la consumazione da parte del genitore nei confronti del figlio minore di reiterati atti di violenza fisica e morale, anche qualora gli stessi possano ritenersi compatibili con un intento correttivo ed educativo proprio della concezione culturale di cui l'agente è portatore Sez. 6., Sentenza n 48272 del 07110/2009, Rv. 45329, E.F. e che ai fini dell'integrazione della fattispecie prevista dall'articolo 571 cod. pen. è sufficiente il dolo generico, non essendo richiesto dalla norma il fine specifico, ossia un fine particolare e ulteriore rispetto alla consapevole volontà di realizzare la condotta di abuso Sez. 6, Sentenza n. 18289 del 16/02/201 O, P.G. in proc. P. . Quanto alla asserita inesistenza nel caso in esame della contestata segregazione della figlia e delle minacce ascritte ai prevenuti, deve rilevarsi che le censure dei ricorrenti attengono alla valutazione della prova, che rientra nella facoltà esclusiva del giudice di merito e non può essere posta in questione in sede di giudizio di legittimità quando f mdata su motivazione congrua e non manifestamente illogica. Nel caso di specie, i giudici di appello, come si è visto, hanno preso in esame tutte le deduzioni difensive e sono pervenuti alla decisione impugnata attraverso un esame completo ed approfondito delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profìlo della congruità e della correttezza logica. Le residue doglianze sono anch'esse inammissibili per difetto di specificità, atteso che la censure sono formulate in modo astratto e stereotipato, senza alcuna illustrazione concreta delle doglianze a cui la motivazione della sentenza impugnata avrebbe omesso di rispondere. 3. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue ex articolo 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in relazione ai motivi dell'inammissibilità, si stima equo determinare in euro mille. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille. in favore della Cassa delle Ammende.